lunedì 27 novembre 2023

prima lavatevi la faccia (di bronzo)!

 

Lo sai che anche i mostri si lavano i denti? Non ci credi? Chiedilo al Mostro fatto di capelli o a quello che sta sotto il letto. E lo sai perché lo fanno? Perché c'è un mostro ancora più terribile che se la prende con tutti, ma soprattutto con chi non si lava i denti!

Questa è la presentazione su Google del libro per bambini 'Anche i mostri si lavano i denti', quello che è stato trovato nel bosco, a fianco al cadavere di Giulia Cecchettin.

Metafora interessante di quel che è accaduto, no?

Da dove nascono i mostri?

Sono (erano) persone che, come tutti noi, ogni mattina si lavano i denti, fanno la spesa, mangiano e dormono, nascondono qualcosa, parlano con la fidanzata, fanno figli.

E, soprattutto, rimuovono i conflitti che li animano e sottostanno alle loro relazioni.

E, soprattutto, sono aiutati a rimuoverli dalla rimozione di tutti quelli che li circondano e che dicono di voler loro bene, di rispettarli, di amarli (forse proprio perché sono i primi ad aiutarli in questo).

Ma, quando la pentola a pressione esplode, tutti sono lì a maledirli (ed a ingiurarli con vari epitteti più o meno alla moda, ma sempre mortificanti e mostrificanti).


Gli stessi che li maledicono sono proprio gli stessi (e le stesse) che li hanno coperti per anni, che li hanno assistiti come pargoli in convalescenza, li hanno adorati come piccole divinità in malattia, che hanno accettato per anni (per convenienza, paura, sudditanza) le loro violenze e ricatti.

E sono gli stessi (e le stesse) che creano (o non smettono di favorire o anche solo di tollerare) le condizioni di diseguaglianza economica e sociale tra uomini e donne.

E sono gli stessi (e le stesse) che hanno preferito saltare il conflitto tra i due sessi, quel conflitto aperto dal femminismo e mai davvero elaborato nella relazione tra maschi e femmine, inventandosi un transfemminismo fluidificato, che insiste così ad occultarlo.

E sono gli stessi (e le stesse) che predicano l'asessualità quale risorsa relazionale, che ci separano dietro gli schermi dei computer, che virtualizzano i nostri rapporti rendendoci degli analfabeti emotivi, che non si inquietano se il desiderio declina e/o si dirige verso il porno in rete.

E sono gli stessi (e le stesse) che invocano oggi leggi e padri più severi, mentre inneggiano contro i patriarchi di ieri e i maschilisti di sempre, rimuovendo in coscienza ogni loro contraddizione.


Cosa non faremmo pur di evitare di assumere le nostre comuni responsabilità.

Davanti alla violenza tra i sessi, che sta dentro il nostro immaginario erotico e la nostra realtà relazionale da che mondo è mondo, preferiamo girare la testa e attendere le aggressioni, gli omicidi, le torture.

L'importante è che il conflitto, e le sue cause e le nostre responsabilità, restino sommerse.

E siano lì, eternamente, a sempre generare altre vittime, altri terrori, nuovi eccidi, e nuove guerre.

Altro che 'mai più, mai più!'.

L'atteggiamento è lo stesso che continuano a sostenere gli israeliani (appoggiati da moltissimi occidentali) dinanzi al conflitto con i filistei di sempre, i palestinesi.

'Loro sono la violenza, noi siamo la giustizia. Quelli sono i carnefici, noi siamo le vittime.

E quei mostri meritano una punizione e noi gliela daremo perché ne abbiamo il diritto, perché noi siamo il diritto!'.

Perché -ricordiamocelo sempre- c'è un mostro ancora più terribile che se la prende con tutti, ma soprattutto con chi non si lava i denti!














venerdì 24 novembre 2023

la violenza dei buoni

 

Che cosa resta dei maschi quando perdono il potere patriarcale ed il riconoscimento del ruolo che quel mito arrecava loro, anche e soprattutto agli occhi (e attraverso gli occhi) delle donne ?

Fragilità, depressione, ricerca di supporto, noia, incertezza, declino del desiderio, impotenza.

Crisi di identità, in generale.

Ed incapacità, se non da parte di alcuni e a fatica, di andare a co-costruire (insieme alle donne) un percorso meno segnato dalla prepotenza, dall'arroganza, dal sopruso e dall'abuso.

Virginia Woolf già se lo chiedeva, più di un secolo fa: che cosa resterà del maschio quando non potrà più riflettersi nello sguardo -tradizionalmente votato all'adorazione- delle donne?

Sta accadendo.


Ma ancora permangono dimensioni paternalistiche: il mito del ritorno del Padre, la richiesta di un Super Ego capace di dirigere la morale personale, l'istanza di un Capo a cui delegare la decisione politica e l'organizzazione sociale, di una Legge che ponga rimedio al Male.

La grande illusione autoritaria ed antidemocratica che va ad insinuarsi nei meandri dei fallimenti a cui siamo andati incontro nelle nostre cosiddette 'democrazie'.

Niente di nuovo sotto il sole: è già accaduto un secolo fa.

Sta riaccadendo, anche da parte di donne (e non parlo della sola, mitica, Giorgia).


Ma ancora permangono dimensioni maternalistiche: donne che non lasciano i compagni perchè hanno paura che si facciano del male, che stiano male, che facciano del male a loro stesse o ad altri/e. Donne troppo buone, ancora troppo accudenti e ricattabili, ancora poco assertive e poco autonome.

La grande illusione della bontà contrapposta alla cattiveria, dell'accoglienza totale contro i rifiuti, le debolezze, i conflitti. Una concezione totalizzante dell' 'amore' come soluzione (privata) ai problemi (sistemici) del mondo. (E non parlo soltanto della sola, mitica, Vergine Maria).

Accade continuamente, ed è spesso esaltata (da mamme, insegnanti, giornalisti, esperti, preti) quale antidoto alla violenza, mentre ne è una delle cause più potenti.


Come se ne esce ?

Non certo attraverso la fluidificazione sessuale.

Non certo attraverso la categorizzazione delle differenze.

Non certo attraverso l'aggravamento delle leggi.

Non certo attraverso l'aggiunta di una disciplina scolastica.

Non certo attraverso manifestazioni di parte che ne mostrificano un'altra.

Non certo attraverso la chiusura autistica nelle proprie identità, certezze, gruppi di riferimento, chat sui social.


Imparando a vivere le differenze ed i conflitti, ad abitare i dilemmi del vivere, a non cercare scorciatoie.

Accogliendo le emozioni, i sentimenti, le paure, i dolori ed i piaceri dell'esistenza.

Accrescendo la nostra autonomia nelle relazioni (che non è dipendenza e che non è indipendenza).

Accettando l'ineliminabile, inevitabile interdipendenza delle nostre vite.

Lavorando sulle soglie sottili che separano violenza e nonviolenza, invadenza e rispetto, amore e obliterazione di sé e dell'altro.


Tutto l'opposto di quel che -non solo il governo di destra, ma anche -troppo spesso- chi manifesta contro la violenza e la guerra- sta proponendo e cercando di ottenere oggi, ancora permeati come sono di paternalismo e maternalismo, perlopiù incoscienti.






martedì 21 novembre 2023

irrispettosamente vostro...

 

Le relazioni umane che non si fondano sull'accettazione dell'altro come altro legittimo nella convivenza non sono relazioni sociali.

Noi esseri umani non siamo sempre sociali; lo siamo soltanto nelle dinamiche delle relazioni di reciproca accettazione.

Le relazioni di lavoro, secondo quanto detto, non sono relazioni sociali, perchè si basano sull'impegno di eseguire un compito e l'esecuzione del compito; in tali relazioni, è l'unica cosa che importa. In altre parole, per assumere un impegno di lavoro, il fatto che i partecipanti siano persone, esseri multidimensionali è essenziale, ma -una volta assunto l'impegno- il fatto che i partecipanti siano persone e abbiano altre dimensioni relazionali è irrilevante.

Nel contesto delle relazioni sociali non c'entrano i sistemi giuridici perché le relazioni umane si producono nell'accettazione reciproca e, pertanto, nel reciproco rispetto. I sistemi giuridici si costituiscono come meccanismi di comunicazione comportamentale tra persone che non costituiscono più dei sistemi sociali.

Affermo quindi che i fenomeni sociali hanno a che vedere con la biologia e che l'accettazione dell'altro non è un fenomeno culturale.


Quale profondo cambiamento di premesse dovrebbe fare il nostro sistema di vita e di pensiero, se volesse davvero costruire relazioni di reciproca accettazione e di rispetto!

É per questo, per non cambiare nulla, che proseguiamo e proseguiremo , come fessi indefessi, a rintracciare soluzioni (repressive, istruttive, rieducative...) che invece si nutrono delle stesse premesse responsabili del problema emergente (in questo caso, ad esempio, la violenza di maschi sulle donne).

Ecco perché si blatera continuamente di nuove leggi securitarie, di sempre più controllanti sistemi di prevenzione e punizione, di ore scolastiche dedicate alle relazioni ed agli affetti...

Se non fosse tragico, sarebbe ridicolo (anzi, lo è, comunque).

Siamo soltanto dei poveri disperati che si arrabattano a coprire con pannicelli caldi una violenza sistemica a cui non vogliamo e non possiamo rinunciare, perché è la violenza a strutturare la nostra cultura e la nostra civiltà (capitalista, militarista, discriminatoria, gerarchica, razzista e specista).

La sorella di Giulia l'ha detto giusta, e non sarà perdonata: 'Filippo non è un mostro, è il figlio sano di una società patriarcale.'

Ma...


Di solito parliamo come se il potere ce l'avesse l'altro e in verità non è così. Dove sta il potere del militare? Nell'obbedienza dell'altro. Se do un ordine al soldato e questo non obbedisce, dove sta il mio potere? Il potere non è qualcosa che possiede una persona od un'altra, è una relazione nella quale si concede qualcosa a qualcuno attraverso l'obbedienza e l'obbedienza si costituisce quando si fa qualcosa che non si vuole fare, aderendo a una richiesta. Chi obbedisce nega se stesso, perché -per evitare o ottenere qualcosa- fa ciò che non vuole su richiesta dell'altro.

A mio modesto parere, la cultura tradizionale del patriarcato oggi è divenuta minoritaria e periferica anche tra i maschi. Le forzature e le violenze maschiliste mi appaiono soltanto come un residuo parziale ed archeologico di una cultura che fu.

Quel che oggi permane e sussiste è ben più subdolo e pericoloso: è la cultura paternalista/maternalista di cui entrambi i sessi dovrebbero farsi carico perché entrambi i sessi ne sono relazionalmente responsabili e complici.

Se preferite, la dico così: oggi, il patriarcato non si esprime più in forme di hard power -come poteva accadere normalmente in passato e prosegue ad accadere saltuariamente o all'interno di situazioni culturali arretrate oggi-, ma di soft power; cioè, appunto, mediante la collusione tra paternalismo (soprattutto maschile) e maternalismo (soprattutto femminile).

La violenza oggi si esercita più facilmente infatti proprio attraverso la cura indebita, la falsa empatia, le attenzioni e le correzioni a fin di bene, la gestione delegata dei conflitti, la protezione ossessiva dell'altro per controllarlo e renderlo addomesticato ed obbediente, capace così di sopportare le relazioni di dominio quotidianamente vissute (a lavoro, a scuola, in famiglia, nella coppia...).

Di questo dovremmo parlare, su questo -uomini e donne- potrebbero e dovrebbero collaborare, se davvero volessimo uscire dalla violenza strutturale e culturale in cui siamo collusivamente immersi -tutti e tutte, in pari grado- e non soltanto urlare, piangere, maledire, reagire momentaneamente (e solo con modalità colpevolizzanti e proiettive) ogniqualvolta la violenza si manifesta in forma aggressiva e diretta.


Le citazioni in corsivo sono tratte da H.Maturana-X.Davila, Emozioni e linguaggio in educazione e politica, Elèuthera, 2006








domenica 19 novembre 2023

silenzio di tomba

 

Quando il capitale morale di Israele sarà del tutto consumato ? Mai.

Quando finirà in Occidente la sua rendita morale sull'Olocausto ? Mai.

Sembra proprio che in Israele 'Se questo è un uomo' di Primo Levi non sia mai passato in libreria.

Il traguardo criminale -che avevo prefigurato qualche post fa- di 20.000 morti palestinesi si avvicina. E probabilmente sarà superato, se sarà attaccata anche l'area sud di Gaza.

Gli sarà posto un limite (visto che Israele non è capace di porsene alcuno) ? Non accadrà.


Quando si farà una vera mediazione con veri mediatori tra le parti ? Mai.

Neanche Oslo lo era stata (i veri nemici (gli integralisti islamici ed ebraici) erano stati esclusi dalla trattativa, e la loro rivalsa non ha tardato a giungere subito dopo).

Qualcuno potrà mai sostituire gli Stati Uniti in questo ruolo? No, nessuno, mai.

E quindi si potrà mai raggiungere un accordo di pace, che non sia solo un armistizio, in loro presenza ? No, è impossibile.


Quando la si smetterà, anche qui da noi, di considerare Hamas alla stregua di partigiani e liberatori, peraltro da parte degli stessi che (giustamente) negavano questa stessa qualifica agli ucraini, nella prima fase di quell'altra guerra famigerata e ancora in corso ? Non si smetterà.

Quando le comunità ebraiche occidentali saranno capaci di dissociarsi dalle azioni criminali perpetuate da decenni da Israele ? Mai.

Quando i paesi islamici e/o arabi affronteranno davvero la situazione anziché proseguire a fare proclami e a minacciare l'esistenza dello Stato israeliano, solo per propaganda? Inutile crederlo.


Se queste domande sono decisive e se le risposte sono queste, risulta evidente che il nostro informarci e commentare su quel che sta avvenendo svolge una funzione di pura copertura.

E che la guerra finirà solo quando chi fa la guerra lo deciderà.

In fondo, d'altronde, ci interessa davvero quel che accade laggiù ?

Proviamo ancora qualcosa per l'Altro ?

Nel nostro vivere qui, c'è qualcosa che pensiamo e facciamo che non sia per noi e basta ?

Sinceramente, no.

E le cose purtroppo non si possono risolvere come ci fa credere il sempre caro Ken Loach nel suo ultimo patetico (in vari sensi) The old oak.

Se fosse quella la soluzione, sarebbe stato meglio per tutti restare cattolici, e vivere di fede, speranza e carità (merci rare, peraltro, ormai e non a caso, anche tra gli stessi cattolici).





venerdì 10 novembre 2023

noi, cannibali

 

Ho visto ieri 'I cannibali' di Liliana Cavani, un film del 1970.

Una spettrale Milano, corredata da migliaia di cadaveri -ex ribelli uccisi- sulle strade e da camionette della Sicurezza di Stato che impediscono ai cittadini di toccarli e seppellirli, pena la morte.

Quasi tutti obbediscono, impauriti ed impotenti, e fanno la spia alle autorità quando qualcuno -disobbedendo come Antigone a Creonte- ci prova.

Coscienza morale contro legge dello stato, tipico dilemma della nonviolenza.


Vedendolo, impossibile non ritrovarsi a Gaza.

Quelle migliaia di morti dissepolti tra le strade, coperti dalle macerie, pietosamente avvolti da poveri sudari.

Persone assassinate per ragioni di stato, per una legittimità presunta di difesa, che ammantano (malamente) la rabbia, il calcolo e la vendetta di qualcuno contro altri.

Persone assassinate dal silenzio omertoso e colluso di un popolo, quello israeliano, e di tutti noi.

Noi, che camminiamo tra i cadaveri, fingendo indifferenza (o provandola davvero, ormai).

Quando noi stessi ci ritroveremo a vivere nel disastro, a mendicare 'pause umanitarie' gentilmente concesse dai signori della guerra, solo per poter fuggire non si sa bene dove, per tentare soltanto di sopravvivere, sarà troppo tardi.


A far da contraltare alle stragi di bambini e ragazzini, ci riempiamo la bocca di buoni sentimenti per riuscire a portare in Italia Indy, la bambina inglese.

Una povera malatina incurabile viene utilizzata a fini di propaganda, per tentare un assurdo e ridicolo contrappeso con i morticini di Gaza.

Non vogliamo mai smettere di voler apparire buoni, soprattutto se vogliamo continuare ad essere cattivi.

Ma anche quel Bambin Gesù -a cui si intitola il nostro caritatevole ospedale- è già così morto da tempo.

Perchè accanirsi? Perchè insistere ancora?

 





martedì 7 novembre 2023

CIAK, SI (RI)GIRA!


Il film l'abbiamo già visto, è sempre lo stesso, è sempre quello...

Lo stesso che abbiamo già visto e rivisto negli ultimi anni.

Anche la colonna sonora non cambia: è il suono delle bombe ad accompagnarlo.

Gira che ti rigira, guerra bella...

E la guerra gira e rigira le ragioni e i torti, i buoni e i cattivi, le verità e le menzogne.

Ritornano i soliti buoni (gli Stati Uniti) ed i soliti buoni a nulla (l'OLP di Abu Mazen).

Ritornano i soliti cattivi terroristi e aggressori ingiustificati ed ingiustificabili (ora Hamas, poco fa i russi, ancora prima Al Qaeda, Saddam o Gheddafi...).

Il film procede poi con la solita trama, a ripetere gli stessi gesti, le stesse inutili parole, gli stessi vuoti appelli a negoziare, le stesse petizioni di principio, le stesse condanne, giustificazioni ed autoassoluzioni.

E gli stessi morti (esseri umani, persone normali, come noi, come siamo e saremo noi).

 

Il copione prevede -nel frattempo- manifestazioni pro-Palestina o pro-Israele: anzichè provare a porsi come terza forza di mediazione ed interposizione non armata fra le parti, indipendentemente dalle opposte punteggiature sul passato, anche recente. Con l'avvio della distruzione di Gaza e col massacro dei suoi cittadini questa strada è ormai stretta, disperata, quasi impraticabile. E' il risultato che terrorismo e guerra, di entrambe le parti. volevano e vogliono ottenere, e -ancora una volta- riuscendo nell'intento. Il copione prevede infatti che le potenziali terze forze restino assenti, ammutolite, balbettanti, che riescano a malapena a invocare pause o tregue, peraltro dividendosi tra loro: alcuni governi sono apertamente schierati con Israele, altri si stracciano le vesti per i palestinesi. Come già accaduto per la guerra ucraina (ma -come purtroppo vedremo  e agiremo e subiremo- con espansioni e conseguenze ben più gravi ed irreversibili), ci si limita a tifare per la Roma o per la Lazio, a lanciare anatemi, a tentare di aizzare o sedare le popolazioni a seconda delle finalità di potere interne a ciascuno Stato.

 

Già si guarda al dopo, dicono in tv.

Quando si sarà fatta terra bruciata a Gaza, Israele controllerà il territorio e ne garantirà la sicurezza (per se stesso, non per i palestinesi superstiti, sempre che questi vogliano e possano tornare e che trovino qualcosa che almeno assomigli ad un campo profughi al posto dei loro palazzi sventrati).

Quando Hamas sarà estirpato dalla Striscia, i loro capi sterminati, i loro tunnel e le loro rampe di lancio resi inservibili, gli ostaggi liberati, tornerà la pace e l'OLP tornerà a fare il governo fantoccio, come già accade da tempo in Cisgiordania.

Così dicono. Ma per ogni militante ucciso, questa guerra ne genererà di nuovi a decine.

Per ogni razzo che viene neutralizzato, altri dieci ne arriveranno da chi ha armato Hamas.

Per ogni bambino ucciso, avremo un kamikaze in più pronto a farsi esplodere in una qualunque città dell'Occidente.

Anche questo film l'abbiamo già visto, e sappiamo già come va a finire.


Lo stesso vale per le deportazioni di massa in corso.

Quelle che Israele sta generando a Gaza (e chissà chi si prenderà i profughi questa volta, e quanti soldi arriveranno, come sempre, a Giordania ed Egitto perché se li tengano a casa loro, prima o poi).

É la stessa logica che spinge l'Italia a deportare gli immigrati in Libia, in Tunisia (accordo, per ora, non riuscito) o -come annunciato ieri- in Albania.

Situazioni fuori controllo e fuori legge, che nessuno andrà a verificare: vere e proprie macellerie di stato, lager ammantati di buona creanza, depositi di scarti umani in attesa di rimpatrio, dopo viaggi allucinanti.

Le 'democrazie' (statunitensi, europee, israeliane) possono permettersi questo e altro, proprio in virtù del loro autoproclamarsi tali e sostenersi a vicenda in questo immondo teatrino del mondo.

Il set ed il cast li facciamo noi, da sempre.

Ma il cerone inizia a sciogliersi e le maschere stracciate svelano ormai il nostro vero, mostruoso volto, sempre più osceno ed arrogante, sempre meno umano.