Si crede di poter cambiare le cose
intorno a sé secondo il proprio desiderio, lo si crede perchè non
si vedono soluzioni favorevoli all'infuori di questa. Non si pensa a
quella che si realizza più spesso e che è altrettanto favorevole:
non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio ma, a
poco a poco, il nostro desiderio cambia.
La situazione che speravamo di
cambiare perchè ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non
abbiamo più potuto superare l'ostacolo, come assolutamente volevamo,
ma la vita ce l'ha fatto aggirare, oltrepassare, ed è un miracolo
se, tornando a volgerci verso la lontananza del passato, riusciamo
ancora a scorgerlo, tanto impercettibile si è fatto.
Sollevando un angolo del pesante
velo dell'abitudine (l'abitudine istupidente che per tutto il
corso della vita ci nasconde pressochè l'intero universo e che
in una notte profonda, lasciando immutate le etichette, sostituisce
ai veleni più pericolosi o più inebrianti della vita qualcosa di
anodino che non produce alcuna delizia), i ricordi tornavano a me
come il primo giorno, con quella novità fresca e penetrante di una
stagione che riappare, di un cambiamento nella tranquilla monotonia
delle nostre ore...
Perchè all'inizio la vecchiaia
ci rende incapaci di intraprendere, ma non di desiderare.
E' solo in un terzo periodo che chi
vive in un'età molto avanzata rinuncia al desiderio come già ha
dovuto abbandonare l'azione...Si accontenta di andare a passeggio, di
mangiare, di leggere i giornali, sopravvive a se stesso...
E accorgendomi di non provare gioia
che lei fosse viva, di non amarla più, avrei dovuto essere più
sconvolto di uno che guardandosi in uno specchio dopo mesi di viaggio
o di malattia si accorge di avere dei capelli bianchi e una faccia
nuova, d'uomo maturo o di vecchio.
E' una cosa che sconvolge perchè
vuol dire: l'uomo che ero, quel giovane biondo non esiste più, io
sono un altro...Ma di essere diventati un altro, col passare degli
anni e nell'ordine della successione del tempo, non ci si affligge
più di quanto ci si affligga, in uno stesso periodo, d'esser via via
gli esseri contraddittori -il cattivo, il sensibile, il delicato, il
villano, il disinteressato, l'ambizioso- che si è via via in ogni
giornata.
E la ragione per cui non ci si
affligge è la stessa, cioè che l'io eclissato, momentaneamente
in quest'ultimo caso e quando si tratta del carattere, per sempre nel
primo caso e quando si tratta delle passioni, non è più lì a
deplorare l'altro, l'altro che è in quel momento, o è ormai, tutto
ciò che siamo; il villano sorride della sua villania quando siamo il
villano, e lo smemorato non si rattrista della sua mancanza di
memoria perchè, appunto, se n'è dimenticato...
Smettendo di vedere Albertine, avevo
smesso di amarla, mentre non avevo smesso d'amarmi perchè i miei
legami quotidiani con me stesso non erano mai stati interrotti come,
invece, con lei. Ma se anche quelli con il mio corpo, con me stesso
si fossero interrotti...? Sicuramente sarebbe accaduta la stessa
cosa.
Il nostro amore della vita non è
che una vecchia relazione di cui non sappiamo liberarci.
La sua forza sta nella sua
permanenza. Ma la morte, interrompendola, ci guarirà dal desiderio
di immortalità.
(M. Proust, Albertine scomparsa,
ultimo volume della Ricerca, la cui lettura va quasi a
concludersi...)
A furia di
anestetizzarsi, si rischia di morire, come l'orsa Daniza.
Ma, senza anestesia
dei desideri (visto che non ricorro ad alcool o droghe o religioni),
soffrirei troppo oggi.
Vivo come in apnea,
respirando meno che posso, per paura ( e con la
sensazione-convinzione ) che non ci sia -almeno per me- abbastanza
aria...
Accetto il crucifige, e così sia...
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