Col pretesto della razza, poliziotti bianchi uccidono neri e gruppi di neri si rivoltano contro i bianchi.
Col pretesto del tifo sportivo, gli ultras del calcio si attaccano tra loro e si scontrano con la polizia.
Col pretesto della religione, giovani, arabi e non, si trasformano in kamikaze e guerriglieri e attaccano gli eserciti e le polizie e i cittadini dell'occidente.
Col pretesto del progresso, Renzi pone la fiducia, esautorando definitivamente il Parlamento ed umiliando i suoi stessi compagni di partito.
Il bullismo, a tutti i livelli, avanza.
Se una parte mette sotto l'altra, senza ritegno e senza limiti, al momento vince.
Ma gli effetti di quella sottomissione si sentono in vari modi e tempi.
E si trasformano in controviolenza.
Se cresce il senso di esclusione e di ingiustizia, se sale la sensazione netta di essere fuori e di essere tenuti fuori, una parte delle persone si rivolta.
Si rivolta contro gli ancora più deboli (la maggioranza) o contro gli ancora più forti (una minoranza, ma molto aggressiva e pericolosa).
I passivi, i silenziosi, gli opportunisti stanno al centro, fermi, in attesa di capire chi vincerà.
La storia di sempre...
SATURNALIA Feste popolari in Roma antica, in onore di Saturno, nelle quali si scambiavano auguri e doni e, soprattutto, era concesso agli schiavi di prendere temporaneamente il posto dei padroni
martedì 28 aprile 2015
lunedì 27 aprile 2015
stagno e ristagno
Mi alzo alle 11,
dopo due giorni passati tra poltrona, divano, amaca e letti.
Le gambe si sono
mosse solo tra lì e il bagno o la cucina, per necessità.
Quando provo a muoverle oltre, nicchiano.
Mi dico che sarebbe
bene uscire e magari fare anche la spesa, ma fuori piove.
Nei giorni scorsi
ho provato a riprendere la bici, ma il circuito elettrico mi è
saltato alla terza salitella.
Ho iniziato a
leggere l'ultimo di Barnes, appena uscito, ma da pagina 60 mi
ripeteva le stesse pagine già lette, e me ne saltava venti, e non
si poteva continuare.
Al giardinetto, le
richieste di aiuto e di soldi si fanno sempre più assillanti, e un
poveraccio -sfatto e tutt'ossa- mi è morto ieri nella panchina a
fianco, lasciandosi andare per terra.
Anche prendere il
sole, così, diventa un'impresa.
I funghi, forse, mi
hanno lasciato.
Ma il catarro
ristagna ancora tra gola e polmoni, le ghiandole sotto l'orecchio
destro si gonfiano, non peggioro e non miglioro, il respiro scende e
risale arrancando, annaspo.
Anche il corpo sta
lì, sospeso, degradante sul male, presente solo nel farmi sentire la
sua assenza e quella di altri corpi, da troppo tempo.
Urla in silenzio,
come gli esseri umani ipotetici descritti da Oz.
Scoramento, è la
parola che userei oggi (ma forse l'ho anche già usata un anno fa, o
due...).
Comunque - lo dico a
tutti quelli che hanno insistito per curarmi e che mi vogliono bene
così - sto prendendo acqua calda e limone al risveglio, panacea di
tutti i mali.
L'effetto è
confortante, spero non mi inacidisca (ah ah...!)
Altro piccolo
conforto: il Cagliari coglie una vittoria insperata, e fa risperare.
Qualcuno prova ad
incontrarmi, o a scrivermi, ed io gli espongo la (mia, sua, nostra)
catastrofe.
Appena si arrende
un attimo, gli apro la porta e lo lascio andare.
Lancio flebili
segnali, senza risposta e senza slancio.
Non affondo, non
nuoto, non bevo, non affogo, non mi dibatto, non chiedo aiuto.
Galleggio in questo
stagno, come un soldatino di piombo, e ristagno...
mago di oz
'Anche lui
teneva gli occhi chiusi. Anche lui non ha voluto vedere in Giuda il
più fervido credente'.
'Gli occhi
-commentò Gershom Wald- non si apriranno mai. Quasi tutti gli uomini
attraversano lo spazio della vita, dalla nascita alla morte, a occhi
chiusi. Anche tu e io, mio caro Shemuel.
A occhi chiusi.
Perchè se solo li aprissimo per un istante, ci sfuggirebbe da dentro
un urlo tremendo e continueremmo a urlare senza smettere mai. Se non
urliamo giorno e notte, è segno che teniamo gli occhi chiusi. Adesso
per favore leggi un po' il tuo libro, stiamo in silenzio. Per questa
sera abbiamo parlato abbastanza.'
'Lo chiamavano
traditore -proseguì Wald-, perchè la remota possibilità anche si
era aperta a metà degli anni trenta per l'aspirazione a fondare uno
stato ebraico indipendente, per quanto con un minuscolo pezzo di
terra, questa remota possibilità aveva conquistato gli animi. Anche
il mio.
Abrabanel, dal
canto suo, non credeva in nessuno stato. Neanche in uno stato
binazionale. Neanche in uno stato comune tra arabi ed ebrei. Era
l'idea in sé di un mondo diviso in centinaia di stati con frontiere,
filo spinato, passaporti, bandiere, eserciti e monete diverse, che
trovava assurda, arcaica, primitiva, omicida, un'idea ormai superata,
che doveva quanto prima estinguersi.
Mi diceva:
perchè avere tanta fretta di fondare qui nel sangue e nel fuoco uno
stato lillipuziano, a prezzo di una guerra eterna, che tanto ben
presto non ci saranno più stati al mondo e al loro posto ci saranno
comunità di gente che parla lingue diverse e vivranno le une accanto
alle altre facendo a meno di quei nefasti giocattoli che sono i
fucili e gli eserciti e le frontiere e la vasta gamma di strumenti di
distruzione ?'...
'Il signor
Abrabanel che genere di persona era ?'
Sarah De Toledo
tacque...
'Lui amava gli
arabi -disse tristemente alla fine-, noi non ci amava. Forse gli
arabi lo pagavano.' Poi, dopo un altro momento di silenzio aggiunse:
'Non amava nessuno. Neanche gli arabi amava. Quando tutti gli arabi
sono scappati, o noi li abbiamo aiutati a scappare, lui è rimasto in
casa sua. Mica è andato con loro. Non amava nessuno...'
'Quanto darei
per leggere quello che ha scritto tuo padre'.
'Non ci ha
lasciato nulla. Alla fine si è premurato di distruggere tutti i suoi
fogli. Come se avesse cancellato la propria vita'.
'Vedrai che un
giorno scriveranno di lui. Faranno delle ricerche. Ci si ricorderà
di lui, forse solo fra molti anni, ma sono convinto che prima o poi
qualcuno andrà a frugare negli archivi e scoprirà la sua storia'.
'Ma quale
storia. Non c'è nessuna storia. Lui non ha fatto nulla. Qualche
volta ha parlato un po', e dopo che ha parlato l'hanno espulso da
tutto, e lui si è offeso, da allora si è chiuso in casa ed è stato
zitto per sempre. Tutto qui. Non c'è stata nessuna storia...'
(Amos Oz,
Giuda, 2014)
sabato 25 aprile 2015
nazionalsocialisti in festa
Oggi Festa della Liberazione.
Svanita da tempo, insieme ai partigiani. I pochi superstiti, ben
consapevoli di essere stati fregati, cantano comunque Bella ciao di
qua e di là, ed anche in Parlamento, accompagnati nel coro da
Boldrina e Mattarellum...
Mi sento già meglio.
Tra qualche giorno si celebrerà la Festa del Lavoro.
Una parola che ci perseguita, ormai, solo come una minaccia o un
vuoto.
Lo si ricorda, una volta l'anno, come si faceva con gli antenati, per
non farli tornare.
Intanto, si fa la festa definitiva alla Costituzione, con l'Italicum.
E si festeggia la sempre prossima uscita dalla crisi.
E l'Europa neonazista festeggia se stessa.
Tante belle feste e festicciole, insomma.
Anche i nazisti e i fascisti facevano tante feste.
E, intanto, riempivano i vagoni.
Noi oggi lo facciamo coi barconi.
O meglio, lo facciamo fare ad altri per noi, i soliti kapò.
Siamo neonazisti, ma in doppiopetto democratico.
E qualcuno si prodiga anche in camice o in maniche di camicia, per
salvarne almeno qualcuno, tanto per confondere le acque (così non
potranno dire che siamo tutti nazisti...sì, è vero, qualcuno è
ancora cattocomunista, bella consolazione...)
Siamo ancora cristiani, solidali, tolleranti e liberali, quando
serve, e sino a un certo punto.
Sino a quando non ci costringono a sparare, ovviamente.
Sino a quando non si accontentano di spararsi tra di loro.
Sino a quando accettano di essere sparati da noi, senza reagire.
Lasciate che i morti seppelliscano i morti.
Non festa, ma lutto.
Come si diceva qualche tempo fa, quando si usava ancora,
ingenuamente, la parola guerra.
'Non mi avrà
sentito'.
'Certo che ti
ha sentito, ma ha fatto finta di niente. E' meglio non aver nulla a
che fare con i morti, caro il mio Fiore, sono tutti cattivi,
invidiosi e non si scompongono un millimetro per chicchessia; ognuno
ha il suo da fare e non pensa che a se stesso; gli altri non hanno
nessun valore per lui, non vede niente e non sa niente. Dà retta a
me, Fiore, non pensarci più; forse potresti arrivare al punto di
perdere, del tuo amico, anche la buona memoria'...
'Questa sarebbe
l'ora di andare in giro -pensa- per il vicolo della Misericordia...si
passerebbe anche di là, prima di andare in cerca di ragazze nel
cinema dei preti, ma sarebbe anche l'ora di girare per le macerie qui
sotto e raccontarci tutto quello che abbiamo fatto durante la
guerra...
Ma forse, se
lui fosse qui, non si farebbe niente perchè anche queste cose sono
finite. Le penso perchè erano belle ma non le farei adesso; sono già
passati anche per me il cinema dei preti e i riti al dio Moloch, non
avrei più voglia di farli o se anche li facessi, nessuno dei due
riderebbe più...
Perchè non c'è
più niente da ridere ?...'
'Ad ogni modo,
non lo so perchè non è venuto, Fiore, i morti stanno bene per conto
loro, dimenticalo, lascialo andare, non ci guadagnerebbe niente a
venire da te e tu non conti più niente per lui. Nessuno conta più
niente...', dice Antoine con un gesto vago...
(G. Parise, Il
ragazzo morto e le comete, 1951)
mercoledì 22 aprile 2015
gli schifisti
Ora gli scafisti vengono chiamati schiavisti.
Ma gli schiavisti non erano quelli che trasportavano i negri, ma quelli che li sfruttavano al loro arrivo.
Cioè noi, non gli scafisti.
Gli schiavisti siamo noi, non quelli che organizzano la tratta.
Perchè siamo noi a sfruttarli o a ucciderli o ad emarginarli o ad umiliarli, non gli scafisti.
Siamo noi a fare schifo, siamo noi gli schifisti.
Ma dire che i cattivi sono gli scafisti (che sono solo negri che derubano altri negri, organizzati dalle nostre mafie di bianchi o dagli eserciti dell'Isis) aiuterà a giustificare i prossimi atti di guerra, i nostri, gli ennesimi, contro la Libia e contro i paesi arabi.
E falliremo ancora, come in tutte le guerre condotte negli ultimi vent'anni.
E otterremo l'unico risultato di allargare le file dell'odio contro di noi, di arruolare nuovi guerriglieri, di aumentare il rischio di attentati nei nostri territori, di farci entrare definitivamente in guerra.
Perchè, che lo si voglia dire o no, siamo in guerra, e da tempo.
Ed anche le guerre civili, se ancora vogliamo definirle tali, che si combattono ormai quasi ovunque, sono combattute con le nostre armi, e sono state alimentate dai nostri interventi militari e dai nostri interessi coloniali.
La posizione leghista o lepenista è di fatto la posizione, camuffata e non dichiarata -ma perpetrata e agita con chiarezza estrema- dalla maggioranza dei cittadini europei, e soprattutto dai paesi ricchi e del Nord (del Nord Europa e del Nord Italia).
Se si potesse dirlo, ma non manca molto, l'immigrazione è vista soltanto come una questione di ordine pubblico.
Vogliamo preservare solo la nostra vita, il nostro benessere, la nostra pace.
Che muoiano pure tutti, o se ne restino lì se non vogliono annegare...!
Non hanno diritto a vivere la nostra vita!
Abbiamo imposto un modo di vivere, li abbiamo drogati con le nostre tv e i nostri consumi.
Ed ora che vogliono raggiungerci a nuoto, che vogliono imitarci, che vogliono anche loro la nostra 'felicità', li facciamo affondare nelle onde o li rinchiudiamo nei lager...
Scusate, ci siamo capiti male, in realtà siamo in crisi, non abbiamo soldi neppure per noi, etc etc...
Eppure troviamo molti soldi (per le banche, per il calcio, per l'Expo, per i G8...).
Mentiamo spudoratamente.
Cosa dovrebbero pensare di noi ?
Non siamo noi gli schifisti ?
Il gioco sta per finire.
Le nostre vite sono ormai invase dalle morti.
Possiamo proseguire a tappare falle o a far finta di niente, a organizzare pianti di coccodrillo e celebrazioni postume.
Ma quelle onde proseguono ad avanzare sopra le nostre coste.
Ma gli schiavisti non erano quelli che trasportavano i negri, ma quelli che li sfruttavano al loro arrivo.
Cioè noi, non gli scafisti.
Gli schiavisti siamo noi, non quelli che organizzano la tratta.
Perchè siamo noi a sfruttarli o a ucciderli o ad emarginarli o ad umiliarli, non gli scafisti.
Siamo noi a fare schifo, siamo noi gli schifisti.
Ma dire che i cattivi sono gli scafisti (che sono solo negri che derubano altri negri, organizzati dalle nostre mafie di bianchi o dagli eserciti dell'Isis) aiuterà a giustificare i prossimi atti di guerra, i nostri, gli ennesimi, contro la Libia e contro i paesi arabi.
E falliremo ancora, come in tutte le guerre condotte negli ultimi vent'anni.
E otterremo l'unico risultato di allargare le file dell'odio contro di noi, di arruolare nuovi guerriglieri, di aumentare il rischio di attentati nei nostri territori, di farci entrare definitivamente in guerra.
Perchè, che lo si voglia dire o no, siamo in guerra, e da tempo.
Ed anche le guerre civili, se ancora vogliamo definirle tali, che si combattono ormai quasi ovunque, sono combattute con le nostre armi, e sono state alimentate dai nostri interventi militari e dai nostri interessi coloniali.
La posizione leghista o lepenista è di fatto la posizione, camuffata e non dichiarata -ma perpetrata e agita con chiarezza estrema- dalla maggioranza dei cittadini europei, e soprattutto dai paesi ricchi e del Nord (del Nord Europa e del Nord Italia).
Se si potesse dirlo, ma non manca molto, l'immigrazione è vista soltanto come una questione di ordine pubblico.
Vogliamo preservare solo la nostra vita, il nostro benessere, la nostra pace.
Che muoiano pure tutti, o se ne restino lì se non vogliono annegare...!
Non hanno diritto a vivere la nostra vita!
Abbiamo imposto un modo di vivere, li abbiamo drogati con le nostre tv e i nostri consumi.
Ed ora che vogliono raggiungerci a nuoto, che vogliono imitarci, che vogliono anche loro la nostra 'felicità', li facciamo affondare nelle onde o li rinchiudiamo nei lager...
Scusate, ci siamo capiti male, in realtà siamo in crisi, non abbiamo soldi neppure per noi, etc etc...
Eppure troviamo molti soldi (per le banche, per il calcio, per l'Expo, per i G8...).
Mentiamo spudoratamente.
Cosa dovrebbero pensare di noi ?
Non siamo noi gli schifisti ?
Il gioco sta per finire.
Le nostre vite sono ormai invase dalle morti.
Possiamo proseguire a tappare falle o a far finta di niente, a organizzare pianti di coccodrillo e celebrazioni postume.
Ma quelle onde proseguono ad avanzare sopra le nostre coste.
martedì 21 aprile 2015
che non sei nei cieli
http://video.repubblica.it/dossier/la-strage-dei-migranti/migranti-la-preghiera-laica-di-erri-de-luca-mare-nostro-che-non-sei-nei-cieli/198471/197513?ref=HRESS-1
lunedì 20 aprile 2015
vita tua, mors mea
'Mia madre', ultimo film di Moretti, ieri all'Odissea.
Regista sempre onesto, sensibile ai richiami della realtà, attento a quel che accade fuori e dentro di sè.
Un film delicato, attonito, che si muove nel nulla in cui siamo, e lo mostra.
Un film ghiacciato, che esprime poco, quasi noioso.
Un film mortifero, in senso letterale.
Un film sul morire del tutto: della madre, e del mondo.
Sul morire del lavoro, degli amori, del cinema, del latino, della medicina, dell'ironia stessa.
E soprattutto del senso di stare ancora a raccontare e a parlare della vita.
Un film spietato, leggermente atroce, e pesantemente autoterapeutico.
Quando la psicanalisi non basta...si fa un film.
Rispetto alla visionarietà di Habemus papam, ci muoviamo qui tra le allucinazioni del regista, interpretate dalla Buy, che è come se facesse se stessa mentre fa Moretti che fa sempre se stesso.
Turturro, anche.
Un film che finge di parlare di relazioni (con una madre che quasi non c'è, se non nel titolo), ma sempre, morettianamente, apertamente autocentrato ed autotrofo.
Un grande ego, che parla sempre e soltanto di sè mentre apparentemente parla d'altro e d'altri.
Ma si può fare qualcosa di diverso oggi ?
Quindi anche io vi parlerò ancora un pò di me, della mia mors in vita.
Nuovo otorino, nuova diagnosi: ora siamo passati ai funghi (candidosi orale) e al reflusso gastro-esofageo (mi mancava!).
Ovviamente, ho sbagliato a prendere antibiotici perchè ho ammazzato tutto il resto ed ho lasciato così tutti i cari saprofiti a banchettare da soli...
E naturalmente, niente labirintite (al massimo, se c'è, è leggerissima) e manovre varie, sono cose superate...
Speriamo che sia la volta buona, almeno.
Permangono debolezza, astenia e sconforto (soprattutto sulla medicina).
Intanto, devo starmene a succhiare del gel in bocca per dieci minuti due volte al giorno.
Era meglio se mi dedicavo a far pompini a qualcuno, sinceramente...!
Regista sempre onesto, sensibile ai richiami della realtà, attento a quel che accade fuori e dentro di sè.
Un film delicato, attonito, che si muove nel nulla in cui siamo, e lo mostra.
Un film ghiacciato, che esprime poco, quasi noioso.
Un film mortifero, in senso letterale.
Un film sul morire del tutto: della madre, e del mondo.
Sul morire del lavoro, degli amori, del cinema, del latino, della medicina, dell'ironia stessa.
E soprattutto del senso di stare ancora a raccontare e a parlare della vita.
Un film spietato, leggermente atroce, e pesantemente autoterapeutico.
Quando la psicanalisi non basta...si fa un film.
Rispetto alla visionarietà di Habemus papam, ci muoviamo qui tra le allucinazioni del regista, interpretate dalla Buy, che è come se facesse se stessa mentre fa Moretti che fa sempre se stesso.
Turturro, anche.
Un film che finge di parlare di relazioni (con una madre che quasi non c'è, se non nel titolo), ma sempre, morettianamente, apertamente autocentrato ed autotrofo.
Un grande ego, che parla sempre e soltanto di sè mentre apparentemente parla d'altro e d'altri.
Ma si può fare qualcosa di diverso oggi ?
Quindi anche io vi parlerò ancora un pò di me, della mia mors in vita.
Nuovo otorino, nuova diagnosi: ora siamo passati ai funghi (candidosi orale) e al reflusso gastro-esofageo (mi mancava!).
Ovviamente, ho sbagliato a prendere antibiotici perchè ho ammazzato tutto il resto ed ho lasciato così tutti i cari saprofiti a banchettare da soli...
E naturalmente, niente labirintite (al massimo, se c'è, è leggerissima) e manovre varie, sono cose superate...
Speriamo che sia la volta buona, almeno.
Permangono debolezza, astenia e sconforto (soprattutto sulla medicina).
Intanto, devo starmene a succhiare del gel in bocca per dieci minuti due volte al giorno.
Era meglio se mi dedicavo a far pompini a qualcuno, sinceramente...!
sabato 18 aprile 2015
attualità di flaubert
La vita! La vita! Avere delle
erezioni, tutto qui!
Le varie immagini dello scrittore
confermavano la crudele precocità del suo passaggio da bel
giovanotto a panciuto borghese afflitto da calvizie...Il suo corpo
aveva il senso del decoro: una volta che la mente abbia riconosciuto
il proprio prematuro invecchiamento, la carne fece del suo meglio per
adeguarsi.
Sento, contro la stupidità del mio
tempo, ondate d'odio che mi soffocano. La merda mi sale alla bocca
come quando si è afflitti da un'ernia strozzata. Ma io voglio
conservarla, lavorarla, indurirla; voglio farne un impasto da
spalmare su tutto il diciannovesimo secolo, come si fa con lo sterco
di vacca di cui sono dipinte le pagode indiane.
Qualcuno è mai morto al momento
giusto ? ''Un cuore semplice' lo avevo iniziato solamente per lei,
solo per farle piacere. E' morta quando ero a metà del lavoro.
Accade a tutti i nostri sogni'.
In Egitto, Gustave contrae la
sifilide. Perde quasi tutti i capelli, ingrassa...La mezza età per
Gustave comincia qui. 'Non sei ancora nato che già cominci a
marcire'.
Il mio cuore sta diventando una
necropoli.
Certe persone hanno il cuore tenero
e la mente rigida.
Io sono l'opposto: duro di cuore e
tenero di testa.
Sono come una noce di cocco che
custodisce il proprio latte sotto parecchi strati di scorza legnosa.
Ci vuole un'accetta per aprirla, e
spesso che cosa ci si trova dentro ?
Una specie di panna inacidita.
Man mano che si invecchia, il cuore
perde le foglie come un albero.
A certi venti non si può resistere.
Ogni giorno strappano via qualche altra foglia; e poi ci sono i
temporali che spezzano molti rami in un sol colpo.
Ma mentre in natura il verde
ricresce in primavera, quello del cuore non ricresce mai.
Che cosa atroce la vita, no ? Come
un piatto di minestra su cui galleggiano non pochi capelli.
E che dobbiamo comunque mandar giù.
E' vero che molte cose mi infuriano.
Il giorno in cui smetterò di indignarmi crollerò a terra
vergognosamente, come un pupazzo privo di sostegno.
Il mio cuore è intatto, ma i miei
sentimenti sono affilatissimi da un lato e smussati dall'altro, come
un vecchio coltello molato troppe volte che è pieno di tacche e
rischia di spezzarsi.
Mai hanno avuto così scarso peso le
cose delle spirito, mai l'odio per tutto ciò che è grande si è
manifestato con maggiore evidenza -lo spregio per la Bellezza,
l'avversione per la letteratura.
Ho sempre cercato di vivere in una
torre d'avorio, ma una marea di merda preme contro le mura
minacciando di scalzarla dalle fondamenta.
Mi sento sradicato, come un ammasso
di alghe morte trascinato qua e là tra le onde.
D'altra parte Ed Winterton amava
definirsi un fallito...L'aria da fallito non gli conferiva affatto un
aspetto disperato; pareva anzi scaturire dalla pacata consapevolezza
di non essere tagliato per il successo e dalla pacata convinzione che
fosse pertanto suo dovere assicurarsi di fallire in maniera corretta
e dignitosa.
Qualunque cosa accada, rimarremo
idioti.
L'unico sogno della democrazia è
quello di elevare il proletariato al livello di stupidità raggiunto
dalla borghesia.
La deliberata invisibilità di
Flaubert in un secolo di personalità chiassose e stili ostentati può
essere classificata in due modi: come classica, o come moderna.
Ma non detestava la ferrovia solo in
quanto tale, detestava il modo in cui alimentava nella gente
l'illusione del progresso. Che senso aveva lo sviluppo sceintifico
senza un corrispettivo sul piano morale ? Il treno avrebbe solo
permesso a un maggior numero di persone di spostarsi e di incontrarsi
per essere imbecilli tutte insieme.
Non c'è soltanto la vita che
conosciamo. Né solo la vita che si è riusciti a nascondere. Non ci
sono soltanto le varie menzogne della vita, alcune delle quali ormai
non possono più essere messe in dubbio. C'è anche la vita che non è
stata vissuta.
Che cosa mi spinge a voler sapere il
paggio ?
Io amavo Ellen, e volevo sapere il
peggio. Ellen non ha mai ricambiato la premura.
Mi voleva bene, ma di me era pronta
a credere il meglio senza domandare.
La differenza è tutta qui.
Non cercò mai di individuare il
pannello scorrevole che apre la camera segreta del cuore, quella in
cui custodiamo cadaveri e ricordi.
E' questo che distingue sul serio le
persone: la differenza non è tra chi ha segreti e chi non ne ha, ma
tra chi vuol sapere e chi no. A mio giudizio, voler sapere è segno
d'amore.
Freud: 'Nel profondo del mio cuore,
non posso impedirmi di pensare che i miei cari simili, a parte rare
eccezioni, non valgano nulla'.
La democrazia non è l'ultima parola
del genere umano più di quanto lo siano stati lo schiavismo, il
feudalesimo, la monarchia. La miglior forma di governo è quella in
agonia, in quanto è pronta a cedere il passo alla successiva.
'Voi offrite desolazione -scriveva
George Sand-, io, consolazione.'
E Flaubert le rispose: 'Non posso
cambiarmi gli occhi'.
Non ho mai visto una culla senza
pensare a una tomba.
La vista di una donna nuda mi induce
a immaginare il suo scheletro.
La tristezza è un vizio come un
altro.
Eravamo felici; eravamo infelici;
eravamo abbastanza felici.
E' un errore, la disperazione ?
Non è forse la condizione naturale
della vita, a partire da una certa età ?
Dopo un determinato numero di eventi
che cosa resta, se non la ripetizione e il declino ?
Chi vuole continuare a vivere ? Gli
stravaganti, i religiosi, gli artisti (qualche volta), chi si inganna
sul senso del proprio valore.
I formaggi molli si squagliano,
quelli duri stagionano. Entrambi mettono la muffa.
La gente come noi noi deve avere la
fede della disperazione.
Bisogna essere all'altezza del
proprio destino, vale a dire non meno imperturbabili.
A furia di ripetersi 'Ecco, ecco...'
e di contemplare il buio dell'abisso, ci si tranquillizza.
E come ho già detto, se tutte le
tue reazioni a un libro sono già state espresse e diffuse, che senso
ha la tua lettura ? Giusto quella di essere la tua.
Analogamente, perchè vivi la tua
vita ? Perchè è la tua.
Ma che succede se questa risposta
diventa a poco a poco meno convincente ?
Mano a mano che l'umanità si
perfeziona, l'uomo si va degradando.
Quando tutto si ridurrà a una
combinazione di interessi economici ben bilanciati, quale spazio
resterà alla virtù ?
Nel frattempo, ci toccherà
attraversare un periodo assai buio.
Si tornerà alle guerre razziali.
Prima del trascorrere di un secolo assisteremo alla morte di milioni
di uomini in un sol colpo.
L'Oriente contro l'Occidente. Il
vecchio mondo contro il nuovo. Perchè no ?
Di quando in quando, sfoglio un
giornale.
Le cose sembrano procedere a ritmo
vertiginoso.
Danziamo non già sul cratere di un
vulcano, bensì sull'asse di un cesso il cui legno per giunta mi pare
alquanto marcio.
Ben presto la società finirà per
piombare e affogare in diciannove secoli di merda.
Si sentiranno parecchie urla.
Cerchiamo di avere il pudore degli
animali feriti,che si ritirano in un angolo e se ne stanno in
silenzio., Il mondo è pieno di gente che strepita contro la
Provvidenza. Occorre evitare, non foss'altro che per educazione, di
comportarsi come loro.
La storia andava morendo, come si
esaurisce una sorgente, come si spegne un'eco.
Beh, forse è così che deve essere.
Era tempo di prendere commiato...
(frasi di Gustave Flaubert e di
Julian Barnes, tratte da 'Il pappagallo di Flaubert', 1984, dello
stesso Barnes...)
venerdì 17 aprile 2015
L'Arca di Non è
Nel dicembre del 1968, l'Apollo 8
decollò verso la Luna.
La vigilia di Natale, la navicella
sorvolò l'emisfero nascosto entrando nell'orbita lunare.
Quando riemerse, gli astronauti
furono i primi esseri umani a poter contemplare un fenomeno per il
quale si dovette coniare un'espressione nuova: 'il sorgere della
Terra'.
Il pilota del modulo lunare, William
Anders, utilizzando uno speciale apparecchio di marca Hasselblad,
fotografò una Terra per due terzi piena che sorgeva in un cielo
notturno.
Le sue immagini ce la mostrano nella
meraviglia dei suoi colori, frastagliata da pennacchi di nuvole, da
vortici di tempeste, con l'azzurro denso dei mari e il bruno ruggine
dei continenti.
Il generale Anders ebbe a commentare
in seguito:
'Credo sia stato il sorgere della
Terra a colpire tutti noi più di ogni altra cosa...Quello che
vedevamo era il nostro pianeta, il luogo del cammino evolutivo
dell'uomo.
La nostra Terra, che trovammo
variopinta, graziosa e delicata, in confronto alla superficie lunare
scabra, spoglia, piatta, per non dire noiosa.
A sorprendere tutti, sono certo, fu
il fatto che avevamo percorso 240.000 miglia per vedere la Luna, ma
era la Terra che valeva davvero la pena di guardare....'
(J. Barnes, Livelli di vita, 2013)
Guardiamola allora questa nostra
Terra, come se la guardassimo da fuori, dalla Luna.
E' bella, certo, preziosa, unica,
brulicante di sogni e di differenze, ancora viva.
Chi può negarlo ?
Ma, nel nuovo diluvio che si
avvicina, niente assomiglia ad un Arca di salvezza.
I profughi sul barcone vengono
gettati in mare e uccisi da altri profughi.
Le opere d'arte di Nimrud, create
per esaltare le gesta di fanatici guerrieri, sono devastate da
fanatici guerrieri.
Gli ulivi millenari della Puglia
vengono sradicati e tagliati perchè altri ulivi non siano
contaminati.
La nostre libertà personali sono
controllate e violate per garantirci la libertà contro i nemici
della libertà.
Io mi sento morire, solo perchè
vorrei vivere.
Per poter essere (forse), il non
essere si diffonde e si impone (con certezza).
E' doloroso ammetterlo: siamo tutti sulla stessa barca alla deriva, siamo tutti
imbarcati sull'Arca di Non è.
Venerdì 17: bara a dritta!
Nella prima parte della vita, il
mondo si divide grossolanamente tra chi ha già fatto sesso e chi no.
Più avanti, tra chi ha conosciuto
l'amore e chi no.
Più tardi ancora -se si è
fortunati almeno (o forse sfortunati, in realtà)- si divide tra chi
ha vissuto il dolore e chi no.
Si tratta di differenze assolute; di
tropici che attraversiamo.
E invece, tra un'estate e l'autunno,
passammo dall'ansia all'allarme, alla paura, al terrore.
Trentasette giorni in tutto, dalla
diagnosi alla morte.
Mi sono sforzato di non abbassare lo
sguardo mai, di guardare le cose in faccia: ne è nata una sorta di
assurda lucidità.
Quasi tutte le sere, quando uscivo
dall'ospedale, mi ritrovavo sull'autobus a fissare con risentimento
la gente che tornava a casa a fine giornata.
Come osavano starsene lì seduti con
quell'aria svagata e dimentica, ostentando profili serafici, quando
il mondo era sul punto di cambiare ?
Abbiamo un cattivo rapporto con la
morte, evento al tempo stesso unico e banale; non siamo più in grado
di considerarlo parte di un disegno più vasto...
Di conseguenza, anche il lutto
diventa inimmaginabile: non solo in termini di durata e profondità,
ma anche di consistenza e di tono, nell'inganno delle sue remissioni
apparenti, nelle sue ricadute.
Come pure nel suo trauma iniziale:
all'improvviso precipitiamo nel gelido Mare del Nord equipaggiati
soltanto di un ridicolo giubbotto di sughero che in teoria dovrebbe
salvarci la vita.
Per giunta, niente ci può preparare
alla realtà nuova nella quale coliamo a picco.
Ho conosciuto una persona convinta,
o fiduciosa, di poterlo fare.
Suo marito era da tempo malato di
cancro; essendo una donna pratica, lei si era informata in anticipo
sulle letture adatte e aveva messo insieme una scorta di classici sul
tema della perdita.
Quando venne il momento non fece
alcuna differenza.
Quello che già sapevo era che
funzionano solo le vecchie parole: morte, pena, dolore, tristezza,
crepacuore. Nessuna moderna perifrasi o diagnosi scientifica.
Il dolore è una condizione umana,
non clinica e, sebbene esistano pillole che aiutano a dimenticarlo
-quello e ogni altra cosa- , non esistono farmaci in grado di
guarirlo.
I dolenti non sono depressi, sono
semplicemente, giustamente e matematicamente ('si soffre nell'esatta
misura di quanto vale la perdita') tristi.
'Ho parlato a tavola di mia moglie
morta, mentre si conversava.
Cala un silenzio breve, un comune
spavento, un brivido d'orrore...'
Presi la decisione (ma dato lo
scompiglio che mi regnava in testa forse è più giusto dire che fu
la decisione a prendere me) di parlare di mia moglie ogni volta che
mi pareva o ne sentissi il bisogno...Mi sono reso conto ben presto di
come il dolore selezioni e riposizioni le persone che circondano il
dolente; di come metta alla prova gli amici, di come qualcuno risulti
promosso, e qualcuno bocciato...
Ricordo una conversazione a
tavola...; ero in un ristorante con tre amici sposati più o meno
coetanei...Feci il nome di mia moglie: nessuno raccolse. Lo ripetei:
stessa reazione.
E' possibile che la terza volta
avessi la deliberata intenzione di provocarli, perchè quel
comportamento, che a me era parso più un segno di vigliaccheria che
di buona educazione, mi aveva fatto incazzare.
Spaventati dal contatto con il suo
nome, la rinnegarono tre volte e io li condannai.
Un'altra cosa che non sai è che
impressione gli altri hanno di te. Non è detto che quello che provi
coincida con quello che appare. Vediamo cosa provi.
Ti senti come se fossi precipitato
da un'altezza di qualche centinaio di piedi, senza mai perdere i
sensi, e fossi atterrato in un'aiuola di rose con tale violenza da
ficcarti a terra fino alle ginocchia, mentre lo shock dell'impatto ti
ha spappolato gli organi interni scaraventandoli fuori dal corpo.
Ecco, questo è ciò che provi;
perchè mai dovrebbe apparire qualcosa di diverso ?
Non sorprende dunque che qualcuno
cerchi di deviare la conversazione su un argomento più rassicurante.
Anzi, è possibile che non si tratti
di evitare lei, né la morte, bensì di evitare te.
(Julian Barnes, Livelli di vita,
2013)
Quiqueg nella bara.
Fu in questa circostanza che il mio
povero compagno pagano e stretto amico del cuore, Quiqueg, si prese
una febbre che lo portò a due passi dalla fine infinita...
Povero Quiqueg! Quando la nave era
circa a metà sbudellata, avreste dovuto piegarvi sulla boccaporta e
dare un'occhiata laggiù, dove spogliato, tranne delle mutande di
lana, il selvaggio tatuato andava strisciando, tra l'umidità e la
fanghiglia, come un verde ramarro maculato, in fondo a un pozzo. E un
pozzo o piuttosto una ghiacciaia fu in qualche modo per lui, povero
pagano; che, strano a dirsi, con tutto il caldo delle sue sudate, si
prese là un terribile raffreddore che riuscì in una febbre; e alla
fine, dopo qualche giorno di sofferenze, lo distese nella branda
sulla soglia della porta della morte.
Come deperì e deperì in quei pochi
lentissimi giorni, finchè non parve restare di lui molto di più
dello scheletro e dei tatuaggi !
Ma mentre tutto il resto in lui si
assottigliava e le mascelle si affilavano, gli occhi nondimeno
parevano crescere sempre più grandi, acquistavano una strana
morbidezza di splendore e vi guardavano dolci, ma profondi, dal seno
del male...
Non uno dell'equipaggio che non lo
desse per spacciato e, quanto a Quiqueg in persona, quel che pensasse
del suo caso lo dimostrò validamente un curioso favore che chiese.
Chiamò a sé uno e, prendendogli la
mano, gli disse che a Nantucket aveva visto certe piccole canoe di
legno scuro...e domandando aveva saputo che tutti i balenieri che
morivano a Nantucket venivano composti in quelle nere canoe...
Aggiunse che rabbrividiva al
pensiero di venir sepolto nella branda...No: egli desiderava una
canoa come quelle di Nantucket...
Ora, non appena questo strano caso
si seppe a poppa, il maestro d'ascia ricevette ordine di fare il
volere di Quiqueg, qualunque cosa potesse implicare...Non appena
avvertito dell'ordine, dato mano al regolo, si recò senz'altro nel
castello e prese con gran cura le misure di Quiqueg, segnando
regolarmente con il gesso la sua persona tutte le volte che spostava
lo strumento.
'Ah, povero diavolo! Adesso dovrà
morire', esclamò il marinaio di Long Island...
Quiqueg, tra la costernazione di
tutti, comandò che la bara gli venisse immediatamente portata e non
ci fu modo di negarglielo; visto che, di tutti i mortali, certi
moribondi sono i più tirannici...
Sporgendosi dalla branda, Quiqueg
osservò a lungo con occhio attento la bara.
Poi chiese il rampone, ne fece
togliere il legno e mettere il ferro nella bara, insieme a una delle
pale della lancia. Tutto a sua richiesta, ancora, vennero disposte
gallette in giro per i fianchi, e una fiasca d'acqua dolce alla
testa, insieme a un sacchetto di terra legnosa raschiata in fondo
alla stiva. Fattosi arrotolare come cuscino un pezzo di tela da vela,
Quiqueg allora supplicò di deporlo nel suo ultimo letto, per poterne
sperimentare le comodità, se ne aveva...
Giacque là, senza movimento, alcuni
minuti...Poi, incrociando le braccia, chiese che gli mettessero sopra
il coperchio...E lì giacque Quiqueg, nella bara, mostrando poco più
del suo volto pacato.
'Rarmai' ('Andrà'; 'E' comodo'),
mormorò alla fine, e fece segno che lo rimettessero nella branda.
Ma ora che aveva fatto in apparenza
ogni preparativo per la morte, ora che la bara si era dimostrata ben
adatta, Quiqueg si riprese all'improvviso...
E qui, quando qualcuno esprimeva la
sua lieta sorpresa, egli rispondeva in sostanza che...in un momento
critico si era ricordato di un piccolo dovere a terra che lui
lasciava inadempiuto, e perciò aveva cambiato idea intorno alla
morte, non poteva ancora morire, dichiarò...
Così, ben presto il mio Quiqueg
riprese forza e finalmente, dopo essere stato seduto sull'argano,
indolente, per qualche giorno (mangiando, però, con appetito
gagliardo), saltò in piedi d'improvviso, spalancò le braccia e le
gambe, si diede una buona stirata, sbadigliò un istante e poi,
balzando in testa alla sua lancia issata e bilanciando un rampone, si
dichiarò pronto a combattere.
(Hermann Melville, Moby Dick, 1851)
mercoledì 15 aprile 2015
eppur si muove...
Eppur si muove...
Questa frase, simbolo di progresso e di evoluzione razionale, ora diventa il segno della terra che frana, che slitta, che crolla.
Ci manca la terra sotto i piedi, come si dice.
L'acqua fa il suo lavoro, a lei continuiamo ad opporre le nostre certezze di cemento, i nostri piloni, le nostre barriere d'acciaio.
Lei se ne frega, e e avanza, e smuove la terra.
E tutta quella gente che continua a fuggire, a imbarcarsi, ad affogare.
Inizia ad assillarci giornalmente, sono migliaia, centinai di migliaia, e attendono solo di partire, di arrivare qui.
E muoiono per vivere e vivono per morire.
Eppur si muovono anche loro, eppur si muove la marea, eppur si muore...
E delle nostre vite, che lentamente, gradualmente, ma inesorabilmente cadono verso il disastro.
Sì, di giorno in giorno, di anno in anno, la catastrofe avanza.
La vediamo, a tutti i livelli, ormai, manifestarsi e assediarci, senza tregua.
Le nostre vite sono accerchiate, e perdono valore ed energia e senso.
E' una lotta impari, ormai.
Questa frase, simbolo di progresso e di evoluzione razionale, ora diventa il segno della terra che frana, che slitta, che crolla.
Ci manca la terra sotto i piedi, come si dice.
L'acqua fa il suo lavoro, a lei continuiamo ad opporre le nostre certezze di cemento, i nostri piloni, le nostre barriere d'acciaio.
Lei se ne frega, e e avanza, e smuove la terra.
E tutta quella gente che continua a fuggire, a imbarcarsi, ad affogare.
Inizia ad assillarci giornalmente, sono migliaia, centinai di migliaia, e attendono solo di partire, di arrivare qui.
E muoiono per vivere e vivono per morire.
Eppur si muovono anche loro, eppur si muove la marea, eppur si muore...
E delle nostre vite, che lentamente, gradualmente, ma inesorabilmente cadono verso il disastro.
Sì, di giorno in giorno, di anno in anno, la catastrofe avanza.
La vediamo, a tutti i livelli, ormai, manifestarsi e assediarci, senza tregua.
Le nostre vite sono accerchiate, e perdono valore ed energia e senso.
E' una lotta impari, ormai.
lunedì 13 aprile 2015
mr. lozio
Giorni lenti in una
Milano già ubriaca di Expo.
Ovviamente tante
promesse, pochi fatti.
Tutto in ritardo
nero.
Una quantità
enorme di soldi pubblici buttati al vento.
Una colossale
operazione di immagine senza senso.
Ma la gente compra
i biglietti, e ci andranno in milioni, tanti, troppi.
Se prendi la
tessera PD, entri con lo sconto. Roba indegna.
Si finge di nutrire
il pianeta, ma il pianeta sa bene che ci sarà sempre più fame e
sete (anche di giustizia).
Il mondo sprofonda,
si squassa, si divide, si squarta.
E noi proseguiamo a
mentire, a sprecare, a nutrirci, ad ammazzare, ad armarci.
Tutto solo per
denaro.
In questo viaggio
sono stato spesso chiamato zio.
E non solo da mio
nipote.
Amici cari cercano
così di darmi un ruolo affettivo, anche se non ufficiale.
Nel palazzo di
Sesto dove ho dormito in queste ultime due notti vedo una casella della posta con su
scritto un cognome: Lozio.
Io lo posso leggere
'lo zio', ma mi piace anche vederci ' l'ozio'.
Sì, è stato un
viaggio da zio ozioso.
La cosa più
impegnativa è stata prendere l'aereo, visti gli effetti nefasti del
volo sui miei fragili labirinti, che proseguono inquietanti a farmi
oscillare quanto basta.
Ora torno a casa,
mi trovo ad Orio-ozio in attesa del volo.
La primavera sembra
già arrivata invece, e con essa finalmente un po' di sole e di luce.
Così magari almeno
la tosse mi passa del tutto.
Sta sempre lì,
anche lei, in agguato, e a volte ritorna.
Altri pensieri,
attese, promesse di piacere, sogni stanno lì, come in agguato.
Ogni tanto mi
sorprendono, quando meno me li aspetto.
Chissà, magari
qualcosa accadrà veramente...
Avrei voglia di
rimettermi a giocare un bel gioco, a giocarlo davvero....
Anche sui monti, in
cui gli eremiti vivono ritirati, arriverà quest'aria leggera e tiepida che invita al disgelo ?
martedì 7 aprile 2015
la solita salsa
L'aeroporto Costa
Smeralda è nuovo fiammante, ci si arriva ora da Viale degli
Astronauti.
Gemma mi ha
regalato un pane pasquale, un coccoetto con l'uovo sodo dentro.
Lo porterò ai
compaesani in Svizzera, come se fossimo emigrati degli anni 50.
Il pane c'è.
In aereo, la
hostess chiama a rapporto il signor Salsa.
E ci comunica che
siamo trasportati da un equipaggio guidato dal comandante San
Marzano.
Insomma, la zuppa
l'è cotta...!
Altro che la
flemmatica e psicotica Germanwings, qui se magna...!
Milanesi e comaschi
che tornano dalla prima vacanza in costa.
Guardano già con
nostalgia il mare smeraldo dal cielo e si dicono: torneremo in
estate.
Un giovane manager,
elegante e belloccio, viso sfatto dal non rilassarsi mai e dormire
meno, si è portato dietro i figli e una moglie di rappresentanza.
Continua
ininterrottamente a prendere appunti e a far di conto sull'agenda
(cartacea, però).
Snocciola le
centinaia di migliaia di euro per ogni affare, da ogni parte del
mondo.
I suoi prossimi
mesi di lavoro (fiere, soprattutto, e ovunque) entrano rapidamente e
diffusamente nel calendario. E l'appuntamento per i tatuaggi e quello
per farsi la tartaruga.
Un po' meno lo
attraggono i richiami di suo figlio, che avrà 9 anni e legge un
libro dal titolo: 'Assassin's creed unity'. Almeno legge, e guarda i
panorami, e cerca di interpellare il padre.
Che gli intima
soltanto di spegnere lo smartphone.
Al che il ragazzino
gli si rivolge contro: 'Spegnilo anche tu, allora...!'.
L'altra sera, alla
pizzeria Sa Mesa, tutti i ragazzini stavano attaccati allo
smartphone, da soli o in piccoli gruppi.
I genitori, intorno
a me, pure.
Mi lamentavo dei
loro discorsi, nei giorni scorsi.
Ma forse era meglio
che parlassero, anche delle loro solite banalità di adulti.
Ho poggiato la
testa sul tavolo e mi veniva da dormire, tanta era la noia che
provavo sul mondo, in attesa di una pizza così così.
Mio nipote e i suoi
coetanei sanno farsi i cazzi loro alla grande.
Ed i genitori sono
contenti perchè così anche loro possono farsi i cazzi loro alla
grande.
Ognuno col suo
tablet ed i suoi giochi più o meni per adulti, o adulteri, o
adulterati.
A meno che non
succeda qualcosa di grave, o qualcuno si frapponga tra loro: allora,
tornano a rifugiarsi tra le amorevoli braccia dei papà e delle
mamme, e loro tornano ad essere i 'loro' figli.
Sull'aereo un
neonato si fa allattare, occhi pieni di piacere e di riconoscenza.
La madre sembra un
po' meno appagata, ma partecipe.
Il papà, tiene
fissi i Ray Ban scuri, e lo bacia il pupo con gli occhiali.
La moglie vede solo
il figlioletto, il marito esiste solo quando deve cercare il ciuccio
o le salviette nella borsa di lei.
Lui ha una discreta faccia da ottusangolo maschile.
Passa il carrello,
un bicchiere di succo o d'acqua gratis.
Cioè inclusi nel
costo del biglietto.
Se dovessimo
pagarli direttamente magari non lo berremmo.
Ma così ci sembra
di non pagarlo e di essere stupidi a non berlo.
Mio nipote dice che
gli sms e le chiamate sono gratis.
Li hanno solo già
pagati per lui, ma tra ragazzini si dicono che è tutto gratis.
Questi ragazzini
sembrano fare zapping proprio con tutto.
Il torneo (vinto!)
è già alle spalle, dopo qualche festa e molte foto.
'Pensiamo già alla
prossima partita': parlano già come gli allenatori e i giocatori
della massima serie.
Un po' mi fanno
paura, sembrano dei robottini sentimentaloidi.
Scendo a Linate, e
oscillo alquanto, più del solito.
Mi viene da
camminare meccanicamente, come un automa, per regolarizzarmi a forza.
L'aereo non aiuta
proprio i miei poveri, piccoli labirinti.
I seni nasali, poi,
fanno dolore sulla fronte.
Continuo a
camminare strano, in modo talvolta inquietante.
Ascolto i sintomi,
e ne colgo -credo- alcuni significati profondi e sommersi.
Non posso fare
molto di più, da solo.
Né -credo- i
medici.
Dopo l'ennesima
sfuriata di pioggia tropicale, ora è tornato il sole.
Lo attendo anche
per me.
Sogno California...
Ma mi pappo il San Marzano.
Ed attraverso la frontiera di Chiasso in un silenzio irreale...
domenica 5 aprile 2015
è resorto ?
Domenica di Pasqua.
Piove, mentre scrivo dal terrazzino del mega-resort Geovillage, 4 stelle, all'uscita di Olbia.
Ha colonizzato una collina intera, tra hotel, spa, palestre, bar e caffè, negozi vari, piscine.
Resta ancora un bel verde intorno, ma l'impatto è forte.
Tra le scale e i corridoi si aggira, come una sinuosa gatta egizia, la bella Manuela Arcuri, madrina del residence.
Mariti e fidanzati la occhieggiano di sbieco, mentre le loro donne fanno finta di non vederla, e di non vederli.
Io soffro, per me, e ridacchio, per loro.
In un posto così ci posso andare solo per seguire mio nipote, che gioca un torneo di calcio regionale di ragazzini. Vince e va avanti nel torneo, forse domani arriverà in finale. Sono gasatissimi.
Prime notte insieme in stanza, da soli, con i genitori che cercano di controllarli e di distanziarsi, in una diuturna lotta senza fine, all'ultimo passepartout.
Ricordi indelebili per loro, di amicizia, di vittorie e sconfitte insieme, di giochi.
Il tutto, purtroppo, già inserito in un gran caravanserraglio di allenatori, fotografi a pagamento, sponsor di acque minerali. Promesse esagerate, aspettative di genitori e sogni di bambini, tutto ben miscelato.
Il figlio di Totti, che avrà il nome di un profumo o di uno stilista, si bea di se stesso tra i giovinetti divini dell'A.S Roma esordienti.
Avrà un futuro garantito ? O sarà l'ennesimo figlio fallito di un mito pesante e insuperabile ?
Il vecchiume insiste: i compagni di Luca, mio nipote, gli chiedono di me, li incuriosisco.
Ma è tuo nonno ?
E' arabo ? Perchè ha sempre il cappellino ? Perchè ha la tuta dei cinesi e non quelle alla moda ?
Ho detto a Luca di rispondergli per me: E perchè voi indossate quelle scarpette da calcio rosa da frocio ? Perchè avete tre tute super fashion anzichè una ? Perchè avete dei genitori che parlano solo di calcio a tavola, e dei tornei dei loro figli calciatori, e smanettano sullo smartphone o il tablet ancora più e peggio di voi ? Perchè vivete in un solo mondo possibile, che è proprio quello che vi sta conducendo al macello della psiche, e -tra qualche anno- anche dei corpi ?
Insomma, sono ormai un vecchio tipico, spazientito, irascibile e bisbetico.
Se Gesù risorgesse davvero oggi, come dicono, tornerebbe rapidamente nel sepolcro.
Magari con la bella Manuela.
Il problema sarebbe parlare con lei: la sua lingua è impastata da un ciociaro inascoltabile, dovreste sentirla...
E non credo che possa apprendere l'aramaico a breve.
Ma tanto, nel caso, avrebbero l'eternità davanti.
E Dio è grande. Anzi, mi scuso con i pargoli, Allah...!
Piove, mentre scrivo dal terrazzino del mega-resort Geovillage, 4 stelle, all'uscita di Olbia.
Ha colonizzato una collina intera, tra hotel, spa, palestre, bar e caffè, negozi vari, piscine.
Resta ancora un bel verde intorno, ma l'impatto è forte.
Tra le scale e i corridoi si aggira, come una sinuosa gatta egizia, la bella Manuela Arcuri, madrina del residence.
Mariti e fidanzati la occhieggiano di sbieco, mentre le loro donne fanno finta di non vederla, e di non vederli.
Io soffro, per me, e ridacchio, per loro.
In un posto così ci posso andare solo per seguire mio nipote, che gioca un torneo di calcio regionale di ragazzini. Vince e va avanti nel torneo, forse domani arriverà in finale. Sono gasatissimi.
Prime notte insieme in stanza, da soli, con i genitori che cercano di controllarli e di distanziarsi, in una diuturna lotta senza fine, all'ultimo passepartout.
Ricordi indelebili per loro, di amicizia, di vittorie e sconfitte insieme, di giochi.
Il tutto, purtroppo, già inserito in un gran caravanserraglio di allenatori, fotografi a pagamento, sponsor di acque minerali. Promesse esagerate, aspettative di genitori e sogni di bambini, tutto ben miscelato.
Il figlio di Totti, che avrà il nome di un profumo o di uno stilista, si bea di se stesso tra i giovinetti divini dell'A.S Roma esordienti.
Avrà un futuro garantito ? O sarà l'ennesimo figlio fallito di un mito pesante e insuperabile ?
Il vecchiume insiste: i compagni di Luca, mio nipote, gli chiedono di me, li incuriosisco.
Ma è tuo nonno ?
E' arabo ? Perchè ha sempre il cappellino ? Perchè ha la tuta dei cinesi e non quelle alla moda ?
Ho detto a Luca di rispondergli per me: E perchè voi indossate quelle scarpette da calcio rosa da frocio ? Perchè avete tre tute super fashion anzichè una ? Perchè avete dei genitori che parlano solo di calcio a tavola, e dei tornei dei loro figli calciatori, e smanettano sullo smartphone o il tablet ancora più e peggio di voi ? Perchè vivete in un solo mondo possibile, che è proprio quello che vi sta conducendo al macello della psiche, e -tra qualche anno- anche dei corpi ?
Insomma, sono ormai un vecchio tipico, spazientito, irascibile e bisbetico.
Se Gesù risorgesse davvero oggi, come dicono, tornerebbe rapidamente nel sepolcro.
Magari con la bella Manuela.
Il problema sarebbe parlare con lei: la sua lingua è impastata da un ciociaro inascoltabile, dovreste sentirla...
E non credo che possa apprendere l'aramaico a breve.
Ma tanto, nel caso, avrebbero l'eternità davanti.
E Dio è grande. Anzi, mi scuso con i pargoli, Allah...!
mercoledì 1 aprile 2015
vecchiumi
Una ragazza che non sa ballare dice
che l'orchestra non sa suonare (proverbio irlandese).
Sabato ho condotto
un seminario all'interno di un ciclo volto a favorire la
partecipazione attiva degli anziani.
L'ennesima
fregatura della modernità: le società non riconoscono i diversi in
quanto tali, ma solo se si sforzano di assomigliare ai normali.
La chiamano
'integrazione', che va insieme a 'integralismo' (il nostro, non
quello dell'Isis).
Vale per i negri,
che devono diventare bianchi, vivere come noi, occidentalizzarsi.
Vale per i
disabili, che sono solo 'diversamente abili' e che, in fondo, possono
lavorare come noi.
Vale per i vecchi.
Che, in passato, erano stimati e valorizzati in quanto vecchi.
Oggi, invece, solo
se fanno i giovani; se lavorano fino a 80 anni, se fanno jogging, se
si fanno il lifting, se si riempiono di medicinali per stare sani, se
fanno prevenzione di tutte le malattie possibili, se partecipano alla
vita sociale attivamente.
Il modello unico
della modernità: attivarsi, produrre, riempire tutto, agire sempre,
non restare mai fermi o annoiarsi.
In una società
della decrescita, invece, sarà bello accettare la vecchiaia come
esempio di rallentamento e silenzio.
E prepararsi al
morire invecchiando serenamente, come si diceva un tempo.
Insomma, il mio
approccio alla questione è stato leggermente eterodosso e
divergente.
I presenti erano
stupefatti, ma contenti (salvo alcuni).
Due fatti di ieri:
i 100 anni di Pietro Ingrao, un grande vecchio, che ho avuto la
fortuna di conoscere personalmente negli anni 80, e che da tempo si è
ritirato in silenzio a Lenola, il suo piccolo paese d'origine. Un
saggio.
E, si parva licet, c'è l'intrepido Bondi che si
separa da Berlu: la vecchiaia porta saggezza, anche nei succubi ad
oltranza ?
Ma neppure davanti
all'abbandono dei suoi amici Berlu ammette di essere vecchio, finito, e si
arrende.
Cupio dissolvi.
Non saper smettere,
non saper lasciare, non sapersi arrendere.
Tipico della nostra
civiltà, non solo di Berlu il miserabile riccone.
Ma sino a quando
non ci arrenderemo, non dichiareremo fallimento, non smetteremo di
blaterare a vanvera dei nostri meriti, dei nostri successi, delle
nostre speranze ?
La nostra civiltà
dovrebbe dichiararsi vecchia e accettare di declinare e di morire.
Sarebbe l'ultima
sapienza che ci resta.
Ed invece corriamo
verso un omicidio-suicidio senza precedenti, un'ecatombe mondiale che
farà rimpiangere le due guerricciole mondiali del 900.
Ultimo esempio: in
un servizio di Massimo Sperandio (nomen omen) si blatera che l'indice
di fiducia di imprese e consumatori sta salendo (e tu chiamale se
vuoi emozioni...!).
E che la ripresa è
quindi alle porte.
Ed anche Poletti
blatera sugli 80000 nuovi posti a tempo indeterminato.
Peccato che oggi
l'Istat ci ricordi che abbiamo perso altri 44000 posti di lavoro
nell'ultimo mese.
Ma perchè non
diciamo la verità, in primo luogo a noi stessi ?
Semplice: perchè
non accettiamo di fallire, di invecchiare, di morire.
Eppure, sarebbe tutto così
semplice...
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