Ora che mi ritrovo in cattiva compagnia, quella di Macron, posso parlarne di nuovo: ci stiamo inoltrando in una fase non normale della storia del mondo e ci stiamo infilando in una prospettiva che rende probabile una guerra civile europea.
Così il presidente francese ha dichiarato oggi davanti ad un Parlamento europeo, attonito nella sua impotenza e scarsa lungimiranza.
La guerra civile europea non è una paura immaginaria, ma una possibilità reale, da qui ai prossimi dieci anni.
Sempre che non sia preceduta (o accompagnata) da una bella terza guerra mondiale, ovviamente.
Visto quel che accade in Siria, e soprattutto tra Israele ed Iran, non c'è proprio da star tranquilli, direi.
Quel che stupisce, ma non troppo, è di quanto poco Macron si faccia carico dei contributi che lui stesso e la Francia stiano dando all'accelerazione di questi processi.
Le sue riforme del lavoro stanno contribuendo a generare povertà e divaricazione sociale ancora più estreme.
Il ruolo di gendarme del mondo non facilita certo una ripresa delle istanze democratiche, ma accentua proprio la svolta autoritaria che dice di temere e condannare.
La posizione della Francia ai suoi confini italiani ed inglesi aumenta il rischio di una gestione egoistica e chiusa della questione migranti.
Il nazionalismo francese, da sempre, non è da meno e non è meno pericoloso per il mondo di quelli statunitense o russo.
L'Unione europea è ormai quasi soltanto un paravento per il dominio franco-tedesco (con una Gran Bretagna che, con la Brexit, stringe ancor più le sue alleanze con gli USA, cioè con la politica di un certo Trump).
Insomma, Macron predica bene, ma razzola malissimo nel pollaio interno ed internazionale.
E la fase si fa dura, il cerchio si stringe.
I potenti gongolano per la fine del pacifismo, che non è di oggi, ma data già da almeno dieci anni.
Ma anche l'assenza di un'opposizione alla guerra, seppur generica e sfocata come quella dei primi anni 2000, accelera i processi di avviluppamento irreversibile delle nostre società dentro la rete senza fondo della guerra.
Così il presidente francese ha dichiarato oggi davanti ad un Parlamento europeo, attonito nella sua impotenza e scarsa lungimiranza.
La guerra civile europea non è una paura immaginaria, ma una possibilità reale, da qui ai prossimi dieci anni.
Sempre che non sia preceduta (o accompagnata) da una bella terza guerra mondiale, ovviamente.
Visto quel che accade in Siria, e soprattutto tra Israele ed Iran, non c'è proprio da star tranquilli, direi.
Quel che stupisce, ma non troppo, è di quanto poco Macron si faccia carico dei contributi che lui stesso e la Francia stiano dando all'accelerazione di questi processi.
Le sue riforme del lavoro stanno contribuendo a generare povertà e divaricazione sociale ancora più estreme.
Il ruolo di gendarme del mondo non facilita certo una ripresa delle istanze democratiche, ma accentua proprio la svolta autoritaria che dice di temere e condannare.
La posizione della Francia ai suoi confini italiani ed inglesi aumenta il rischio di una gestione egoistica e chiusa della questione migranti.
Il nazionalismo francese, da sempre, non è da meno e non è meno pericoloso per il mondo di quelli statunitense o russo.
L'Unione europea è ormai quasi soltanto un paravento per il dominio franco-tedesco (con una Gran Bretagna che, con la Brexit, stringe ancor più le sue alleanze con gli USA, cioè con la politica di un certo Trump).
Insomma, Macron predica bene, ma razzola malissimo nel pollaio interno ed internazionale.
E la fase si fa dura, il cerchio si stringe.
I potenti gongolano per la fine del pacifismo, che non è di oggi, ma data già da almeno dieci anni.
Ma anche l'assenza di un'opposizione alla guerra, seppur generica e sfocata come quella dei primi anni 2000, accelera i processi di avviluppamento irreversibile delle nostre società dentro la rete senza fondo della guerra.
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