lunedì 6 ottobre 2025

quel che si deve chiudere e quel che si potrebbe aprire

Le missioni in corso delle ormai varie Flotille ed i grandi cortei dei giorni scorsi stanno manifestando il desiderio diffuso di farla finita con la guerra (e non solo in Palestina), di non voler più colludere con la violenza (non solo di Trump e Netanyahu, ma anche di Hamas), di farci sentire vicini ad un popolo da sempre senza pace (e non sto più parlando degli ebrei), di non credere più alle menzogne (dei governi, dei mass media, ma anche quelle che raccontiamo continuamente a noi stessi). Tutto molto bello ed importante, a livello morale, personale e sociale.

La domanda che dovremmo porci ora è: quale può essere l'effetto politico di tutto questo?

Per rispondere, credo sia necessario distinguere due campi: quello che riguarda la sorte del popolo palestinese e quel che riguarda noi, in Italia e in Occidente.

Per quanto riguarda il primo, credo non ci sia più nulla da fare: i criminali e terroristi di Stato riuniti ora in Egitto con i criminali e terroristi senza Stato di Hamas potranno soltanto prendere due strade, entrambe terribili: non raggiungere alcun accordo e proseguire la guerra già in corso oggi, oppure raggiungere degli accordi che chiameranno 'pace', che porranno le basi per la guerra di domani. In Medio Oriente non è mai esistito uno spazio reale per 'due stati' (sempre che fosse l'idea migliore, teoria del tutto opinabile): sino a quando c'è stata la Palestina non c'era Israele e sino a quando ci sarà Israele non ci sarà la Palestina. L'abbiamo sempre saputo, e ci serviva crederlo per stare in pace (noi, non loro). Quella favola ora è giunta al termine: i palestinesi vivranno (quelli che sopravviveranno) da profughi ed in diaspora ancor più di prima e per molto tempo ancora. Israele ed Occidente si impossesseranno delle coste per i loro resort e, nella migliore delle ipotesi, lasceranno i deserti a sterminati campi profughi, in mano all'Onu e finanziati da sauditi ed altri arabi, 'amici della causa'. Nella peggiore, proseguirà lo sterminio o il progrom. L'effetto politico lì di quel che stiamo facendo qui o da qui, dove viviamo noi, è e sarà pressochè nullo.

Quel che sta avvenendo potrebbe invece -se proseguisse e si facesse quotidianità d'azione coordinata e nonviolenta- aprire uno spazio di manovra insperato all'interno delle dinamiche politiche in corso nelle nostre 'democrazie'. Provare a rivivificarle, a rallentare quel che appariva come un processo irreversibilmente votato alla militarizzazione della vita civile ed alla repressione del dissenso. Non sarà per nulla facile e la prognosi resta riservata, ma -se dimostreremo di aver appreso qualcosa dai fallimenti del passato, anche recente- forse qualcosa di nuovo e migliore potrebbe accadere.

Ed un Occidente davvero democratico sarebbe -in prospettiva- l'unica vera buona notizia per i palestinesi e gli oppressi di tutto il mondo. Perchè sino a quando noi qui non saremo liberi (dalla guerra, dal capitale e dal capitalismo di guerra) nessun altro potrà mai esserlo altrove.

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