Il governo di destra-destra si conferma capace ancora una volta di manifestare fieramente la propria connotazione ideologica.
Se ne frega della post-modernità, del pensiero debole e debolissimo, della post-ideologia.
Ed ecco comparire ai nostri occhi, dopo gli spettri di La Russa e Fontana, ministeri dai nomi evocativi: del Mare (leggi: anti-immigrati), della Natalità (leggi:anti-gay e anti-aborto), della Sovranità (per lo meno 'alimentare', visto che su altre -finanziaria, informatica, politica- ci sarà ben poco da fare), del Made in Italy (scritto, paradossalmente, proprio così, in una lingua straniera, ma sovrana nell'intero mondo fashionista, produttivista e liberista), del Merito (scritto in italiano, vicino ad Istruzione.
E, a proposito di merito: i nomi dei ministeri, sinceramente colpiscono molto più dei nomi dei ministri scelti: non mi pare si possa dire che il livello sia più basso, meno familista e becero, più o meno indecente dei governi precedenti (giallo-verdi, rosa-verdi, ulivisti o draghiani).
Il tempo dei 'competenti' è finito: è tornata la politica (cioè gli uomini di partito), babe!
Se lo sono meritati, pare.
E ce li meritiamo. Non sono né meglio né peggio di noi, o almeno di coloro che li hanno votati, o che -andando a votare, chiunque abbiano scelto- hanno proseguito a collaborare a questa farsa di regime.
E' il momento di Lollo (non di Gina, ma del cognatino di Giorgia), di Danielona (quella che difenderà almeno i suoi chioschi dalla Bolkenstein), del gigante buono Crosetto (che ha sempre venduto armi e proseguirà a farlo con più agio alla Difesa; d'altronde, dove lavorava la Pinotti e che ceffo era Guerini?), dell'ineffabile Adolfino che passa dai servizi segreti ai pubblici servizi, della fanatica Roccella che soffierà fuoco e fiamme sui diritti dei miscredenti, del pio SanGiuliano che, dopo aver condotto mirabilmente il Tg2 saprà ora spaziare degnamente nel culturame nazionale (identitario e nazionalista).
Che dire?
Confortato dal fatto che tutto questo non sia fatto in mio nome.
Sconfortato da quel che dovremo vedere nei prossimi mesi: chiamati come saremo a deplorare o tifare per l'integralista di turno, ad odiare i nemici e i traditori (cioè noi stessi), a militarizzare le nostre azioni e reazioni (presentat'arm!), a nasconderci per sopravvivere (o anche solo per la vergogna di non poter far nulla contro quel che sta avvenendo e avverrà di noi e delle nostre vite).
George Orwell aveva già visto tutto di quel che stava per accadere già nel '39.
Ora, a cento anni esatti dalla Marcia su Roma, tocca a noi vederlo e -almeno sino a quando sarà possibile- dirlo.
Un po' più in basso di noi si vedevano i tetti delle case estendersi senza sosta, i piccoli tetti rossi su cui cadranno le bombe...E' ironico come continui a pensare alle bombe. Certo, è fuori di ogni dubbio che arriveranno presto. Si può intuire quanto sia vicino dalle cose che scrivono nei giornali per tirare su il morale...Come faranno i bombardieri a mancarci quando arriveranno? Non siamo altro che un unico grosso bersaglio. E probabilmente senza preavviso.
Perchè, chi è così dannatamente stupido da dichiarare guerra oggi giorno?
Se io fossi Hitler manderei i miei bombardieri nel bel mezzo di una conferenza sul disarmo. In una mattina tranquilla, quando gli impiegati sciamano sul London Bridge, quando il canarino canta e la vecchia appende i mutandoni al filo....zoom, whizz, plonk! Case che saltano in aria, mutandoni intrisi di sangue, il canarino che canta sui cadaveri...
In qualche modo è un peccato, pensai...Com'è pacifico tutto! Come delle distese selvagge senza animali selvaggi. Nessun fucile che spara, nessuno che lancia granate, nessuno che picchia qualcun altro con un manganello di gomma. Se ci pensate, nell'intera Inghilterra in questo istante probabilmente non c'è nemmeno una finestra di camera da letto da cui qualcuno stia sparando con una mitragliatrice.
Ma tra cinque anni da ora? O tra due? O uno?
Tutto d'un tratto mi sentivo pensieroso e filosofico. In parte era perchè non avevo alcun lavoro da fare...Mi sentivo d'umore alquanto profetico, l'umore in cui si prevede la fine del mondo e si prova un certo piacere nel farlo...La solita folla fluiva sul marciapiede, tutti quanti con quella folle espressione fissa sul volto che hanno le persone sulle strade di Londra, e c'era il solito ingorgo del traffico, coi grandi bus rossi e il ruggito dei motori e i clacson che suonavano.
Abbastanza rumore per svegliare i morti, ma non questa gente qua, pensai.
Mi sentivo come se fossi l'unica persona sveglia in una città di sonnambuli.
E' un'illusione, naturalmente...Questa specie di sensazione profetica che continua a sopraffarmi in questi giorni, la sensazione che la guerra sia proprio dietro l'angolo e che essa sia la fine di ogni cosa, non ce l'ho solo io. Ce l'abbiamo tutti, più o meno...Ma era così che mi sentivo.
Siamo tutti sul ponte di una nave in fiamme e nessuno lo sa tranne me.
Guardai i volti instupiditi che mi scorrevano accanto. Come i tacchini a novembre, pensai.
Senza la minima idea di cosa sta arrivando loro addosso.
Era come se avessi i raggi X nei miei occhi e potessi veder camminare gli scheletri.
Pensai in avanti di qualche anno...Succederà? Non c'è modo di saperlo. In alcuni giorni è impossibile crederlo. In alcuni dico a me stesso che non è altro che uno spauracchio messo in piedi dai giornali. In altri sento nelle mie ossa che non c'è modo di evitarlo...
Conoscete la sensazione che si aveva quando si lasciava il fronte.
Una sensazione di rigidità in tutte le articolazioni e, dentro, una sorta di vuoto, una sensazione che non potrai mai più aver interesse per qualcosa. In parte era paura e sfinimento, ma soprattutto noia. In quel tempo nessuno vedeva una ragione per cui la guerra non potesse andare avanti in eterno. Oggi, domani o il giorno dopo tornavi al fronte e forse la settimana dopo ti avrebbero ridotto in poltiglia, ma quello non era brutto come l'orribile noia della guerra che proseguiva per sempre.
Gesù! A cosa serve dire che uno non dovrebbe diventare sentimentale per ciò che c'era 'prima della guerra'?...E' anche vero che all'epoca le persone avevano qualcosa che noi oggi non abbiamo.
Che cosa? Semplicemente che non pensavano al futuro come a qualcosa da cui essere terrorizzati...
Non sentivano crollare il terreno sotto i piedi.
Nulla sembrava strano in quei giorni. Era come una macchina enorme che ti afferrava. Non si avvertiva di agire per la propria libera scelta e, al contempo, non si percepiva nessuna consapevolezza di offrire resistenza. Se la gente non avesse provato quelle sensazioni, nessuna guerra avrebbe potuto durare tre mesi. Gli eserciti avrebbero fatto i bagagli e sarebbero tornati a casa...Gli uomini nelle trincee non erano patriottici, non odiavano il Kaiser...Ma d'altro lato non venne loro in mente di provare a scappare. La macchina ti aveva afferrato e poteva fare di te quel che voleva. Ti sollevava e ti gettava in posti e situazioni di cui non avresti mai sognato e non sarebbe sembrato particolarmente strano se ti avesse gettato sulla superficie della luna...
Guerra! Iniziai a pensarci di nuovo. Arriverà presto, questo è certo.
Ma chi ha paura della guerra? Cioè, chi ha paura delle bombe e delle mitragliatrici? Tu, direte.
Sì, io ho paura, e così chiunque le abbia mai viste.
Ma non è la guerra che importa, è quel che accade dopo. Il mondo in cui anneghiamo, quel mondo dell'odio, degli slogan. Le camicie colorate, il filo spinato, i manganelli di gomma...E le processioni, i manifesti con volti enormi, e le folle di un milione di persone che esultano per il capo fino a che non rimbambiscono se stesi al punto da credere che lo adorano davvero e per tutto il tempo, dentro, lo odiano al punto da voler vomitare.
Succederà tutto questo. Oppure no? In alcuni giorni so che è impossibile, in altri so che è inevitabile. Quella sera, comunque, sapevo che sarebbe accaduto.
Perchè qualcuno, che non sia morto dal collo in su, dovrebbe dubitare che ci siano tempi brutti in arrivo? Non sappiamo nemmeno cos'è, eppure sappiamo che sta arrivando. Forse una guerra, forse un crollo...Ovunque ci stiamo dirigendo, stiamo cadendo in basso. Nella tomba, nella fogna. Non si sa nulla. E non si può affrontare quel genere di cose a meno che non si abbia dentro il giusto stato d'animo.
C'è qualcosa che abbiamo perso in questi ultimi vent'anni dopo la guerra. E' una sorta di succo vitale che abbiamo spremuto fuori finchè non è rimasto nulla.
E' tutto un correre di qua e di là! Un eterno arrabattarsi per un po' di contante. Un eterno frastuono di autobus, bombe, radio e squilli di telefono. I nervi a pezzi, gli spazi vuoti nelle nostre ossa, al posto del midollo...
Vi dirò quello che la mia permanenza a Lower Binfield mi aveva insegnato, e cioè questo: accadrà tutto. Tutte le cose che si sospettano, le cose di cui si ha il terrore, quelle che ci si convince non siano altro che incubi o che accadano solo nei paesi stranieri. Le bombe, le file per il cibo, i manganelli di gomma, il filo spinato, le camicie colorate, gli slogan, i volti enormi e le mitragliatrici che sparano dalle finestre delle camere da letto. Accadrà tutto...Non c'è scampo. Potete opporvi, se volete, o guardare dall'altra parte e fingere di non accorgervene, o prendere la vostra chiave inglese per spaccare un po' di facce insieme agli altri. Ma non c'è via d'uscita.
E' solo qualcosa che accadrà.
George Orwell, Una boccata d'aria, 1939
Pazzesco
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