domenica 12 ottobre 2014

viaggi e miraggi

La nuova casa di cura in cui mi ricoverai non mi guarì più della prima; e passarono parecchi anni prima che la lasciassi.
Durante il tragitto in ferrovia che feci per tornare finalmente a Parigi, il pensiero dell'assenza, in me, di qualsiasi dono letterario..., questo pensiero, forse meno doloroso ma ancora più tetro se gli davo come oggetto non un'infermità soltanto mia, ma l'inesistenza dell'ideale in cui avevo creduto, questo pensiero che da molto tempo non mi era più tornato alla mente mi colpì di nuovo e con una forza più che mai penosa.
Fu, me lo ricordo, durante una sosta del treno in aperta campagna. Il sole illuminava fino a metà del tronco una fila d'alberi che fiancheggiava i binari.
'Alberi, pensai, non avete più niente da dirmi, il mio cuore raggelato non vi sente più. Eppure sono qui in piena natura; ebbene, è con freddezza, è con noia che i miei occhi prendono atto della linea che separa la vostra fronte luminosa dall'ombra del vostro tronco. Se mai ho potuto credermi poeta, adesso so di non esserlo. Forse nella nuova parte della mia vita, così disseccata, che sta per cominciare, gli uomini potrebbero ispirarmi quel che la natura non mi dice più. Ma gli anni in cui sarei forse stato capace di cantarla non torneranno mai'.
Ma consolandomi così, con l'idea che un'osservazione umana avrebbe potuto prendere il posto di un'ispirazione impossibile, sapevo che stavo solo cercando una consolazione, ed ero il primo a sapere che era senza valore...
Con la stessa indifferenza avevo visto, poco dopo, le lentiggini arancione e d'oro di cui il sole cospargeva le finestre d'una casa; e infine, inoltratasi l'ora, avevo visto un'altra casa che sembrava costruita in una sostanza d'un rosa alquanto singolare. Ma avevo fatto queste diverse constatazioni con la stessa assoluta indifferenza con cui, passeggiando in un giardino con una signora, e avendo visto una foglia di vetro e, un po' più in là, un oggetto d'una materia analoga all'alabastro il cui colore insolito non m'avesse minimamente sottratto alla più languida noia, tuttavia -per cortesia nei confronti della signora, per dire qualcosa, e anche per mostrare di aver notato quel colore- avrei indicato, di sfuggita, il vetro colorato e il pezzetto di stucco.
Non diversamente, per sgravio di coscienza, segnalavo a me stesso, come a una persona che mi fosse stata accanto e che avrebbe potuto trarne maggior piacere di me, i riflessi di fuoco nei vetri e la trasparenza rosata della casa. Ma il compagno cui avevo fatto constatare questi effetti singolari era evidentemente d'indole meno entusiasta di tante persone ben disposte che si estasiano a simili viste, giacchè aveva preso conoscenza di quei colori senza la minima esultanza...
Se pensavo a ciò che mi aveva detto Bergotte: 'Siete malato ma non vi si può compiangere, perchè avete le gioie dell'intelletto' -come s'era sbagliato sul mio conto! Che poca gioia c'era in questa lucidità sterile!...Quanto alle gioie dell'intelligenza, potevo forse chiamare così le fredde constatazioni che il mio occhio penetrante o il mio ragionamento corretto raccoglievano senza alcun piacere, e che restavano infeconde ?
Ma proprio, a volte, nel momento in cui tutto ci sembra perduto giunge l'avvertimento che può salvarci; abbiamo bussato a tutte le porte che non danno su niente e la sola attraverso la quale si può entrare, e che avremmo cercato invano per anni, l'urtiamo senza saperlo, e si apre...
Sì, se il ricordo, grazie all'oblio, non ha potuto contrarre nessun legame, gettare nessuna catena fra sé e l'istante presente, se è rimasto al suo posto, alla sua data, se ha mantenuto le sue distanze, il suo isolamento nella profondità di una valle o in cima ad una vetta, ci fa respirare di colpo un'aria nuova per la precisa ragione che è un'aria respirata in altri tempi, quell'aria più pura che i poeti hanno cercato invano di far regnare nel paradiso e che non potrebbe dare la sensazione profonda di rinnovamento che ci dà se non fosse già stata respirata, giacchè i veri paradisi sono i paradisi che abbiamo perduti...



(M.Proust, Il tempo ritrovato)

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