mercoledì 5 gennaio 2022

senza patria

 

Perché d'un tratto questo smarrimento

ansioso? (I volti come si son fatti seri!)

Perché rapidamente le strade e le piazze

si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.

Taluni sono giunti dai confini,

han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?

Era una soluzione, quella gente.

                                                                                  (K. Kavafis, Aspettando i barbari)


I barbari non sarebbero mai esistiti se non fossero stati così nominati e quindi creati dagli stati e dalle loro autoproclamate 'civiltà'.

I confini delle nazioni sono sempre dei muri che delimitano verso lo spazio esterno (delle terre incognite e/o di umani incivili, primitivi e stranieri) e rinchiudono all'interno i propri cittadini, richiamati a leggi, doveri ed identificazioni identitarie e protetti da diritti ed eserciti.

La pandemia ha chiarito ancora una volta che la natura profonda degli stati è -e non può che essere- il nazionalismo ed il sovranismo: chi sta fuori dai propri confini va discriminato e sfavorito rispetto a chi sta dentro, e chi sta dentro è meglio che stia lì fermo, a farsi proteggere da chi sa e ad obbedirgli.

La stessa Unione europea ha dovuto rimettere in discussione i suoi trattati di libera circolazione interna. Il trattamento degli immigrati alle sue porte ci dice il resto.

Quella che chiamano libertà si rivela per il suo rovescio: chiusura, oppressione e subordinazione.

In questi giorni sto riflettendo su questi temi, anche grazie agli spunti di due libri che, curiosamente, hanno lo stesso titolo: L'arte di non essere governati.

Uno è di E. Krippendorf e l'altro, più recente, di J.C. Scott.

Ve li consiglio entrambi.


Ho già espresso più volte la convinzione che l'attuale patriottismo non è un sentimento naturale, anzi è irragionevole, nocivo e oltretutto causa la maggior parte dei mali che affliggono l'umanità; di conseguenza, non bisogna affatto alimentarlo,come si fa ai giorni nostri, ma al contrario soffocarlo e combatterlo con tutti i mezzi che gli uomini ragionevoli hanno a loro disposizione...

Ma tutte le obiezioni da me sollevate si sono trovate di fronte alla bizzarra osservazione secondo la quale c'è un patriottismo cattivo, come lo sciovinismo, che va rifiutato, e un patriottismo buono che sarebbe quello autentico, ovvero un sentimento elevato e profondamente morale che sarebbe irragionevole, anzi criminale, condannare. In che cosa consista questo patriottismo autentico non ci viene però detto; o meglio, al posto di darci una spiegazione si pronunciano frasi ampollose e altisonanti o si spaccia per patriottismo qualcosa che non ha nulla a che fare con quello che noi tutti conosciamo e che ci affligge crudelmente...

Il patriottismo -non quello immaginario ma quello vero, quello che tutti ben conosciamo, che influenza la vita della maggior parte degli uomini del nostro tempo e che ci fa soffrire così crudelmente- ...è un modo di sentire che privilegia il proprio popolo o il proprio Stato a scapito di tutti gli altri. Infatti persegue apertamente il desiderio di assicurare ad essi la maggiore prosperità e la maggiore potenza possibili, obiettivi che non possono essere conseguiti se non a svantaggio della prosperità e della potenza degli altri popoli e degli altri Stati.

Appare dunque evidente che il patriottismo è non solo cattivo e dannoso in quanto sentimento, ma anche stupido in quanto dottrina, perché è evidente che se ogni popolo e ogni paese si pretende superiore a tutti gli altri, il mondo intero precipiterà in un abbaglio tanto grossolano quanto funesto...

Queste lucide ed attualissime parole di Tolstoj, scritte nel 1900 (e che potete trovare nella bella antologia 'Il rifiuto di obbedire', uscita da poco per Elèuthera) ci riportano a quel che stiamo vivendo.

Il patriottismo democratico (o, se preferite, la democrazia patriottica) in cui ci troviamo ormai immersi -e che ha trovato ultima espressione nel discorso di fine anno del nostrano Mattarellum (non a caso incensato ed acclamato da tutto il sistema)- ne rappresenta il tragico punto di congiunzione.

Ancora una volta le democrazie giocano col fuoco e, coerentemente alla natura profonda degli Stati -sempre autoritari e militaristi, comunque si autodefiniscano retoricamente- ci avviano irreversibilmente ed ancora una volta verso regimi e situazioni che sanno solo di dominio e di guerra.


Oggi l'apparato di controllo è in gran parte digitalizzato...Penso a quello che l'esercito israeliano chiama 'Palestinian face book': la faccia di ogni palestinese viene fotografata più volte da telecamere piazzate ai checkpoints, lungo le strade, nei punti di controllo del traffico. Poi tutto finisce in un gigantesco database in cui è ritratto quasi ogni singolo cittadino palestinese. É un esempio di occupazione smart: diffidate sempre di questa parola. Ed è solo un piccolo aspetto di un sistema in cui ogni telefono cellulare è sorvegliato dal software spia Pegasus. Tutte le comunicazioni wireless dei palestinesi sono intercettate e localizzate, un apparato di sensori di movimento, droni, satelliti controlla ogni movimento sul terreno.

Israele, piccola nazione di dieci milioni di persone, oggi è il terzo esportatore mondiali di sistemi d'arma e di sorveglianza cibernetica...La pandemia stessa è stata un enorme esperimento sociale...Prendete una persona sospettata di 'attività contro lo stato', e quindi un 'nemico', un 'terrorista'. E la metafora di un terrorista è il virus...Si parla molto della rapidità con cui Israele ha vaccinato tutta la popolazione. Meno del prezzo di questo successo:ha avuto in tempi brevi le dosi necessarie grazie ad un accordo di condivisione dati con Pfizer. Il paese è diventato un laboratorio...Ma solo i cittadini israeliani sono stati vaccinati, i vicini palestinesi no...Questo esperimento potrebbe anche dire alle nazioni occidentali se devono spendere risorse per vaccinare altre popolazioni o possono limitarsi a proteggere loro stesse...

(dall'intervista a E. Weizman, in Altreconomia di questo mese).


La nonviol'anarchia, se volesse e potesse darsi voce e spazio politico, non dovrebbe proseguire a disperdere le sue già deboli forze in scaramucce momentanee e parziali.

Dovrebbe invece concentrarsi su alcuni snodi che riassumerei così:

  1. riprendere a dichiararsi dei 'senzapatria': rifiutarsi di partecipare al rito elettorale (organizzare una campagna pubblica contro le elezioni del 2023) e lanciare un appello a tutti coloro che sarebbero disposti a divenire-volontariamente- apolidi;

  2. costruire azioni collettive e coordinate per uscire dallo sviluppo e far decrescere volumi, peso e valore dell'economia di guerra sulle nostre vite;

  3. boicottare il dominio totalitario tecnocratico: uscendo dai social (aperto a molti) e praticando forme diffuse di hackeraggio sociale (per pochi).

Chi sarebbe disposto ad impegnarsi continuativamente su almeno uno di questi ambiti?

Essi richiedono evidentemente diversi livelli di presenza e di rischio.

Ma anche il più semplice appare ad oggi molto arduo, anche per noi -persone persuase ed intellettualmente consapevoli.

Figuriamoci per chi sta ancora dietro a politici, giornalisti e -da ormai due anni- virologi.

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