Mi sveglio nel bungalow della Garden House a
Sukothai: le verdissime piante intorno ci proteggono dal sole già alto, le
donne fanno le pulizie della hall, sento i suoni degli uccelli e di una radio.
Pian piano salgono i piccoli rombi dei tuk
tuk, che si apprestano a portare i turisti (numerosi) al parco archeologico
della prima capitale siamese (500-1400 d.C), ora sonnacchiosa cittadina di
provincia dell'impero globalizzato
centrato verso sud (Bangkok e turismo balneare di massa).
Vivere in luoghi naturali, circondati da
bamboo, tamarindi, acacie, alberoni che sembrano zampe d'elefante, suoni
d'uccelli e di rane, cani latranti e ululanti, il tutto in stile thai
(tranquillo, soft, senza scatti).
Già questo ti aiuta a vivere e a sopportare il
mondo.
Alle cascate del parco di Erawan (a Sai Yok
Noi) i pescetti ci hanno massaggiato i piedi e fatto il pedicure, la jacuzzi ce
l'hanno offerta il getto dell'acqua dall'alto e i rivoli sulle rocce chiare, al
sole.
La donna che gestiva la Sam's Jungle Guest House,
Pa Ha (cielo), era dolcissima e curiosa come un uccellino (si è svegliata alle
630 ieri per vederci partire in motorino e salutarci con le sue mani giunte, in
silenzio): sapeva cucinare solo riso fritto con pollo, e siamo andati avanti
così per due giorni, si rideva molto, e potevamo parlare solo in thai (cioè
nulla, se non le poche parole che ci ha insegnato) o a gesti, sentendoci
ridicoli, e ridendo ancora...
Giornata di lungo trasferimento ieri: motorino
all'alba dalle cascate a Kanjanaburi
(6.30/8.40), bus vip molto comodo sino a Kamphaeng Phaet (9.00/15.00),
minibus per qui (15.45/18.00).
Oggi solo giretti per Sukhotai, mercati,
templi.
Ieri notte, dopo una cena piccante a base di
anatra, gamberi, curry e pik (salsetta con peperoncino), ci siamo trovati in
mezzo a una gran folla di fedeli di fronte a un nuovo tempio in costruzione.
Varie persone hanno innalzato con dei tiranti
artigianali una statua dorata di Buddha sulla nicchia centrale del frontone.
Poi, circondati dalle preghiere dei monaci e
dei seguaci, uniti da un filo di cotone tra le mani giunte, hanno travasato
dentro stampi del bronzo fuso e bollente, da cui ricaveranno nuove statue forse
per nuovi giochi futuri.
Intorno al rito, preso molto seriamente, con
tanto di benedizioni e omelie, una gran fiera, con palloncini da sparare, polli
fritti, spettacolini con ballerine e un gran gigione gay in paillettes...
Il solito misto dei templi buddisti di città:
casino totale per noi, abituati a una netta separazione tra sacro e profano.
Mattinata per mercatini di pesce, carne, musi
di porco schiacciati e sorridenti (anche loro!), gelatine zuppe di coloranti,
frutta intera e tagliata, spezie, incensi, giocattoli, tessuti.
Diego gioca a calcio con i bambini delle
elementari: entriamo nel cortile del tempio, tutti sono liberi di correre e
giocare, a decine, autoorganizzati, non si vede un adulto (solo il giardiniere
che sornionamente innaffia). Maschi e femmine stanno separati, come per legge
naturale.
I maschi giocano in squadra, dividendosi per età e corporatura;
le bambine fanno gruppo, ci guardano e commentano, sorridono, chiacchierano.
A pranzo, rincontriamo la coppia marsigliese
che ha fatto il viaggio in bus con noi.
Domani vedremo insieme il mitico sito della
città antica, una piccola Angkor, a quanto dicono...
Per ora mi consolo con Fabio, lombardo che
mangia al nostro fianco, fan di Gigi Riva (l'ha anche invitato al matrimonio, e
tra qualche mese verrà a Cagliari per incontrarlo...)
Un tifoso lombardo del Cagliari e di Riva, a
Sukothai...!
Allora sei a casa
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