Qualche mattina fa un amico mi chiamava, tra i corridoi dell'Università, sussurrandomi 'pss...pss..', come se fossi un gatto.
Mi sono girato e, dal suo viso e dal suo sguardo spento, ho sentito che l'estate era stata dura anche per lui.
Mi ha detto che il suo matrimonio, dopo una decina d'anni, sta finendo.
Che la moglie trova la convivenza 'molto faticosa'.
'La verità -mi dice lui- è che la vita è molto faticosa!'.
Ieri una coppia di amici mi ha proposto di sperimentare con loro una 'consulenza terapeutica' via Skype.
Siamo rimasti lì a parlare per quasi due ore, e si sentiva in loro un grande impegno, come sempre, a provare e riprovare, a cercare nuove strade per un noi in difficoltà, asfissiato dalla quotidianità e dalle voci e dai ritmi del mondo, dalla precarietà del tutto, dalla continua lotta tra quel che siamo e quel che desideriamo, tra le scelte dell'io e le istanze di un rapporto che reclama un suo senso.
Li ascoltavo, provavo ad aiutarli anche (per quel che posso, visto il mio stato attuale...), ma sentivo che quel 'lavoro' immane che loro da anni conducevano era qualcosa di irraggiungibile e di immensamente lontano per me.
E capivo, una volta di più, del perchè -ancora una volta quest'agosto- ne sono fuggito.
Perchè, ancora una volta, ho preferito la depressione che mi deriva dalla fuga rispetto a quella che - onestamente - mi deriverebbe dal non fuggire.
Non appena sentì quelle parole lui si illuminò e sgranò gli occhi per il sollievo. Immediatamente lei rimpianse di averlo detto d'impulso. Non concederò altro, si ripromise. Di nuovo provò un senso di stanchezza, una pesantezza sfiancante al collo e alle spalle, fino alle ossa. Ecco, finalmente, l'amore. Eccone la forma e l'essenza, una volta che la lussuria e l'estasi e il pericolo e l'avventura erano spariti. L'amore, al nocciolo, era negoziazione: la resa di due individui alle incasinate, banali, domestiche realtà della convivenza. In quel modo, nell'amore, lei poteva assicurarsi una felicità familiare. Doveva rinunciare all'incognita di una sconosciuta, difficilmente possibile, probabilmente irraggiungibile, felicità alternativa. Non poteva correre il rischio. Era troppo stanca. E comunque, si rimproverò, la luna splende bassa e gigantesca e dorata sopra Amed, sono qui con il mio bellissimo marito che mi ama e mi incoraggia e che mi fa sentire al sicuro. Io sono al sicuro ed è quello che vuole tutto il mondo, solo i giovani e gli incontentabili vogliono qualcos'altro, credono che nell'amore ci sia qualcosa di più.
(Christos Tsolkias, Lo schiaffo, pp.450-1)
Questa mia fuga non riguarda solo le relazioni d'amore.
Ho fatto centinaia d corsi di formazione, agli altri, insistendo sulla centralità dei conflitti e sull'inevitabilità di allenarci all'arte della loro gestione positiva e costruttiva, All'ineluttabilità della negoziazione, insomma.
Soprattutto oggi, nella complessità e nella globalizzazione, come si dice.
E so, ancora oggi, che non c'è un'altra strada, oggi, se si vuole provare a stare nel mondo e nella vita.
Ma, sinceramente, tutto si è fatto davvero troppo complicato e troppo faticoso.
Ed anche le persone più allenate e più capaci. più ricche di risorse e di competenze, più motivate e creative, stentano a farcela e, per quanto mi riguarda ormai, anche solo a provarci.
Non è più, infatti, questione di autoformazione (anche ipotizzando peraltro -cosa che non è, anzi...- che la maggioranza degli esseri umani fosse disponibile a lavorarci sopra...).
Se non cambia qualcosa ad un altro livello, quello delle cornici (ed un cambiamento di questa natura non potrà avvenire attraverso 'negoziazioni', ma solo attraverso 'rotture catastrofiche'...), il nostro tentativo disperato di continuare a dipingere dei quadri (magari anche carini ed ecologici...) va ad infrangersi contro il muro di sfiancanti, incessanti, infinite negoziazioni con un mondo che, peraltro, non pare proprio avere alcuna volontà di mediare, ma anzi procede aumentando la sua violenza e la velocità della sua corsa verso l'abisso.
E quand'anche la mediazione apparisse anche solo minimamente riuscita, i suoi risultati sarebbero sempre e comunque incerti, precari, assediati dal non senso e dal disordine intorno.
Le fragili reti della fiducia e dell'incontro, costruite con tanta fatica e in tanto tempo, possono venir distrutte da un'ondata, in un attimo, e spesso irreversibilmente, e lasciarci lì, da soli, con il nostro castello di sabbia infranto.
Voi mi direte che 'questa è la vita!'.
Che si deve lottare, insistere, accettare la sconfitta, essere felici per un attimo, morire e andare avanti...
Ed avete ragione, senz'altro.
Ma non è un caso che -davanti a questa vita- in molti, a un certo punto, si arrendano.
Nessun commento:
Posta un commento