sabato 11 ottobre 2025

libertà vò cercando...

Libertà e democrazia è poter dire a Santoro, agli organizzatori ed ai partecipanti del corteo che chi esalta, con striscioni e manifestazioni il 7 ottobre, sbaglia e insiste a compiere lo stesso errore che ha portato Hamas a compiere quell'assalto e a rendere legittimo -agli occhi di Israele e di buona parte del mondo- quell'orrore che è avvenuto dopo. Se resistenza è contro-violenza della vittima, il cerchio si chiude sempre e soltanto nella guerra.

Libertà e democrazia è poter dire alla Segre che sbaglia quando non ammette il genocidio e prosegue a dare più valore a quel che accade o è accaduto agli ebrei piuttosto che ad altri o continua a minimizzare quel che il governo israeliano sta perpetrando da sempre contro tutti i popoli arabi, proseguendo sulla strada già tracciata dalla Bibbia e dal sionismo, che è sempre stato un movimento di colonizzazione forzata di territori abitati da altri.

Libertà e democrazia è poter dire alla Albanese che sbaglia quando non accetta le parole del sindaco di Reggio Emilia, che mette sullo stesso piano il conseguimento del cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Il valore della vita e della morte hanno lo stesso peso per ciascun essere umano, che sia amico o nemico, che si sia in uno o in mille. Essere politicamente non equidistanti non può vuol dire essere umanamente discriminanti, e fare graduatorie tra chi vale di più o di meno (a meno che non si voglia fare come il governo Netanyahu o gli israeliani che manifestano solo per i loro familiari).

Libertà e democrazia è poter dire ai coraggiosi attivisti delle Flotille che sarebbe stato più coerente ed efficace stare in cella qualche giorno di più, farsi processare, proseguire a dar disturbo, e non accettare di farsi espellere così rapidamente. Visto quel che sono stati capaci di fare e di rischiare (e tanto di cappello a loro, e grazie di cuore), avrei provato ad insistere ancora, avrei rotto le Libertà e democrazia è poter dire a Santoro, agli organizzatori ed ai partecipanti del corteo che chi esalta, con striscioni e manifestazioni il 7 ottobre, sbaglia e insiste a compiere lo stesso errore che ha portato Hamas a compiere quell'assalto e a rendere legittimo -agli occhi di Israele e di buona parte del mondo- quell'orrore che è avvenuto dopo. Se resistenza è contro-violenza della vittima, il cerchio si chiude sempre e soltanto nella guerra.


Libertà e democrazia è poter dire alla Segre che sbaglia quando non ammette il genocidio e prosegue a dare più valore a quel che accade o è accaduto agli ebrei piuttosto che ad altri o continua a minimizzare quel che il governo israeliano sta perpetrando da sempre contro tutti i popoli arabi, proseguendo sulla strada già tracciata dalla Bibbia e dal sionismo, che è sempre stato un movimento di colonizzazione forzata di territori abitati da altri.


Libertà e democrazia è poter dire alla Albanese che sbaglia quando non accetta le parole del sindaco di Reggio Emilia, che mette sullo stesso piano il conseguimento del cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Il valore della vita e della morte hanno lo stesso peso per ciascun essere umano, che sia amico o nemico, che si sia in uno o in mille. Essere politicamente non equidistanti non può vuol dire essere umanamente discriminanti, e fare graduatorie tra chi vale di più o di meno (a meno che non si voglia fare come il governo Netanyahu o gli israeliani che manifestano solo per i loro familiari).


Libertà e democrazia è poter dire ai coraggiosi attivisti delle Flotille che sarebbe stato più coerente ed efficace stare in cella qualche giorno di più, farsi processare, proseguire a dar disturbo, e non accettare di farsi espellere così rapidamente. Visto quel che sono stati capaci di fare e di rischiare (e tanto di cappello, di cuore), avrei provato ad insistere sino all'estremo.

Oggi invece è sempre più difficile criticare e criticarci; proseguiamo a confondere rifiuto e disconferma, ammonizione e squalifica, riconciliazione e buonismo. Ognuno deve stare rintanato nel suo schieramento, come dei tifosi di calcio che vedono solo i rigori a favore e non quelli per gli avversari.

Sono un tifoso di calcio, ma solo allo stadio. E se la mia squadra gioca male e merita di perdere, di solito, lo riconosco.

Libertà e democrazia vivono soprattutto di questo e -se questo non c'è più, non si può più, in primo luogo proprio verso amici ed alleati- libertà e democrazia restano solo parole vuote e agonizzanti.








giovedì 9 ottobre 2025

andate in pace, rendiamo grazie a dio (trump)

Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate…

Ci si inoltra, con gli accordi di Sharm, nel nuovo girone infernale della storia medio-orientale: si riparte con speranze di pace (leggi: pacificazione forzata), con impegni alla ricostruzione (leggi: affari di arabi, americani ed europei), slogan dei 'due popoli due stati' (leggi: uno stato dominatore ed arrogante ed un popolo di straccioni, oppressi e disperati).

Quel a cui stiamo assistendo è una storia già vista e già fallita più volte, ancor prima di iniziare. Ma ogni volta si finge di crederci.

I potenti ed i loro lacchè (giornalisti e politici di ogni sorta) non si vergognano di esaltare gli accordi che porteranno al cessate il fuoco e alla riconsegna di ostaggi e prigionieri. Umanamente vergognoso.

L'importante ora -si dice- è far cessare le ostilità e liberare i prigionieri. Si festeggia, per questo, a Gaza come a Tel Aviv. Umanamente comprensibile.

Ma cosa li aspetta e ci aspetta?

Ancora una volta chi media ed ora aspira al Nobel è lo stesso che prosegue ad armare e a foraggiare la guerra.

Ancora una volta la guerra fa la pace, sino a quando vorrà, e riprenderà la guerra, quando vorrà.

Ancora una volta arriveranno gli affaristi ad investire e far profitti su terre occupate e straziate dalle bombe, promettendo prosperità e sviluppo per tutti.

Ancora una volta vince la prepotenza e la menzogna più totale.

Mentre Hamas viene invitata a lasciare le armi ed il potere, i servizi segreti ammettono che, con lo sterminio, sono entrati tra le sue fila altri 35000 nuovi miliziani, con ancora più odio in corpo verso Israele ed i suoi alleati. Quanti attentati ci aspettano?

Mentre Israele viene invitata a ritirarsi e a cessare il fuoco, nel frattempo prosegue ad arroccarsi in una zona cuscinetto sempre più ampia a Gaza e ad occupare ulteriormente e violentare la Cisgiordania.

Mentre i governi arabi ed islamici si prestano alla resa palestinese, proseguono il loro doppio gioco sui due tavoli dell'inimicizia coperta e dell'alleanza apparente con l'Occidente.

Ed i palestinesi, ancora senza Barghouti e fatte fuori ANP ed Hamas, a chi si dovranno affidare ora? A Blair e ad Al-Altani?

E che ne sarà delle denunce, delle incriminazioni, degli atti di accusa presentati in questi due anni in punta di diritto? Non se ne farà nulla, vedrete.

Sempre che anche questi primi passi si compiano, i prossimi appartengono solo alla retorica politica, non certo alla realtà.

Peraltro, molte delle idee prospettate nel progetto sono terribili, se davvero si realizzassero.

Su queste basi, inutile illudersi che si stia aprendo un processo di pace.

Sino a quando la violenza sarà premiata e i mediatori saranno gli stessi guerrafondai non si potrà parlare di pace. Quel che si sta perpetrando in Egitto è l'ennesima versione della guerra e non porterà ad alcuna risoluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi: è soltanto l'ennesima pezza su di esso, volta a favorire soltanto i soliti interessi di parte (i nostri).

Ora abbiamo bisogno che Israele si fermi per un pò, che tacciano le armi per ri-iniziare a fare affari sulla pelle di quei poveracci (che faranno la solita fine, sempre che siano ancora vivi).

E' solo la guerra che prosegue, ogni volta, come un inafferrabile, invincibile camaleonte.

martedì 7 ottobre 2025

attualità dell'anarchismo

 Questa reazione altro non è che la conchiusa attuazione dell'idea anti-popolare dello Stato, strutturato all'unico scopo di organizzare il più vasto sfruttamento del lavoro a profitto del capitale concentrato in un ristrettissimo numero di mani: è quindi il regno trionfante dell'ebraismo e della bancocrazia sotto l'onnipotente protezione del potere fiscale, burocratico e poliziesco che si appoggia innanzitutto sulla forza militare e di conseguenza è intrinsecamente dispotico, quantunque cerchi di celarsi dietro la burletta parlamentare dello pseudo-costituzionalismo.

L'attuale produzione capitalista e la speculazione delle banche esigono, per il loro futuro e più completo sviluppo, una immensa centralizzazione statale...I metodi della produzione capitalistica e della speculazione bancaria...si conciliano a meraviglia con la cosiddetta democrazia rappresentativa; questa nuova forma di Stato, fondata sulla pretesa sovranità di una pretesa volontà del popolo che si suppone espressa da sedicenti rappresentanti del popolo in assemblee definite popolari, riunisce in sé le due principali condizioni necessarie al loro progresso: la centralizzazione dello Stato e la reale sottomissione del popolo sovrano alla minoranza intellettuale di chi lo governa, che pretende di rappresentarlo e che infallibilmente lo sfrutta…

Al fine di sottomettere il popolo sarà allora necessario ricorrere alla coercizione permanente, alla violenza e quindi il controllo poliziesco e la forza militare diventano indispensabili. Lo Stato moderno è necessariamente, per la sua essenza e per i suoi obiettivi, uno Stato militare, e uno Stato militare deve trasformarsi non meno necessariamente in Stato conquistatore: perché se non conquista sarà conquistato per la semplice ragione che ove regna la forza questa deve senz'altro rivelarsi e agire. Per cui una volta di più lo Stato moderno deve assolutamente divenire uno Stato enorme e potente: è questa una condizione necessaria per la sua conservazione…

Nel difficile periodo che stiamo attraversando uno Stato forte, degno di questo nome, non può avere che un unico solido fondamento: la centralizzazione militare e burocratica. La differenza essenziale tra la monarchia e la repubblica più democratica consiste nel fatto che nella prima il mondo burocratico opprime e taglieggia il popolo per il maggior profitto dei privilegiati, delle classi proprietarie, e delle sue proprie tasche in nome del sovrano; nella repubblica opprimerà e spoglierà il popolo nella stessa maniera, a profitto delle medesime tasche e delle medesime classi, però in nome della volontà del popolo. Nella repubblica la cosiddetta nazione, la nazione legale, che si suppone rappresentata dallo Stato, soffoca e soffocherà sempre il popolo vivente e reale. Ma il popolo non si sentirà affatto più sollevato quando il bastone che lo percuote prenderà il nome di bastone del popolo…

La via dello statalismo, del dispotismo militare e politico mascherato e abbellito dalle forme più larghe e insieme più innocue della rappresentanza popolare, dimostra che...le forme cosiddette costituzionali o rappresentative non costituiscono in alcun modo un ostacolo per il dispotismo statalista, militare, politico e finanziario; ma che al contrario lo legalizzano e, dandogli il falso aspetto di governo popolare, possono addirittura accrescere la sua solidità e la sua forza interna...Per questo la borghesia ora esige uno Stato forte o, per dirla più semplicemente, una dittatura militare, ma, per salvaguardare la propria vanità democratica e per meglio ingannare la massa del popolo, vuole che questa dittatura sia rivestita delle forme della rappresentanza nazionale, forme che gli permettono di sfruttare la massa del popolo in nome del popolo stesso.

O il mondo borghese ed istruito riuscirà a reprimere e a soggiogare lo spontaneo spirito di rivolta del popolo, in modo da costringere, con la forza delle baionette, del knut e del bastone benedetti, nessun dubbio in proposito, da un dio qualunque e spiegati razionalmente dalla scienza, le masse lavoratrici a faticare come prima, e questo vorrebbe dire allora la completa restaurazione dello Stato nella sua forma più sincera possibile, e cioè sotto la forma della dittatura militare o di un regime imperiale; oppure le masse lavoratrici rovesceranno definitivamente il giogo odioso e secolare e distruggeranno alla radice lo sfruttamento borghese e quindi la base stessa della civiltà borghese, e ciò significherà il trionfo della Rivoluzione Sociale, l'abolizione di tutto quanto si rapporti allo Stato.

(Michail Bakunin, Stato e Anarchia, 1873)

lunedì 6 ottobre 2025

quel che si deve chiudere e quel che si potrebbe aprire

Le missioni in corso delle ormai varie Flotille ed i grandi cortei dei giorni scorsi stanno manifestando il desiderio diffuso di farla finita con la guerra (e non solo in Palestina), di non voler più colludere con la violenza (non solo di Trump e Netanyahu, ma anche di Hamas), di farci sentire vicini ad un popolo da sempre senza pace (e non sto più parlando degli ebrei), di non credere più alle menzogne (dei governi, dei mass media, ma anche quelle che raccontiamo continuamente a noi stessi). Tutto molto bello ed importante, a livello morale, personale e sociale.

La domanda che dovremmo porci ora è: quale può essere l'effetto politico di tutto questo?

Per rispondere, credo sia necessario distinguere due campi: quello che riguarda la sorte del popolo palestinese e quel che riguarda noi, in Italia e in Occidente.

Per quanto riguarda il primo, credo non ci sia più nulla da fare: i criminali e terroristi di Stato riuniti ora in Egitto con i criminali e terroristi senza Stato di Hamas potranno soltanto prendere due strade, entrambe terribili: non raggiungere alcun accordo e proseguire la guerra già in corso oggi, oppure raggiungere degli accordi che chiameranno 'pace', che porranno le basi per la guerra di domani. In Medio Oriente non è mai esistito uno spazio reale per 'due stati' (sempre che fosse l'idea migliore, teoria del tutto opinabile): sino a quando c'è stata la Palestina non c'era Israele e sino a quando ci sarà Israele non ci sarà la Palestina. L'abbiamo sempre saputo, e ci serviva crederlo per stare in pace (noi, non loro). Quella favola ora è giunta al termine: i palestinesi vivranno (quelli che sopravviveranno) da profughi ed in diaspora ancor più di prima e per molto tempo ancora. Israele ed Occidente si impossesseranno delle coste per i loro resort e, nella migliore delle ipotesi, lasceranno i deserti a sterminati campi profughi, in mano all'Onu e finanziati da sauditi ed altri arabi, 'amici della causa'. Nella peggiore, proseguirà lo sterminio o il progrom. L'effetto politico lì di quel che stiamo facendo qui o da qui, dove viviamo noi, è e sarà pressochè nullo.

Quel che sta avvenendo potrebbe invece -se proseguisse e si facesse quotidianità d'azione coordinata e nonviolenta- aprire uno spazio di manovra insperato all'interno delle dinamiche politiche in corso nelle nostre 'democrazie'. Provare a rivivificarle, a rallentare quel che appariva come un processo irreversibilmente votato alla militarizzazione della vita civile ed alla repressione del dissenso. Non sarà per nulla facile e la prognosi resta riservata, ma -se dimostreremo di aver appreso qualcosa dai fallimenti del passato, anche recente- forse qualcosa di nuovo e migliore potrebbe accadere.

Ed un Occidente davvero democratico sarebbe -in prospettiva- l'unica vera buona notizia per i palestinesi e gli oppressi di tutto il mondo. Perchè sino a quando noi qui non saremo liberi (dalla guerra, dal capitale e dal capitalismo di guerra) nessun altro potrà mai esserlo altrove.

giovedì 2 ottobre 2025

La vita dentro (contro) la morte

C'è un alito di vita che giunge dal mare, sulle barche della Global Sumud Flotilla. 

La morte si è manifestata in tutto il suo funerario manto nella 'pace eterna' di Trump e nell'orroroso 'finire il lavoro' di Netanyahu: parole e progetti che sfigurano l'umanità e il loro stesso volto, ormai abietto, criminale.

Morte spacciata per 'piano di pace', guidata da un Board of peace, un consiglio di amministrazione in mano a Tony Blair, quello stesso criminale che ci ha condotto a fare guerra in Iraq: un altro cavaliere della morte in doppiopetto.

Una necrofilia smaccata e senza remore, la loro e la nostra.

Ma ecco un' azione diretta nonviolenta (finalmente!) che rompe con i ritualismi politici, con la retorica dei 'responsabili di governo', con le complicità e collusioni dell'Occidente in guerra.

Un' espressione di vitalità, di movimento ondoso in aumento, un segnale di vita dentro e contro la morte.

E' fondamentale non regredire qui da noi con le solite violenze da corteo: non roviniamoci la festa da soli, non tradiamo quel che sta avvenendo laggiù.

Non collaboriamo più, alla guerra e al nostro sistema di vita, blocchiamo tutto, ma senza dare alibi a chi ci domina e vuole proseguire a farlo, e a volerci morti.