Allora si sedette su un mondo in rovina una gioventù pensierosa...
Non erano usciti dalle loro città; ma era stato detto loro che attraverso ogni porta di quelle città si andava verso una capitale d'Europa.
Avevano nella testa tutto un mondo; ma ora guardavano la terra, il cielo, le vie e i sentieri e tutto era vuoto.
Da ogni parte arrivavano uomini ancora tutti tremanti di quella paura che li aveva presi quando erano partiti, vent'anni prima.
Tutti reclamavano, altercavano e gridavano: ci si stupiva che una sola morte potesse richiamare tanti corvi.
Il re di Francia stava sul trono guardando qua e là semmai vedesse un'ape nelle sue tappezzerie.
Gli uni gli tendevano il cappello ed egli dava loro del denaro; gli altri gli mostravano un crocefisso, ed egli lo baciava; altri ancora si contentavano di gridargli all'orecchio grandi nomi altisonanti , e a questi rispondeva di andare nel suo salone, chè gli echi vi erano sonori; altri infine gli mostravano i loro vecchi mantelli, che vedesse come ne avevano ben cancellato le api, e a quelli dava un abito nuovo...
Tre elementi dividevano dunque la vita che si offriva allora ai giovani: dietro di loro un passato distrutto per sempre, davanti a loro l'aurora di un immenso orizzonte; e tra questi due mondi...il secolo presente, che separa il passato dall'avvenire, che non è né l'uno né l'altro e che assomigli allo stesso tempo a tutt'e due, e dove, ad ogni passo, si è in dubbio se si cammini su una semenza o su un rottame...
Ora, del passato non ne volevano più sapere, poiché non è concessa fede nel nulla; l'avvenire, lo amavano, ma era per loro come un amante di marmo, ed aspettavano che si animasse, che il sangue colorasse le sue vene.
Per loro restava dunque il presente: lo spirito del secolo, angelo del crepuscolo che non è né la notte né il giorno; lo trovarono seduto su un sacco di calce pieno di ossame, stretto nel mantello degli egoisti e tremante di un freddo terribile...
Un sentimento di malessere inesprimibile cominciò dunque a fermentare in tutti i giovani cuori.
Condannati al riposo dai sovrani del mondo, abbandonati ai pedanti di ogni specie, all'ozio e alla noia, i giovani vedevano ritirarsi da loro le onde spumeggianti contro cui avevano preparato le loro braccia...I più ricchi si fecero libertini, coloro che possedevano una fortuna mediocre si scelsero uno stato e si rassegnarono o alla tonaca o alle armi; i più poveri si buttarono nell'entusiasmo a freddo, nelle grandi parole, nell'orrendo mare dell'azione senza scopo...
Mentre la vita di fuori era così sbiadita e così meschina, la vita interiore della società prendeva un aspetto cupo e silenzioso; l'ipocrisia più severa regnava nei costumi; le idee inglesi, aggiungendosi alla devozione, la gaiezza stessa era scomparsa...
É la ragione umana che ha sconvolto tutte le illusioni, ma ne porta lei stessa il lutto affinchè la si consoli...
Quando le idee inglesi e tedesche passarono così sulle nostre teste, fu come un disgusto tetro e silenzioso, seguito da una convulsione terribile...
Fu come un rifiuto di tutte le cose del cielo e della terra, che si può chiamare disincanto o, se si vuole, disperanza, come se l'umanità in letargia fosse stata creduta morta da coloro che le tastavano il polso. Come quel soldato cui si chiese un tempo: 'A che cosa credi tu?' e che fu il primo a rispondere: 'A me', così la giovinezza di Francia, nell'udire tale domanda, rispose per prima: 'A niente'.
Fin da allora si formarono come due campi: da una parte gli spiriti esaltati, sofferenti, tutte le anime espansive che hanno bisogno dell'infinito, piegarono la testa piangendo; si avvolsero di sogni morbosi e non si videro più che fragili canne su un oceano di amarezza.
Dall'altra parte, gli uomini di carne restarono in piedi, inflessibili, in mezzo a godimenti positivi e non furono presi da altra cura che di contare il denaro che avevano.
(Alfred de Musset, Le confessioni di un figlio del secolo, 1836)
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