lunedì 22 settembre 2014

sua sommergenza

Si sta entrando nello stato di emergenza globale permanente.
O sarebbe meglio dire, nella sommergenza, visto che ne siamo e saremo sommersi.
L'insieme dei fenomeni del disordine planetario, a tutti i livelli, cresce in intensità, frequenza e durata.
La catastrofe ambientale, ormai irreversibile, va a mescolarsi con le guerre e la crisi economica strutturale, che a sua volta si lega ad una crisi delle istituzioni politiche senza precedenti (recenti).
Chi promette soluzioni, oltrechè ridicolo, è solo un bugiardo patentato.
E chi si agita inutilmente (con cortei, petizioni, solidarietà ) fa solo più inquinamento, mentale ed acustico.

In questo intrico di situazioni correlate e vicendevolmente catalitiche, ogni gruppo tende a proteggere solo se stesso, il che accentua la violenza discriminatoria ed escludente del sistema.
E il modo migliore per proteggersi e prender tempo rispetto ad altri è accaparrarsi le risorse residue, acquisire territori, terrorizzare i popoli e soggiogarli, opprimerli con i ricatti e le minacce.
E avanza la catastrofe umanitaria, dei profughi infiniti, in infinita fuga.
Chi subisce tutto questo cerca di fuggire verso luoghi ancora benestanti, o anche solo più tranquilli, vivibili o anche solo visibili.
O cerca di riacquisire le risorse cedute, le terre confiscate, i diritti perduti (vale anche per la renaissance sardista degli ultimi mesi).

Tutto questo sta avvenendo rapidamente davanti ai nostri occhi, sulle nostre spiagge, o molto vicino a noi.
Quando sono stato in Kurdistan, venti giorni fa, non era difficile capire quel che sta avvenendo su quelle frontiere.
Ma non è necessario andare così lontano.
Basta guardarsi attorno, è sufficiente stare nel mio bel giardinetto: il numero dei barboni e degli sbandati è sempre più alto, i ragazzi neri che si affollano sulle panchine crescono.
E si uniscono a ragazzi sardi, molto giovani, alla ricerca di alcool, canne ed eroina.
Sugli scalini di Sant'Eulalia, ma anche in via Lepanto, rivedo scene che non si vedevano da qualche tempo: ragazzi tremanti, in preda a convulsioni e a vaneggi tipici dell'eroina (ma non si vedono siringhe, ora se la fumano...)
E un angolo della piazza si sta trasformando ormai in un pisciatoio.

Stiamo per essere sommersi da noi stessi, da quel che non riusciamo a smettere di fare, da quella che chiamiamo 'la nostra vita'.
Come se fosse una trappola senza uscite, una strada senza altre strade.




Nessun commento:

Posta un commento