domenica 14 settembre 2014

accettare (l'accetta)




Si crede di poter cambiare le cose intorno a sé secondo il proprio desiderio, lo si crede perchè non si vedono soluzioni favorevoli all'infuori di questa. Non si pensa a quella che si realizza più spesso e che è altrettanto favorevole: non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio ma, a poco a poco, il nostro desiderio cambia.
La situazione che speravamo di cambiare perchè ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non abbiamo più potuto superare l'ostacolo, come assolutamente volevamo, ma la vita ce l'ha fatto aggirare, oltrepassare, ed è un miracolo se, tornando a volgerci verso la lontananza del passato, riusciamo ancora a scorgerlo, tanto impercettibile si è fatto.

Sollevando un angolo del pesante velo dell'abitudine (l'abitudine istupidente che per tutto il corso della vita ci nasconde pressochè l'intero universo e che in una notte profonda, lasciando immutate le etichette, sostituisce ai veleni più pericolosi o più inebrianti della vita qualcosa di anodino che non produce alcuna delizia), i ricordi tornavano a me come il primo giorno, con quella novità fresca e penetrante di una stagione che riappare, di un cambiamento nella tranquilla monotonia delle nostre ore...

Perchè all'inizio la vecchiaia ci rende incapaci di intraprendere, ma non di desiderare.
E' solo in un terzo periodo che chi vive in un'età molto avanzata rinuncia al desiderio come già ha dovuto abbandonare l'azione...Si accontenta di andare a passeggio, di mangiare, di leggere i giornali, sopravvive a se stesso...
E accorgendomi di non provare gioia che lei fosse viva, di non amarla più, avrei dovuto essere più sconvolto di uno che guardandosi in uno specchio dopo mesi di viaggio o di malattia si accorge di avere dei capelli bianchi e una faccia nuova, d'uomo maturo o di vecchio.
E' una cosa che sconvolge perchè vuol dire: l'uomo che ero, quel giovane biondo non esiste più, io sono un altro...Ma di essere diventati un altro, col passare degli anni e nell'ordine della successione del tempo, non ci si affligge più di quanto ci si affligga, in uno stesso periodo, d'esser via via gli esseri contraddittori -il cattivo, il sensibile, il delicato, il villano, il disinteressato, l'ambizioso- che si è via via in ogni giornata.
E la ragione per cui non ci si affligge è la stessa, cioè che l'io eclissato, momentaneamente in quest'ultimo caso e quando si tratta del carattere, per sempre nel primo caso e quando si tratta delle passioni, non è più lì a deplorare l'altro, l'altro che è in quel momento, o è ormai, tutto ciò che siamo; il villano sorride della sua villania quando siamo il villano, e lo smemorato non si rattrista della sua mancanza di memoria perchè, appunto, se n'è dimenticato...
Smettendo di vedere Albertine, avevo smesso di amarla, mentre non avevo smesso d'amarmi perchè i miei legami quotidiani con me stesso non erano mai stati interrotti come, invece, con lei. Ma se anche quelli con il mio corpo, con me stesso si fossero interrotti...? Sicuramente sarebbe accaduta la stessa cosa.
Il nostro amore della vita non è che una vecchia relazione di cui non sappiamo liberarci.
La sua forza sta nella sua permanenza. Ma la morte, interrompendola, ci guarirà dal desiderio di immortalità.

(M. Proust, Albertine scomparsa, ultimo volume della Ricerca, la cui lettura va quasi a concludersi...)

A furia di anestetizzarsi, si rischia di morire, come l'orsa Daniza.
Ma, senza anestesia dei desideri (visto che non ricorro ad alcool o droghe o religioni), soffrirei troppo oggi.
Vivo come in apnea, respirando meno che posso, per paura ( e con la sensazione-convinzione ) che non ci sia -almeno per me- abbastanza aria...
Accetto il crucifige, e così sia...




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