domenica 10 febbraio 2019

falling in(dia) love


Perchè amiamo l'India ?
Perchè è il paese in cui gli apparenti opposti si mescolano mirabilmente ed inimitabilmente, un paese in cui tutti i paradossi convivono e coesistono affiancati, in conflitto e in pace insieme.
Ad esempio, le persone si relazionano sempre in modo profondamente empatico, ma anche fortemente assertivo; tu capisci bene come e perchè Gandhi e la nonviolenza siano dovute nascere qui. Non hanno avuto bisogno di anni di training formativi inutili ed estenuanti, nascono e crescono in una cultura, magari troppo fatalista e passiva ai nostri occhi, ma che presenta e preserva delle qualità di ascolto e di potenza insuperabili ed invidiabili.
E questo vale non solo per i rapporti umani, ma anche nei rapporti in generale col vivente, come se non si fossero ancora recisi i legami con il mondo animale e vegetale, in una forma ecologica di vita
che tiene l'umano dentro una natura che si esprime come cultura.
Gli indiani non hanno un corpo, sono un corpo. Noi non lo siamo più da tempo, e molti di noi neppure più ce l'hanno. Lo vedi dalla grazia dei loro movimenti e delle loro posizioni e atteggiamenti quotidiani, dal rapporto con l'acqua e con il contatto delle proprie mani su di sé, la loro perizia concentrata nelle mani che, in combutta integrata con la mente, sono capaci di fare ed in ventare quasi tutto, il loro stare seduti spesso per terra senza problemi, a lungo e con piacere, il loro camminare scalzi su tutti i tipi di terreno e di sporcizia.
L'immunizzazione qui non è ancora arrivata, se non forse per le caste più alte nelle metropoli.

Un altro paradosso è che appaiono sempre progettanti, organizzati, capaci di rispondere alle nostre aspettative, richieste, bisogni di puntualità e precisione, sempre pronti a prometterci di mantenere qualcosa come si farebbe nel marketing moderno. Ma...le cose non accadono mai come previste, promesse, auspicate, progettate, c'è sempre uno scarto, un'imperfezione, una parziale sconnessione tra causa ed effetto, tra previsione e risultato, tra promessa ed esito.
Certe volte accadono cose in più ed in meglio, certe volte in meno e in peggio, sempre a partire dai nostri parametri. Certe volte può anche sembrare che ci freghino simpaticamente.
Ma, alla fine, la vita presenta anche qui la sua vitalità profonda e paradossale, e tutto accade come deve accadere, anche se solo in parte corrisponde a quel che ci attendevamo o avevamo richiesto.
E' una sapienza più alta e più globale, un'apertura all'evento, che nessuna scienza occidentale, neppure sistemica, può svolgere in atto come accade qui.
E' un apprendimento continuo quel che avviene qui, un allenamento alla precarietà e all'imprevisto che non ha pari. Il modo in cui funziona il traffico ne è un esempio più che calzante.
Sulle strade convivono ancora animali e umani e tutti i tipi di veicoli, e i vigili cercano di ricondurre il tutto a delle regole comuni stabili, ma il movimento è sempre governato solo da continue rinegoziazioni e svolte, inclinazioni e avvisi, riorientamenti e prese di posizione nello spazio e nel ritmo dei movimenti di tutti nel tempo.
Pazientissimi e apparentemente lenti, ma poi rapidissimi a scegliere e ad agire.

Tutto questo poi va di pari passo con una altissima capacità di essere concreti e pragmatici, anche furbi e 'di mondo', ma anche di eccellere in astrazione e trascendenza, spesso simultaneamente.
Il loro modo di pregare tiene insieme il richiamo alle alte sfere, insieme ai soldi e al successo nel lavoro, al calcolo dell'interesse.
Così come colpisce la sublimazione della sessualità e della sensualità pubblica messa insieme all'ossessiva esibizione ed ostentazione ed adorazione di yoni-lingam enormi ed inquietanti, sempre vezzeggiati, cosparsi di olii e balsami, acqua santa e latte...
Sul versante religioso ci ha colpito anche il fatto che Buddha sia nato ed abbia vissuto qui, ma che del buddhismo vero e proprio resti ben poco, se non in forme sincretiche tutte inquadrate nella cornice induista, all'inverso di come è avvenuto in Cambogia o in Thailandia.
E' come se tutto si possa tenere insieme, ma ogni tentativo di imposizione troppo rigida e dall'alto non possa essere tollerata a lungo o acquisita una volta per tutte: il tentativo di Ashoka è fallito e ci pare impossibile che anche possa trionfare oggi il pan-induismo alla Modi: è un paese troppo vasto ed intricato e stratificato perchè una parte sola possa dominare le altre.
E qualunque tentativo di questo tipo potrà portare soltanto a momenti di violenza ed aggressione reciproca, ma non potrà condurre qualcuno o qualcosa ad un successo definitivo e totale.
E' un paese, magari anche troppo nazionalista e militarista, ma che non pare inclinabile a progetti totalitari, a differenza delle nostre post-democrazie.
Un esempio di questo è anche evidente nel tentativo di imporre l'hindi ( o, in passato, l'inglese) come lingua nazionale: alla fine, dopo settant'anni di nuova repubblica fondata sull'hindi, soltanto 180 milioni lo parlano su più di 1 miliardo di cittadini, e continuano a vivere e prosperare centinaia di lingue locali, spesso parlate da decine di milioni di persone.

Insomma, lo confermiamo: viaggiare in India, a sud o a nord che sia, non è un viaggio come un altro. Per quanti viaggi si possano fare nel mondo intero, l'India ti prende in un modo tutto suo, davvero unico e per certi versi miracoloso e sacro.
Ti accoglie come un atto d'amore e pian piano ti costringe ad amarla, senza forzarti mai, ma avviluppandoti nelle sue spire di serpente, nelle sue salse masala, nei capelli di Shiva, nei suoi profumi di zinnie e cardamomo...

Soprattutto ora che siamo circondati da ucraini di rientro e che stiamo per ritrovarci tra i bergamaschi di Orrore al Serio, prima di tornare finalmente a casetta, tutto questo ci appare ancora più vero...





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