martedì 16 febbraio 2016

cartoline dai morti

A un certo punto ho pensato che potevo diventare un uomo importante. Sentivo che la morte mi dava tempo. E allora infilai la testa nel mondo come un bambino che infila le mani nella calza della befana. Poi è arrivato il mio giorno. Svegliati, disse mia moglie. Svegliati, continuava a ripetere.

Fuori era una bella giornata. Non volevo morire con tutto quel sole fuori. Ho sempre pensato di morire di notte, nell'ora in cui abbaiano i cani. E invece sono morto a mezzogiorno, mentre alla televisione cominciava un programma di cucina.

Ci ho provato in vari modi, ma senza convinzione. Alla fine mi sono impiccato.

Già due volte mi era venuto un giramento di testa. Sono caduto. Mi hanno portato all'ospedale.Mi hanno operato. Era un giorno di ottobre. In quel giorno era uscito il sole, erano usciti i giornali, c'erano le macchine per strada, e la gente nei bar che parlava. Io sono stato messo bruscamente da parte. Era il mio momento, non so come spiegarvi.

Si dice che l'ora più frequente in cui si muore è prima dell'alba. Io per anni mi sono svegliato alle quattro del mattino e ho aspettato in piedi che passasse l'ora brutta. Mi mettevo a leggere o guardavo la televisione. Qualche volta uscivo in strada. Sono morto alle sette di sera e non è stata una cosa così speciale. Quel vago fastidio che era sempre stato il mondo, quel vago fastidio di essere al mondo è finito all'improvviso.

Era un giorno d'autunno e in piazza c'ero solo io. Tenevo stretto il bastone fra le mani. Il vento veniva da ogni parte. Mi ha sollevato in cielo insieme alla panchina.

L'ultimo mio respiro è stato un respiro da formica. E' stato così piccolo che nessuno l'ha notato. Già erano tutti agitati, già cercavano le scarpe nuove, il fazzoletto, la giacca nera.

Io passeggiavo, mangiavo poco, cercavo di non arrabbiarmi con nessuno. Non è servito a niente.

Io sono morto di vecchiaia, anche se non ero tanto vecchio, avevo cinquantanove anni.

Era un mercoledì di gennaio. C'era un'aria di neve. Avevo appena parlato con Vincenzo il marmista. Non avevo la minima idea che stavo per morire.

Prima di me erano già morte ottanta miliardi di persone.

Sono morto allo stadio. La mia squadra stava vincendo e faceva melina a centrocampo.

Sono morto alle sette del mattino. Un modo come un altro per cominciare la giornata.

Mi sono impiccato il giorno stesso che il medico mi ha detto che dovevo fare altri accertamenti. Per me era tutto chiaro: dovevo solo trovare una fune nel garage.

Pensavo sempre di avere qualche brutta malattia, ma i medici mi dicevano sempre che non tenevo niente. Io ora li vorrei prendere a calci uno per uno.

Io stavo a Zurigo. Sul manifesto hanno scritto che sono salita alla casa del padre. La verità è che mi sono buttata dal quinto piano.

Mi sono sempre sentito affannato e fuori posto nella vita. Adesso finalmente riposo tranquillo e in pace nella tomba vicino alla mia.

Basta una distrazione piccolissima. Sono caduto dalle scale perchè stavo pensando che tipo di dentifricio mi dovevo comprare.

Non c'è neanche il niente, almeno così mi pare.


(Franco Arminio, Cartoline dai morti, Nottetempo, 2010)



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