mercoledì 18 giugno 2014

in gabbia

Il marito che ha ucciso la moglie (dopo aver fatto l'amore con lei sul divano) e i figli piccoli (che dormivano tranquilli), sgozzandoli con un coltello da cucina uno dopo l'altro, ha dichiarato che 'si sentiva in gabbia' e che un divorzio 'avrebbe lasciato il problema dei figli'.
A proposito di chi userà anche questo episodio per rafforzare la sua teoria sui maschi violenti ed egoisti (e che per giunta vanno a vedere la partita e ad esultare tra una birra e l'altra dopo il misfatto....!) vorrei far notare che il contesto familiare appare ancora una volta come il peggior indiziato.
La famiglia non va, non è il luogo giusto per molti (che però ci finiscono, legati mani e piedi, in assenza di alternative socialmente apprezzate).
Si entra dentro ruoli, e si finisce dentro gabbie.

Lo stesso vale per il muratore dagli occhi cerulei che ha ucciso l'ormai mitica Yara.
Una vita normale, gran lavoratore, moglie e casetta, tre figli.
Però un giorno rapisce una ragazzina, la sevizia, la uccide e la abbandona in una discarica.
Per alcuni anni, dopo, vive come se niente fosse e nessuno si accorge di nulla.
Possibile che uno così non dia alcun segno 'strano' ai suoi familiari o amici ?
Che non faccia nulla di 'male' anche alle sue figlie o a sua moglie ?
Sembra incredibile.
O non sarà la beneamata famiglia a nascondere sempre tutto, quasi per statuto ?
Una famiglia che copre violenze al suo interno: un must di qualunque società, nei secoli.
Ma continuiamo, imperterriti, a difenderla e a idealizzarla.

La dimensione sessuale (e quella educativa) non potranno mai essere umanamente e pienamente vissute in una famiglia (monogama e proprietaria).
Altre strade andrebbero e andranno percorse, ma non da noi, credo.
Nel frattempo si esulta per le famiglie omosessuali e per i matrimoni gay.
Un ulteriore errore in cui gettarsi a capofitto...
Il ricatto delle leggi, i vantaggi dei sedicenti diritti, una strana visione della parità al ribasso, un conformismo di fondo: tutti elementi che ci riportano a considerare progresso quel che è soltanto il procedere di un'omologazione senza senso, infarcita solo di incorreggibili fallimenti, già ampiamente sperimentati, ma mai seriamente ridiscussi.

Continuiamo così, a farci del male, diceva quello.
A vivere di relazioni virtuali o clandestine, mentre soffochiamo nelle gabbie reali che noi stessi abbiamo scelto per noi e per gli altri, quelli che diciamo di amare.



Nessun commento:

Posta un commento