sabato 26 febbraio 2022

ci siamo. ma non ci siamo

 

Una visione nonviolenta presupporrebbe che, per evitare la guerra, si debba agire intensamente su quattro direttive:

-sostegno ai movimenti democratici, libertari, antiautocratici (alternative politiche)

- meno dipendenza e più autonomia energetica (alternative energetiche)

-ridefinizione delle istituzioni internazionali che regolano i mercati globali ed i conflitti internazionali (alternative diplomatiche)

-costituzione di forze di interposizione civile non armata o di polizia internazionale armata ma con chiare regole d'ingaggio (alternative di difesa realmente difensiva).

Tutti possiamo capire che, senza lavorare su questi livelli (ed è evidente che non lo si fa, anzi si fa esattamente il contrario), la possibilità o meno di una guerra sarà sempre lasciata alla discrezione dei potenti e sostanzialmente fuori controllo.

Tutto questo andrebbe fatto PRIMA che la guerra scoppi.

Ma, DOPO che la guerra scoppia, la teoria nonviolenta ci ìntima di non opporre una controviolenza armata, ma di lasciarsi invadere, arrendersi e tornare a trattare, immediatamente.

Ancor più in situazioni di disparità di forze conclamata, come è questa, non ha senso far scontrare eserciti sul campo, se davvero si vuole salvare il proprio paese dalla distruzione e ridurre il danno (che diviene l'unico obiettivo 'patriottico' praticabile, al di là delle retoriche nazionaliste).

L'unica possibilità, per chi non vuole rinunciare alle armi, è la guerra asimmetrica: organizzare la guerriglia, per rendere più costosa possibile l'occupazione avvenuta (come l'URSS e gli USA hanno già sperimentato in Afghanistan e Napoleone nella stessa Russia).

Ma sarebbe possibile ed auspicabile organizzare la lotta contro gli occupanti anche in forme non armate (boicottaggi, sabotaggi...).

Non mancano le idee, le esperienze storiche e gli esperimenti su tutti questi piani, abbiamo organizzato innumerevoli convegni e seminari, scritto milioni di libri ed articoli, ma...solo la violenza continua a vincere e a dimostrarsi forte, efficace, invincibile. Non ci siamo.

E qui si arriva all'oggi.


Ora che ci si straccia le vesti contro il mostro russo.

Ma chi e quando ha saltato e fatto saltare qualunque regola di diritto internazionale nei decenni scorsi?

Chi continua a blaterare di 'America first' ?

Chi ha permesso a Putin (e ad Assad, ad Hariri, a Lukashenko, etc etc) di restare in sella, nonostante i movimenti di opposizione?

Chi ha accresciuto i suoi rapporti di dipendenza economica ed energetica dalla Russia, succhiando senza remore denaro dai suoi oligarchi e gas dalle sue pipelines ?

La Gazprom è il primo sponsor della Champions league e pensavamo che non avrebbe fatto goal nelle nostre porte ?

Pecunia non olet, anche quando malamente olet ?

Abbiamo fatto i furbi, pur di non realizzare a tempo debito la transizione verso le energie rinnovabili, sperando di non pagare dazio.

Ma la storia presenta sempre il conto. Ci siamo, è il momento di pagarlo.


Quando parliamo di sovranità degli stati e di autodeterminazione dei popoli, non dovremmo scordarci che la guerra guerreggiata è soltanto l'ultima opzione per condizionarle/eliminarle (sempre che siano ancora possibili ed attuabili nel contesto odierno).

Sappiamo che è possibile farlo attraverso il debito (vedi Grecia, per fare un esempio europeo recente, ma potremmo inserire tutti i paesi 'in via di sviluppo' (del debito, non di altro).

Oppure attraverso il finanziamento massiccio e l'infiltrazione coperta dei movimenti d'opposizione interna al fine di generare un cambio di regime (vedi la caduta del regime filorusso in Ucraina nel 2014, sostituito da un governo filo-occidentale).

Oppure attraverso la globalizzazione dei mercati e la delocalizzazione delle produzioni, distruggendo le economie nazionali e favorendone la dismissione.

Solo se questi primi tre stadi (che non consideriamo 'guerra', ma che ottengono gli stessi risultati in un clima di competizione senza fine, che chiamiamo capitalismo e che è soltanto la prosecuzione della guerra con altre armi) non funzionano, si arriva alla guerra aperta.

Putin già non aveva digerito il cambio di regime che ha portato all'elezione dell'ex comico Zelensky; sembrava essersi accontentato degli accordi di Minsk, che però non sono stati implementati e realizzati a causa del boicottaggio ucraino; per di più l'Ucraina aspira ad entrare nella Nato e ad impiantare sistemi d'armamento al confine russo, ipotesi informalmente esclusa negli accordi che si erano succeduti alla dissoluzione dell'URSS.

Da qui la sindrome d'accerchiamento (ma se gli USA si trovassero circondati da armamenti nemici in Messico o a Cuba, non reagirebbero come nei giorni del conflitto tra Kennedy e Kruscev?).

Perchè, in una trattativa, facciamo così fatica a riconoscere le ragioni possibili dell'altro?

Perchè una vera trattativa non la si vuole fare e non c'è mai stata.

Da qui la guerra come unica opzione restante: che non era inevitabile, ma che inevitabilmente lo diventa.


Ma poi che succede se si arriva alla guerra ?

Che ci si stupisce, come se la grande illusione di un mondo pacificato dai mercati globalizzati e dall'interconnessione digitale, riunificato dalla pandemia, fosse vera e non solo un miraggio nel deserto del marketing politico.

Che ci si affretta, come sempre, a stabilire che la colpa sia solo dell'altra parte, quella che la inizia di fatto.

Che dopo virologi, in tv, ora saranno i generali ed i geostrateghi ad imbottirci la testa con minacce, rimedi e previsioni. Da Bassetti a Stoltenberg, il passo è breve.

La differenza è che sulla guerra, con Draghi, ci sta anche la Meloni, e la perfetta unità della nazione è finalmente compiuta!

E che l'Ucraina, nella retorica di questi giorni, diventi non più solo la terra d'origine delle badanti, come è stata sinora per tutti noi, ma giunge nientepopodimeno 'al cuore dell'Europa'.

C'è da crederci?

Pensavo che la Nato sarebbe tornato indietro di trent'anni, alla guerra in Jugoslavia scatenata contro i serbi, i mostri di allora. É sempre possibile che riaccada: oggi la negano e la neghiamo, per rassicurarci, come hanno fatto gli ucraini sino a poche ore prima dell'invasione.

Ma, almeno al momento, sembrerebbe che la Nato stia scegliendo di tornare indietro addirittura di sessant'anni: ad una rinnovata, infinita guerra fredda, ad una nuova cortina di ferro tra Ovest ed Est (con la differenza però che oggi, con la Russia, sta anche la Cina).

Che la guerra (nucleare) insomma si minacci, ma non si faccia mai.

L'occidente, dopo aver usato i curdi, li ha traditi.

Ora sta per toccare agli ucraini: li abbiamo lasciati a provocare l'orso russo lancia in resta, ma mostreremo presto quanto valgono i proclami e le promesse di ieri.

Loro staranno lì a morire, a farsi bombardare, a fuggire, mentre noi qui -ben protetti- faremo riunioni e inventeremo sanzioni (che non colpiscano noi).

L'Occidente sarà pure democratico, ma il suo bluff sta venendo fuori.

Putin ha dimostrato di essere un dittatore, ma un dittatore che non bluffa.

Questa dolorosa differenza peserà enormemente (soprattutto sugli ucraini, ma anche su tutti noi) nel prossimo futuro.

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