giovedì 3 novembre 2016

ognissanti, tuttimorti

Dispiace vedere i vecchi costretti a lasciare i luoghi hanno sempre vissuto, con gli occhi acquosi di lacrime e lo smarrimento del nuovo inaspettato ed indesiderato.
Rattrista vedere bambini e famiglie che vanno in albergo al mare malvolentieri e non per vacanza.
Deprime accettare l'idea di anni di lavoro buttati al vento, di animali allo sbando, aziende ridotte in macerie.

Ma quel che mi preoccupa di più, e mi disgusta, sono gli effetti collaterali del sisma e dell'emergenza continua. Il peggio del sisma è sempre il dopo. 

Il primo è la salivazione vampiresca di costruttori e ministri dell'edilizia.
Ancora una volta, anziché lavorare sulla manutenzione di quel che c'è ed anzi lasciandolo in abbandono e senza protezioni anti-crollo, si faranno soldi costruendo e ricostruendo, con le solite promesse di farlo al meglio. Gia visto, e già smentito dai fatti, quasi sempre.
Con conseguenti, ulteriori degradi dell'assetto idrogeologico.
La gente abbandona la montagna, ma le case, e gli obbrobri, restano.
Tra un terremoto e l'altro, l'uomo lascia le sue tracce, e non passeranno alla storia.
Ci resteranno solo sulla gobba, e sui pendii delle nostre belle colline.

Il secondo è l'esaltazione degli apparati militari, che esistono per fare la guerra, ma vengono richiamati a svolgere compiti di logistica, assistenza, protezione civile in tempi di pace (?).
I bravi carabinieri, i bravi alpini, le servizievoli brigate del genio, i cuochi e i reparti di pronto intervento, gli innalzatori di tende e bandiere: tutti insieme a salvare al paese, con la riconoscenza paternalista e maternalista di tutto il paese.
Poco importa che le risorse sprecate per gli eserciti sarebbero state meglio spese proprio per approntare gli interventi che avrebbero evitato l'emergenza.
Tutto si dimentica, davanti alla cura e al prodigarsi dei bravi giovani in divisa.

Il terzo effetto è, davanti al pericolo comune, il richiamo all'unità politica del paese.
Una società che è già oggi quasi senza opposizione e senza politica, in cui i conflitti profondi sono rimossi e coartati, approfitta del terremoto per ridurre ulteriormente l'espressione delle frizioni e delle differenze.
Sappiamo che gran parte dei battibecchi politici sono puro teatro senza sostanza.
Ma, come già avvenuto in passato e come accade in tutti gli Stati, si cerca di imbalsamare anche quel poco che resta, in nome della Responsabilità, della Sicurezza e del Bene del Paese.
Quel che ci consola è che, almeno da noi, dopo qualche giorno di lamentazioni in comune contro il destino cinico e baro, e qualche ora di buoni proponimenti congiunti, il casino solito ripartirà e gli interessi di parte riprenderanno, chiassosamente, il sopravvento.

Intanto, dopo aver parlato per mesi solo di referendum, ora si parla solo di terremoto.
Tutto il resto sta sotto, sepolto dalle rovine.
All'ombra dei cipressi e dentro l'urne (elettorali), neanche i morti nei cimiteri possono star tranquilli.
I cimiteri delle Marche oggi si scoperchiano, a differenza delle nostre morte società di sedicenti (e indecenti) vivi.
I diavoli ormai fanno le pentole ed anche i coperchi.






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