Dispiace vedere i
vecchi costretti a lasciare i luoghi hanno sempre vissuto, con gli
occhi acquosi di lacrime e lo smarrimento del nuovo inaspettato ed
indesiderato.
Rattrista vedere
bambini e famiglie che vanno in albergo al mare malvolentieri e non
per vacanza.
Deprime accettare
l'idea di anni di lavoro buttati al vento, di animali allo sbando,
aziende ridotte in macerie.
Ma quel che mi
preoccupa di più, e mi disgusta, sono gli effetti collaterali del
sisma e dell'emergenza continua. Il peggio del sisma è sempre il dopo.
Il primo è la
salivazione vampiresca di costruttori e ministri dell'edilizia.
Ancora una volta,
anziché lavorare sulla manutenzione di quel che c'è ed anzi
lasciandolo in abbandono e senza protezioni anti-crollo, si faranno
soldi costruendo e ricostruendo, con le solite promesse di farlo al
meglio. Gia visto, e già smentito dai fatti, quasi sempre.
Con conseguenti,
ulteriori degradi dell'assetto idrogeologico.
La gente abbandona
la montagna, ma le case, e gli obbrobri, restano.
Tra un terremoto e
l'altro, l'uomo lascia le sue tracce, e non passeranno alla storia.
Ci resteranno solo
sulla gobba, e sui pendii delle nostre belle colline.
Il secondo è
l'esaltazione degli apparati militari, che esistono per fare la
guerra, ma vengono richiamati a svolgere compiti di logistica,
assistenza, protezione civile in tempi di pace (?).
I bravi
carabinieri, i bravi alpini, le servizievoli brigate del genio, i
cuochi e i reparti di pronto intervento, gli innalzatori di tende e
bandiere: tutti insieme a salvare al paese, con la riconoscenza
paternalista e maternalista di tutto il paese.
Poco importa che le
risorse sprecate per gli eserciti sarebbero state meglio spese
proprio per approntare gli interventi che avrebbero evitato
l'emergenza.
Tutto si dimentica,
davanti alla cura e al prodigarsi dei bravi giovani in divisa.
Il terzo effetto è,
davanti al pericolo comune, il richiamo all'unità politica del
paese.
Una società che è
già oggi quasi senza opposizione e senza politica, in cui i
conflitti profondi sono rimossi e coartati, approfitta del terremoto
per ridurre ulteriormente l'espressione delle frizioni e delle
differenze.
Sappiamo che gran
parte dei battibecchi politici sono puro teatro senza sostanza.
Ma, come già
avvenuto in passato e come accade in tutti gli Stati, si cerca di
imbalsamare anche quel poco che resta, in nome della Responsabilità,
della Sicurezza e del Bene del Paese.
Quel che ci consola
è che, almeno da noi, dopo qualche giorno di lamentazioni in comune
contro il destino cinico e baro, e qualche ora di buoni proponimenti
congiunti, il casino solito ripartirà e gli interessi di parte
riprenderanno, chiassosamente, il sopravvento.
Intanto, dopo aver
parlato per mesi solo di referendum, ora si parla solo di terremoto.
Tutto il resto sta
sotto, sepolto dalle rovine.
All'ombra dei
cipressi e dentro l'urne (elettorali), neanche i morti nei cimiteri
possono star tranquilli.
I cimiteri delle
Marche oggi si scoperchiano, a differenza delle nostre morte società
di sedicenti (e indecenti) vivi.
I diavoli ormai fanno le pentole ed anche i coperchi.
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