mercoledì 18 ottobre 2017

variae-aetates

È possibile  che una grande gioia equivalga ad un dolore? 
"La felicità non ha storia." dice Tolstoj. Ma non è vero. La felicità ha storia. La felicità  si sa che andrebbe descritta, insegnata.

"Giochiamo a lassa e pigghia?" Era un gioco bellissimo, e a lassa e pigghia giocammo fino a che il lampione accese il suo cerchio intorno a noi e in quel cerchio giocammo ancora ore e ore.

Penserò ai vostri abbracci come un terribile fatto di natura,come la nascita e la morte.

(Goliarda Sapienza)


su una piccola barca da pesca alle Tremiti ho ritrovato il mio posto d'invitato in disparte. per essere con altri devo tenermi nel preciso punto di distanza, trovato per istinto che è un maestro antico. E' misura interiore, non riguarda i centimetri o i kilometri. Mi riconosco intruso tra i fidanzati.

'A' l'aurore, armès d'une ardente pacience, nous entrerons aux splendides villes'
Rimbaud in una Stagione all'inferno accoppia la pazienza con l'ardore.
E' una rivelazione che cambia i connotati della pazienza.
Non è sopportazione, ma tensione dentro un'attesa.
Si manifesta nel prigioniero in scadenza di pena, nell'innamorato arrivato in anticipo al primo appuntamento.

Alla stazione vedo la mia ombra sporgersi sul binario del treno di passaggio,
Non faccio in tempo a ritirarla.
Riapro gli occhi, non è stata investita, se ne sta appoggiata ai vagoni che spostano il vento.
E' illesa,un pò schiacciata.
Mi passa sopra un treno, precipito, affogo, brucio e da qualunque azzardo, amore incluso, esco stordito ma rigovernato...

(Erri De Luca)


In un passo delle *Leges*, Platone dice : "Ogni uomo e donna devono
trascorrere la vita [*diabionai*] in questo modo, giocando ai giochi più
belli [*paizontas hoti kallistas paidias*], avendo in mente il contrario di
quello che fanno ora".

Che il gioco sia qui evocato come la sfera per eccellenza in cui la
relazione mezzi-fini è neutralizzata, è detto con chiarezza subito dopo: "
Ora gli uomini pensano che le cose serie debbano avere come fine i
giochi [*heneka
ton paidion gignesthai*], e infatti ritengono che le cose della guerra, che
sono serie, devono essere ben condotte in vista della pace. Ma nella guerra
non ci sono mai per natura nè gioco nè cultura [ Platone gioca qui
sull'assonanzae etimologica tra *paidia* e *paideia*] che siano degni di
questo nome e nè ora nè in futuro ci sarà ciò che affermiamo essere la cosa
più seria".

L'idea che il gioco "pace" possa essere pensato come fine del mezzo serio
"guerra" è qui smentita senza riserve. E a questo punto proprio il gioco
può essere presentato come il vero paradigma di un buon governo, che è
assai diverso dal "dominio" evocato dalla Arendt : "Bisogna dunque che
ciascuno trascorra la vita in pace nel modo più duraturo e migliore. E qual
è questo modo più giusto? Si deve vivere giocando alcuni giochi [paizonta
estin diabioteon tinas de paidias], celebrando riti, cantando e danzando,
in modo da essere capaci di propiziarsi gli dei e di allontanare [questo è
il senso di amynesthai] i nemici e, se si deve combattere, vincerli". Ciò
che Platone sembra qui prefigurare non è lo stato totalitario, ma il
falansterio di Fourier, con le sue serie amorose e la sua giocosa
rivoluzione domestica.
Che questa idea- che Platone enuncia con perfetta serietà è quella di "una
politica giocosa".


(Giorgio Agamben)


Pensi anche, Milena in che modo vengo da Lei, quale viaggio di trentotto
anni ho alle mie spalle (e siccome sono ebreo, il viaggio è ancora molto
più lungo)  e se a una svolta, apparentemente fortuita, della strada vedo
Lei che non mi sono aspettato di vedere, meno che mai ora, così tardi, non
posso gridare Milena, e nulla grida dentro di me, non dico neanche mille
pazzie ché non sono dentro di me (prescindo dall'altra pazzia che possiedo
fin troppo), e di essermi inginocchiato vengo forse a sapere soltanto
perchè vedo vicinissimi, davanti ai miei occhi, i Suoi piedi e li accarezzo.

Sono incamminato per una via molto pericolosa, Milena. Lei sta ritta
accanto ad un albero, giovane, bella, il lampo dei Suoi occhi abbatte il
dolore del mondo. Si sta giocando a *skatule sketule heibejte se*, *io
striscio nell'ombra da un albero all'altro, mi sto spostando, Lei mi manda
una voce, m'indica i pericoli, vuole farmi coraggio, si spaventa al mio
passo incerto, mi rammenta (a me!) la serietà del giuoco- io non posso,
cado, sono già a terra. Non posso uidre le terribili voci dell'intimo e
contemporaneamente Lei, ma posso ascoltarle e confidarlo a Lei, a Lei  come
nessun altro al mondo.

Suo F


*"albero,albero scambiati qua": il gioco dei quattro cantoni.

(Franz Kafka)







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