domenica 15 maggio 2022

neurovision

 

Per chi voleva assistere ad una sintesi della condizione culturale e artistica delle masse che vivono in quella che un tempo si poteva chiamare Europa, il pranzo è stato servito nei giorni scorsi dallo squallido spettacolo dell'Eurovision Song Contest.

Quel contest racchiudeva infatti in sé tutti i tipici elementi del nulla in cui siamo immersi.


In primo luogo quel multiculturalismo idiota che tiene malamente insieme patriottismi folkloristici nazionali(sti) con un piatto ed insulso sentiment da 'tutti insieme appassionatamente', in quel finto melting pot liberale che annulla l'alterità proprio mentre mostra le apparenti diversità del mondo.

L'omologazione conformista del dominio si nutre proprio dell'esibizione compiaciuta della varietà, a sua volta trasformata nella nuova ortodossia di regime, quella Lgbtqa+/- = a se stessa.

L'espansione modaiola dell'omo-trans-bi-a-sessualità rappresenta infatti il fulcro linguistico-culturale del neo-fashismo attualmente al potere.

Il fashionismo diffuso determina anche così il suadente integralismo mondiale, la nuova scolastica delle relazioni, l'invadente pedagogia dell'indefinitezza resa valore, l'incontrollabile potere delle automanipolazioni tecnocratiche che si fanno chiamare 'libertà'.

Un'assertività che sa asserire se stessa ed il proprio contrario, ed abolisce il conflitto mimandone i simulacri sui palchi dell'egemonia di mercato.

E tutto questo per coprire una monocultura profonda che, all'inverso delle apparenze, è invece intrisa di razzismo, specismo, necrofilia, sessuofobia e mortificazione delle differenze.


In secondo luogo, il festival esibisce proprio quel terrificante pacifismo da salottino di Barbie e Ken, che si sbrodola autocompiaciuto nelle noiose cantilene alla 'Give peace a chance' e mielosamente si sdraia a favore dell'Ucraina che resiste, con le sue sbiadite bandierine arcobaleno che coprono le bare di quelli che muoiono proprio grazie alle armi inviate a frotte 'per costringere il nemico alla pace' ed 'accelerare il corso della guerra'.

Quella nostra 'pace' che vive sulla distruzione del pianeta, su un Occidente che torna a odiare l'Oriente (e a farsi odiare dal mondo intero), sulla guerra permanente degli umani contro se stessi.

La competizione canora, una simulazione sublimata del combattimento che premia i meritevoli ed elimina i perdenti, che si nutre di pari opportunità per tutti, spalmando sul nostro pane quotidiano la melassa retorica del solidarismo peloso sono lo specchio fedele del nostro modus vivendi.

Ecco perché il festival non poteva che concludersi con la vittoria della canzone ucraina.

Una canzone dedicata ad una madre, che si trasforma immediatamente in Madre Patria, i cui cantanti dichiarano che ora 'torneranno lì, a combattere'.

E mentre loro vincevano a Torino, la Nato dichiarava che 'ora l'Ucraina può vincere la guerra con la Russia!'. E Zelensky non si vergognava di invitare tutti a Mariupol per il 2023 a cantare insieme per la prossima mega-kermesse: milioni di buffoni e marionette (lui incluso) che ballano la loro danza macabra sulle fosse comuni che coprono di terra decine di migliaia di suoi cittadini, sacrificati in nome della ragion di stato.

Provo ribrezzo per queste festeggiate da moribondi: mi ricordano le centinaia di giovani che proseguono a sorseggiare divertiti lo spritz nei bar, mentre -proprio di fronte a loro- il porto della città si riempie di grigie, funerarie navi da guerra.




5 commenti:

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  2. Lo spritz e l'allegria di fronte alle navi da guerra è terrificante.
    Non si è capaci o forse non ci si vuole rendere conto del pantano in cui stiamo vivendo e del letame che ancora deve arrivare.

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  3. È stata allestita un' ennesima sceneggiatura, l' Eurovision Song Contest, in cui poter propagandisticamente spettacolarizzare la guerra... Provo , anch' io , un senso di profondo disgusto.

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  4. Da divulgare urbi et orbi.

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  5. A Torino... è stata una specie di TORINO 2006...

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