Mi è tornata in mente una barzelletta
che raccontavano gli ebrei russi a Bersheeva, nel deserto del Negev.
In Russia eravamo ebrei, ora che ci
troviamo finalmente in Israele siamo russi!
Al rientro, avant'ieri
pomeriggio, sono sbarcato ad Elmas come un ebreo errante,
stanchissimo e desideroso per una volta di ritrovarmi a casa, in
patria...
E che cosa succede ?
Che la polizia ci fa mettere tutti in
fila insieme, davanti a due sportelli: uno recita 'cittadini UE',
l'altro 'tutti i passaporti'. Sta di fatto però che noi cittadini UE
dobbiamo fare la stessa fila dei russi, senza distinzione alcuna. Ma,
almeno, gli sportelli sono due e si va relativamente spediti, nessuno
protesta. Ad un certo punto arriva però un nuovo aereo da Londra e
lo sportello UE viene aperto solo a loro, che stanno al nostro fianco
e procedono rapidissimi, mentre noi si sta ingorgati tra i russi. La
nostra fila invece ovviamente rallenta della metà e incomincio a
protestare con il funzionario che gestisce le operazioni di
smistamento. Gli dico che così non funziona, che siamo cittadini
europei ed abbiamo il diritto di passare senza controllo o perlomeno
di passare per uno sportello ad hoc e non insieme ai russi. Niente da
fare: queste sono le disposizioni, mi risponde.
Inizio a dirgliene quattro, ed allora
esce il poliziotto dalla guardiola del controllo passaporti e inizia
a redarguirmi: faccia la fila come tutti, ci sta facendo fare una
brutta figura, se vuole presenti reclamo, etc etc...Gli rispondo a
muso duro ch ela brutta figura ce la stanno facendo fare loro con
questa organizzazione assurda, che hanno torto e che non è modo di
trattarci, gli ricordo i nostri diritti, etc etc...Lui rientra
dentro, mentre molti italiani in fila rumoreggiano contro di me,
perchè faccio perdere altro tempo con le mie proteste. Intanto,
alcuni russi ne hanno paradossalmente approfittato per scavalcarmi
nella fila, tra capire e non capire. Continuo a protestare, da solo.
Nessuno fa nulla, oltre a me. Mi
rassegno alla situazione, ma sono pieno di rabbia: verso i
poliziotti, verso gli italiani pecoroni, verso i russi opportunisti.
Mi chiudo in un silenzio rancoroso e addolorato. Giunto allo
sportello, dopo mezzora di inutile fila, il poliziotto insiste
ancora: deve avere pazienza, le regole sono queste...lo mando a quel
paese, neanche mi guarda il passaporto e me ne vado, salgo su un taxi
fremebondo, e mi ritrovo a casa...
Mi vien voglia di rileggere 'Una
giornata di Ivan Denisovic', di Alexander Solzenicyn, un libro
decisivo per me, ancora ragazzino, e che non riaprivo dall'età di 13
anni.
Arrivò la latta in cui sciogliere
la neve per la calcina. Si sparse la voce che era già mezzogiorno.
-Dev'essere proprio mezzogiorno,
annunciò anche Suchov, -il solicello è a cavallo dello zenit ormai.
-Se è a cavallo, replicò il
capitano, -vuol dire che non è mezzogiorno, ma è l'una.
-Come mai? si meravigliò Suchov. I
nostri nonni dicevano che quando il sole è al punto più alto è
mezzogiorno.
-I nonni sì, tagliò corto il
capitano, -ma, dopo i nonni, ci fu un decreto: il sole raggiunge il
punto più alto all'una.
-Il decreto di chi ?
-Del potere sovietico.
-Tu Vanja, in otto anni in quali
campi sei stato ?, insistè Kilgas. Sei stato in quelli comuni, dove
si sta con le donne e i numeri non si portano. ..
-Con le donne! Con i tronchi non con
le donne!
-No, cari miei, qui si sta più
tranquilli, qui almeno si ritorna nel campo all'ora stabilita; e poi,
qui il minimo di rancio garantito è di cento grammi più alto. Qui
si può vivere. E i numeri che ti importano ? Mica pesano molto.
Improvvisamente la sirena si mise ad
ululare. Mezzogiorno! Intervallo! Se ne erano dimenticati! Avrebbero
dovuto avviarsi prima, alla mensa, per prendere posto nella fila. Al
cantiere lavoravano undici squadre, e nella mensa più di due non ne
entravano...I loro poti presso la stufa furono presi d'assalto. Tutti
cercavano di stare attorno alla stufa e l'abbracciavano come una
donna...
'Ha chiuso bene' significava cinque
giorni di ranci buoni. Cioè non proprio cinque, ma quattro soltanto,
perchè uno ce lo soffiava sempre la direzione che tiene tutto il
campo col rancio minimo per i bravi e per i non bravi. Sembra una
cosa giusta, quella di dare un rancio uguale a tutti, in realtà è
un'economia a spese delle nostre pance. E va bene, lo stomaco del
detenuto è pieno di pazienza: oggi si mangia in qualche modo, ma
domani si starà meglio. Con questo sogno tutto il campo va a dormire
il giorno del rancio minimo garantito...
''Per colpa tua, toglieranno la
legna anche agli altri. Getta il tuo fascio, finchè te lo chiedono
con le buone!
Chi è il nemico numero uno di un
detenuto? Un altro detenuto.
Ho il senso delle
proporzioni, e so che il paragone calza solo in parte.
La nostra
situazione non è (ancora) la loro.
Ma siamo anche noi
in qualche modo prigionieri in questa terra, e lo sentiamo.
Ora che la
catastrofe attraversa in pieno le nostre vite ed il nostro mondo, ci
sentiamo sempre più impotenti, costretti ad assistere ad essa,
ridotti soltanto a spettatori, ammutoliti.
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