In verità l'uomo è stato creato
instabile;
prostrato quando lo coglie sventura,
arrogante nel benessere,
eccetto coloro che eseguono
l'orazione...
(Corano, sura LXX, Le vie
dell'Ascesa)
Ho dedicato una parte di questo
terribile anno ('Nel duemilaventitrè ventitrè, il mondo non ci sarà
più...!', cantava la Caselli), ad una lettura integrale della Bibbia
e del Corano.
Sto procedendo pazientemente anche con
Infinite Jest di Foster Wallace, testo sacro del (e sul)
nostro tempo, ma non sono ancora riuscito a finirlo (temo che sarà
lui a finire me).
Tre monumenti dell'umanità (e non solo
per le loro dimensioni e volumi, pur ragguardevoli).
Cosa ci ho visto e cosa ho imparato?
'L'unico sentimento della mia vita è
stata la paura', diceva di sé Thomas Hobbes.
Ecco, in primo luogo -leggendoli- ho
provato paura.
Il fondamento violento e crudele della
nostra civiltà trova in essi la sua più evidente e profonda
espressione.
La quantità di ordini, colpe,
punizioni, moniti, accuse, vendette, inimicizie, invasioni,
prepotenze, perdoni e castighi è enorme, infinita, senza soluzione.
Il numero di omicidi, stragi, guerre,
torture è incalcolabile.
Il razzismo etnocentrico (ebraico) e/o
religioso (islamico) contro il diverso, il miscredente, l'infedele,
il non-eletto, è esplicito, totale, senza remore.
La fratellanza, la solidarietà, la
misericordia vale soltanto fra chi condivide la stessa fede.
Quel loro Dio riconosce come figli
soltanto i suoi: tutti gli altri appartengono agli idoli, al diavolo,
al Male.
Sono libri impregnati di integralismo,
di odio, di dis-amore, di dis-umanità.
L'ebraismo e l'islamismo -inutile
negarlo con le rassicuranti retoriche dell'amore e della tolleranza-
si crogiolano lì dentro: il legame intrinseco tra monoteismo e
violenza appare indissolubile e tragicamente radicato nelle loro
rispettive, reciproche, e più profonde, premesse.
A queste, negli ultimi due secoli, si è
unita, sovrapposta, contrapposta e integrata allo stesso tempo, la
rilettura puritana del Cristianesimo, di un Cristo ri-crocifisso in
salsa anglo-statunitense.
E qui giunge a sostenerci la lettura
del terzo testamento, quello di Foster Wallace.
Il totalitarismo occidentale è
permeato di guerra, autoesaltazione, paternalismo, consumismo e
produttivismo, utilitarismo e competizione senza limiti, dipendenze
psicotrope, razzismo economico e compassionevolezza pelosa,
autocompiacimento giustificatorio ed assolutorio, proiezione
ossessivo-paranoica, bisogno e necessità esistenziale di un Nemico.
Questo gioco infinito in cui viviamo
non è altro che la religione monoteista contemporanea: una fede
indiscussa ed indiscutibile in tutto ciò che odora di denaro.
E quel che -da entrambe le parti- si
copre dei panni di uno scontro tra civiltà tra Occidente
(ebraico-cristiano-puritano) e Islam (nelle sue varianti antinomiche:
democrazie/autocrazie, ordine/terrore, tolleranza/fanatismo...) si
rivela per quel che è: uno scontro per acquisire o detenere, far
diminuire o accrescere il potere di dominio sull'umanità e
sul pianeta.
Ed in questo non vi è distanza, ma
piena collusione, tra i contendenti (così come è già accaduto (e
continua ad accadere) con la corsa agli armamenti e le escalation
militari).
Ecco perché Biden può impunemente
dichiarare che gli Stati Uniti devono proseguire a proteggere i
propri interessi vitali e quindi -in quanto unici arsenali della
democrazia- continuare a foraggiare con altri 100 miliardi dollari il riarmo di Ucraina, Israele
e Taiwan, confermandole come vere e proprie democrazie degli
arsenali ed iniziando così a tracciare la strada per la prossima guerra, in quell'oceano Pacifico che, come molte altre cose, terrà il suo nome, ma ne perderà il senso.
Il modo occidentale, inveterato,
anche odierno, di percepire il proprio posto nel mondo, ha come uno
dei suoi elementi fondanti una solida e proteiforme
concezione-sentimento di tipo etnocentrico, o francamente
razzista...., che inferiorizza i 'non occidentali', in un mondo che
diviene tuttavia sempre più 'occidentale'. Nessun occidentale sembra
poter pensare il mondo senza porre l'Occidente, in quanto elaboratore
della civiltà industriale e democratica, in una posizione di
eccellenza, storica o assoluta per natura o altro destino, e in
posizioni di più o meno grande inferiorità storica o assoluta tutti
gli altri, a seconda della differenza rispetto ai modi di vita
occidentali...
I processi di legittimazione di
politiche e pratiche gerarchizzanti si avvalgono di logiche non
meticce per rafforzare unicamente logiche di dominio politico ed
economico. Logiche che ritroviamo spesso anche nei gruppi
assoggettati o minoritari quali forme di autodifesa collettiva, per
cui si accetta lo sguardo esterno essenzialista per rivendicare la
propria diversità etnica o culturale...
L'irrigidimento delle identità e il
rafforzamento dei confini culturali possono essere armi d'offesa e di
difesa che possono arrivare a uccidere, secondo una nota espressione
di Amartya Sen.
Ma l'operazione di fissare
differenze culturali, celando intenzionalmente somiglianze e
continuità, mira alla costruzione di un rapporto contrastivo di
relazioni tra due o più gruppi, deviando di fatto l'oggetto del
contendere dall'ambito dei rapporti di potere, di dominio e
dipendenza/subalternità a quello più genericamente culturale o
addirittura di carattere unicamente religioso.
(G. Angioni, Fare, dire, sentire.
L'identico e il diverso nelle culture, 2011)