mercoledì 22 maggio 2024

superflua -necessaria?- spiegazione

Essere stoici nell'era del vittimismo significa passare per scostanti; peggio, per insensibili.

E' strano...come tanti confondano il senso di colpa con l'assoluzione. Delle varie fasi di passaggio fra uno stadio e l'altro sono molto meno consapevoli.

Di recente ho sentito una donna definire se stessa straordinariamente sincera. Patetica stupidaggine. Non esistono livelli di sincerità. Esistono livelli di menzogna, ma quella è un'altra faccenda.

La pietà come modo dell'aggressività. Aveva ragione Zweig, meglio stare alla larga.

La studentessa che mi ha detto, serissima, che non le piaceva Madame Bovary "perchè Emma non era una buona madre". Che il cielo ci assista.

-Ma penso che tu li disprezzi, i politici. -Si può sapere che cosa te lo fa pensare? -Il fatto che sono gente corrotta e opportunista, presuntuosa e incompetente.  -Non sono d'accordo. Credo che perlopiù siano persone in buona fede, o convinte di esserlo. Il che rende la loro una tragedia morale da compatire ancora di più.

J.Barnes, Elizabeth Finch, 2022

 

Alcuni umani (pochi)  mi chiedono perchè non sto più scrivendo.

E' facile rispondere:per stanchezza, e per noia.

Quel che prosegue irrimediabilmente ad accadere -non trovate anche voi ?- appare irrimediabilmente deprimente, soporifero.

Dovrei fingere di scandalizzarmi per i continui, ennesimi episodi di corruzione a tutti i livelli?

Per farlo, dovrei considerarli episodi e non -come credo da sempre e sempre di più - una componente strutturale di qualunque istituzione, pubblica o privata, magistratura inclusa.

Dovrei parlare di elezioni europee o comunali, esaltarmi per Conte o Schlein, rammaricarmi di essere in mano a Meloni o Salvini? Invitare a votare o non votare?

Per farlo, dovrei vivere ancora negli anni 70, sperare in Berlinguer, leggere Il Manifesto e odiare Andreotti. E dovrei ancora sperare che gli esseri umani fossero capaci di trarre le dovute conseguenze dalle loro esperienze politiche trascorse. Non è più così per me.

Dovrei esaltarmi per le accuse della Corte dell'Aja a Netanyhau ed Hamas, e per la richiesta del loro arresto per crimini di guerra?

Per farlo, non dovrei sapere che la guerra stessa è un crimine in quanto tale; e dovrei credere che questa condanna possa fermarli nella loro ansia paranoica di distruzione o, perlomeno, possa davvero farli arrestare uno ad uno. Se la stanno ridendo, invece, e lo sappiamo tutti.

Dovrei rifare di continuo i conti dei morti palestinesi, enumerare i nomi, le qualità e quantità dei missili e dei droni utilizzati di mese in mese e di anno in anno?

Per farlo, dovrebbe piacermi -come pare accada a migliaia di giornalisti e concittadini necrofili- la guerra stessa, ormai intesa soltanto come ultimo infinito spettacolo del nostro tempo (oltre a Sanremo e alla serie A, ovviamente).

Dovrei recriminare per la morte in elicottero di un criminale iraniano, quasi certamente -come altri- fatto fuori impunemente dal Mossad? O dovrei dire che ne sono soddisfatto?

Per arrivare a questo, dovrei lasciar troppo da parte la mia residua parte di umanità.

Dovrei commentare le nuove alluvioni, inondazioni, cataclismi ricorrenti?

Per farlo, dovrei dimenticare la catastrofe globale e irreversibile in corso da tempo e la nostra totale incapacità di smettere di causarla.

Ecco perchè non vale la pena neppure di continuare a parlarne o a scriverne.   

Il paradosso è qui: che debba scrivere per dirvelo.

Ma (e immagino che anche voi lo sappiate, e ve lo diciate, pur se proseguite a far finta di niente): non ci sono più parole possibili, anche le parole finiscono, mentre si precipita.