Ascolto Ursula alla radio, qui nel mio
buen retiro di Baressa, ultima provincia dell'Impero.
La solita aria fritta, condita di allarmismo e bellicosità.
Quanto meno i leader hanno potere di
fatto, tanto più diventano spocchiosi e fanno la voce grossa,
battendosi il petto come i primati.
Quanto meno hanno potere sui membri del
loro stesso governo o sui loro popoli, più minacciano, mostrano i
muscoli, pretendono di divenire più forti verso chi emigra o sta
oltre frontiera.
Vale per lei e per la UE, vale per
Trump e per Macron, per Zelensky e i vari putin della terra (che si
trovino in Italia, Nepal, Indonesia o Israele...).
E' la solita storia che si ripete:
-più sale l'ingovernabilità e cresce
un clima da guerra civile interna agli stati, più si cerca di
mantenere il potere ed il dominio attraverso le armi;
-più avanzano la crisi del lavoro e
della produzione e cresce la povertà di massa e più si cerca salvezza
nell'economia di guerra;
-più si perde la possibilità di una
mediazione politica e più si ricorre alle bombe (ora anche rivolte
verso gli aiuti umanitari, i nonviolenti e verso gli stessi mediatori, veri o finti
che siano...), trasformando ogni azione di protesta in terrorismo (vedi anche i recenti arresti alle manifestazioni di Londra);
-più si evidenzia l'interdipendenza dei problemi e la caratteristica globale della policrisi in atto e più ci si illude di risolverla chiudendosi in una bolla di presunta e fantomatica indipendenza sovranista (etnica, statalista o unionista che sia).
Così si cavalca l'onda populista nel tentativo di colmare il distacco sempre più totale tra gli stati e la maggioranza delle persone. Ma non funziona ed è anche per
questo le ribellioni continuano a crescere e a diffondersi:
-si parte da apparenti motivazioni
alquanto bizzarre (la generazione Z in Nepal, perchè il governo
vuole bloccare i social!; Valditara inizi a tremare anche qui...);
-da risentimenti sociali (in Francia,
Blocchiamo tutto ricorda da vicino i gilet gialli di qualche anno fa;
le proteste ora in corso in Indonesia ricordano le nostre
Tangentopoli);
-da tentativi disperati di intervenire
laddove le istituzioni proseguono solo a fare il gioco delle parti o
dei due tavoli (vedi la Flotilla, manipolo eroico a cui mi sento
ovviamente vicino, fatta salva la sua altissima probabilità di
insuccesso, pari peraltro a quella di qualunque negoziatore in azione
oggi, più o meno sbruffone che sia).
Ma si evidenzia anche la totale
collusione in cui siamo immersi, il silenzio che ci avvolge e che è
fatto anche di troppe parole al vento: la nostra capacità di
adattarci al male, di rimuovere il disastro, di disumanizzare le
nostre relazioni, di proseguire a distruggere il pianeta, non è mai
stata così alta e pervicacemente votata alla finzione ed alla
mistificazione della verità e della realtà.
Il rischio è che anche le ribellioni
momentanee, che non vanno ad incidere sulle nostre vite quotidiane,
siano parte -a loro volta- di questa stessa collusione.
Il XXI secolo, da Genova 2001 in poi,
ne ha già viste tante, e -quando non si sono addirittura rivelate un
boomerang verso le ragioni dei manifestanti (primavere arabe, Black
lives matter, rivolte in Sudamerica, Hong Kong...)- non hanno
comunque raggiunto i risultati sperati.
E' vero che la Storia ha dei tempi più
lunghi delle nostre piccole vite e delle sorti dei singoli movimenti
sociali, ma questo primo quarto di secolo ci presenta un quadro
davvero sconfortante.
Una profonda transizione è in corso:
quel che abbiamo chiamato ordine mondiale (e che garantiva il dominio
alle èlite occidentali) non c'è più, il nuovo disordine mondiale è
già qui.
E non va in una direzione di
ravvedimento sulle nostre premesse (securitarismo, produttivismo,
crescita illimitata, nazionalismo, militarismo...), anzi va a
irrigidirle e potenziarle.
Le possibilità di interferire su
questo da parte dei cittadini è nulla ed è forte anche il senso di
impotenza degli stessi politici e statisti che si agitano a destra e
a manca.
Sono processi che non sono governabili:
la storia degli uomini ce lo dimostra ampiamente.
Quando le economie si squagliano e le
guerre avanzano non si può più far nulla, se non attraversare la
decadenza e la fine dello status quo.
In vista di nuovi imperi? per quel che contano gli umani, direi di sì.
Ma credo anche che pandemie e catastrofi
climatiche si riveleranno ben più potenti di qualunque potere umano,
e si imporranno sulle nostre fragili vite e sui nostri precari
castelli di sabbia già in questo secolo.