Un
giovane morto molto giovane.
Una
decina di giorni fa è stato torturato ed ucciso un giovane
ricercatore, italiano ma cittadino del mondo, Giulio Regeni.
Il
suo unico torto quello di essere un idealista, di credere nel
cambiamento del mondo, nel proseguire a cercare la verità e la
giustizia, nel proseguire a scriverne e a parlarne.
Niente
di più grave e delittuoso, niente di più pericoloso nelle nostre
società odierne.
Niente
di più nonviolento e di più violento insieme.
E
se l'Egitto è una dittatura, sostenuta dai governi di mezzo mondo,
compreso il nostro, insediatasi a tradimento dopo le speranze della
primavera in piazza Tahrir, questo non significa che le nostre
democrazie, tanto esaltate, siano immuni dalla paura della vera
ricerca, della verità e della libertà.
Anche
da noi sappiamo torturare ed uccidere le coscienze e le passioni,
seppure in modi perlopiù garbati e inapparenti.
Un
giovane vecchio morto non vecchio.
Il
primo febbraio è morto Nanni Salio, uno dei riferimenti più lucidi
e attenti della nonviolenza in Italia. Uno dei più aperti, uno dei
meno settari. Un concentrato di intelligenza e serietà in un corpo
piccolissimo e scattante.
Il
suo centro a Torino, per quanto troppo accentrato su di lui, è stato
uno dei luoghi più stimolanti e curiosi del panorama culturale nel
quale mi sono immerso sin da ragazzo.
Lì,
per la prima volta, ho incontrato Pontara, Galtung, i redattori della
rivista Satyagraha.
Lì
è stata organizzata la pubblicazione delle opere di Sharp.
Non
ci sentivamo, dopo una bella frequentazione anche di casa sua e di
sua moglie Daci, dal fatidico 2008, quando abbiamo litigato alla
presentazione del mio 'Casca il mondo!', che si era tenuta proprio
lì, al Centro Sereno Regis.
Quando
ho dichiarato che anche la scienza e la tecnologia erano uno dei
fattori di potenziamento dei processi catastrofici, lui ha sbottato,
io ho reagito, e così via...
Tutto
si poteva toccare per Nanni, ma non la sua fiducia nella scienza.
Un giovane vecchio ancora giovane e ben vivo.
In questi giorni ho ricevuto
l'invito ad un evento a Firenze, in cui Alberto L'Abate festeggia i
suoi 85 anni. Tra me e lui ci sono sempre stati 30 anni di differenza
esatti o quasi. Quando l'ho conosciuto lui aveva più o meno l'età
che ora ho io, ed io ero davvero giovane.
Alberto è tra le persone che
hanno contribuito di più a cambiare la mia vita, e a darle
l'orientamento che ancora oggi ha.
Il campo di Comiso, i primi
training a San Gimignano, le tante azioni dirette fatte insieme, le
notti e i giorni passate a casa della sua bella famiglia, i libri
scritti con lui e da lui, le esperienze formative a Pruno di
Stazzema, e tanto tanto altro...
Tutto questo sta nella mia vita,
nella nostra e nel nostro reciproco affetto.
Nella mail mi diceva di essersi
avvicinato a ricercare sui rapporti tra nonviolenza ed anarchia, dopo
tanti anni trascorsi a studiare quelli tra nonviolenza e marxismo, in
particolare con Gramsci. Mi ha chiesto di indicargli qualche libro
sul tema, intuendo -anche se da tempo non ci sentivamo- che anche io
stia esplorando verso lì, sempre di più,.
Gli ho spedito le bozze di Fare
il morto, e gli ho consigliato la lettura di Guerra e rivoluzione di
Tolstoj.
Ha reagito con gioia ed
entusiasmo, come un ragazzino, come sempre...
Spero che anche lui, dopo il
trapasso, possa raggiungere le isole dei Beati, le Macaronesi
(makarios: felice, beato).
E sapete quali isole erano
chiamate così dagli antichi ?
Proprio le isole di Capo Verde...
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