L'apocalisse è
arrivata sulle nostre teste sulle ali di Eupalla.
La tragedia
nazionale si è concretizzata a San Siro due notti fa: l'Italia non
si è qualificata ai Mondiali di Russia, eliminata dalla piccola
Svezia.
Il calcio non è
più da tempo un gioco, e nemmeno uno sport.
E' ormai solo un
mercato in mano alle televisioni e agli sponsor.
E lo specchietto
per le allodole si è infranto.
Quel che preoccupa
è solo il danno d'immagine e le perdite di budget.
E' uno specchio fedele e inquietante della nostra società, e non solo di quella italiana.
E' uno specchio fedele e inquietante della nostra società, e non solo di quella italiana.
In primo luogo
perchè è dominato da vecchi baroni, sia in campo che fuori.
Il quartetto BBBC
(Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini) ha superato i trent'anni da un
lustro e
anche nella Juve
mostra la corda da mesi.
Il nostro CT ha la
Ventura di avere 70 anni, il presidente della FIGC, Tah Vecchio, ne
ha 80.
Difficile chiedere
a dei vecchi di correre, di cambiare gioco o anche solo idea.
C'è un punto in
cui l'avere esperienza e maturità diventa un problema, e bisogna
capire quando arriva, in tempo.
Non è una virtù
italiana: il nostro è un paese per vecchi, in cui ancora regnano i
Napolitano e i Berlusconi.
Poi ci sono i
giovani: montati, spocchiosi, viziati, pieni di soldi e gonfi di
successo, ma soprattutto di sé.
Ragazzi che
scendono in campo come modelli e attori da sfilata, incapaci di
lottare per qualcosa, senza attaccamento alla maglia, dei poveri
mercenari e, nella migliore delle ipotesi, già dei professionisti,
che giocano già a vent'anni senza piacere, ma solo per lavoro e per
sentirsi famosi e adulati.
Vivono solo di luce
riflessa e di miti passati, come se si potessero sfruttare
impunemente e senza fine i soldi dei genitori, le coppe vinte o le
loro storie passate alla storia.
E come al solito si
reagisce stracciandosi le vesti, come se tutto fosse avvenuto in una
volta o a sorpresa e come se la soluzione fosse far fuori qualcuno,
invocare dimissioni, evocare rifondazioni totali, perchè come sempre
nulla cambi. Anche perchè nulla può cambiare.
Come in un'azienda
ci si muove su obiettivi e , se non li raggiungi, dimettersi è un
atto dovuto.
Ma intanto nessuno
si è dimesso, almeno per ora.
E, se anche
accadrà, non sarà certo il segno che qualcosa stia cambiando
davvero.
Qui da noi anche il
cambiamento è improvvisato, senza prospettiva e senza visione.
Se avessimo segnato
due gol alla Svezia nessuno avrebbe battuto ciglio e saremmo arrivati
come se niente fosse all'ennesimo flop in terra di Russia (ma avremmo
almeno incassato i primi 8 milioni di euro per la qualificazione).
E non sarà un
crac, per quanto traumatico e avvilente, a far girare diversamente la
ruota.
Ora si attende il
nuovo uomo della provvidenza: Ancelotti, Mancini, Conte potrebbero
tornare a salvarci, per soli 4 milioni di euro l'anno, in fondo.
O forse potremmo chiedere a Berlusconi di diventare finalmente anche selezionatore della Nazionale, dopo che ha rotto le scatole per decenni a tutti gli allenatori del Milan...!
O forse potremmo chiedere a Berlusconi di diventare finalmente anche selezionatore della Nazionale, dopo che ha rotto le scatole per decenni a tutti gli allenatori del Milan...!
O magari potrebbe
arrivare Renzi, visto che dovrà rinunciare tra breve a più alti
incarichi.
Nessun commento:
Posta un commento