Qui è quasi impossibile sentirsi o stare da soli.
Sempre in compagnia, anche loro, in famiglia o con amici, amiche.
Gentilissimi, sempre, accudenti,
commoventi e attentissimi a te e a tutto, sempre in anticipo sui tuoi desideri, molto intuitivi, grandi lettori del non verbale.
Soprattutto le donne, sempre sorridenti e attente a Vivi, le regalano fiori, la guardano a lungo e le dicono che è bella.
Di fronte a tanta cura, sembrano strane due cose:
La prima è che in treno, anche nelle situazioni più complicate, in cui c'è un sacco di gente in piedi, i maschi non lasciano mai il posto alle donne, se sono seduti.
L'altra è che in tutti gli hotelini in cui siamo stati la gente di qui sta nei corridoi, prima di andare a letto e la mattina, appena si sveglia, e fa casino, urla, parla ad alta voce, fa giocare i bambini.
Non è facile prender sonno, o preservarlo dopo l'alba.
Qui a Cuddalore, città non turistica vicina alle più note Pondicherry (di stile francese) e Auroville (comunità fondata da Sri Aurobindo, tra mistica e business), è la prima notte che dormiamo davvero tranquilli e quasi in silenzio. Anche perchè siamo arrivati qui stanchissimi, dopo due giorni di corse intorno a Chidanbaram.
abbiamo ritrovato i frangipani indonesiani, quelli indiani però hanno petali e foglie più lunghi e stretti
Il primo giro, appena arrivati, l'abbiamo fatto in bus verso il tempio Chola di Gangacholapuram, a 50 km circa, con un cambio spericolato, soprattutto al rientro, già al buio.
L'indomani mattina ci siamo inizialmente immersi nella vita della cittadina (100.000 abitanti, che qui è come un villaggio), con molta gente povera che vive in capanne e pesca sotto i ponti, tra i detriti e le fogne, ma mantiene il suo decoro, disegnando mandala fioriti di benvenuto fatti di polverine colorate sulla soglia...
ecco come le donne anziane pescano i gamberi...
e poi si riparte verso Cuddalore, e alla stazione tutti attraversano i binari, senza paura e senza rispettare i cartelli, anche perchè il ponte per il passaggio è stato costruito troppo lontano...
Gli autisti degli autobus sono dei veri
e propri eroi del nostro tempo.
Mantengono una flemma olimpica in
situazioni da controllo multitasking (devono stare attenti ai cani e
alle mucche, ai sorpassi, alle strade dissestate e strette, ai nugoli
di bici e moto che rombano e svicolano attorno, alle centinaia di
persone che camminano rasenti a bordi senza marciapiede o
attraversano da ogni lato, alle pecore, alle galline, ai maiali, alle
mille luci e al buio improvviso dei villaggi, ai fuochi, ai fischi
del bigliettaio che li avverte di fermare perchè qualcuno deve
scendere...)
E poi sono capaci di aggiustare motori,
di capire i guasti, di scendere e riparare.
In questo sono creativi come tutti gli
indiani: la scarsa manutenzione di tutto va insieme però al continuo
riaggiustaggio e rimontaggio di tutto quel che si può riparare,
riciclare, assemblare di nuovo, prendendo pezzi di cose diverse e
rifacendo qualcosa che alla fine in qualche modo funziona.
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