domenica 10 dicembre 2017

il brrr-amante

Ci fu un momento in cui Brahma credette che la sua opera sulla terra fosse compiuta. Tutto aveva creato dalla mente, ma non dava un suono giusto. Tutto sembrava una smaltata pittura di corte. Tutto si muoveva, tutto apparina normale. Ma non si deteriorava. E neppure cresceva. Sarebbero rimasti intatti per sempre ? Era forse quella la terra che spettava a Brahma creare ? Il dio ebbe un sorriso triste, da solitario monologante. Sapeva che così non era.
La creazione di Brahma soffriva di una debolezza: tutti nascevano soltanto dalla mente, ma soprattutto nessuno moriva. Dinanzi a questo mondo chiassoso e inerte si accumulò a lungo nel suo creatore, acre e subdola, un'ira che sembrava volersi scaricare in una conflagrazione finale.
Brahma stava seduto in disparte, con le gambe incrociate, e guardava il suo mondo con disprezzo, come un padre che osserva la mediocrità del figlio. In ogni cosa riconosceva un senso di generale fatuità. Fu allora un gesto di mosericordia quando Siva suggerì a Brahma quella figura che mancava al mondo e sola avrebbe potuto evitargli una fine brusca e dispettosa: Mrtyu, Morte.

Il Signore Brahma, dopo aver creato i suoi figli nati-dalla-mente, non era soddisfatto della sua opera. Qualcosa mancava, un sapore essenziale. Brahma cominciò a invocare un nome (Gayatri? Satarupa?Savitri?Sarasvati?, non si riusciva a distinguere bene, in quel mormorio ronzante), finchè il suo petto si aprì per lasciar scivolare sulla terra un essere femminile.
La voce di Brahma fissava la fanciulla come se null'altro esistesse, e diceva: Che bellezza! Che bellezza!
I figli di Brahma lo guardavano con dispetto. Perchè il loro padre era così poco dignitoso ?
Brahma rimase a lungo immobile, con gli occhi sempre chiusi. Sentiva che il suo corpo era svuotato dall'immane tapas (ardore) che fino a quel momento aveva suscitato le creature.
Quanto al mondo esterno, sapeva che in quel deserto uno solo dei suoi figli nati-dalla-mente continuava ad aggirarsi, presenza molesta: Kama, Desiderio, con le sue frecce fiorite.
Un giornò si trovò di fronte Satarupa. Senza accorgersene, aveva allungato una mano, mentre lei faceva lo stesso gesto verso di lui. Si sfiorarono la punta delle dita. Brahma capì in quel'istante che cos'è il contatto, come una scossa e una rivelazione. Allora si alzò e camminò con lei, senza dire una parola. Cercava un luogo delizioso e nascosto, dove mai potessero penetrare gli sguardi dei suoi figli. Arrivarono davanti a uno stagno. Brahma invitò Satarupa a stendersi sopra un petalo di loto. Poi si distese accanto a lei. Il petalo si richiuse lentamente su di loro. Così rimasero, per cento anni degli dei, amandosi come si ama la gente comune.
Così fu creato Manu, che fondò la società degli uomini.

Nulla incanta la mente come l'esistenza del mondo esterno, di qualcosa che le è refrattario e non le obbedisce. Viziata dalla propria onnipotenza, dalla propria capacità di connettere e identificare tutto con tutto, la mente volle un ostacolo, grande non meno del mondo, e lo desiderò.
Inseguirlo, penetrarlo: questa poteva essere la sfida esaltante, la più incerta. Fu la corsa dietro l'antilope. Non si arrestò mai.
Questo raccontava Atri: 'Perchè esiste il sesso? Noi non sapevamo, all'inizio, neppure cosa fosse.
Nati-dalla-mente di Brahma, avvezzi al moltiplicarsi di immagini precarie, restammo sconcertati quando Brahma annunciò che a noi spettava avviare un nuovo modo della creazione. E accennò al corpo della donna. Presto ci trovammo distesi in un letto, per la prima volta non soli. Scoprimmo- e anche loro scoprirono- con grande naturalezza e gravità che cosa occorre fare. Brahma non aveva neppure menzionato il piacere. Ci colse di sorpresa.
Passarono alcuni millenni. Un giorno che ci aveva chiamati a raccolta domandammo a Brahma:'A che serve il piacere ?'. Brahma ebbe un sorriso lievemente imbarazzato: 'A mantenere la patina del mondo'.
'Piacere è il tapas dell'esterno. Il mondo è come un manto che va indossato, altrimenti si impolvera. Se il tapas ci traesse sempre indietro, verso il luogo senza forma da cui proveniamo, il mondo deperirebbe troppo presto. E' bene che le nostri mogli ci disturbino, è bene che i re ci mettano nel letto le loro figlie, è bene persino che le Apsaras vengano a imbrogliarci con quei loro trucchi così puerili e così efficaci...Ogni volta che cediamo, noi aiutiamo il mondo a ritoccare la sua patina'.

Che cosa si sacrifica allora in un sattra ? Se stessi. Al centro del mahavrata c'è un'altalena. E' il sole. Poi tracciano qualcosa di simile a una pista, per una gara con i carri. E montano un bersaglio, che è una pelle di vacca. Poi comincia la danza dell'acqua. Sei davanti, tre dietro, nove fanciulle muovevano da sinistra a destra, battendo lievemente un piede sul suolo, ciascuna con una brocca colma d'acqua sulla testa. 'Qui è il dolce', dicevano molte volte.
Alla fine della danza versavano l'acqua per terra.
Quella scena mi incantava. Non conoscevo nulla di più grazioso al mondo.
Poi l'hotr si avvicinava all'altalena, ma senza salirci. Tastava il sedile con i gomiti, con le mani, poi con il mento. Sembrava un serpente che saggia il terreno.
Quando finalmente l'hotr montava sull'altalena, irrompevano i canti. Tutti i desideri diventavano parola. Suonavano i tamburi, i flauti, le arpe. Gli officianti cantavano fino a esaurire il fiato. C'erano poi molte altre fasi: la corsa dei carri, il coito della 'non-puttana chiamata-puttana' con l''uomo-non-del-Maghada chiamato uomo-del-Maghada, dietro una tenda che fremeva.

Si diventa ciò che si pensa. Questo è l'eterno enigma.
Chi conosce si trasforma. Non è piena conoscenza ciò che non fa diventare come ciò che viene pensato. Anche per questo pensare è pericoloso. Se chi pensa l'orrore diventa anche l'orrore, il suo pensiero dovrà essere già molto vasto, perchè l'orrore vi si depositi accanto ad altro e non lo soffochi, come di fatto è accaduto, come accade a molti infelici che non mancano di percezione.
Yajnavalkya disse: 'So che per molti di voi il cruccio è quello di abbandonare il vostro caro corpo. Giustamente pensate che la felicità di un'anima separata abbia qualcosa di insipido. Ma non è così. Dopo la morte, vi troverete a vagare nella caligine., gridando senza essere uditi, ma a un tratto sarete voi a udire. Vi accorgerete che qualcuno vi segue, come un animale nella foresta, ma ora nell'oscurità dei cieli. Chi vi segue è la vostra oblazione, l'essere che si compone di ciò che nella vita avete offerto. Sussurrando vi dirà:' Vieni qui, vieni qui, sono io, il tuo Sè'.
E alla fine lo seguirete.'.


(Roberto Calasso, Ka, 1996)


Avete già capito ?
Tra qualche giorno, per la prima volta nella vita, partirò per l'India.
Andremo a sud, nel Kerala e nel Tamil Nadu.

Verso la punta, dove il continente finisce, e un nuovo viaggio può cominciare...

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