Nonostante le
nostre retoriche e ipocrite leggi antifasciste assistiamo
progressivamente allo sdoganamento di movimenti e gruppi politici
dichiaratamente fascisti che da qualche tempo si presentano anche
alle elezioni, fanno comizi per le strade, sparano ai negri.
Di per sé non
granchè, se non fossero protetti e tollerati dai neofascisti in
doppiopetto, quelli della finanza e del mercato, che attendono di
poterli usare quando sarà il momento, magari già dopo la prossima
non-vittoria elettorale, che comunque li porterà a governare per
volere del Fato (che, come si sa, da sempre conta più dei voti).
Quel che stupisce è
che ancora una volta gli appestati non appaiano i fascisti, ma i
cosiddetti 'antagonisti', quelli che scendono -ingenuamente e come
agiti da un condizionamento reattivo ed automatico- a cercare di
impedir loro di manifestarsi pubblicamente.
Gli 'antifà' mi
sembrano sinceramente patetici e anacronistici quanto i 'fa', da
sempre.
Ma che loro, ancora
una volta, si scontrino con la polizia e i fascisti no, mi sembra
assurdo e ingiusto.
Nonostante
l'inconsistenza politica dell'onestismo, che ancora una volta -nella
sua più recente versione grillina, dopo quella berlingueriana e
dipietrista- si rivela ingenuo nella sua pretesa che le persone siano
più forti del potere e del denaro e va ad infrangersi e corrompersi
nella palude istituzionale e partitica, non dobbiamo dimenticare
comunque che loro, i parlamentari Cinquestelle, hanno versato metà
del loro stipendio al microcredito, mentre tutti gli altri se li sono
tenuti stretti e se li sono spesi di qua e di là.
Eppure ora gli
appestati appaiono quei dieci farisei, che infangherebbero tutto il
movimento, e non i partiti tradizionali e i loro rappresentanti, che
continuano a prendersi stipendi interi e vitalizi da favola.
Non credo al peana
dell''onestà, onestà!', non credo al voto per le persone perbene,
per quelle che 'faranno i nostri interessi'.
Ma che i grillini
si prendano lezioni di moralità da Renzi o Casini (come se non
bastasse essere definiti 'populisti', 'barbari anti-sistema' o
'pauperisti' da Berlusconi, il 'senza ritegno' per eccellenza), mi
sembra assurdo e ingiusto.
Nonostante la
vuotezza e l'impresentabilità assoluta di candidati e partiti in
generale e nonostante la totale inutilità e ritualità delle
celebrazioni elettorali in corso, si continua a cercare di far
credere che il vero pericolo per la democrazia siano coloro che si
astengono.
Se ne parla solo
come di una percentuale nei sondaggi o come di una malattia, nessuno
dà voce ad almeno 15 milioni di persone (e quasi il 50% dei giovani
elettori).
Si confonde come
sempre il sintomo (l'astensione) con la malattia (la catastrofe della
democrazia) e il problema non sono più i politici ed i partiti, le
caste e i privilegi, le leggi elettorali, ma i malcapitati
astensionisti, che nessuno va ad intervistare o a conoscere e che,
per lo più, a loro volta, se ne stanno a casa, tra sconforto e
rabbia.
Con la CAP
(Campagna Astensionismo Attivo Pubblico) stiamo provando a renderlo
visibile e non più trascurabile e irrilevante per i molti che votano
e per chi continua a fare 'informazione' solo sulle beghe di palazzo
o sugli scandali di turno.
Si fa finta di
credere che l'autoesclusione di tanta gente non conti nulla e che
faccia del male solo a chi non partecipa. Ma non è così: una
democrazia vera non può vivere contro e senza i suoi cittadini.
Ma è proprio quel
mondo ' democratico' che si astiene: dal farsi domande, dal cercare
di vedere le cose come stanno, dal provare ad uscire da se stesso,
dall'iniziare a curare se stesso e non i suoi 'malati'.
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