Gorbaciov è ancora vivo, ma è come
morto, era troppo comunista e troppo poco, non amato da entrambe le
parti, sempre più amato da noi (almeno sino a quando ci è servito)
che da loro.
Eltsin ha riabilitato i Romanov, li ha
fatti santificare dalla chiesa ortodossa, ma neppure con lei sono
riusciti a far spostare la mummia di Lenin dal Cremlino.
Putin mantiene l'alleanza con la chiesa
di stato -non ne abbiamo trovato una che non fosse scintillante e
perfetta- ma non ha abbandonato il culto retorico di Lenin, che
continua a campeggiare con il suo volto e le sue statue ed i suoi
simboli per ogni dove.
Soltanto un richiamo retorico, in un
paese che spaventa per il suo individualismo, mercatismo,
esibizionismo, consumismo.
Ma anche un occhiolino ai milioni di
comunisti che ancora esistono e resistono nel paese (vecchi
nostalgici, ma anche giovani) ed una coerenza al modello di 'ordine
e disciplina' che ancora oggi sussiste, perlomeno nella sfera
pubblica.
Del comunismo è rimasto solo il
peggio: i palazzi grigi dell'edilizia popolare, le grandi centrali
energetiche e l'industria pesante a contatto con le aree abitative, e
soprattutto il modello di controllo sociale, un misto terribile di
videocamere, burocrazia, polizia di stato, esaltazione del
militarismo, repressione silenziosa.
Il tutto fatto con apparente gentilezza
e rassegnata normalità, ma forse ancora più inquietante per questo,
anche perchè prefigura un futuro prossimo in Europa.
Viaggiare autonomamente in Russia si è
rivelato, sin dalla preparazione, molto complicato.
E' un mondo a parte, che ha le sue
regole e le sue ossessioni, rigido e totalizzato nelle sue abitudini
e certezze. Un continente enorme, enormemente diversifcato al suo
interno, ma totale e compiuto, pieno di sé e della propria cultura,
autosufficiente ed autoreferenziale quando si rivolge ad altri.
La quasi totale predominananza della
lingua russa, anche tra i giovani, con scarsissima disponibilità ad
usare e conoscere altre lingue, anche nelle grandi città.
La scarsa maneggevolezza dei siti,
anche di quelli turisticamente importanti, come quello delle
ferrovie, che è davvero un continuo enigma, spesso anche per gli
stessi bigliettai.
La penuria di informazioni per gli
stranieri nei musei, per le strade, solo in parte migliorata con i
soldi e le innovazioni rese obbligate dai recenti Mondiali di calcio.
Insomma, il segnale in sintesi era
questo: noi siamo la Russia, e siamo e saremo sempre e comunque
questo, voi... adattatevi!
Grazie al cielo, forse anche perchè
consapevoli di ciò, abbiamo quasi sempre incontrato tante anime
buone che ci hanno aiutato in tutti i modi, spesso anche commoventi,
pur di farci uscire dai labirinti dell'impero.
Vizi privati, pubbliche virtù.
In questo sistema perfettamente
funzionante e puntuale (lì sì che i treni sono ancora davvero in
orario, ed anche tutto il resto...), si resta però sospesi dentro la
sensazione che la vita delle persone si muova altrove, ed in altri
sensi.
Non si nota alcuna forma pubblica di
dissenso o protesta.
Si beve tanto, ma tanto.
Le ragazze sono super-perfettine,
algide e bellissime, tutte ritocchini a trucchi, vestite da bambole
di lusso, intoccabili, sempre come in vetrina, a farsi selfie e a
specchiarsi in se stesse, molto sole.
Leggi nei volti tanta competizione,
superlavoro, rissa per emergere.
Dalla catastrofe dell'utopia si è
usciti con la vanagloria del lusso e dello spettacolo, in primo luogo
di sé.
Girano molti soldi, e molti poveri,
molti barboni per le strade.
Due terzi della popolazione si inurba
nelle immense periferie neo-sovietiche, i villaggi sono ancora in
legno, sempre più separati e disabitati in una terra sterminata.
In una terra di foreste, fiumi e laghi,
bellissima e interminabile, immota e sempre uguale a se stessa.
Lentissima a cambiare, con improvvisi
sbalzi e rivolte e rivoluzioni.
Cieli immensi, di nuvole e azzurri
incredibili.
Una terra luminosa, almeno d'estate.
Ma l'inverno è lnngo, e gelido.
Il grande cuore russo c'è e batte
ancora, l'abbiamo sentito spesso, soprattutto scendendo a sud, verso
il Volga, tra i tatari, od anche in città tristi e grigie come Perm,
o nell'ultimo avamposto europeo in Asia, Ekaterinburg, da cui abbiamo
ripreso il treno per un lunghissimo rientro verso Mosca, ciliegina
finale di questo lungo viaggio.
La mitica Transiberiana non è più
quella di un tempo: resta il percorso, 6 giorni interi di viaggio
ininiterrotto tra San Pietroburgo e Vladivostok (città attaccata al
confine con la Corea), ma l'atmosfera è del tutto perduta, è un
(lunghissimo) viaggio in treno e cuccetta come un altro.
Ma è stato divertente convivere per un
giorno intero o per una settimana su un treno, in terza classe,
prendere l'acqua calda dal samovar e farsi il thè da soli,
incontrare persone curiose, simpatiche, desiderose di farsi
conoscere, di farti vedere i loro figli in foto, di invitarti a casa
loro in Siberia, e così via...
Ci sono accaduti molti episodi
spassosi, fraintendimenti frequenti, interpretazioni sempre al
limite, in un continuo lavorio di traduzione tra Noi e Loro.
Giornate intere trascorse negli
spostamenti in treno, dopo ore ed ore sui siti o in stazioni sperdute
a cercare di capire dove eravamo arrivati e dove speravamo di andare,
speranze ed aspettative che talvolta non coincidevano con la dura
realtà dei fatti.
Un viaggio sfiancante, lo devo
ripetere, non proprio una vacanza.
Ma tante cose poi ci ricompensavano:
pian piano abbiamo iniziato a gustarci i cibi, i syrniki (dolcetti
soffici di ricotta e farina), le minestre al cavolo e alle rape
rosse, le blini (crepes), le salse e le creme, i ravioloni georgiani,
i funghi, i fagottini alle kartoffeln, le paste e i gelati, il mors
(succo di frutti di bosco) e i bicchieri colmi di lamponi e more, la
carne alla stroganoff, le uova di pesci vari e sconosciuti (il
caviale era davvero troppo caro, non ci siamo arrivati...)...
E poi i luoghi turistici, sempre un po'
troppo pieni (ma quanti giapponesi ci sono in giro nel mondo?), ma
indubitabilmente preziosi e unici: sia quelli conosciutissimi e
classici, sia quelli meno noti e visitati da stranieri (ma sempre
pieni di russi).
Mi hanno colpito molto la visita al
Gulag Perm36 e quella alla tenuta di Tolstoj a Jasnaja Poliana.
Piccole, ma commoventi e potentissime,
la vecchia Novgorod e Suzdal.
La Neva e i mille fiumi ovunque, le
terre umide, le torbiere e la taigà.
Splendide le raccolte su XIX e XX
secolo sia del Pushkin che del Tretjakov a Mosca, che mi hanno
attratto ancor più del pur bellissimo Hermitage.
In assoluto, Mosca ci è parso il
gioiello più grande, un continuo turbinio di angoli, in una
sensazione di mondo che ti racchiude compiutamente in se stesso, e
che può sommergerti per grandezza ed eleganza e storia. Una città
che tiene insieme più vite e che meriterebbe da sola un altro
viaggio.
Forse è anche per questo che la
massima parte del turismo si muove soltanto tra San Pietroburgo e
Mosca, con qualche giretto nel Golden Ring. Già a Kazan, ma
soprattutto verso gli Urali, eravamo gli unici o quasi.
E si può capire, viste le difficoltà
che abbiamo incontrato nel nostro testardo (ma interessante e direi
riuscito) tentativo di viaggiare ancora una volta a modo nostro.
Come sempre, un mese sembra tanto, ma è
davvero poco per dire di aver visto la Russia.
Abbiamo percorso migliaia di
chilometri, sei-sette volte l'Italia, abbiamo camminato per decine di
chilometri al giorno, abbiamo preso un centinaio di bus, tram, metro
(che costano davvero poco e viaggiano benissimo), abbiamo dormito
cinque notti in treno, per arrivar di giorno...
Ci siamo comunque anche fermati, ci
siamo goduti il tempo e i tempi, abbiamo dormito quando ci veniva di
farlo (anche perchè l'alba ci arrivava addosso dalle 4.30 e lì non
usano tende coprenti o scuri, dovevamo barricarci con ascugamani e
coperte..), abbiamo riso e pianto, ci siamo disperati qualche volta,
con momenti da isteria, ma abbiamo sempre mantenuto un certo buon
umore.
Ogni tanto ci veniva da pensare che
stavamo chiedendo troppo a noi e a loro, ed abbiamo ridimensionato le
nostre attese (non siamo andati, ad es., né a Nizhny Novgorod né a
Samara, come inizialmente speravamo).
Mi è venuta la febbre per due volte,
sia per gli sbalzi termici che per la stanchezza da stress.
Ho ancora gambe e piedi doloranti.
Di più non si poteva proprio fare,
questo lo sappiamo.
Resta un senso di incompiutezza,
qualche frustrazione, ma soprattutto la sensazione di aver -anche
questa volta- viaggiato, e di averlo fatto davvero insieme.