giovedì 23 agosto 2018

russian monstre

Gorbaciov è ancora vivo, ma è come morto, era troppo comunista e troppo poco, non amato da entrambe le parti, sempre più amato da noi (almeno sino a quando ci è servito) che da loro.
Eltsin ha riabilitato i Romanov, li ha fatti santificare dalla chiesa ortodossa, ma neppure con lei sono riusciti a far spostare la mummia di Lenin dal Cremlino.
Putin mantiene l'alleanza con la chiesa di stato -non ne abbiamo trovato una che non fosse scintillante e perfetta- ma non ha abbandonato il culto retorico di Lenin, che continua a campeggiare con il suo volto e le sue statue ed i suoi simboli per ogni dove.
Soltanto un richiamo retorico, in un paese che spaventa per il suo individualismo, mercatismo, esibizionismo, consumismo.
Ma anche un occhiolino ai milioni di comunisti che ancora esistono e resistono nel paese (vecchi nostalgici, ma anche giovani) ed una coerenza al modello di 'ordine e disciplina' che ancora oggi sussiste, perlomeno nella sfera pubblica.
Del comunismo è rimasto solo il peggio: i palazzi grigi dell'edilizia popolare, le grandi centrali energetiche e l'industria pesante a contatto con le aree abitative, e soprattutto il modello di controllo sociale, un misto terribile di videocamere, burocrazia, polizia di stato, esaltazione del militarismo, repressione silenziosa.
Il tutto fatto con apparente gentilezza e rassegnata normalità, ma forse ancora più inquietante per questo, anche perchè prefigura un futuro prossimo in Europa.

Viaggiare autonomamente in Russia si è rivelato, sin dalla preparazione, molto complicato.
E' un mondo a parte, che ha le sue regole e le sue ossessioni, rigido e totalizzato nelle sue abitudini e certezze. Un continente enorme, enormemente diversifcato al suo interno, ma totale e compiuto, pieno di sé e della propria cultura, autosufficiente ed autoreferenziale quando si rivolge ad altri.
La quasi totale predominananza della lingua russa, anche tra i giovani, con scarsissima disponibilità ad usare e conoscere altre lingue, anche nelle grandi città.
La scarsa maneggevolezza dei siti, anche di quelli turisticamente importanti, come quello delle ferrovie, che è davvero un continuo enigma, spesso anche per gli stessi bigliettai.
La penuria di informazioni per gli stranieri nei musei, per le strade, solo in parte migliorata con i soldi e le innovazioni rese obbligate dai recenti Mondiali di calcio.
Insomma, il segnale in sintesi era questo: noi siamo la Russia, e siamo e saremo sempre e comunque questo, voi... adattatevi!
Grazie al cielo, forse anche perchè consapevoli di ciò, abbiamo quasi sempre incontrato tante anime buone che ci hanno aiutato in tutti i modi, spesso anche commoventi, pur di farci uscire dai labirinti dell'impero.

Vizi privati, pubbliche virtù.
In questo sistema perfettamente funzionante e puntuale (lì sì che i treni sono ancora davvero in orario, ed anche tutto il resto...), si resta però sospesi dentro la sensazione che la vita delle persone si muova altrove, ed in altri sensi.
Non si nota alcuna forma pubblica di dissenso o protesta.
Si beve tanto, ma tanto.
Le ragazze sono super-perfettine, algide e bellissime, tutte ritocchini a trucchi, vestite da bambole di lusso, intoccabili, sempre come in vetrina, a farsi selfie e a specchiarsi in se stesse, molto sole.
Leggi nei volti tanta competizione, superlavoro, rissa per emergere.
Dalla catastrofe dell'utopia si è usciti con la vanagloria del lusso e dello spettacolo, in primo luogo di sé.
Girano molti soldi, e molti poveri, molti barboni per le strade.
Due terzi della popolazione si inurba nelle immense periferie neo-sovietiche, i villaggi sono ancora in legno, sempre più separati e disabitati in una terra sterminata.

In una terra di foreste, fiumi e laghi, bellissima e interminabile, immota e sempre uguale a se stessa.
Lentissima a cambiare, con improvvisi sbalzi e rivolte e rivoluzioni.
Cieli immensi, di nuvole e azzurri incredibili.
Una terra luminosa, almeno d'estate.
Ma l'inverno è lnngo, e gelido.
Il grande cuore russo c'è e batte ancora, l'abbiamo sentito spesso, soprattutto scendendo a sud, verso il Volga, tra i tatari, od anche in città tristi e grigie come Perm, o nell'ultimo avamposto europeo in Asia, Ekaterinburg, da cui abbiamo ripreso il treno per un lunghissimo rientro verso Mosca, ciliegina finale di questo lungo viaggio.
La mitica Transiberiana non è più quella di un tempo: resta il percorso, 6 giorni interi di viaggio ininiterrotto tra San Pietroburgo e Vladivostok (città attaccata al confine con la Corea), ma l'atmosfera è del tutto perduta, è un (lunghissimo) viaggio in treno e cuccetta come un altro.
Ma è stato divertente convivere per un giorno intero o per una settimana su un treno, in terza classe, prendere l'acqua calda dal samovar e farsi il thè da soli, incontrare persone curiose, simpatiche, desiderose di farsi conoscere, di farti vedere i loro figli in foto, di invitarti a casa loro in Siberia, e così via...

Ci sono accaduti molti episodi spassosi, fraintendimenti frequenti, interpretazioni sempre al limite, in un continuo lavorio di traduzione tra Noi e Loro.
Giornate intere trascorse negli spostamenti in treno, dopo ore ed ore sui siti o in stazioni sperdute a cercare di capire dove eravamo arrivati e dove speravamo di andare, speranze ed aspettative che talvolta non coincidevano con la dura realtà dei fatti.
Un viaggio sfiancante, lo devo ripetere, non proprio una vacanza.
Ma tante cose poi ci ricompensavano: pian piano abbiamo iniziato a gustarci i cibi, i syrniki (dolcetti soffici di ricotta e farina), le minestre al cavolo e alle rape rosse, le blini (crepes), le salse e le creme, i ravioloni georgiani, i funghi, i fagottini alle kartoffeln, le paste e i gelati, il mors (succo di frutti di bosco) e i bicchieri colmi di lamponi e more, la carne alla stroganoff, le uova di pesci vari e sconosciuti (il caviale era davvero troppo caro, non ci siamo arrivati...)...
E poi i luoghi turistici, sempre un po' troppo pieni (ma quanti giapponesi ci sono in giro nel mondo?), ma indubitabilmente preziosi e unici: sia quelli conosciutissimi e classici, sia quelli meno noti e visitati da stranieri (ma sempre pieni di russi).
Mi hanno colpito molto la visita al Gulag Perm36 e quella alla tenuta di Tolstoj a Jasnaja Poliana.
Piccole, ma commoventi e potentissime, la vecchia Novgorod e Suzdal.
La Neva e i mille fiumi ovunque, le terre umide, le torbiere e la taigà.
Splendide le raccolte su XIX e XX secolo sia del Pushkin che del Tretjakov a Mosca, che mi hanno attratto ancor più del pur bellissimo Hermitage.
In assoluto, Mosca ci è parso il gioiello più grande, un continuo turbinio di angoli, in una sensazione di mondo che ti racchiude compiutamente in se stesso, e che può sommergerti per grandezza ed eleganza e storia. Una città che tiene insieme più vite e che meriterebbe da sola un altro viaggio.
Forse è anche per questo che la massima parte del turismo si muove soltanto tra San Pietroburgo e Mosca, con qualche giretto nel Golden Ring. Già a Kazan, ma soprattutto verso gli Urali, eravamo gli unici o quasi.
E si può capire, viste le difficoltà che abbiamo incontrato nel nostro testardo (ma interessante e direi riuscito) tentativo di viaggiare ancora una volta a modo nostro.

Come sempre, un mese sembra tanto, ma è davvero poco per dire di aver visto la Russia.
Abbiamo percorso migliaia di chilometri, sei-sette volte l'Italia, abbiamo camminato per decine di chilometri al giorno, abbiamo preso un centinaio di bus, tram, metro (che costano davvero poco e viaggiano benissimo), abbiamo dormito cinque notti in treno, per arrivar di giorno...
Ci siamo comunque anche fermati, ci siamo goduti il tempo e i tempi, abbiamo dormito quando ci veniva di farlo (anche perchè l'alba ci arrivava addosso dalle 4.30 e lì non usano tende coprenti o scuri, dovevamo barricarci con ascugamani e coperte..), abbiamo riso e pianto, ci siamo disperati qualche volta, con momenti da isteria, ma abbiamo sempre mantenuto un certo buon umore.
Ogni tanto ci veniva da pensare che stavamo chiedendo troppo a noi e a loro, ed abbiamo ridimensionato le nostre attese (non siamo andati, ad es., né a Nizhny Novgorod né a Samara, come inizialmente speravamo).
Mi è venuta la febbre per due volte, sia per gli sbalzi termici che per la stanchezza da stress.
Ho ancora gambe e piedi doloranti.
Di più non si poteva proprio fare, questo lo sappiamo.
Resta un senso di incompiutezza, qualche frustrazione, ma soprattutto la sensazione di aver -anche questa volta- viaggiato, e di averlo fatto davvero insieme.






Nessun commento:

Posta un commento