venerdì 24 agosto 2018

pazientemente in coda

Mi è tornata in mente una barzelletta che raccontavano gli ebrei russi a Bersheeva, nel deserto del Negev.
In Russia eravamo ebrei, ora che ci troviamo finalmente in Israele siamo russi!

Al rientro, avant'ieri pomeriggio, sono sbarcato ad Elmas come un ebreo errante, stanchissimo e desideroso per una volta di ritrovarmi a casa, in patria...
E che cosa succede ?
Che la polizia ci fa mettere tutti in fila insieme, davanti a due sportelli: uno recita 'cittadini UE', l'altro 'tutti i passaporti'. Sta di fatto però che noi cittadini UE dobbiamo fare la stessa fila dei russi, senza distinzione alcuna. Ma, almeno, gli sportelli sono due e si va relativamente spediti, nessuno protesta. Ad un certo punto arriva però un nuovo aereo da Londra e lo sportello UE viene aperto solo a loro, che stanno al nostro fianco e procedono rapidissimi, mentre noi si sta ingorgati tra i russi. La nostra fila invece ovviamente rallenta della metà e incomincio a protestare con il funzionario che gestisce le operazioni di smistamento. Gli dico che così non funziona, che siamo cittadini europei ed abbiamo il diritto di passare senza controllo o perlomeno di passare per uno sportello ad hoc e non insieme ai russi. Niente da fare: queste sono le disposizioni, mi risponde.
Inizio a dirgliene quattro, ed allora esce il poliziotto dalla guardiola del controllo passaporti e inizia a redarguirmi: faccia la fila come tutti, ci sta facendo fare una brutta figura, se vuole presenti reclamo, etc etc...Gli rispondo a muso duro ch ela brutta figura ce la stanno facendo fare loro con questa organizzazione assurda, che hanno torto e che non è modo di trattarci, gli ricordo i nostri diritti, etc etc...Lui rientra dentro, mentre molti italiani in fila rumoreggiano contro di me, perchè faccio perdere altro tempo con le mie proteste. Intanto, alcuni russi ne hanno paradossalmente approfittato per scavalcarmi nella fila, tra capire e non capire. Continuo a protestare, da solo.
Nessuno fa nulla, oltre a me. Mi rassegno alla situazione, ma sono pieno di rabbia: verso i poliziotti, verso gli italiani pecoroni, verso i russi opportunisti. Mi chiudo in un silenzio rancoroso e addolorato. Giunto allo sportello, dopo mezzora di inutile fila, il poliziotto insiste ancora: deve avere pazienza, le regole sono queste...lo mando a quel paese, neanche mi guarda il passaporto e me ne vado, salgo su un taxi fremebondo, e mi ritrovo a casa...

Mi vien voglia di rileggere 'Una giornata di Ivan Denisovic', di Alexander Solzenicyn, un libro decisivo per me, ancora ragazzino, e che non riaprivo dall'età di 13 anni.

Arrivò la latta in cui sciogliere la neve per la calcina. Si sparse la voce che era già mezzogiorno.
-Dev'essere proprio mezzogiorno, annunciò anche Suchov, -il solicello è a cavallo dello zenit ormai.
-Se è a cavallo, replicò il capitano, -vuol dire che non è mezzogiorno, ma è l'una.
-Come mai? si meravigliò Suchov. I nostri nonni dicevano che quando il sole è al punto più alto è mezzogiorno.
-I nonni sì, tagliò corto il capitano, -ma, dopo i nonni, ci fu un decreto: il sole raggiunge il punto più alto all'una.
-Il decreto di chi ?
-Del potere sovietico.

-Tu Vanja, in otto anni in quali campi sei stato ?, insistè Kilgas. Sei stato in quelli comuni, dove si sta con le donne e i numeri non si portano. ..
-Con le donne! Con i tronchi non con le donne!
-No, cari miei, qui si sta più tranquilli, qui almeno si ritorna nel campo all'ora stabilita; e poi, qui il minimo di rancio garantito è di cento grammi più alto. Qui si può vivere. E i numeri che ti importano ? Mica pesano molto.
Improvvisamente la sirena si mise ad ululare. Mezzogiorno! Intervallo! Se ne erano dimenticati! Avrebbero dovuto avviarsi prima, alla mensa, per prendere posto nella fila. Al cantiere lavoravano undici squadre, e nella mensa più di due non ne entravano...I loro poti presso la stufa furono presi d'assalto. Tutti cercavano di stare attorno alla stufa e l'abbracciavano come una donna...

'Ha chiuso bene' significava cinque giorni di ranci buoni. Cioè non proprio cinque, ma quattro soltanto, perchè uno ce lo soffiava sempre la direzione che tiene tutto il campo col rancio minimo per i bravi e per i non bravi. Sembra una cosa giusta, quella di dare un rancio uguale a tutti, in realtà è un'economia a spese delle nostre pance. E va bene, lo stomaco del detenuto è pieno di pazienza: oggi si mangia in qualche modo, ma domani si starà meglio. Con questo sogno tutto il campo va a dormire il giorno del rancio minimo garantito...

''Per colpa tua, toglieranno la legna anche agli altri. Getta il tuo fascio, finchè te lo chiedono con le buone!
Chi è il nemico numero uno di un detenuto? Un altro detenuto.


Ho il senso delle proporzioni, e so che il paragone calza solo in parte.
La nostra situazione non è (ancora) la loro.
Ma siamo anche noi in qualche modo prigionieri in questa terra, e lo sentiamo.
Ora che la catastrofe attraversa in pieno le nostre vite ed il nostro mondo, ci sentiamo sempre più impotenti, costretti ad assistere ad essa, ridotti soltanto a spettatori, ammutoliti.


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