sabato 13 giugno 2015

oro pro nobis

Alla Divina Provvidenza di Molfetta non si fidavano più di lei, ma -come tutti- credevano di più nell'oro.
Azzollini, senatore della repubblica, fa paura a guardarlo e a sentirlo parlare.
Sembra una parodia di Totò. Eppure è ancora lì, a presiedere la Commissione Bilancio.

Odevaine, che si fa leggere alla francese, si autodefinisce 'facilitatore' dei traffici corruttivi a Roma.
Un bel termine, non c'è che dire.
Noi l'usavamo per dire altro, ma si sono divorati anche questo.
Deve essere l'atmosfera dell'Expo: nutrire il pianeta, aiutarlo a mangiare.
Infatti, se magnano tutto...

Per consolarmi, mi rileggo il Protagora.
I sofisti, in confronto, sembrano degli idealisti democratici.
E pensare che Socrate si lamentava di loro perchè si facevano pagare dai giovani per le loro lezioni...!

Così provveduti, da principio gli uomini vivevano sparsi, chè non v'erano città.
E perciò erano distrutti dalle fiere, perchè in tutto e per tutto erano più deboli di quelle...: non possedevano ancora l'arte politica.
Cercarono dunque di radunarsi e di salvarsi fondando città: ma ogni qual volta si radunavano, si recavano offesa tra loro, proprio perchè mancanti dell'arte politica, onde nuovamente si disperdevano e morivano.
Allora Zeus, temendo per la nostra specie, minacciata di andar tutta distrutta,, inviò Ermes perchè portasse agli uomini il pudore e la giustizia affinchè servissero da ordinamento della città e da vincoli costituenti unità di amicizia.
Chiede Ermes a Zeus in quale modo debba dare agli uomini il pudore e la giustizia: 'Debbo distribuire giustizia e pudore come sono state distribuite le arti ? Le arti furono distribuite così: uno solo che possegga l'arte medica basta per molti profani e lo stesso vale per le altre professioni. Anche giustizia e pudore debbo istituirli nel medesimo modo, o debbo distribuirli a tutti ?'.
'A tutti, rispose Zeus, e che tutti ne abbiano parte: le città non potrebbero esistere se solo pochi possedessero pudore e giustizia...Istituisci, dunque, a nome mio una legge per la quale sia messo a morte come peste della città chi non sappia avere in sè pudore e giustizia'.
E così, Socrate, gli Ateniesi e tutti gli altri, qualora si debba discutere di architettura o di qualche altra attività artigianale, ritengono che solo pochi abbiano il diritto di dare consigli...; qualora, invece, si accingano a deliberare su questioni relative alla capacità politica, che si impernia tutta sulla giustizia e sulla saggezza, è ragionevole che tutti vengano ammessi, poichè si ritiene necessario che ognuno sia partecipe di questa dote, o non esistano città.

(Platone, Protagora, 322-323)

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