Quando iniziano a chiedere la de-escalation è il segno che la guerra non si fermerà e durerà a lungo.
E che, al di là degli auspici di maniera, vogliono che sia così.
Quando il capitale entra in crisi, ne esce da sempre con le armi (vendendole e usandole), a discapito anche di milioni di morti (figuriamoci se quei criminali al potere si preoccupano oggi di qualche decina di migliaia di palestinesi, ucraini o iraniani).
Il disordine che ora si vede potrebbe però nascondere patti di spartizione non dichiarati, ma che si avvertono sempre più distintamente: agli USA spetteranno (tramite Israele e sunniti) il Medio Oriente e la sempre disponibile Europa (ormai spacciata come entità unita ed autonoma), alla Russia l'Ucraina, gli altri stati ex sovietici e l'Africa (che, a sua volta, sarà spartita con la Cina). Cina che continuerà a prendersi Estremo Oriente e pure Taiwan, senza trovare opposizione in Occidente, come già accaduto con Hong Kong.
Sempre che i giochi funzionino, che i conti tornino per tutti e che tutti abbiano da guadagnarci qualcosa.
Solo questa divisione neo-imperiale concordata ci eviterà la terza guerra mondiale (in cambio avremo probabilmente solo guerre a bassa intensità, gestite da gruppi armati, più o meno collusi e finanziati sotto banco dalle stesse potenze di cui sopra).
Se l'accordo non si realizzasse, invece, gli imperi comunque si realizzeranno, ma passando attraverso una guerra su scala globale.
Non è una bella alternativa, ma per le democrazie i buoi (e le vacche e i maiali e le capre...) sono scappati dalla stalla già da un bel po'.
Quando i Ministri dell'Istruzione senza merito iniziano a vietare gli smartphone a scuola è il segno che si è già ormai andati ben oltre le possibilità di controllarne l'uso e la potenza. Il mondo adulto inizia a comprendere che le giovani generazioni sono due volte perdute: la prima, rispetto a se stesse e alla propria intelligenza e sensibilità; la seconda, rispetto alla divisione crescente tra loro e le istituzioni create per istruirle, governarle, educarle e regolarle dall'alto, secondo gli intendimenti delle famiglie e degli stati.
I giovani (soprattutto se sono stati allevati così sin da bambini) vivranno il divieto come l'ennesima repressione, incomprensione, punizione e tradimento da parte del mondo adulto.
La riduzione del danno in ambienti scolastici si potrebbe verificare se e solo se:
-anche gli adulti rinunciassero all'uso del digitale e dei social, almeno all'interno delle scuole;
-si limitasse in generale l'uso di tecnologie didattiche gamificate, valorizzando invece relazioni, motivazioni intrinseche, comuni esperienze e riflessioni appassionate e condivise;
-si vietasse l'uso degli account social prima dei 16 anni
-si ostacolasse (e non, come invece sta accadendo, si promuovesse) l'uso dell'intelligenza artificiale.
A questo proposito, l'uso di Chat GPT in qualunque contesto scolastico (ed in particolare nelle scuole superiori e nelle università), da parte di tutti (studenti, tesisti, dottorandi e docenti), mette definitivamente in discussione il valore delle valutazioni delle prove scritte di qualunque tipo, compresi i test, e con ciò rappresenta già la catastrofe di qualunque illusione di poter davvero verificare i presunti meriti di chiunque, in vista di promozioni, assunzioni e carriere.
Il che può aprire, come un boomerang scassinatore, ad una fase di messa in discussione (se saremo e se fossimo onesti) dei criteri e delle evidenze sinora acriticamente adottati dalle istituzioni e dalle organizzazioni della scuola e del lavoro.
Quando gli esperti di cambiamento climatico iniziano a dirci che salire al 2% di aumento della CO2 in atmosfera non avrebbe gli stessi effetti che ci sarebbero se salissimo al 4% è il segno che la situazione sta degradando e accelerando verso la catastrofe ben più gravemente delle loro previsioni e speranze di qualche anno fa. Per evitare (o almeno per rinviare, rallentare, mitigare) la catastrofe, lavorano per trovare soluzioni tecnologiche che favoriscano la limitazione degli effetti negativi sulla vita degli umani, tale da rendere più agevole un progressivo loro adattamento a quel che sta irreversibilmente accadendo e che appare sostanzialmente infermabile.
La sostanza è che non vogliamo rinunciare a crescere ed a svilupparci, a discapito del pianeta e anche a costo di vivere in una condizione di guerra permanente, tra i paesi ricchi per il predominio imperiale, tra questi e i paesi sottomessi per proseguire a sfruttarli e dominarli.
E qui torniamo a bomba (è proprio il caso di dirlo!): la guerra, che appare irrazionale a livello mediatico e di logica elementare, trova qui la sua ragion d'essere, la sua logica profonda, strategica, la lucidità della sua follia.
Il capitalismo vince perché ci viviamo dentro e vive dentro di noi.
Non possiamo più pensare di poter solo goderne i dividendi di 'pace', lasciando ad altri i costi e le tossine.
Le nostre generazioni (e ancor più le ultime) sono vissute e sono state educate a vivere in quella illusione, ma anche qui il boomerang sta virando -minacciosamente e tragicamente- proprio contro chi l'aveva lanciato, sperando come sempre, ancora una volta, di sfangarla.
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