Perchè amiamo l'India ?
Perchè è il paese in cui gli
apparenti opposti si mescolano mirabilmente ed inimitabilmente, un
paese in cui tutti i paradossi convivono e coesistono affiancati, in
conflitto e in pace insieme.
Ad esempio, le persone si relazionano
sempre in modo profondamente empatico, ma anche fortemente assertivo;
tu capisci bene come e perchè Gandhi e la nonviolenza siano dovute
nascere qui. Non hanno avuto bisogno di anni di training formativi
inutili ed estenuanti, nascono e crescono in una cultura, magari
troppo fatalista e passiva ai nostri occhi, ma che presenta e
preserva delle qualità di ascolto e di potenza insuperabili ed
invidiabili.
E questo vale non solo per i rapporti
umani, ma anche nei rapporti in generale col vivente, come se non si
fossero ancora recisi i legami con il mondo animale e vegetale, in
una forma ecologica di vita
che tiene l'umano dentro una natura che
si esprime come cultura.
Gli indiani non hanno un corpo, sono un
corpo. Noi non lo siamo più da tempo, e molti di noi neppure più ce
l'hanno. Lo vedi dalla grazia dei loro movimenti e delle loro
posizioni e atteggiamenti quotidiani, dal rapporto con l'acqua e con
il contatto delle proprie mani su di sé, la loro perizia concentrata
nelle mani che, in combutta integrata con la mente, sono capaci di
fare ed in ventare quasi tutto, il loro stare seduti spesso per terra
senza problemi, a lungo e con piacere, il loro camminare scalzi su
tutti i tipi di terreno e di sporcizia.
L'immunizzazione qui non è ancora
arrivata, se non forse per le caste più alte nelle metropoli.
Un altro paradosso è che appaiono
sempre progettanti, organizzati, capaci di rispondere alle nostre
aspettative, richieste, bisogni di puntualità e precisione, sempre
pronti a prometterci di mantenere qualcosa come si farebbe nel
marketing moderno. Ma...le cose non accadono mai come previste,
promesse, auspicate, progettate, c'è sempre uno scarto,
un'imperfezione, una parziale sconnessione tra causa ed effetto, tra
previsione e risultato, tra promessa ed esito.
Certe volte accadono cose in più ed in
meglio, certe volte in meno e in peggio, sempre a partire dai nostri
parametri. Certe volte può anche sembrare che ci freghino
simpaticamente.
Ma, alla fine, la vita presenta anche
qui la sua vitalità profonda e paradossale, e tutto accade come deve
accadere, anche se solo in parte corrisponde a quel che ci
attendevamo o avevamo richiesto.
E' una sapienza più alta e più
globale, un'apertura all'evento, che nessuna scienza occidentale,
neppure sistemica, può svolgere in atto come accade qui.
E' un apprendimento continuo quel che
avviene qui, un allenamento alla precarietà e all'imprevisto che non
ha pari. Il modo in cui funziona il traffico ne è un esempio più
che calzante.
Sulle strade convivono ancora animali e
umani e tutti i tipi di veicoli, e i vigili cercano di ricondurre il
tutto a delle regole comuni stabili, ma il movimento è sempre
governato solo da continue rinegoziazioni e svolte, inclinazioni e
avvisi, riorientamenti e prese di posizione nello spazio e nel ritmo
dei movimenti di tutti nel tempo.
Pazientissimi e apparentemente lenti,
ma poi rapidissimi a scegliere e ad agire.
Tutto questo poi va di pari passo con
una altissima capacità di essere concreti e pragmatici, anche furbi
e 'di mondo', ma anche di eccellere in astrazione e trascendenza,
spesso simultaneamente.
Il loro modo di pregare tiene insieme
il richiamo alle alte sfere, insieme ai soldi e al successo nel
lavoro, al calcolo dell'interesse.
Così come colpisce la sublimazione
della sessualità e della sensualità pubblica messa insieme
all'ossessiva esibizione ed ostentazione ed adorazione di yoni-lingam
enormi ed inquietanti, sempre vezzeggiati, cosparsi di olii e
balsami, acqua santa e latte...
Sul versante religioso ci ha colpito
anche il fatto che Buddha sia nato ed abbia vissuto qui, ma che del
buddhismo vero e proprio resti ben poco, se non in forme sincretiche
tutte inquadrate nella cornice induista, all'inverso di come è
avvenuto in Cambogia o in Thailandia.
E' come se tutto si possa tenere
insieme, ma ogni tentativo di imposizione troppo rigida e dall'alto
non possa essere tollerata a lungo o acquisita una volta per tutte:
il tentativo di Ashoka è fallito e ci pare impossibile che anche
possa trionfare oggi il pan-induismo alla Modi: è un paese troppo
vasto ed intricato e stratificato perchè una parte sola possa
dominare le altre.
E qualunque tentativo di questo tipo
potrà portare soltanto a momenti di violenza ed aggressione
reciproca, ma non potrà condurre qualcuno o qualcosa ad un successo
definitivo e totale.
E' un paese, magari anche troppo
nazionalista e militarista, ma che non pare inclinabile a progetti
totalitari, a differenza delle nostre post-democrazie.
Un esempio di questo è anche evidente
nel tentativo di imporre l'hindi ( o, in passato, l'inglese) come
lingua nazionale: alla fine, dopo settant'anni di nuova repubblica
fondata sull'hindi, soltanto 180 milioni lo parlano su più di 1
miliardo di cittadini, e continuano a vivere e prosperare centinaia
di lingue locali, spesso parlate da decine di milioni di persone.
Insomma, lo confermiamo: viaggiare in
India, a sud o a nord che sia, non è un viaggio come un altro. Per
quanti viaggi si possano fare nel mondo intero, l'India ti prende in
un modo tutto suo, davvero unico e per certi versi miracoloso e
sacro.
Ti accoglie come un atto d'amore e pian
piano ti costringe ad amarla, senza forzarti mai, ma avviluppandoti
nelle sue spire di serpente, nelle sue salse masala, nei capelli di
Shiva, nei suoi profumi di zinnie e cardamomo...
Soprattutto ora che siamo circondati da
ucraini di rientro e che stiamo per ritrovarci tra i bergamaschi di
Orrore al Serio, prima di tornare finalmente a casetta, tutto questo
ci appare ancora più vero...