E l'ultima luna uscirono tutti per guardarla
era così grande
che più di uno pensò al Padre Eterno
Sospesero i giochi e si spensero le luci
cominciò l'inferno
La gente corse a casa perchè per quella notte
ritornò l'inverno
(L. Dalla)
Stanotte la luna splendeva pienissima, chiara e luminosa.
Vicinissima a noi.
Si coglievano facilmente anche le sue ombre, vaste, i mari della tranquillità, gli immensi crateri.
La sua apparente pace, totale e lontana.
Qui, sotto il cielo italiano, andiamo verso la nostra ultima estate di 'pace'.
La bancarotta economica, dopo quella morale e politica, è alle porte.
Il conflitto sociale, sulle piazze, inizia ad allargarsi.
La manifestazione unitaria dei sindacati, ieri, dimostra solo questo: che non riescono più a tenere sotto scorta i loro stessi iscritti.
L'eutanasia a cui li avevano destinati non tiene.
Nonostante siano ormai ridotte a pecore d'allevamento, si rendono conto di essere ormai indirizzate al macello, col beneplacito dei loro kapò sindacali.
L'ingranaggio ci sta schiacciando e non potremo dire: non sapevamo, non c'entriamo, non c'eravamo.
Al momento della resa dei conti è venuto fuori che nessuno era stato un convinto sostenitore del regime nazista o quantomeno nessuno era stato un convinto sostenitore di quei progetti criminali per i quali adesso era convocato in tribunale...
E ora ognuno di loro, ovunque fosse e qualunque fosse stato il suo compito, alzava la voce per dire che quanti, con una scusa o con l'altra, si erano ritirati a vita privata avevano fatto la scelta più comoda e irresponsabile.
A meno che, logicamente, non avessero fatto di questa scelta una copertura per un'attiva opposizione al regime -cosa non troppo comune, com'è ovvio-, dato che non tutti possono essere santi o eroi.
In ogni caso, tutti dovevano rispondere e in fondo, si diceva, era stato più 'responsabile' restare al proprio posto, a ogni costo e a prescindere dalle conseguenze.
Questa giustificazione morale, basata sull'argomento del male minore, ha finito per svolgere un ruolo di primo piano.
L'argomento recita come segue: se vi trovate davanti a due mali, è vostro dovere optare per il minore, mentre è irresponsabile rifiutare ogni scelta...
Sul piano politico, la debolezza dell'argomento è stata sempre evidente: coloro che scelgono il male minore dimenticano troppo in fretta che stanno comunque scegliendo il male...
Convincere i burocrati e la popolazione ad accettare il male minore è il modo migliore per convincerli ad accettare il male tout court.
Lo sterminio degli ebrei fu preceduto da una lunga serie di graduali provvedimenti antiebraici, ciascuno dei quali fu imposto a tutti con l'argomento che -rifiutandolo-le cose sarebbero andate ancora peggio, fino a raggiungere il limite oltre il quale le cose non potevano andar peggio...
Ma in che modo si segnalarono quei pochi che, in ogni ambito professionale, non collaborarono e rifiutarono ogni compromissione con il regime, anche senza potersi ribellare apertamente ?
La risposta è relativamente semplice: i non-partecipanti, definiti irresponsabili dalla maggior parte dei concittadini, furono gli unici che osarono giudicare da sè, e furono in grado di farlo non perchè disponessero di un miglior sistema di valori o perchè i vecchi standard di moralità restassero ben piantati nelle loro teste.
Al contrario, l'esperienza dimostra che furono proprio i membri della società rispettabile, furono costoro a cedere per primi. Essi non fecero che cambiare un sistema di valori con un altro.
Il criterio dei non-partecipanti fu diverso: essi si chiesero fino a che punto avrebbero potuto vivere in pace con la propria coscienza se avessero commesso certi atti; e decisero che era meglio non far nulla, non perchè il mondo così sarebbe cambiato per il meglio, ma perchè questo era l'unico modo in cui avrebbero potuto continuato a vivere con se stessi...
Per dirla in modo crudele, ciascuno di loro rifiutò l'omicidio: non perchè volesse continuare ad obbedire al comandamento 'Non uccidere', ma perchè non voleva passare il resto dei suoi giorni con un assassino - se stesso.
Il requisito per questo tipo di giudizio non è un'intelligenza particolarmente sviluppata o chissà quale malizia in faccende morali, ma semmai la predisposizione a vivere assieme a se stessi, ad avere rapporti con se stessi, cioè a impegnarsi in quel dialogo silente con se stessi che siamo soliti chiamare pensiero. Questa forma di pensiero, benchè alla radice di ogni pensiero filosofico, non è tecnica e non concerne problemi teoretici...
Il totale collasso morale della società rispettabile durante il regime di Hitler può insegnarci che in tali circostanze coloro che hanno cari i valori etici e ci tengono alle norme e agli standard morali non sono gente affidabile: sappiamo ormai che tali norme e tali standard possono cambiare dal mattino alla sera e che tutto ciò che resta, allora, è solo il fatto di aggrapparsi a qualche cosa.
Molto più affidabili, in casi come questi, si rivelano i dubbiosi e gli scettici, Non perchè il dubbio e lo scetticismo siano un bene in sè, ma perchè grazie ad essi ci abituiamo a esaminare le cose e a farci una nostra idea in proposito. I migliori fra tutti sono quanti hanno una sola certezza: qualunque cosa accada, finchè vivremo, dovremo continuare a convivere con noi stessi.
Ma che dire dell'accusa di irresponsabilità rivolta a quei pochi che decisero di lavarsi le mani di quanto stava accadendo intorno a loro ?
Penso che dovremmo tutti ammettere che esistono situazioni estreme in cui non ci possiamo assumere le responsabilità di quanto accade nel mondo, una responsabilità primariamente politica, poichè la responsabilità politica implica sempre almeno un minimo di potere politico.
L'impotenza o la completa mancanza di potere è, a mio parere, una scusa valida.
E la sua validità non è che rafforzata da quella qualità morale che ci consente di ammettere la nostra impotenza, ossia dalla buona fede che ci consente di far veramente fronte alla realtà, invece di rinchiuderci in un mondo di illusioni. Forse, del resto, è proprio in questa ammissione di impotenza che si cela un ultimo residuo di forza e di potere, anche nelle situazioni più disperate.
(H. Arendt, La responsabilità personale sotto le dittature (1964), in Responsabilità e giudizio, Einaudi, 2004)
È un luogo comune affermare che la Riforma ha portato a una laicizzazione delle opere nei paesi protestanti. Ma incaricandosi per conto proprio di tutta questa popolazione di poveri e d'incapaci, lo stato o l'amministrazione pubblica preparano una nuova forma di sensibilità alla miseria; sta per nascere un'esperienza del patetico che non parla più di una glorificazione del dolore, né di una salvezza comune alla Povertà e alla Carità, ma che intrattiene l'uomo unicamente nei suoi doveri verso la società e indica nel miserabile, a un tempo, un effetto del disordine e un ostacolo all'ordine. Non si tratta dunque più di esaltare la miseria nel gesto che le porta sollievo, ma, semplicemente, di sopprimerla. Se si rivolge alla Povertà come tale, anche la Carità è disordine.
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