La catastrofe prosegue ad avanzare e non fa sconti.
Il cambiamento climatico prosegue a devastare territori, fiumi, case, strade.
La disoccupazione e la recessione economica (altri nomi, ma in negativo, della decrescita) crescono di giorno in giorno, senza che alcun governo riesca a fare nient'altro che promettere e blaterare.
La trasformazione dei conflitti in guerre guerreggiate, a bassa od alta intensità, procede senza sosta, soprattutto in Africa e in (Medio)Oriente.
Ieri sono stato alla conferenza di David Grossman in Facoltà.
Le persone (poche) che lo contestavano (italiane e palestinesi) hanno dato sfogo al solito repertorio dell'estrema sinistra schierata da una parte e sempre sconfitta: la Nakba come la Shoah, Israele come il nazismo, il valore narrativo che non si può separare dalle posizioni politiche dell'autore, etc etc.
Le persone (molte) che lo applaudivano si sono -come sempre- accontentate del pacifismo generico dello scrittore: due popoli, due stati, libertà e dignità per noi e nostri vicini, la pace dei due popoli è inseparabile, l'occupazione è terribile ed ingiusta, dobbiamo andare verso un compromesso doloroso per entrambi, etc etc...
Insomma le solite nenie della sinistra moderata, stile PD.
Come al solito, non mi ritrovavo nè con gli uni nè con gli altri.
La posizione nonviolenta, almeno per come io la intendo, sta sempre altrove.
Nessuno, ad esempio, dice mai in queste sedi che:
- sono a confronto due violenze intrinseche alle religioni monoteiste, non superabili all'interno del paradigma religioso-istituzionale e dei loro confronti ecumenici o interreligiosi;
-la questione del 'ritorno ad Eretz' non riguarda tanto arabi ed israeliani quanto la gestione -errata- dei nostri sensi di colpa di europei ed americani dopo la Shoah.
Quando ho visto le foto dei lager fatte dagli aerei USA ben prima della liberazione è inevitabile chiedersi: perchè hanno lasciato che tanti ebrei proseguissero a morire lì dentro ?
-la situazione attuale di Israele non assomiglia alla Shoah, ma certo molto di più all' apartheid sudafricano: e non solo nei confronti dei palestinesi dei Territori, ma anche di quelli che vivono come cittadini israeliani di serie B, sia che siano musulmani o cristiani sia che siano ebrei; e così come nel caso del Sudafrica non potrà mai finire se non si iniziano ad attuare forme di boicottaggio massiccio dell'economia nazionale, strangolandola;
-la mediazione internazionale, sempre in corso e sempre fallita, è finta, è un gioco truccato, che continua a vedere nel ruolo di mediatori delle parti in causa ed evidentemente schierate: gli USA e la Gran Bretagna del Commissario ONU Tony Blair; il fallimento degli accordi di Oslo, peraltro, è stato generato non solo dai boicottaggi interni al regime israeliano (vedi tra questi il più grave, l'uccisione di Rabin), ma anche dalla corruzione e dalle inadempienze dell' OLP;
- il focolaio medio-orientale sta per saltare davvero e coinvolgerci tutti; i cambiamenti incorsi con la primavera araba in Egitto, l'insostenibilità crescente dell'assenza di democrazia in Arabia Saudita e negli Emirati, la guerra in Siria, la persistenza della guerriglia in Iraq, il nucleare iraniano...tutte questioni che restano ferite aperte e sempre più sanguinanti.
E quante cose avrebbe potuto fare Grossman contro tutto questo, se avesse voluto...
Magari anche educare suo figlio a non andare a fare il militare, così forse non sarebbe finito ucciso in guerra.
O magari minacciare un suo esilio volontario da Gerusalemme o dal suo Stato sino a che non avvenisse la fine dell'occupazione o della crescita degli insediamenti.
Oppure la partecipazione del famoso scrittore alle azioni nonviolente di interposizione, a difesa dei contadini palestinesi.
Niente di tutto questo, anche da parte sua.
Solo parole, libri, sensi di colpa, imbarazzo, proteste contro gli abusi più palesi.
Niente più.
E' solo questo il ruolo degli intellettuali nel mondo e nella storia ?
Al Salone del Libro di Torino sono aumentati di molto spettatori e vendite: è cosi, anche per me, forse.
Ci si rifugia nei libri per fuggire ad una realtà invivibile e apparentemente immodificabile, in degrado progressivo ed inarrestabile.
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