Eh, parliamoci chiaro! Vuoi che io
faccia come tutti? Che mi decida? Vuoi turbare la mia pace
riconquistata, orientare la mia vita verso un altro scopo, invece di
quello aspro, fortificante, naturale di assicurare da sola la mia
sopravvivenza? Oppure mi consigli un amante per igiene, come un
depurativo? A che scopo? Sto bene e grazie a Dio non amo, non amo e
non amerò più nessuno, nessuno!
Non amerai più nessuno? Mio Dio,
forse è vero. E sarebbe la cosa più triste di tutte...Tu giovane e
forte, e tenera...Sì, sarebbe la cosa più triste di tutte...
Oh, Hamond, sei proprio tu a dirmi
questo! Dopo quello che ti è...ci è successo, spereresti ancora
nell'amore?
Sì, sto benissimo come sono, certo.
Ma da questo a rispondere di me stesso, a dichuarare:' Non amerò più
nessuno!', francamente no! Non oserei...
Questa strana risposta di Hamond ha
esaurito la nostra discussione, perchè non amo parlare dell'amore.
La più sfacciata licenziosità non mi turba, ma non amo parlare
dell'amore...
Se avessi perduto un figlio
amatissimo, mi sembra che non potrei più pronunciare il suo nome...
(Colette, La vagabonda, 1910)
Senza bisogno di pensarci, tirò la
pancia in dentro per infilarsi tra il muro e la mezza coda del
pianoforte e riprese contatto col grande divano nel modo
tradizionale, vale a dire sedendosi all'amazzone sullo schienale
imbottito, buttandosi giù da una parte e rotolando sul sedile...
Alla fine si abbandonò sul
'cucciolaio natale', l'ampio divano indistruttibile di origine
inglese, affossato come il viottolo di un bosco durante la stagione
delle pioggie...
Chi ci dormirà? Hermine o Colombe?
Ma adesso che hanno tanto spazio non ci dorme più nessuno, forse...
Infilò l'avambraccio fra lo schienale e il sedile, esplorò
l'imbottitura in tutta la sua lunghezza, tirò fuori un po' di
tabacco sbriciolato, un pezzetto di cellofan appallottolato, una
matita e una compressa di aspirina, ma non trovò nessun pigiama
arrotolato come un salame.
Allora rimase ferma ad ascoltare
l'acquazzone che tamburellava sui vetri.
'Se non piovesse darei un po'
d'aria, ma sento ancora la pioggia...'
((Colette, Il cucciolaio, 1938)
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