mercoledì 9 aprile 2025

per chiarità

La forza è la facoltà di muovere come si vuole un altro corpo, e necessariamente si muove un altro o tirandolo o spingendolo, o sollevandolo, o schiacciandolo, o comprimendolo (Aristotele, Retorica, 1361b, 15)

'Stanno venendo uno ad uno a baciarmi il culo', sintetizza icasticamente ed efficacemente il tycoon.

'Il bazooka è lì, pronto all'uso', dichiara l'agitato portavoce dell'Europa.

'Siamo pronti a lottare', declamano i cinesi, colpiti da dazi che vanno ora oltre il 100%.

Picchiare forte e duro è l'unica arma che resta quando alle regole della violenza strutturale coperta (sancite per decenni da ONU, WTO e CPI, istituzioni ora saltate e umiliate dagli stessi paesi 'civili' che le avevano create) si sostituisce la violenza aggressiva, esplicita e diretta delle parole e dei comportamenti.

Ora dobbiamo e possiamo solo stare a guardare, per aspettare di capire chi vincerà questa guerra (commerciale) e quella prossima (militare).

Così siamo ridotti, in questa 'democrazia'.


La fortuna è causa dei beni che sfuggono al calcolo: ad esempio se uno è bello mentre gli altri suoi fratelli sono brutti; oppure se qualcuno ha trovato un tesoro che altri non avevano visto; oppure se il dardo ha colpito il vicino e non lui; oppure se non essendo egli solo venuto in un luogo dove sempre veniva, gli altri che vi venivano per la prima volta, vi perirono… (idem, 1362a, 5-10)


L'Indonesia è il primo paese ad offrirsi per ospitare i fratelli palestinesi che lasciassero Gaza o la Cisgiordania.

Il fronte islamico inizia ad arrendersi a Trump e Netanyhau.

Il campo di sterminio che Israele ha organizzato scientemente sin da subito dopo il 7 ottobre, appoggiato da tutto l'Occidente, inizia ad ottenere i suoi dividendi: 

la Terra Promessa agli ebrei sta per tornare ai sionisti, intera e indivisa. Saranno eretti i resort sulla costa insanguinata.

Ed Israele -statene certi- ci guadagnerà ancora. E non pagherà dazio.


Sul fatto che vi sia colpevolezza non vi sarà mai riconoscimento; in caso contrario non vi sarebbe bisogno di processo. Parimenti anche i consiglieri spesso lasciano perdere gli altri fini, ma non riconoscerebbero mai che le cose che consigliano siano dannose o che quelle che sconsigliano siano utili...(idem, 1358b, 35)

'Mi amo troppo per stare con chiunque', ha scritto Sara Campanella, l'ennesima ragazza uccisa qualche giorno fa a Messina.

E tutti a mettere la frase in risalto, sugli striscioni e nelle pubblicità, nei media e sui social.

Una frase che -se la ben intendo- mi spaventa quanto i suoi uccisori.

E mi inquieta il fatto che altri la utilizzino come slogan positivo.

Ma cosa può significare (la frase stessa ed il suo uso successivo) ?

Perché è considerata una frase contro la violenza e non (come mi appare) un incitamento ad essa?

Qualcuno può aiutarmi a capire?






















domenica 6 aprile 2025

disintossicarsi

 Mi è stato chiesto di proporre alcune idee per disintossicarsi da internet e social all'Università...

Eccole:

1. Dall'addizione alla sottrazione:

La scuola e l'Università stanno potenziando ed accelerando esponenzialmente i processi di digitalizzazione-virtualizzazione del circuito insegnamento-apprendimento, rafforzando ulteriormente la delega e la dipendenza dalle tecnologie informatiche e dalle reti di interconnessione globalizzate. La disabilitazione delle competenze tradizionali personali e collettive (conversazione, lettura, scrittura, riflessione approfondita, orientamento etico, ma anche più semplicemente spazio-temporale...) risulta sempre più evidente. Considerato che queste tendenze appaiono al momento irrefrenabili ed anzi destinate a crescere, appare urgente iniziare a ri-considerare la situazione da una prospettiva psico-pedagogica e approntare una serie di misure limitative-sottrattive-compensative che aiutino docenti e studenti ad attraversare questa trasformazione repentina senza concedersi ad essa solo e soprattutto in termini passivi e puramente adattativi, come invece sta avvenendo.

 Azioni per la riduzione dell'impatto tecnocratico:

A. contestuali (per tutti, studenti e docenti, all'interno delle aree universitarie):

-divieto d'uso dello smartphone in aula

-creazione di aree smartphone-free, adatte alla conversazione attenta e all'ascolto attivo, alla lettura ed alla riflessione, senza interruzioni e disturbi

-formazione per attività didattiche ludicizzate (non gamificate), co-costruttive (non trasmissive), formative (non informative), tali da generare motivazioni intrinseche ed un clima di benessere nella classe (P. Gray). Ad es.: limitazione di slides e LIM ad un uso illustrativo-ancillare e non sostitutivo-strutturale nello svolgimento delle lezioni (vedi: metodo Pechakucha).

B. relazionali:

-Attività per l'empowerment personale finalizzato ad una crescente autonomia, selettività consapevole e spirito critico nell'uso e nella gestione della tecnologia digitale e dei social;

-Laboratori auto-riflessivi e di condivisione per confrontarsi e 'disintossicarsi' dalla dipendenza e dall'uso compulsivo-ossessivo (addiction) degli strumenti digitali.

 

2. Dal reality alla realtà

I processi simulativi e virtualizzati, inizialmente paralleli al mondo reale delle relazioni, si stanno progressivamente sostituendo ad esso. Essi risultano più immersivi, più appaganti, più confermanti, più facili e più 'smart' di quel che il mondo reale offre e propone, facilitando quindi una sua -sempre più automatica ed apparentemente gratuita- surrogazione.

I circuiti dopaminici auto-rigeneranti all'infinito, programmati da studiosi e tecnologi di alto livello, stanno ottenendo gli effetti auspicati: una continua e pressante attivazione (con conseguente frammentazione dell'attenzione e privazione del sonno), che non può fermarsi, se non a costo di deprimersi e sentirsi -appena disattivati- spersi, annoiati e vuoti. Il malessere che si diffonde oggi soprattutto tra adolescenti e giovani nativi digitali si fonda su due capisaldi negativi simultanei: l'iperprotezione-immunizzazione dal mondo reale (adulti iper-controllanti e giovani iper-controllati) e l'assenza di protezioni invece sul versante delle reti social-digitali (Haidt).

 

Azioni per favorire un ritorno alla distinzione tra realtà reale e simulata:

-attività che invitino -in contesti non iperprotetti- ad un'apertura verso l'umano, con una messa in gioco dei propri sistemi integrati corpo-mente, che permettano di esplorare e condividerne i limiti, le fragilità e le potenzialità d'avventura e le esperienze di flusso (Csìkszentmihàlyi), per non restare intrappolati dietro 'schermi' e dentro 'comfort zone' rassicuranti, ma non evolutivi;

-attività che invitino all'apertura verso il mondo vivente non umano, naturale ed animale, selvatico e 'altro da noi', per entrare in contatto con alternative di vita e con modalità di relazione e di conoscenza meno autocentrate ed antropocentriche (seguendo le più recenti teorie zooantropologiche e le pratiche dell'educazione in natura (outdoor education- Guerra, Marchesini)

 

 3. Dallo specchiarsi al rispecchiarsi

Il continuo e coattivo specchiarsi negli schermi digitali sta comportando un trasferimento di attenzioni e significati verso un io narcisista, esibito, perennemente 'in posa', sotto osservazione e sotto giudizio valutativo-comparativo.

Il che va a generare effetti devastanti e disabilitanti nella dimensione relazionale fondamentale, quella del rispecchiamento (auto)riflessivo: bassa autostima, gregarismo e spinta all'omologazione di immaginari e gusti estetici, ansia di prestazione, escalation competitiva, (auto)colpevolizzazione, alessitimia, anoressia fisica e mentale, anedonia, isolamento difensivo, sino all'autolesionismo. La deprivazione sociale è la conseguenza paradossale di un'ipertrofia connessionista (Turkle).

Tutto questo ha delle conseguenze fortemente disabilitanti, sia in termini di orientamento personale, sia della partecipazione alle dinamiche sociali e politiche, con un senso di distanza ed impotenza crescente nei confronti di un agire democraticamente inteso.

Azioni per provare a rianimare l'esistenza di un Sé sociale:

-attività che permettano e sviluppino la consapevolezza emotiva, l'empatia e la cooperazione in situazioni reali di condivisione e convivenza, che accrescano la capacità di abitare le soglie, valorizzare e rispettare le differenze, negoziare i conflitti, ridurre la violenza diretta, strutturale e culturale (Galtung);

-training alla nonviolenza in vista dell'elaborazione-esecuzione di azioni partecipative rivolte ad un cambiamento collettivo nell'approcciarsi alle tecnologie ed ai social;

-azioni nonviolente di pressione e protesta: ad es. organizzare una giornata di sciopero simbolico collettivo in cui studenti e professori spengono smartphone e computer e si astengono dal loro uso, incontrandosi in altre forme (laboratori, feste, giochi liberi...)

venerdì 4 aprile 2025

dazi... so' cazzi!

La guerra commerciale è iniziata, la pax romana globalizzata è finita.

Gli Stati Uniti, dopo aver massacrato mezzo mondo ed aver colonizzato il nostro continente per quasi un secolo, ora si ergono a vittima di ingiuste tassazioni da rapina di cambogiani e bengalesi, oltre che del furbesco parassitismo europeo.

Il modello vittimario israeliano funziona, continua, si rafforza e si espande. 

Il declino statunitense procede ed altre sue mosse disperate si paventano all'orizzonte (tra cui, la guerra).

E giustifica il circolo della violenza sedicente difensiva: rivalse, estorsioni e ritorsioni, vendette, riarmi.


L'Unione Europea non sarà da meno, c'è già dentro sino al collo (sia nella logica della ritorsione che nel declino).

L'escalation è nelle cose, non si riuscirà a fermarla, checché ne pensi e dica la Meloni (che sta assumendo una posizione prudente e ragionevole, ma perdente).

Dazi e controdazi si susseguiranno, perché la logica della guerra che avanza non potrà essere che questa.

Così come accaduto in Ucraina e Palestina, si parla di trattative e negoziati, ben sapendo che sono solo parole che servono soltanto a coprire gli strappi irrimediabili della realtà.

E la realtà ci dice che l'attacco ai decadenti sistemi liberal-democratici è in corso, e la loro catastrofe lascerà gloriose vittime sul campo.


Russia, Cina e India stanno a guardare, e ne godono.

Dopo aver tolto Africa e Asia all'Occidente, ora si apprestano a spolpare USA ed UE, strani alleati in guerra fra loro.

Cosa volere di meglio?

La distopia fantascientifica di un impero asiatico (un neo-zarismo maoista-leninista-induista) si avvicina.

Gli Stati Uniti lo sanno e -mentre si industriano a far fuori noi europei- si preparano già ad affrontare in una guerra indo-pacifica il loro vero nemico del XXI secolo.

Quelle che vediamo oggi sono soltanto le sue prove generali.

Il che non può consolarci, ma ce ne evidenzia i contorni in termini storici e geopolitici.

mercoledì 2 aprile 2025

pèrdere il perdòno per dono

 Qualche giorno fa ho fatto un intervento in facoltà sul perdono..


Per iniziare a costruire una cultura del perdono (ma io preferirei dire della 'riconciliazione unilaterale'), che non sia corrosa da un buonismo pacificante, di matrice laica o religiosa, è necessario disarmare le menti, cioè decostruire la cultura della colpa.

Cultura sulla quale si fonda buona parte dei nostri processi e delle nostre strutture di civilizzazione, a sua volta sorretta da alcuni capisaldi, che qui posso solo limitarmi ad accennare:

  • il sacrificio (vedi Girard ed i suoi scritti sul capro espiatorio);

  • la volontarietà (sulle aporie della volontà e del libero arbitrio in relazione alla liceità della pena, vedi ad es. Karman di G. Agamben);

  • il merito, che traduce in democrazia quel che il modello 'premio-punizione' rappresenta(va) nei sistemi autocratici.

Da qui si può intuire la complessità del tentativo che qui vorremmo proporci ed i motivi per cui, all'inverso, risultino sempre più probabili -se restiamo all'interno di quegli assunti- che si realizzino invece i processi inversi, animati da spirito di rivalsa, risentimento, vendetta, spesso ammantati e malcelati dalla parola-toccasana: giustizia.

'L'errore non esiste. Non ci sono colpevoli e innocenti, non esistono meriti e peccati, il bene e il male; colui che ha inventato queste idee ha messo l'uomo fuori strada.' (O. Tokarczuk, I vagabondi)

Si vuole diventare migliori, si dice; in realtà ci si vuole rendere le cose più facili. (E. Canetti)

E non può essere un caso -ma anzi una conseguenza necessaria ed inevitabile- che tutti noi, ma soprattutto i giovani, vivano oggi una sensazione di fortissima inadeguatezza, corredata da altissime ansie di prestazione e irresolubili sensi di colpa.

'Sbaglierò tutto -dice mio fratello- sento arrivare solo i pensieri sbagliati. E se faccio casini?', vuole sapere. Si è rimesso a fumare, una sigaretta dopo l'altra dopo l'altra. 'Sarai perdonato', gli dico.' (J. Offill, Tempo variabile).

La visione nonviolenta (sistemico-ecologica) propone un paradigma alternativo, in cui la colpa è sganciata dalla responsabilità ed anzi viene considerata come un dispositivo di copertura per evitare le responsabilità e per non sentirsi parte del problema.


L'area nera è caratterizzata proprio dall'(auto)colpevolizzazione e nutre e si nutre di una cultura individualistica e securitaria.

Il passaggio all'area blu è delicato e sempre precario, ma è l'unico a poter determinare una vera e reciproca corresponsabilità, seppure in diverse misure e gradi tra le parti; solo qui si possono creare fiducia ed autonomia nella relazione tra le persone e i gruppi.

Un ulteriore, rarissimo, salto è quello prefigurato nell'area verde: la ricontestualizzazione.

Cioè la possibilità di riconsiderare il problema dall'alto, in una sapiente accettazione dell'accaduto, divenuti capaci (come è stato per Gesù, Francesco d'Assisi, Gandhi, Buddha, Socrate, Nelson Mandela e altri...) di un'altissima consapevolezza che va oltre il bene ed il male, l'azione e la reazione, il crimine e la giustizia degli umani.

'Quando l'arcobaleno delle culture umane si sarà inabissato nel vuoto scavato dal nostro furore; finchè noi ci saremo ed esisterà un mondo – questo tenue arco che ci lega all'inaccessibile resisterà; e mostrerà la via inversa a quella della nostra schiavitù, la cui contemplazione, non potendola percorrere, procura all'uomo l'unico bene che sappia meritare:sospendere il cammino; trattenere l'impulso che lo costringe a chiudere una dopo l'altra le fessure aperte nel muro della necessità e a compiere la sua opera nello stesso tempo in cui chiude la sua prigione; questo bene che tutte le società agognano, qualunque siano le loro credenze, il loro regime politico e il loro livello di civiltà; in cui esse pongono i loro piaceri e i loro ozi, il loro riposo e la loro libertà...'

(C. Levi-Strauss, Tristi tropici)









L'area nera è caratterizzata proprio dall'(auto)colpevolizzazione e nutre e si nutre di una cultura individualistica e securitaria.

Il passaggio all'area blu è delicato e sempre precario, ma è l'unico a poter determinare una vera e reciproca corresponsabilità, seppure in diverse misure e gradi tra le parti; solo qui si possono creare fiducia ed autonomia nella relazione tra le persone e i gruppi.

Un ulteriore, rarissimo, salto è quello prefigurato nell'area verde: la ricontestualizzazione.

Cioè la possibilità di riconsiderare il problema dall'alto, in una sapiente accettazione dell'accaduto, divenuti capaci (come è stato per Gesù, Francesco d'Assisi, Gandhi, Buddha, Socrate, Nelson Mandela e altri...) di un'altissima consapevolezza che va oltre il bene ed il male, l'azione e la reazione, il crimine e la giustizia degli umani.

'Quando l'arcobaleno delle culture umane si sarà inabissato nel vuoto scavato dal nostro furore; finchè noi ci saremo ed esisterà un mondo – questo tenue arco che ci lega all'inaccessibile resisterà; e mostrerà la via inversa a quella della nostra schiavitù, la cui contemplazione, non potendola percorrere, procura all'uomo l'unico bene che sappia meritare:sospendere il cammino; trattenere l'impulso che lo costringe a chiudere una dopo l'altra le fessure aperte nel muro della necessità e a compiere la sua opera nello stesso tempo in cui chiude la sua prigione; questo bene che tutte le società agognano, qualunque siano le loro credenze, il loro regime politico e il loro livello di civiltà; in cui esse pongono i loro piaceri e i loro ozi, il loro riposo e la loro libertà...'

(C. Levi-Strauss, Tristi tropici)








lunedì 31 marzo 2025

war keeping

 

Stati volenterosi vari, guidati dai cavalieri dell'apocalisse francesi e britannici, vogliono creare la Forza di rassicurazione, da mandare in Ucraina.

Ma rassicurazione per chi? Non certo per la Russia.

E come si può pensare di arrivare ad una pace qualunque, o anche soltanto ad una tregua, senza rassicurare anche e soprattutto il nemico?

Non può esistere sicurezza reciproca senza reciprocità nella sicurezza.

L'Europa disunita lo sa bene. E si prepara alla guerra, invitandoci -tra frizzi e lazzi- a dotarci di uno zainetto per la resilienza, per resistere chiusi in casa almeno 72 ore, magari proprio sotto un bombardamento (atomico) russo.


Intanto, Israele sotterra definitivamente i palestinesi con un volantino più spietato delle bombe: qualunque cosa vi faremo, al mondo non gliene fregherà nulla.

Ed è proprio così, purtroppo. Possono fare quel che vogliono e nessuno reagirà.

Così come può farlo Erdogan contro i suoi stessi cittadini.

Ed il regime birmano, che bombarda dai cieli una popolazione già stremata dal terremoto.

In Israele ci vorrebbe un'alyà alla rovescia: ebrei che lasciano in massa il paese per non essere complici di un genocidio. Oppure sogno un'occupazione alla rovescia: i palestinesi di Gaza che trovano la forza di abbandonare Hamas e attraversano il confine, stanziandosi in territorio israeliano.


Insisto: come già accaduto in Iran e -ancor prima- nelle primavere arabe, i regimi autocratici resistono a qualunque manifestazione di piazza, anche se quotidiane e di massa. Accade anche qui da noi, ormai. Figuriamoci lì.

Gli stati vanno paralizzati in quel che li tiene in piedi: il lavoro quotidiano, le attività economiche, il sostegno alle istituzioni burocratiche in cui operiamo giornalmente.

Se non si bloccano queste, e si prosegue a collaborare a quel livello, è inutile correre a manifestare ogni sera, dopo il lavoro.

E non si può proseguire a votare, quelli che ci dominano, o altri che dicono di opporsi. Primo, perchè questi ultimi lì non riescono neanche più ad arrivare liberi, sani e salvi al voto; secondo, perchè -anche se ci arrivassero -come già accaduto ripetutamente anche qui da noi (Cinque stelle docent)- farebbero proprio quel che contestavano ai loro avversari.


Lo si dimostra di nuovo oggi: la posizione pacifista di Conte non sarebbe la stessa se fosse al Governo. Ed i distinguo della Schlein sul riarmo non avrebbero trovato alcuna voce se il PD fosse in maggioranza.

Se Draghi, Monti, Letta, Gentiloni, Renzi potessero tornare a governarci oggi, sarebbero già sdraiati ai piedi della Von Der Leyen.

Altro che anomalia meloniana!

La situazione è talmente assurda che -per rallentare la psicosi in corso- dobbiamo confidare nei patrioti salviniani. E nel compagno Trump.

Ma è una fiducia mal riposta, lo so: quando la guerra avanza nelle menti, ancor più che nelle cose, nessuno può fermarla.

Neppure i più sbruffoni.

giovedì 20 marzo 2025

dispotismi lucidati

 Approvato che la Terra è del Signore, come la sua abbondanza; approvato che la Terra viene concessa ai santi; approvato che noi siamo i santi. (da un assemblea cittadina, tenutasi a Milford, Connecticut, nel 1640)

La tirannide tende a tre fini: che i sudditi abbiano pensieri meschini (un pusillanime non si rivolterà contro nessuno), secondo, che siano in continua diffidenza l'uno dell'altro (la tirannide non si distrugge prima che si stabiliscano rapporti di reciproca fiducia tra loro: per questo i tiranni fanno guerra contro gli uomini eccellenti, in quanto dannosi al potere, non solo perché questi non ritengono giusto essere soggetti a un governo dispotico, ma anche perché sono leali con se stessi e cogli altri e non tradiscono né se stessi né gli altri), terzo, che siano nell'impossibilità di agire (perché nessuno si accinge all'impossibile e quindi neppure a sovvertire la tirannide, quando ne manchi la possibilità)…

Eppure a chi voglia riflettere potrebbe forse sembrare davvero strano che compito dell'uomo di stato sia poter esaminare i mezzi per dominare e tiranneggiare gli altri, volenti o non volenti. Come potrebbe essere degno di un uomo di stato o di un legislatore ciò che non è legale? E non è legale dominare, non solo secondo giustizia, ma anche contro giustizia: e si può esercitare la forza anche ingiustamente...Eppure i più pare che ritengano il dominio dispotico una vera forma di governo, e quel che ciascuno non crede giusto né utile per se stesso, non si vergogna di usarlo cogli altri…

La grandissima maggioranza degli stati militaristi rimangono in piedi quando combattono, crollano quando hanno conquistato un impero: in tempo di pace perdono la tempra, come il ferro. Responsabile è il legislatore che non li ha educati a saper vivere in ozio.

(Aristotele, Politica, libri VI e VII)


Gli uomini (e donne-uomini) di stato si stanno rivelando per quel che sono: dei despoti che, più si scoprono impotenti verso chi e ciò che è più forte di loro, più si fingono onnipotenti verso chi e quel che tengono sotto (e va sempre più giù). Gli esempi non sono mai mancati nella storia, ma oggi è in corso una gara tra loro che non si era più vista da tempo.

La lucida follia della Meloni: ha parlato di 'riarmo sostenibile' e ha dichiarato però che la dizione 'Rearm Europe' è fuorviante. Ha poi letto parti del Manifesto di Ventotene, onestamente ammettendo -per chi avesse ancora dei dubbi- che 'quella non è la sua Europa'. Purtroppo non è neppure quella di molti che si stracciavano le vesti e le sbraitavano contro (per lesa maestà nei confronti dei Padri tutelari) e neppure quella della von der Leyen (che molti di loro hanno rieletto)). E meno male che, votandola, volevano evitare l'avanzata dell'estrema destra!

La lucida follia della pastora tedesca non è particolarmente originale: siamo ancora lì, come sempre, al 'si vis pacem, etc etc...' (mi vergogno anche solo a ridirlo intero…). La novità è però che 'Dobbiamo prepararci alla guerra!'. La locomotiva tedesca -che non cresce ed anzi declina da un pò- deve militarizzare la sua produzione, se vuole restare in alto, proseguire a crescere e a dominare l'Unione. Allarmare ancora una volta col pericolo russo serve soprattutto a questo. Una Germania super-armata e potente, una Germania con i baffi, ecco il vero pericolo per l'Europa e per il mondo intero: altro che Russia!

La lucida follia di Trump è quella di credere che le guerre si fermino con i soldi, con i ricatti e con la fretta. Ci sta già sbattendo contro in Palestina (la tregua è già finita) e con la Russia (non è iniziata -se non al telefono- e non ci sarà a breve). Netanyahu prosegue a fare quel che vuole, come ha sempre fatto, col permesso di tutti, in barba a qualunque negoziato. Ed è Putin a dettare le sue condizioni e a poter prendere tempo semplicemente perché ha vinto la guerra; e -ancor più semplicemente, se non fosse per i morti- altri (l'Europa e Zelensky) non le possono dettare perché l'hanno persa. Neanche Dio onnipotente potrebbe fermarli (e neppure il Dio degli eserciti). Figuriamoci Trump!

E chi prova a fermare la lucida follia di Erdogan ? Ocalan chiede al PKK di deporre, finalmente, le armi e lui, in tutta risposta, che fa? Fa arrestare il sindaco di Istanbul per corruzione e appoggio verso i 'terroristi curdi'. Ogni capo di governo sta solo cercando di tenersi in piedi e tenere il potere in questo marasma, con qualunque mezzo. Ma Erdogan è veramente insuperabile: riesce a fornire droni a tutti e a proporsi come mediatore, stare in Occidente ed entrare nei Brics, stare nella Nato e colludere con i suoi nemici, far fare le elezioni ma eliminare i rivali, sostenere la Palestina ma far soldi con i sauditi. Fantastico!

La lucida follia di Draghi ci avvolge ancora nelle sue spire: persevera con le sue ricette, che stanno alla base del disastro in cui già siamo, ma è considerato un sapiente e va ascoltato con devozione. La saggezza nonviolenta direbbe altro (https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/03/07/guerra-riarmo-cinque-passi-pace-ucraina-nonviolenza/7898653/), ma chi la ascolta? Nessuno!


lunedì 17 marzo 2025

sicuramente perduti

 Quando i colonialisti europei non riescono o non possono coinvolgere quei baracconi chiamati ONU e NATO si inventano le coalizioni dei volenterosi.

La loro campagna d'Ucraina è iniziata, dopo aver già dato il meglio di sé in Iraq o in Libia.

Per quanto appaiano molto ripetitivi nei metodi, sempre piuttosto bellicisti, sono di solito creativi nel creare i loro motti automotivanti: ora è la volta di SECURING OUR FUTURE. E almeno sono chiari: è il loro futuro che gli interessa proteggere, non quello degli altri.

Peccato che pensare alla propria sicurezza senza tener conto degli altri non potrà che metterla ulteriormente a repentaglio, come dimostrano gli eventi della storia, soprattutto recente.

Non c'è sicurezza per nessuno, se la fiducia reciproca viene compromessa proprio dal fatto che ognuno pensi soltanto alla propria, indipendentemente -o addirittura contro- quella degli altri.

Vale per le relazioni di coppia, come per i condomini e gli stati. 

Ma continuano a vivere e ad agire come se non fosse così. Fanno sospettare che amino creare disordine e paura solo per dominarci meglio.


L'altra parola d'ordine su cui si sono attestati è PACE GIUSTA.

La parola 'pace' -già da loro ripetutamente inquinata e mistificata tanto da renderla ormai inutilizzabile- non basta più neanche a loro. Deve essere giusta. Non si erano mai posti il problema quando hanno chiuso le loro guerre in Jugoslavia, in Iraq, in Libia, in Afghanistan, in Palestina. Lì l'importante era scappare prima possibile, lasciando i cocci a chi restava, dopo essersi garantiti il massimo dei propri interessi economici e geopolitici. Ora no: perché la Russia non può e non deve entrare a far parte del loro gruppo e non sarebbe giusto che ottenesse con l'aggressione e col sopruso quel che sta ottenendo con la guerra.

Ma tutti loro sanno bene che l'otterrà e che la pace giusta non ci sarà: il tempo è trascorso ed ora anche Putin vuole 'finire il lavoro', così come farebbero loro. Niente tregua, per ora, quindi. Perché, se si voleva giungere a qualcosa di almeno minimamente più equo, le trattative andavano aperte prima o subito dopo l'attacco militare russo, non a fine guerra. Ma avevano da vendere le loro armi ed i loro servizi satellitari, allora. La pace, allora, non sarebbe stata giusta (per loro).

Ed anche ora la pace sarebbe giusta se e solo se i dividendi della guerra e della ricostruzione fossero equamente distribuiti tra loro e Putin, ed è su questo che si sentono (giustamente) fregati da Trump, che invece se li vuole spartire lui col nuovo amichetto oltre Urali.

A tutti questi, dell'Ucraina e di una pace giusta per lei, non gliene è mai fregato nulla.

Così come della sorte dei palestinesi.

Credo che, almeno questo, sia ormai chiaro a tutti.


Negli ultimi decenni, tutti concentrati sulla persistenza o meno del patriarcato, ci si è dimenticati di considerare i suoi parenti terribili e minacciosi: il paternalismo ed il patriottismo. E mentre ci si lanciava contro i patriarchi residui, il richiamo all'autorità del Padre ed all'amore per la Patria proliferavano indisturbati, ed anzi ridestati ed osannati.

Come se da essi potesse addirittura giungere la salvezza da confusione e incertezze crescenti.

Come se fossero la soluzione.

Ora che vediamo tornare gli Stati nazionali che paternamente ci impongono il riarmo, e lo fanno proprio attraverso l'Europa unita, fingiamo di dimenticare l'inno di Mameli (o quello tedesco o francese, tutti intrisi di esaltazione di morte, supremazia e guerra) e vorremmo rifugiarci nell'inno alla Gioia.

Da qui la manifestazione-pateracchio di sabato per l'Europa: siamo TUTTI europei, siamo UNITI, stiamo UNITI!

Operazione nostalgia: populismo da strapazzo di una maionese impazzita.

Ma in cosa e da cosa era unita quella piazza?

Dalla paura di chi si sente perduto.

Dall'impotenza di chi sa di aver già perso.

Dalla minaccia di un nemico comune finalmente ritrovato e mai davvero perduto.

Dalla perdita di un sogno che volava oltre gli stati e la guerra: proprio l'Europa di Ventotene.

giovedì 13 marzo 2025

l'avvenire di un'illusione

 Il tempo delle illusioni è finito (Ursula von der Leyen)

La rivoluzione dettata dal capitale sta sostituendo una vecchia oligarchia, ancora mediata dal potere politico dei partiti tradizionali, con una nuova oligarchia plutocratica che ora prende direttamente ed apertamente il potere in forma di dominio autocratico e post-democratico.

L'anarco-capitalismo finanziario e militare, che già ci governava per procura e sotto copertura liberal-liberista, può ora scoprirsi apertamente e giungere ad una sua nuova fase, che non prevede più, neppure formalmente, l'esistenza del vecchio sistema, dopo averlo parassitato per decenni.

L'ascesa dei partiti d'estrema destra ne rappresenta soltanto l'epifenomeno superficiale.

E non serviranno, se non a rinviarla inutilmente e a renderla ancora più estrema quando giungerà al governo (come dimostrano le esperienze recenti del post-Biden e del post-Draghi), gli escamotage giuridico-elettorali che l'ancient regime oligarchico sta escogitando in Francia, in Germania e, in questi giorni, in Romania, pur di tentare di rimanere al potere per qualche mese o anno in più.

Tutto questo farà irritare ancora di più gli elettori, già inveleniti dalle menzogne, dall'impotenza e dall'impoverimento, che non potranno fare altro che astenersi o votare sempre più a destra, così come sta già avvenendo ovunque in Europa e nel mondo.

Noi, qui in Italia, abbiamo già vissuto l'esperienza di un piccolo Trump. Berlusconi ha tentato ripetutamente di fare quel che ora sta provando a fare il potente ciuffo biondo: i diktat bulgari contro giornalisti e autori satirici, la sua visione imprenditoriale della politica, i rapporti intimi sul lettone di Putin, gli infiniti processi giudiziari per i suoi sbandamenti erotici e fiscali.

Per quanto sia stato ormai santificato (ed eletto e rieletto, come Trump, nonostante tutto questo), non possiamo dimenticarlo. 

Ma i tradizionalisti del regime 1 erano allora ancora troppo forti: pian piano sono riusciti a democristianizzarlo e a trasformare il suo partito in quel che ora è Forza Italia; attraverso le borse e i mercati lo costrinsero, obtorto collo, a dimettersi e imposero al suo posto i garanti tipici del solito ordine centrista (Monti, Letta, Gentiloni, Draghi).

Che succederà oggi? Trump riuscirà ad attraversare incolume gli scossoni della borsa, che già si annunciano? Riuscirà a realizzare quel che ha in mente? A non farsi uccidere (politicamente o fisicamente)?

Non si può ancora dire.


Colui che teme di essere conquistato è sicuro della sconfitta (Napoleone Bonaparte)

Una cosa è certa: non saranno le ridicole manifestazioni pro-Europa a fermarlo. E neppure tutti i soldi che la UE riuscirà a buttare nel riarmo.

Anzi, lo favoriranno: 

- mostreranno tutta la debolezza e le divisioni dell'Unione Europea e dei suoi cittadini (l'appello del 15 marzo è già una stupida accozzaglia cerchiobottista da Repubblica, sfatta di roba che non sta insieme: stolido panciafichismo, assurdo securitarismo, patriottismo senza patria, melenso e disperato speranzismo, malcelato paurismo), 

- renderanno il nostro continente sempre più a rischio di guerra (non tanto contro i fantomatici russi, ma tra le stesse nazioni europee, per le quali si approssima la fine del loro provvisorio armistizio, che è durato ottant'anni ma non andrà ancora molto oltre, se Germania, Francia e Gran Bretagna riprendono a cantare -con una funerea gioia già vista- i loro inni di guerra),

- finanzieranno gli stessi USA, comprando loro gran parte delle armi di cui dicono di aver bisogno per far paura ai cosacchi.

Ma, mentre qualcuno - impotente com'è- perde tempo a far cortei o petizioni, i popoli dovranno vivere per un po' tra due regimi dispotici in lotta tra loro, in attesa di capire chi vincerà: se la solita palude del deep state centrista - le cui èlites appaiono sinceramente sfatte e boccheggianti, ma ancora dotate di varie frecce al loro arco e non disposte a morire senza combattere- o il furore estremista del regime 2, quello dei nuovi imperiali padroni del mondo.

Quel che si può prevedere è che ci si trovi davanti soltanto alla prima fase di uno scontro (quello tra Trump-Putin contro mezza Europa e mezzi USA, cioè tra regime 2 e regime 1). Se e quando questo si risolverà -chiunque vinca o perda- si potrà entrare nella fase in cui gli imperi si scontreranno tra loro per la supremazia del mondo (e lì anche la Cina sarà tentata, forse costretta, ad entrare direttamente in ballo, cioè in guerra...Taiwan -infatti- è sempre lì, che bolle...).

Vedremo, a quel punto, che ne sarà stato dell'Europa unita (probabilmente -e meritatamente- annichilita già nella prima fase) e delle potenze regionali attuali (la stessa Russia (abbandonata dagli Stati Uniti in men che non si dica?), India, Pakistan, Iran, Turchia, i sauditi…) che non potranno più -presumibilmente- barcamenarsi a giocare su più tavoli come ancora oggi tentano di fare, seppure con spazi di manovra ed esiti sempre più limitati.

Staremo -purtroppo- solo a vedere.

A meno che non ci si svegli, finalmente. Ma -impastoiati come siamo tra fake news e reti digitali- non vedo come.

lunedì 10 marzo 2025

stessa spiaggia stesso male

Tutti gli stati sono composti da famiglie, poi che di questa massa di gente taluni necessariamente sono ricchi, altri poveri, altri di condizione media, e che dei ricchi e dei poveri gli uni sono armati, gli altri disarmati…

Le costituzioni sono soprattutto due, la democrazia e l'oligarchia...ed essendoci due forme, quelle oligarchiche sono quelle più rigide e dispotiche, le democratiche quelle rilassate e blande…

Quindi bisogna dire che c'è democrazia quando i liberi sono sovrani, oligarchia quando lo sono i ricchi…Si ha quindi democrazia quando stanno al potere uomini liberi e poveri, oligarchia quando vi stanno uomini ricchi e nobili, che sono in minoranza…

La prima forma di democrazia è quella così chiamata soprattutto sulla base dell'eguaglianza: ed eguaglianza la legge di tale democrazia stabilisce il fatto che non sovrastano in alcun modo i poveri più dei ricchi e che nessuna delle due classi è sovrana, ma eguali entrambe. Perché, certo, se la libertà esiste soprattutto nella democrazia, e lo stesso l'eguaglianza, si realizzeranno soprattutto qualora tutti senza esclusione partecipino in egual modo al governo…

Un'altra forma di democrazia è che è sovrana la massa, e non la legge: e ciò accade per opera dei demagoghi...Dove le leggi non sono sovrane, ivi appaiono i demagoghi, perché allora diventa sovrano il popolo la cui unità è composta di molti, e i molti sono sovrani non come singoli ma solo nella loro totalità...Un popolo di tal sorta, in quanto signore assoluto, cerca di esercitare la signoria perché non è governato dalla legge, e diventa dispotico, sicchè sono tenuti in onore gli adulatori; una democrazia di tal fatta corrisponde un proporzione alla tirannide tra le forme monarchiche...A questi, demagoghi e adulatori, risale la responsabilità che siano sovrane le decisioni dell'assemblea e non le leggi, giacchè tutto riportano al popolo: avviene quindi che essi diventino grandi perché il popolo è sovrano di tutto e, del sentimento del popolo, loro: e infatti la massa crede in loro. Inoltre, quelli che criticano i magistrati sostengono che giudice deve essere il popolo, il quale contento accetta l'invito: di conseguenza tutte le magistrature si sfasciano…

Non bisogna comunque dimenticare che in molti paesi accade che la costituzione nella sua struttura legale non è democratica, ma funziona in maniera democratica in forza del costume e dell'educazione, come pure che in altri la costituzione ha un aspetto veramente democratico nella sua struttura legale, ma funziona piuttosto in maniera oligarchica, in forza del costume e dell'educazione. Il che succede soprattutto dopo i mutamenti di costituzione, perché il mutamento non lo compiono d'un tratto, bensì si ritengono paghi in un primo momento di conquistare piccoli vantaggi l'un partito dall'altro, sicchè le leggi in vigore sono quelle che già c'erano, ma in realtà il potere è in mano a coloro che hanno mutato la costituzione…

Nella nostra disamina sul regno abbiamo distinto due forme di tirannide: una era conforme alla legge ed esercitava potere sovrano su sudditi ben disposti, nell'altra il tiranno governa dispoticamente a suo capriccio. Ma c'è poi una terza forma di tirannide che pare la tirannide per eccellenza e fa riscontro alla monarchia assoluta: tirannide di tal sorta dev'essere necessariamente la monarchia che irresponsabile impera su tutti i cittadini per l'utilità propria e non dei sudditi. Per ciò è contro la volontà giacchè nessun uomo libero s'adatta di propria volontà a un siffatto governo…

Le democrazie sono più sicure delle oligarchie e anche più durature proprio in forza dei cittadini medi, poichè quando -in mancanza di costoro, i poveri prevalgono per numero è un disastro ed esse crollano rapidamente. Quanto più perfettamente contemperata infatti risulta la costituzione, tanto più è stabile: quindi molti di quelli che vogliono metter su costituzioni aristocratiche sbagliano non solo nel concedere troppo ai ricchi, ma anche nel colpire il popolo. Necessariamente poi, col tempo, dai falsi beni derivano mali veri, perché le soperchierie dei ricchi distruggono la costituzione più che quelle del popolo...

(Aristotele, Politica, Libro quarto)


mercoledì 5 marzo 2025

Se la MAGA non paga

 

Quando i violenti sono costretti ad aggredire direttamente è un segno di debolezza ed insicurezza sul loro dominio, non più assoluto e scontato, ma da riacquisire proprio mediante l’aggressione. Se fossero certi e sicuri del loro potere, non attaccherebbero così palesemente: eserciterebbero la loro violenza, ma in modi più accettabili, meno esibiti, meno appariscenti, più coperti. Dover ricorrere apertamente ad umiliazioni, minacce, ricatti, estorsioni dà l’idea di un potere in declino. E così è per gli Stati Uniti oggi. Siamo ai colpi di coda finali. Non possiamo sapere quanto saranno lunghi, dolorosi, distruttivi, terribili, ma sappiamo che l’impero statunitense, per come si è sviluppato nell’ultimo secolo, è già finito. Trump lo sa, anche se non può crederci, perché dovrebbe smettere di essere Trump (e con lui, i milioni di cittadini che l’hanno votato): Make America great again (MAGA) è uno slogan che esprime un auspicio, ma soprattutto una constatazione: che gli USA, da tempo, non sono più grandi (cioè, secondo l’unico modo per loro di sentirsi grandi: essere i più grandi).

Gli Stati Uniti sanno che i più grandi sono diventati gli altri, i cinesi (che, peraltro, a differenza dei russi, sono anche ancora formalmente degli orrendi ed inaffidabili comunisti). Funzionano meglio di qualunque democratura occidentale, almeno sino a quando l’autocrazia non si realizzi anche da noi, superando infingimenti e remore democratiche che ancora impastoiano il decisionismo tirannico nella maggioranza dei paesi UE e negli stessi USA. Ecco perché -sia in America che in Europa- si stanno andando a demolire questi ostacoli, ormai ridotti a orpelli da democrazie liberali in stato comatoso da tempo (stato di cui l’avanzata delle destre estreme neo-fashiste rappresenta l’effetto e non la causa). Rimossi gli ostacoli, e lasciato (forse) ai cittadini impecoriti soltanto il potere di voto (così come accade già in Russia, Turchia, Egitto e Tunisia, ad esempio), ci si potrà confrontare con più leggerezza con i nemici cinesi.

Ma i cambiamenti di regime interno non saranno sufficienti; è necessario sin da ora modificare le regole del commercio internazionale: i disastri della globalizzazione devono essere limitati e superati ora con i disastri del protezionismo. Nella globalizzazione gli USA stavano già perdendo la partita con la Cina e non possono andare oltre su quella strada. Tentano quindi di intraprendere la rischiosissima guerra dei dazi, nel tentativo di riequilibrare i rapporti di forza a loro favore. Così come, nel piccolo, ha già tentato (e fallito) la Gran Bretagna con la Brexit. Da qui, dopo aver costretto l’Europa ad allontanarsi dalla Russia -un’alleanza commerciale ed energetica troppo pericolosa- ora fa alleanza con quest’ultima per provare a non farla finire definitivamente in mano cinese (che è quel che la guerra in Ucraina ha determinato come effetto collaterale, in sostituzione della precedente alleanza tra Russia ed UE) e per spartirsi insieme -alla faccia di Europa e Cina- non solo l’Ucraina, che di per sé è poca cosa, ma anche -ad esempio- l’area artica (Groenlandia compresa), notoriamente e rapidamente in fase di scioglimento climatico.

Più probabile fallire che riuscire, in tutto questo, a mio (e non solo mio) parere. Ma -nella logica di chi si estinguerà per ultimo- ha un senso: l’Unione Europea, già irrilevante ed incapace di porsi da tempo quale potenza politica di mediazione tra USA e Cina (ma neppure tra Russia ed Ucraina), tenta anche lei l’azzardo di compensare il suo nanismo politico (ormai irresolubile, d’altronde) con un inedito sforzo militare. Colpo di coda, a sua volta, che si rivelerà ancora più doloroso, disperato e fallimentare di quello statunitense. Dopo aver infatti propagandato e foraggiato inutilmente la vittoria ucraina contro l’aggressione russa, dopo aver ridicolmente auspicato e promesso l’immiserimento e la crisi del regime putiniano, dopo aver sperato in un ennesimo rinvio del redde rationem negli Stati Uniti e mentre prosegue ad arrabattarsi invano contro l’avanzata irrefrenabile delle destre estreme nelle sue democrature, ora procederà ad ottenere anche in questo campo il risultato opposto a quel che dice di voler raggiungere: desertificherà ulteriormente l’Europa stessa, le sue conquiste sociali e culturali, la sua economia e ci condurrà -assecondando il riarmo (cioè la Nato e gli Stati Uniti) perché dubita dell’ombrello militare sinora goduto (cioè quello della Nato e degli Stati Uniti)- ad una maggiore deterrenza presunta, ma di fatto ad un sempre più alto e reale rischio di guerra.

Tutti i contendenti, sia chi urla ed offende apertamente, sia chi parlotta e trama sottobanco, combattono sulle sabbie mobili, come direbbe Serres. E più si agitano e più affonderanno. Poco importa se uno dopo l’altro o simultaneamente. Poco importa a me, ma -di essere gli ultimi a morire e di non perdere il potere- a loro importa ancora. Ed è solo per questo che, alla fine, proseguiranno ad agitarsi e ad agitarci, come se fossimo -noi- soltanto delle mosche da schiacciare e -loro- delle formiche carnivore impazzite.

lunedì 3 marzo 2025

Nel nome del Padre (e della Madre Guerra)

 

Chi implorava ed auspicava da tempo un ritorno del Padre ora è stato accontentato: abbiamo un capo degli Stati Uniti che fa commenti sul vestiario dei suoi figli, che li accarezza con promesse e bacetti, gli dà degli scapaccioni a fin di bene e li scaccia da casa se non ubbidiscono. Il modello della violenza paternalistica, tipico della cultura statunitense (vedi Lakoff, Non pensare all’elefante!), ma caratteristico anche di ogni approccio coloniale (occidentale in genere), si è palesato -in tutta la sua potenza ed arroganza dominatrice- nell’incontro di Trump con il malcapitato Zelensky. Situazione consueta, più volte verificatasi nella storia, anche recente, nei rapporti tra l’Occidente e il mondo intero, e -in particolare, tra Usa e Italia (da sempre solo un protettorato della autoproclamatasi democrazia americana). Quel che è diverso è solo il modo in cui ciò avviene: davanti a tutti, in diretta tv e a colpi di clava (e non di fioretto, come il politicamente corretto da diplomatici consiglierebbe). Ed è solo questa, per me, l’unica buona notizia.

Un’altra buona notizia sarebbe quella della rottura del patto transatlantico, cioè la fine dell’Occidente (Usa+Europa) per come l’abbiamo storicamente inteso e conosciuto nel XX secolo. Magari fosse! Magari fosse davvero la volta buona per uno sganciamento dell’Europa dalla Nato e dalle politiche di guerra degli Stati Uniti. Ma -per quanto la grandeur nazionalista ed ex-imperiale, mai sopita e mai davvero abbandonata, di Francia e Gran Bretagna stia riemergendo nella crisi totale della UE- c’è da dubitare che sia già giunto il tempo di una separazione così radicale, rapida e generalizzata. Credo invece, purtroppo, che ci terremo sia la Nato (con un incremento del contributo di ogni stato europeo al suo funzionamento sino al 2.5% del Pil), sia un riarmo europeo senza precedenti (strombazzato non da Trump, ma da una Von der Leyen che si sta rivelando le vera nemica della pace nel nostro continente, insieme ai suoi sodali già citati, Francia e Gran Bretagna, ed alle mosche cocchiere anti-russe di nuovo conio (Paesi baltici e Polonia, in primis)). Un esercito europeo, di cui da tempo si parla, andrebbe tragicamente ad aggiungersi (e non a sostituirsi) alla Nato ed alle forze armate dei singoli stati-membri UE. Un ritorno definitivo, esplicito e totale della guerra nel nostro continente.

E’ in corso infatti un nuovo richiamo ossessivo e paranoide alla Madre Guerra, alla deterrenza armata contro un nemico, la Russia, che non ha alcuna intenzione, né alcuna possibilità, di attaccarci militarmente per prima. La guerra in corso dimostra che la Russia non è più l’URSS, che il suo potenziale militare ha già faticato contro un esercito ucraino armato sino ai denti dall’Occidente, ma complessivamente debole sul terreno in termini di numeri e di livello qualitativo delle sue truppe. Putin non è così stupido da non capire che -ottenuta la vittoria di fatto in Ucraina, come sta per avvenire- dovrà fermarsi. Se la guerra scoppierà (difficile dire ora se nonostante o a causa della ‘pace’ in Ucraina), non sarà una scelta della Russia; sarà voluta e preparata dai governanti europei, si svolgerà in Europa e sarà combattuta solo da europei, senza il sostegno USA (almeno sino a quando Trump sarà al potere). E’ molto più probabile però quindi che scoppi non ora, ma in un futuro vicino, se e quando i cosiddetti ‘democratici’ americani tornassero al potere e appoggiassero una guerra anti-russa, combattendo nuovamente a fianco degli eserciti europei (o dell’Esercito europeo, se mai ci sarà).

Nell’attesa, si scalderanno i motori: si rinnoveranno gli arsenali, si creerà un clima di militarizzazione e repressione crescente all’interno dei nostri Stati, si proseguirà a scardinare quel poco che ancora resta delle istituzioni regolative liberal-democratiche fondate sul diritto, ormai giunte al capolinea da tempo e per le quali non si possono prevedere né auspicare miracolistiche resurrezioni. Il mare si è mosso, gli oceani si espandono e stanno allontanando tra loro i continenti, assistiamo ad una apparente accelerazione dei processi di trasformazione dell’ordine (disordine) mondiale, ma la palude nella politica d'antan degli stati nazionali e i minuetti impaludati dei ridicoli consessi internazionali multilaterali proseguiranno purtroppo ancora per qualche tempo. La terza guerra mondiale può attendere, forse, quindi, ma è certo che quel che ci attende nei prossimi anni sarà doloroso, terribile ed assurdo almeno quanto lei.

 

 

venerdì 28 febbraio 2025

potere della nonviolenza e virus del dominio

 Cari e care, ancora un riassunto di un lavoro fatto in questi giorni su Danilo Dolci, in Facoltà...

Ma è l'ultimo, ora smetto, non preoccupatevi....


DANILO DOLCI: POTERE DELLA NONVIOLENZA E VIRUS DEL DOMINIO

 

1.       IL POTERE NON E’ DOMINIO

 

Le espressioni potenziale, potenziare indicano nella direzione di avere la facoltà, aver vigore e efficacia, concreta possibilità di fare, forza, virtù, capacità di produrre o subire mutamenti. Impotente può significare non fertile. La confusione o, peggio, l’identificazione tra POTERE e DOMINIO non sorprende in certi bassifondi ma diviene perniciosa quando emana dai dotti delle Università: quando ad esempio si trova in una delle più prestigiose Enciclopedie contemporanee che “è Potere sociale la capacità di un padre di impartire comandi ai figli, o quella di un governo di impartire comandi ai cittadini…il potere di un superiore militare concerne una sfera di attività che comporta spesso la probabilità di uccidere o di essere uccisi”. In quanto questa dottrina penetra condizionando ambiti sociali e politici…nessuna meraviglia di fronte a quanto succede nei luoghi in cui ‘si formano i cittadini’, nelle scuole.

(D. Dolci, La creatura e il virus del dominio, 1987, p. 69)

 

Come è vero che ‘non si può non comunicare’, così è altrettanto vero che, comunicando, ‘non si può non esercitare potere’. In ogni comunicazione, infatti, è presente un livello di notizia (esplicito) ed un livello di comando (metacomunicativo, implicito): è il secondo ad esprimere le definizioni, le posizioni e le proporzioni di potere presenti nella relazioni in atto.

Non è possibile quindi informare senza formare.

Se la comunicazione si riduce a trasmissione unidirezionale (televisione) o a interazione virtuale formattata dall’alto (tecnologie digitali) la formazione delle menti che vi sono trovano coinvolte sarà quindi imposta secondo modalità violente, in cui il potere si trasforma in vero e proprio dominio, in quanto una parte si è assicurata unilateralmente il potere di condizionare e comandare i processi comunicativi, senza dover a sua volta riconoscere una reciprocità comunicativa nei suoi confronti da parte di chi ne usufruisce.

La massa. Come si può pretendere che gente ridotta per secoli o millenni poltiglia dolente, possa un mattino svegliarsi libera, capace di esprimersi creativamente, capace di organizzarsi coordinandosi?...Ancora oggi autorevolissimi psicopedagoghi politici predicano necessario ‘portare il popolo a nuova forma di vita’, ‘che la massa segua’, ecc. ecc. Psicologia, pedagogia e politica da cargo…Tant’è: un organismo avverte e sceglie, una pasta no. (Dolci, idem, pp.95-6)

      La comunicazione di massa non esiste. (Dolci, Dal trasmettere al comunicare, 1988)

 

L’idea che il potere escluda la libertà è dura a morire. Eppure è falsa. Il potere di Ego raggiunge il massimo proprio nella situazione in cui Alter si sottopone volontariamente alla sua volontà. Ego non si impone su Alter. Il potere libero non è un ossimoro. Significa che Alter segue Ego in piena libertà. Chi vuole raggiungere un potere assoluto dovrà fare uso non della violenza, ma della libertà dell’Altro. Tale potere si raggiunge nel momento in cui la libertà e la sottomissione combaciano.  (Byung-Chul Han, Che cos’è il potere, pp.13-14, 2019)

Questa condizione di assoggettamento, di servitù volontaria, appare e viene offerta ed assunta oggi -paradossalmente- quale forma della libertà suprema, assoluta ed illimitata.

Liberazione e ri-evoluzione nonviolenta oggi significheranno quindi in primo luogo questo: liberarsi della libertà.

 

 

2.       IL DOMINIO E’ UN VIRUS

 

Quale enorme forza sarebbe generata se ognuno al mondo sapesse il più esattamente possibile cosa è un virus. Quale enorme forza sarebbe generata dalla chiara coscienza, in ognuno, dei danni del dominio. Più medito le analogie tra virus e dominio e più penso come è necessario siano riconosciute dalla coscienza del mondo -per maturare un modo di vedere, una cultura che aiuti a vivere…

Seppure stentando, la gente ora riesce a intendere come le virosi siano malattie -mentre innanzi uno stabilimento che stampa monotoni operai a eseguire identiche macchine (anche micidiali, come le armi e le bombe) sovente è stupita, affascinata, ipnotizzata: soprattutto se i padroni sanno gestire una squadra di calcio che vince, o barche a vela in cui può vagare la fantasia di chi se ne sta a subire -come foreste spogliate ad esaurirsi- le velenose arie dei padroni….

Il vecchio dominio non si presenta truce, ma sa riciclarsi benedicente benefattore…

Alla scoperta si intromettono anche specifiche difficoltà: all’occhio nudo i virus non sono visibili…Se ognuno potesse partecipare alla verifica, allo svelamento (pur la polvere sovente è folta di invisibili acari), il mondo potrebbe euristicamente trasformarsi. Non solo di molte informazioni ora a noi caotiche potremmo cogliere il disegno, ma le stesse scienze non potrebbero non tenerne conto: anche l’economia, oltre la filosofia morale e la prassi quotidiana. Per impedire le intrusioni vorali di ogni tipo occorre riconoscere i diversi virus dai loro specifici connotati, riconoscerne in tempo l’essenza intimamente distruttrice, acuire la sorveglianza nel proteggere la propria identità, sommuovere gli ancora sopiti sistemi immunitari per una pronta difesa.  (Dolci, idem, pp.85-90 passim)

 

Il dominio è come un virus invisibile, che passa impercettibilmente su di noi, dentro ed attraverso le comunicazioni e le azioni, percorrendo le strade della metacomunicazione che implicitamente dà ordine e dà gli ordini alle nostre vite.

La metafora virale di Dolci è stata resa ancora più inquietante ed esemplificativa per noi che abbiamo di recente vissuto proprio l’esperienza della pandemia, con tutte le sue conseguenze in termini esistenziali, comunicativi, sociali e politici.

La necessità costrittiva della cura ha permesso allo Stato di esercitare sui cittadini un dominio relazionale e contestuale che non aveva ancora avuto precedenti nella storia delle democrazie occidentali e che rappresenta indubbiamente un pericoloso ed inquietante avamposto dei sempre più probabili dominii di domani.

L’esperienza dello stato d’animo dominante per ciascuno di noi è e sarà la paura.

Certe persone hanno interesse nel mantenere il silenzio. Altre hanno interesse nel seminare odio basato sulla paura. La paura produce denaro, produce leggi, prende la terra, costruisce insediamenti, e la paura ama tenere tutti nel silenzio. E, ammettiamolo, in Israele in quanto a paura siamo molto bravi, la paura ci occupa. Ai nostri politici piace spaventarci. A noi piace spaventarci l’un l’altro. Usiamo la parola sicurezza per tappare la bocca al prossimo. Ma non si tratta di sicurezza, si tratta di occupare la vita di qualcun altro, la terra di qualcun altro, la mente di qualcun altro. Ha a che fare con il controllo. Che significa potere. (C. Mc Cann, Apeirogon, 2021)

 

3.       LA FORZA NON E’ VIOLENZA

Riuscire a rendere visibile il virus del dominio e a sganciarlo dal concetto di potere rappresentano le basi da cui poter iniziare un percorso verso un potere nonviolento.

Ma, per arrivarci, c’è ancora da compiere un passo nella trasformazioni delle premesse su cui prospera la dominazione a cui siamo sottoposti:

FORZA, come termine, può essere espressione di potere o di dominio. Il rapporto del gatto con il topo è una delle espressioni del dominio…Ma anche la primavera ha un suo potere sui boccioli dei prati, anche la levatrice, anche il seminatore, e anche il medico. (Dolci, idem, p.95)

Cosa intendiamo automaticamente per ‘uso della forza’ (noi esseri comuni, ma anche la stessa Carta dell’ONU) ?

Soltanto la violenza. La nonviolenza è sorta per dimostrare che esiste un altro tipo di forza, che non coincide con la violenza e che può realizzare un potere nonviolento, cioè un potere che non crea dominio, ma che lo smonta. Come?

-        Esplicitando e slatentizzando i conflitti coperti, rendendo visibili le violenze strutturali e culturali che il dominio occulta e di cui si nutre; le denuncia, le boicotta e le costringe ad emergere in forme palesemente aggressive (anche mediante la repressione violenta verso chi vi si oppone, anche nonviolentemente);

-        Facendo riprendere potere (empowerment) a chi non lo usava e l’aveva ceduto ai prepotenti di turno; uscire dalla passività coatta e collusiva per togliere potere a chi lo occupa abusivamente e se ne è assicurato apparentemente il monopolio;

-        Agendo, stimola cambiamenti e trasformazioni nelle situazioni date, nello status quo (ed in questo è simile all’azione rivoluzionaria violenta), ma anche e soprattutto nelle premesse dell’azione stessa (ed in questo se ne differenzia essenzialmente).

Chi insiste nell’affermare che “i conflitti di interesse tra gli uomini sono in linea di principio decisi mediante l’uso della violenza…come in tutto il regno animale”, esprime l’ottica del dominatore, di un complice dello status quo. Chi di fronte ai danni pur letali dei virus vuol resistere intelligentemente, non pensa trovarsi di fronte una fatalità ma cerca nelle cause come risolvere…Problema essenziale da risolvere non è certo trovare dall’esterno ‘una possibilità per dirigere l’evoluzione psichica degli uomini’, ma operare via via attraverso diagnosi e iniziative anche alternative che, da luogo a luogo, svegliando al proprio vero interesse, educhino dall’intimo la gente al proprio organizzarsi creativo. In modo che l’unione dei più deboli, l’unione di molti sia ben altro che ancora sempre violenza…Non basta il pacifismo idiosincratico alla guerra…Chi pensa indispensabile, inevitabile l’odio distruttivo è un malato, che tende a rappresentare il mondo generalizzando la propria condizione. (Dolci, idem, pp.97-8)

 

 

 

 

giovedì 27 febbraio 2025

il piacere di fare lezione

 Ieri ho fatto una breve lezione online ad un corso per insegnanti...  Più o meno ho detto questo:


Ecologia della lezione e stili ludici di insegnamento-apprendimento


Inoltre si negava che il piacere sia un bene per il fatto che esso sarebbe un impedimento. Ma il sostenerlo proveniva ad essi da una visione errata…Ma perché la conoscenza non può essere un bene, se essa produce il piacere che proviene dalla conoscenza? E questo piacere sarebbe un impedimento? Certamente no, anzi esso intensificherà l’azione. Il piacere infatti è un incentivo a intensificare l’azione da cui esso proviene. Poniamo infatti che un uomo buono compia delle azioni secondo virtù, e che le compia con piacere: non sarà forse per questo molto più attivo nell’azione? E, se egli agisce con piacere, egli sarà virtuoso, mentre se invece compirà le azioni buone addolorandosi, non sarà virtuoso. Infatti il dolore accompagna ciò che avviene per costrizione; e chi agisce per costrizione non è virtuoso. Ma invero non è possibile compiere le azioni virtuose senza provare dolore o piacere; lo stato di mezzo non esiste. Perché? Perché la virtù riguarda la passione, e la passione riguarda il piacere e il dolore; e qui non vi è uno stato di mezzo. E’ dunque evidente che la virtù sarà accompagnata da dolore oppure da piacere…ma la virtù non potrà essere accompagnata da dolore; quindi sarà accompagnata da piacere. Non solo, dunque, il piacere non è un impedimento, ma è anzi un incentivo all’azione, e, in genere, la virtù non può essere senza il piacere proveniente da essa.

(Aristotele, Grande Etica, 1206a, 1-26)

 

1.     Perché , seguendo il motto del ‘pathein mathos’, siamo ancora convinti che per imparare e conoscere si debba soffrire?

Perché la scuola è ancora oggi vissuta come una penitenza da sopportare per studenti ed insegnanti?

Perché non riusciamo a credere che si possa godere di una lezione ludica ed ecologica, senza che questo rappresenti un impedimento, ma anzi uno stimolo alla concentrazione, alla motivazione e all’impegno?

La prima risposta è sempre proiettiva ad autogiustificante: è colpa del ministero, sentenziano i dirigenti; è colpa dei programmi e dei registri, esclamano i docenti; è colpa dei professori annoiati, noiosi, pigri e sadici, denunciano gli studenti.

E tutto questo presenta delle parti di verità e di realtà: l’istituzione scolastica non è strutturata da premesse e principi didattici e psicopedagogici moderni e democraticamente evoluti, ma si rifà ancora -di fatto, al di là dei pronunciamenti retorici ed autocelebrativi- a modelli mutuati da istituzioni amanti del controllo (aziende, uffici burocratici, caserme, ospedali, manicomi…).

Questo tipo di premesse antiquate, pre-ed anti-repubblicane, si rivelano oggi ancora più inefficaci e superate in una fase in cui noi tutti, e soprattutto le giovani generazioni, siamo sottoposti forzatamente e senza scampo ad una pedagogia sociale prepotente e invasiva come è quella -super-dopaminica-adrenalinica- del consumo illimitato, dello scrolling senza requie e della digitalizzazione totalitaria.

Quel piacere che si prova a vivere in una ‘second life’ così appagante, facile, gratuita e smart, non può trovare un valido ‘competitor’ nella pedagogia del dolore che ancora si propina nei contesti scolastici tradizionali.

In risposta, ci si illude di aver trovato una soluzione al problema con lo scimmiottamento delle mode dominanti ed il marketing banalmente innovativo-attrattivo, applicato ad istituzioni decrepite:

Squilibrio sterminante tra insegnare (cosa si insegna?) e educare. Su un giornale, sotto il grande titolo LA SCUOLA SI RINNOVA compare il sottotitolo esplicativo: Sempre più consistente la dotazione di televisori a colori nelle scuole. E su un altro giornale: Nelle scuole ci sarà un computer ogni tre studenti. (da ‘La creatura e il virus del dominio’)

Era il 1987, ma Danilo Dolci già intuiva la grande e terribile mistificazione in corso, ed ancora -e sempre di più- in azione oggi. Ma la scorciatoia soluzionista-tecnologica mostra la corda e non fermerà la dispersione scolastica (che non è fatta soltanto da chi lascia la scuola, ma anche da chi arriva a prendere un titolo senza coglierne il senso, senza piacere e senza motivazione, disperdendo i suoi talenti).

Perché -se anche fosse vero che andar bene a scuola fa stare meglio a scuola- è ancora più vero che per poter andare bene a scuola si deve stare bene a scuola. Lo star bene (e torna qui la dimensione del piacere) rivela la sua preminenza, anche in vista di un buon rendimento che, salvo i rari casi di studenti automotivati allo studio per motivi vari (familiari, personali, casuali), va a dipendere strettamente dalle condizioni contestuali e relazionali, dal clima e dagli stili di insegnamento-apprendimento, in cui lo studente si trova a vivere e ad operare.

2.     Ma se trovo inutile e nociva la via intrapresa, non posso esimermi dal ri-proporre qui -almeno in estrema sintesi- una visione ludico-ecologica-nonviolenta del lavoro scolastico, che ogni docente può provare a realizzare anche nelle ristrettezze delle condizioni date.

-        1. E’ prioritario saper e voler allestire contesti di relazione accoglienti, improntati alla circolarità, al dialogo aperto, al rispetto dell’equivalenza di valore tra persone, all’interdipendenza dei corpi, delle menti e dei volti. La frontalità non può essere quindi la norma, ma solo l’eccezione. Ed il lavoro in aula dovrà essere continuamente alternato con fasi all’aperto, in natura, sul territorio.

-        2. Per sentirsi parte di un sistema ecologico, è fondamentale una co-costruzione non unidirezionale delle domande e delle risposte: l’insegnante si trasformerà in facilitatore dei processi formativi in fieri, mediante una gestione dinamica delle presentazioni-spiegazioni, una continua interattività dei rimandi e dei riscontri, una didattica coinvolgente ed incidentale.

-        3. Se questo avverrà, noi mireremo a trasformare la lezione ed a renderla intrinsecamente ed immediatamente a)motivante (capace di creare piacere ed interesse in quanto tale), b)sufficiente (che non necessita più, quindi, di punitivi ‘compiti a casa’), c)orientante (in quanto appassiona e rivela vocazioni in itinere), d)valutativa (riducendo valore e frequenza delle interrogazioni individuali, separate dal processo formativo).

Se tutto questo avviene, si potrà dire di aver avviato un processo educativo caratterizzato da ludicità, ecologia e nonviolenza e di aver posto le condizioni adeguate per una condivisione-co-costruzione dell’azione didattica.

Niente di nuovo sotto il sole, direte voi.  Ma, dopo averne scritto e parlato per decenni, va fatto.

In sua assenza, sarà mistificante ed illusorio proseguire a spendere tempo e denaro per animare la scuola dall’esterno, affidarsi a tecniche e tecnologie sempre più mirabolanti o a progetti formativi da parte di esperti.

La scuola crea dispersione e questa dispersione è motivata da vari fattori, interni ed esterni alla scuola stessa.

Su quelli esterni possiamo far poco, direttamente.

Ma possiamo influire positivamente anche su di essi, se inizieremo a rifondare il nostro lavoro nel senso che qui ho provato -sommariamente- a tracciare.

mercoledì 26 febbraio 2025

L' invasione dei senzacorpi

Qualche giorno fa ho presentato questo intervento ad un convegno...sono solo degli appunti sparsi, ma li condivido volentieri...

Giochi del corpo e senso della terra

Il fatto è che i bambini non nascono parlanti né camminanti: queste sono abilità corporee il cui sviluppo presuppone un ambiente che include educatori competenti, una serie di oggetti e piani di supporto, e un certo mezzo o terreno d’azione…Il loro sviluppo dipende da un processo d’apprendimento che si radica in contesti di interazione con altre persone e cose…Ciò conduce inesorabilmente  a una conclusione: che la nozione di capacità è vuota, a meno che non si riferisca a tutta una serie di condizioni che devono essere soddisfatte, non solo nella costituzione genetica dell’individuo ma nel suo ambiente circostante, affinchè lo sviluppo successivo delle caratteristiche o capacità in questione sia realmente possibile. 

(T. Ingold, Ecologia della cultura, 2016 )

L’altro giorno cercavo una strada in un quartiere a me poco noto: fermo una ragazza e le chiedo se sa dove stia la via tal dei tali: lei mi sorride e risponde ‘ora cerco sul cellulare’. Era la strada accanto a quella dove vive lei, si sente presa in castagna e si scusa: ‘faccio fatica a geolocalizzarmi nel mondo’

( W. Siti, C’era una volta il corpo, 2024)

Se è vero che, come dice la Montessori, lo sviluppo mentale del bambino avviene coll’uso del movimento, cosa sarà (cosa è già) della nostra mente, se stiamo diventando incapaci di situarci spazio-temporalmente e di muoverci adeguatamente sulla terra conosciuta, ma ignota?

 

L’anima, senza il corpo, gioca (Petronio, cit. da Borges)

Ma il corpo senza corpo perde l’anima e non gioca
Si perde la nostra capacità, possibilità, attitudine a giocare, a metterci in gioco:

Metterci il corpo significava che si può pensare solo agendo, e che si può agire solo pensando. Metterci il corpo voleva dire, inoltre, esporsi. Mettersi a repentaglio non soltanto nello sfidare o oltrepassare i limiti della legalità, ma anche quelli della propria vulnerabilità. In un mondo di spettatori, clienti e consumatori, la vita poteva ridiventare nostra solo mettendo in comune il corpo, facendo cose insieme, condividendo lo spazio e il tempo…

(M. Garcès, Occupare la speranza, 2024)

 

La Garcès usa l’imperfetto, un tempo del passato, non troppo lontano, parla del 2000, ma che sembra ora remoto.

Oggi, la perdita del corpo, l’evoluzione verso un corpo virtualizzato, digitalizzato conduce necessariamente anche ad una forte desensibilizzazione verso i corpi altri, verso la violenza, gli omicidi, i genocidi in corso.

Il potere è un fenomeno del continuum. Offre a chi lo detiene un ampio spazio del sé. Questo spiega come mai la perdita totale del potere sia vissuta come una perdita totale di spazio…Quindi la perdita totale di potere viene vissuta come una specie di morte…

(B.Chul-Han, Cos’è il potere?, 2019)  

 

Conduce ad una evidente disattivazione di noi stessi, che restiamo impotenti, senza azione, senza politica, in una dimensione di insensibilità crescente, di anestesia, di  assenza di una reazione psicofisica, se non la sola paura:

Certe persone hanno interesse nel mantenere il silenzio. Altre hanno interesse nel seminare odio basato sulla paura. La paura produce denaro, produce leggi, prende la terra, costruisce insediamenti, e la paura ama tenere tutti nel silenzio. E, ammettiamolo, in Israele in quanto a paura siamo molto bravi, la paura ci occupa. Ai nostri politici piace spaventarci. A noi piace spaventarci l’un l’altro. Usiamo la parola sicurezza per tappare la bocca al prossimo. Ma non si tratta di sicurezza, si tratta di occupare la vita di qualcun altro, la terra di qualcun altro, la mente di qualcun altro. Ha a che fare con il controllo. Che significa potere.

(C. Mc Cann, Apeirogon, 2021)

Questi nostri corpi spenti, soli , isolati (ma con tanti like) ci conducono ad una dimensione pubblica impaurente, a temere il giudizio, a ricercare la performance e a subire un’ansia di prestazione senza precedenti e senza rimedio (soprattutto per le giovani generazioni).

Il Fashionismo ratifica la perdita di potere del corpo (se non in termini seduttivi e di attrazione apparente) e spinge verso il potere sul corpo: un corpo sempre più truccato-tatuato-liftato-manipolato-mistificato-esibito-formattato: in posa.

‘Come se ciascuno di loro, nel suo linguaggio nonverbale, mi dicesse: io non sono uguale a nessuno ma desidero somigliare a tutti. Come se fossero un algoritmo vivente.  (ancora da Siti)

 

Ma, senza il corpo, restiamo anche senza mente: l’errore di Cartesio trionfa, ma il sum non è più neppure cogito.

L’ embodiment , che va perdendosi nell’umano, diviene caratteristica ed aspirazione dei robot e dell’AI, capaci di propriocezione e di autoapprendimento ricorsivo: qui viene trasferito anche il cogito del futuro

La filosofia annaspa nello sforzo di giustificare se stessa. I dipartimenti di umanistica si dedicano ai grafici quantitativi per raggranellare fondi, l’assurdità dell’esistere si è spicciolata in senso comune; sempre meno il corpo umano è misura delle cose, anzi i corpi tendono a schermarsi dietro gli oggetti e quasi a rattrappirsi in loro, come se l’anima si fosse ritirata nell’inanimato …L’Occidente ha abdicato all’esplorazione coraggiosa dell’esistenza: il corpo esce da sé non per entrare in altri mondi ma per sottrarsi a questo in cui si sente così spiazzato. Il corpo è l’unica cosa sicura che abbiamo ma non è più ratificato da costruzioni collettive, lo spazio non si organizza più intorno a lui.  (ancora da Siti)

Che fare?

Qui si vuole proporre un tentativo, un esperimento di compensazione rianimativa mediante il rapporto con l’animalità e con il vivente non umano.

Attraverso un Educarci all’Aperto  (in natura, all’apertura mentale, a quel che si apre, si lascia aprire ed è aperto)

La visione zooantropologica può aiutarci ad andare avanti, in un post-umano che vada oltre l’uomo, ma si apra all’ecologia della mente-corpo.

Vi lascio per un po': con questo poco di ordine che sono riuscita a fare intorno a me. Vorrei tacere per qualche tempo e andarmene a giocare con la terra e con il mio corpo. Arrivederci.

(G. Sapienza, Lettera aperta, 1967 )

 

 

giovedì 20 febbraio 2025

sfacciati spacciatori spacciati

Qualcuno continua a chiedermi perchè non scrivo più su questo blog o altrove.

Credo che la risposta la stiano dando, ancora una volta, i fatti.

L'accelerazione catastrofizzante a cui stiamo assistendo, ammutoliti, ci dice perchè nè scrivere nè parlare oggi abbiano più un senso, nè storico nè politico.

Il mondo che abbiamo conosciuto (e che si rivela oggi come pura apparenza già da allora) è scomparso da tempo, ammazzato dalla globalizzazione dei mercati e dell'informazione digitale.

Stiamo assistendo soltanto al suo seppellimento -spero definitivo, ma so che purtroppo non sarà così, ed è soprattutto per questo che dispero.

E' terribile vivere questo funerale, lo capisco, ma è un ulteriore passo avanti nella chiarezza su quel che siamo e siamo sempre stati.

Trump e Netanyahu sono soltanto più sfacciati dei loro predecessori e colleghi governanti, che facevano e fanno le stesse cose, ma in modi più coperti e gentili (liberal-democratici).

Lo fanno senza remore o scrupoli, saltando i convenevoli e le retoriche della cosiddetta civilizzazione occidentale (che è da sempre andata avanti a forza di stragi, colonizzazioni e stermini, a stento e malamente camuffate da ideologie del rispetto e delle buone creanze).

E' questo che ci disturba e ci inquieta?

Che i ricchi della finanza e della tecnocrazia, i produttori di armi e gli immobiliaristi vadano direttamente e apertamente al potere, senza più nascondersi dietro i politici di professione?

Che si proceda con la politica di potenza e con le ragioni di stato, senza farsi più rallentare dalle leggi, dai diritti, dalle dichiarazioni umanitarie, dai patti multilaterali, dai richiami alla misura?

Che la guerra e la distruzione della natura procedano a fare strage, senza più far finta di accordarsi su regole, limitazioni, soluzionismi di facciata, rimedi che sono peggiori del male?

Che gli stati nazionali perdano la faccia e si preparino ad ufficializzare l'ingresso in una nuova età imperiale e feudale, che li fa fuori o al massimo li utilizzerà soltanto come bau bau militare ad uso interno, contro i propri cittadini ?

Che l'Unione Europea si riveli sfacciatamente solo come una marionetta agitata dalle lobbies e dalle banche e come un' irrilevante appendice della Nato e degli Stati Uniti?

Preferivamo vivere nel mondo di prima?

Era lo stesso mondo, ma noi potevamo ancora permetterci di far finta di niente e trasferire il disastro su altri. Ora  -è questa la differenza, non da poco, lo ammetto- tocca anche a noi.

La battaglia per stabilire chi si estinguerà per ultimo (perchè soltanto questo alla fine sarà il risultato per chi riuscirà a sopravvivere sino alla fine) è iniziata.

Il resto sono soltanto discorsi fatti da spacciatori di droghe, di speranza ed illusioni per chi ancora è disposto a crederci e a votarli (le omelie di Mattarella, le filippiche di Draghi, gli inviti a cena di Macron, i politici 'onesti' e 'diversi', le lamentazioni e le promesse delle èlites, gli auspici dei buoni di turno, etc etc...).

Anche Trump e Musk spacciano fake news, come tutti.  Ma il falso diventa in loro talmente evidente da rivelarci la verità (cosa che non accadeva più da tempo con i nostri spacciatori abituali).

In tutto questo, come umanità potremmo e dovremmo riconoscere -finalmente- questa unica, terribile, verità: di essere spacciati.