Se
qualcuno spera o pensa ancora che atteggiamenti come la tolleranza
liberale, il solidarismo sociale cattolico, il buonismo
compassionevole renziano ci possano proteggere dall'avanzata
irreversibile della destra estrema e liberista si dovrà ricredere
tragicamente e a breve.
La
cultura, pur retorica ed ideologica, dell'apertura al diverso e, in
generale, a 'quel che non sono io e non siamo noi', va a finire nella
cantina della storia occidentale.
Il
liberismo va insieme a fallire e a realizzarsi compiutamente nei
nuovi proclami imperanti.
Alcuni
esempi ? Ne avete bisogno ?
La
globalizzazione sfrenata, imposta come necessità ineluttabile e
gloriosa sta venendo a scontrarsi per la prima volta proprio con la
necessità dei mercati nazionali di proteggere se stessi proprio da
essa.
Sino
a quando la protesta ed il rifiuto provenivano da centinaia di
milioni di no-global, o da singole e limitate realtà economiche
locali, la globalizzazione non ha battuto ciglio ed ha represso o
neutralizzato come sappiamo le pur precoci e ben documentate
rimostranze.
Ma
ora che la guerra si fa tra i mercati e va a toccare gli scambi
commerciali ed economici tra gli attori protagonisti della
globalizzazione stessa, il gioco si fa duro e promette cambiamenti
davvero di fondo: il protezionismo di Trump, la Brexit britannica, i
boicottaggi del gruppo di Visegrad ci manifestano apertamente lo
spessore e la portata della crisi in corso.
D'altra
parte, i valori di cui sopra (tolleranza, solidarietà, compassione
sociale) si sono sempre limitati solo a coprire e mistificare i ben
reali muri già esistenti dentro ciascuno stato e tra i popoli.
Trump
(o la Le Pen) si limitano ad esplicitare e a realizzare quel che già
siamo e facciamo tutti nei confronti dei poveri, dei migranti, dei
continenti colonizzati.
Nel
piccolo, i segnali del trionfo della visione securitaria,
autoprotezionista, immunitaria si possono leggere anche in tre eventi
recenti:
-la
difesa popolare dell'oste che ha sparato al ladro rumeno,
uccidendolo;
-la
totale sovrapposizione tra difesa della legalità e difesa della
polizia, enucleata nello slogan di Don Ciotti: 'Siamo tutti sbirri !'
;
-il
G7 della Cultura di Firenze, in massima parte dedicato solo a tentare
di raggiungere accordi tra gli stati per proteggere i beni culturali
dalle guerre e dal terrorismo attraverso la creazione di corpi
militari designati alla loro custodia.
Cosa
ci dicono questi fatti ?
Che
la nostra mente sta definitivamente entrando nella cultura della
difesa armata a tutto campo, quale unica soluzione disponibile di
fronte all'avanzare della violenza su vari piani.
Ma
la legalizzazione della violenza non rende quest'ultima meno violenta
della violenza di chi non agisce all'interno del perimetro momentaneo
delle leggi.
Gli
effetti sul sistema sono gli stessi, e le due violenze -come sempre-
vanno a colludere e ad alimentarsi reciprocamente, in un gioco senza
fine.
I
prossimi decenni saranno caratterizzati da questa escalation, da
questa magnifica, paranoica ossessione.
Il
problema del degrado della totalità dell'ambiente naturale e umano
ha già completamente cessato di porsi sul piano della pretesa
vecchia qualità, estetica o che altro, per diventare radicalmente il
problema stesso della possibilità materiale di esistenza del
mondo che prosegue in un tale movimento. La sua impossibilità è
in effetti già perfettamente dimostrata da tutta la conoscenza
scientifica separata, che non discute più se non della scadenza e
dei palliativi che potrebbero, se applicati con fermezza, farla
leggermente ritardare. Una tale scienza può soltanto accompagnare
verso la distruzione il mondo che l'ha prodotta e che la possiede:
ma è costretta a farlo ad occhi aperti...
In
breve,...il terrore dell'Anno Duemila è evidente quanto fondato; fin
dal momento presente è una certezza scientifica.
Ciononostante, quel che sta accadendo non è nulla di
fondamentalmente nuovo: è soltanto la fine forzata del vecchio
processo. Una società sempre più malata, ma sempre più potente, ha
concretamente ricreato dappertutto il mondo come ambiente e scenario
della sua malattia, come pianeta malato...
Quando
i poveri padroni della società di cui vediamo il deplorevole
risultato...devono ora confessare che il nostro ambiente è diventato
sociale; che la gestione di tutto è diventata un affare
direttamente politico, persino l'erba dei prati e la possibilità di
bere, persino la possibilità di dormire senza troppi sonniferi o di
lavarsi senza soffrire di troppe allergie; in un tale momento si
capisce bene che anche la vecchia politica specializzata deve
confessare di essere completamente finita...
Le
scelte terribili del futuro prossimo lasciano questa sola
alternativa: democrazia totale o burocrazia totale. Coloro che
dubitano della democrazia totale devono fare degli sforzi per
provarla a se stessi, dandole l'occasione di mettersi alla prova
marciando; oppure non resta loro solo altro che comprarsi la
tomba a rate, perchè 'l'autorità, la si è vista all'opera, e le
sue opere la condannano'.
'La
rivoluzione o la morte', questo slogan non è più l'espressione
poetica della coscienza in rivolta, è l'ultima parola del
pensiero scientifico del nostro tempo. Si applica alle minacce
della specie come pure all'impossibilità per gli individui di
aderire a qualcosa. In questa società in cui, com'è noto, il
suicidio progredisce, gli specialisti hanno dovuto riconoscere, con
un certo fastidio, che era ricaduto fino a zero in Francia nel 1968.
(Guy
Debord, Il pianeta malato (1971), Nottetempo, 2007)
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