venerdì 24 gennaio 2014

ancora su alceste

Il dramma di Alceste non può avere una conclusione, salvo trovare in questa conclusione una 'definizione' gravemente limitatrice.
Alceste non può sposare Selimene, salvo avviarsi ad accettare il mondo qual'è; non può sposare Eliante salvo rifiutare il mondo qual'è e dimenticare il fascino che esso esercita su di lui; non può suicidarsi, salvo ridurre il proprio caso alla patologica condizione di un atrabiliare inguaribile; e non può neppure mettere in pratica  il proprio dichiarato progetto di fuggire dal mondo, e di trovare la sincerità dei rapporti umani, in una società composta da lui solo, salvo eliminare il problema stesso e la ragione stessa del proprio dramma.
La mia opinione è che la storia di Alceste si interrompa, nel racconto di Moliere, dopo aver completato un ciclo: essa non ha un principio, una progressione, un'acme, uno scioglimento o una soluzione: Alceste è sempre così e sarà sempre così; la sua vicenda ha un andamento ciclico.
Egli può anche vivere in quel mondo così diverso da lui, fino a che un qualsiasi incidente non scatena la crisi; la crisi raggiunge un suo parossismo, al termine del quale Alceste decide la rottura con quel mondo che gli è ormai insopportabile, ma gli amici interverranno, la crisi stessa si allenterà, Alceste ricomincerà daccapo.
Così come non ha una definizione, il suo dramma non può avere una soluzione: la sua storia si sviluppa in un mondo 'a porte chiuse'.

(da L.Lunari, La più ardua commedia di Moliere, in Il misantropo, BUR, 1982)



da Carlo Alfredo Clerici e Laura Veneroni, Ipnosi animale, immobilità tonica e basi biologiche di trauma e dissociazione ,Roma, Aracne, 2011, intervista a Gallup:

«Varie osservazioni hanno portato a sviluppare l'ipotesi della distanza difen­siva. È stato osservato che quando la preda rileva la presenza di un predatore la risposta iniziale è quella di fermarsi per minimizzare la localizzazione; se la distanza tra i due inizia a diminuire, e quindi la lo­calizzazione è avvenuta, la risposta più comune è quella di "prendere il volo" o comunque di scappare. Man mano che diminuisce la distan­za, ed avviene il contatto, la reazione più probabile nella sequenza è quella di "ribellarsi" a questo contatto, ma se la distanza diminuisce ancora, a quel punto la risposta difensiva è l'immobilità. Sembra che i predatori siano programmati dalla storia evolutiva a ri­spondere ai comportamenti di difesa delle vittime e, se succede che le vittime si arrestino e non oppongano più resistenza, allora può accadere che molti predatori non portino a termine la sequenza predatoria»

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