I percorsi in bici sull'Isla Graciosa, i crateri e le montagne di fuoco a Timanfaya, la playa caraibica de la Concha, la semplicità africana di Harìa e Tabayesco, la camminata in ascesa per andare dall'una all'altra, le chiacchiere, gli scherzi, le lacrime, le risate e i giochi con C., i campi neri e rossi, i cieli grandi e le onde alte, il sole pieno e la luna piena a illuminare il mare, il silenzio del vento: ecco Lanzarote per me.
La bellezza di potersi prendere una pausa e partire, in un periodo in cui chi ha un lavoro lavora e non tutti hanno il tempo e la voglia di andare in vacanza, di farsi vacui, di svuotarsi.
Certo non gli svizzeri, che ancora una volta -in un referendum proposto da sindacati e cooperative sociali- hanno votato contro l'allungamento delle ferie pagate da 4 a 6 settimane l'anno!
Malati gravi, evidentemente.
Eppure, proprio qui possiamo leggere la radice della collusione che tiene ancora in piedi i poteri dominanti ed i governi: il mito del lavoro, della competizione produttiva, della vita che perde/non ha senso senza il lavoro, della necessità di crescere, andare sempre avanti, tendere al di più comunque e a qualunque prezzo, etc etc...
Ho sentito oggi, a tavola, di un signore che -non potendo più fare il panettiere- si è lasciato morire.
Ed anche i popoli, gli stati, sembrano seguire questa china: la crisi del lavoro come crisi della vita.
Almeno sino a quando non saremo costretti ad accettare la fine di questo mito, e riprenderemo a vivere (e magari anche, un pò, a lavorare), ma dando valore al tempo, alle relazioni, alla natura, all'ozio e alla noia.
Che bella catastrofe sarebbe...!
L'umanità che torna giovane, ragazza...
Ho lasciato casa, in questi giorni, a mia nipote diciottenne.
Mi ha commosso vedere lei ed i suoi giovani amici, al mio rientro: la casa profumava di incenso e sigarette, i letti sapevano di scoperta e intimi segreti, i piatti erano lavati ed il frigo quasi vuoto, gli spazzolini tutti insieme -dimenticati- sopra il lavandino, le facce sveglie, curiose e divertenti...
Un senso, forte, del tempo libero e vuoto di quando si è giovani. E della sua, irripetibile, bellezza.
E il senso di crudeltà dell'invecchiare, dentro e fuori, irreversibile e ineluttabile.
E da lì, dalla perdita della gioventù, che nasce l'attrazione del lavoro ?
Ed è l'età del lavoro a dirci che la vera giovinezza è finita ?
Quanto mi manca la gioventù, la mia, quella di altri, e quella del mondo.
Non ho mai idealizzato la mia giovinezza, e non lo farò con la loro.
Conosco e ricordo tutte le sofferenze, le tristezze, le ansie e le irresolutezze di quell'età.
Ma se potessimo ringiovanire, qualche volta...!
Anche solo per qualche giorno o mese, o un anno.
Rivivere la prima casa da soli, il primo viaggio, il primo bacio, le prime delusioni, il primo tradimento.
Che figata!, direi.
Ma forse anche questa parola i giovani -quelli di oggi- non la usano più.
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