La nuova casa di cura in cui mi
ricoverai non mi guarì più della prima; e passarono parecchi anni
prima che la lasciassi.
Durante il tragitto in ferrovia che
feci per tornare finalmente a Parigi, il pensiero dell'assenza, in
me, di qualsiasi dono letterario..., questo pensiero, forse meno
doloroso ma ancora più tetro se gli davo come oggetto non
un'infermità soltanto mia, ma l'inesistenza dell'ideale in cui avevo
creduto, questo pensiero che da molto tempo non mi era più tornato
alla mente mi colpì di nuovo e con una forza più che mai penosa.
Fu, me lo ricordo, durante una sosta
del treno in aperta campagna. Il sole illuminava fino a metà del
tronco una fila d'alberi che fiancheggiava i binari.
'Alberi, pensai, non avete più
niente da dirmi, il mio cuore raggelato non vi sente più. Eppure
sono qui in piena natura; ebbene, è con freddezza, è con noia che i
miei occhi prendono atto della linea che separa la vostra fronte
luminosa dall'ombra del vostro tronco. Se mai ho potuto credermi
poeta, adesso so di non esserlo. Forse nella nuova parte della mia
vita, così disseccata, che sta per cominciare, gli uomini potrebbero
ispirarmi quel che la natura non mi dice più. Ma gli anni in cui
sarei forse stato capace di cantarla non torneranno mai'.
Ma consolandomi così, con l'idea
che un'osservazione umana avrebbe potuto prendere il posto di
un'ispirazione impossibile, sapevo che stavo solo cercando una
consolazione, ed ero il primo a sapere che era senza valore...
Con la stessa indifferenza avevo
visto, poco dopo, le lentiggini arancione e d'oro di cui il sole
cospargeva le finestre d'una casa; e infine, inoltratasi l'ora, avevo
visto un'altra casa che sembrava costruita in una sostanza d'un rosa
alquanto singolare. Ma avevo fatto queste diverse constatazioni con
la stessa assoluta indifferenza con cui, passeggiando in un giardino
con una signora, e avendo visto una foglia di vetro e, un po' più in
là, un oggetto d'una materia analoga all'alabastro il cui colore
insolito non m'avesse minimamente sottratto alla più languida noia,
tuttavia -per cortesia nei confronti della signora, per dire
qualcosa, e anche per mostrare di aver notato quel colore- avrei
indicato, di sfuggita, il vetro colorato e il pezzetto di stucco.
Non diversamente, per sgravio di
coscienza, segnalavo a me stesso, come a una persona che mi fosse
stata accanto e che avrebbe potuto trarne maggior piacere di me, i
riflessi di fuoco nei vetri e la trasparenza rosata della casa. Ma il
compagno cui avevo fatto constatare questi effetti singolari era
evidentemente d'indole meno entusiasta di tante persone ben disposte
che si estasiano a simili viste, giacchè aveva preso conoscenza di
quei colori senza la minima esultanza...
Se pensavo a ciò che mi aveva detto
Bergotte: 'Siete malato ma non vi si può compiangere, perchè avete
le gioie dell'intelletto' -come s'era sbagliato sul mio conto! Che
poca gioia c'era in questa lucidità sterile!...Quanto alle gioie
dell'intelligenza, potevo forse chiamare così le fredde
constatazioni che il mio occhio penetrante o il mio ragionamento
corretto raccoglievano senza alcun piacere, e che restavano infeconde
?
Ma proprio, a volte, nel momento in
cui tutto ci sembra perduto giunge l'avvertimento che può salvarci;
abbiamo bussato a tutte le porte che non danno su niente e la sola
attraverso la quale si può entrare, e che avremmo cercato invano per
anni, l'urtiamo senza saperlo, e si apre...
Sì, se il ricordo, grazie
all'oblio, non ha potuto contrarre nessun legame, gettare nessuna
catena fra sé e l'istante presente, se è rimasto al suo posto, alla
sua data, se ha mantenuto le sue distanze, il suo isolamento nella
profondità di una valle o in cima ad una vetta, ci fa respirare di
colpo un'aria nuova per la precisa ragione che è un'aria respirata
in altri tempi, quell'aria più pura che i poeti hanno cercato invano
di far regnare nel paradiso e che non potrebbe dare la sensazione
profonda di rinnovamento che ci dà se non fosse già stata
respirata, giacchè i veri paradisi sono i paradisi che abbiamo
perduti...
(M.Proust, Il tempo ritrovato)
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