venerdì 22 ottobre 2021

viuuulenza ?

 

Nella visione democratico-liberale solo lo Stato detiene il monopolio della violenza legittima: solo lo Stato quindi può esercitare legalmente l'aggressione, sia all'interno di sé (attraverso le istituzioni che mantengono l'ordine pubblico), sia all'esterno (attraverso gli eserciti).

E solo lo Stato può discriminare tra comportamenti violenti e non violenti dei cittadini (sia tra i cittadini, sia tra questi e lo Stato stesso), in primo luogo attraverso l'istituzione giudiziaria.

In questo modo, all'interno di questa visione, lo Stato si assicurerebbe univocamente il potere di definire, agire e sanzionare la violenza.


Ma, in numerose esperienze ed evenienze storiche, è avvenuto che:
  • lo Stato stesso sia stato promotore di atti violenti ed illegali (secondo le sue stesse leggi o leggi di livello sovrastatale);

  • lo Stato sia stato contestato da minoranze/maggioranze di cittadini in relazione a singole leggi da esse considerate violente e quindi da superare/cambiare (il 'legale' può essere considerato, cioè, non 'legittimo', a partire da motivazioni extra-sovralegali (morali, politiche, culturali...)).


Attualmente, gli Stati democratici-liberali accolgono sempre più come forme legali e non violente di contestazione soltanto le forme ritualizzate di protesta: petizioni, manifestazioni pacifiche, scioperi regolamentati con preavviso.

Qualunque altra forma, anche non violenta nelle modalità d'azione, è considerata illegale: ad es. boicottaggi ed interruzione di servizi, di (accesso alle) produzioni, di commerci e trasporti.

E sin qui ci troviamo appieno nella tradizione delle lotte nonviolente: la disobbedienza civile è sempre illegale, e non lo nega.

La novità sorge nel momento in cui quel che lo Stato considera legittimamente 'illegale' viene immediatamente tacciato anche di 'violenza', in quanto aggressione verso la libertà di muoversi, produrre, consumare, adire ai pubblici servizi.

E quindi non solo 'non legale' (giuridicamente), ma anche 'non legittimo' (socio-politicamente).


Ma, se si accetta questa visione, ci sarebbe da chiedersi come mai i liberali (centrodestri e centrosinistri) di casa nostra si mobilitino (a parole) per le manifestazioni anti-regime di Hong Kong, ad esempio.

I dissidenti, si sa, piacciono solo se stanno in altri Stati.

E la risposta che i liberali darebbero, lo so, è che qui siamo in una democrazia e quindi i cittadini hanno la possibilità di cambiare le leggi attraverso la rappresentanza, mentre lì no.

Ma così si giungerebbe al paradosso che la lotta nonviolenta non sarebbe agibile da noi perché siamo democratici (e quindi non ce ne sarebbe bisogno) e da loro perché la democrazia non c'è (e quindi non si può protestare in alcun modo).

Il conflitto sociale e politico verrebbe non più solo canalizzato ed ostruito, ma -a questo punto- legalmente abolito.

Anche da noi, non siamo così lontani dall' aver raggiunto questa condizione.

Lo dimostra il fatto che si consideri violento uno scioperante se lo fa senza preavviso.

Ma perché dei lavoratori che non si riconoscono nel sindacato dovrebbero accettare regolamentazioni stabilite da accordi tra lo Stato e i sindacati?

Lo dimostra il fatto che si consideri violento e asociale chi rifiuta l'obbligo vaccinale e/o di certificazione.

Ma allora perché esiste la libertà di cura? E perché il Trattamento sanitario obbligatorio è sottoposto a complicate condizioni e procedure, ma non in questo caso?

Lo dimostra il fatto che, per essere considerati violenti, non è più necessario devastare, aggredire e/o reagire controggressivamente all'azione di sgombero della polizia.

Ma perché, se sono disposto ad accettare di essere punito dalle leggi per le mie azioni nonviolente, dovrei anche accettare di essere definito violento da chi, nel frattempo, mi sta picchiando e mi reprime, in nome dello Stato e delle leggi?

Cosa resta della democrazia (anche liberale) se il conflitto e la lotta (anche se agiti non violentemente) sono immediatamente contrassegnati dal marchio della violenza?

Apparentemente: le elezioni (almeno sino a quando anche l'astensione non sarà considerata violenza).

Sostanzialmente: nulla.
















martedì 19 ottobre 2021

tra minoranze rumorose e maggioranze silenziose

La catastrofe in corso mette da tempo a repentaglio la nostra sopravvivenza psichica. Lo stress da adattamento, la coazione al lavoro e al consumo, la suadente passivizzazione, gli obblighi e le punizioni insensate: tutto questo ci fa soffrire, ci abbatte, ci sfibra quotidianamente. Sopravvivere mentalmente è già un compito infernale. Figuriamoci provare a restare vivi, critici, pensanti, sensibili, umani, liberi. E' una lotta, con noi stessi e col mondo, ormai. Ma, anche in Occidente (nelle altri parti della terra stanno lì già da tempo, anche grazie al nostro prezioso contributo) ora si è avviata con decisione la fase in cui inizia ad essere messa a rischio anche la nostra stessa sopravvivenza fisica. La pandemia (e le reazioni di cura-aggressione da parte degli Stati) ne rappresentano un chiaro, inequivocabile segnale.

E, per chi si oppone, scatta soltanto una reazione d'ordine (non solo da parte dei governi, ma anche della maggioranza, silenziosa e solerte, dei cittadini); da qui la richiesta e la scelta di far fuori le minoranze rumorose e dissenzienti: attraverso la propaganda dei media, l'isolamento o, se necessario, con il passaggio a modalità militari (sgomberi, cariche di polizia, interventi dell'esercito...). Poco importa che i dissenzienti assumano atteggiamenti violenti, pacifici o non violenti: la reazione è sempre la stessa, senza far distinzioni (come già avvenuto ad Hong Kong negli anni scorsi). E, come ad Hong Kong, arriveremo a leggi che vietano la protesta e criminalizzano il dissenso, alla radice. Il modello cinese si fa strada, non solo in economia.

All'interno di questo modello poco importa alle èlites che si creino così enormi sacche di scontento e boicottaggio sommerso (come emerge dal rifiuto diffuso del green pass e dall'aumento vertiginoso delle astensioni elettorali). Gli scarti economici, sociali e politici non sono l'eccezione, ma la regola del nuovo corso liberista. Le nostre 'democrazie' peraltro sono da sempre governate da minoranze che si fingono maggioranze: l'importante è far parte della minoranza giusta (sorretta da maggioranze silenziose) e non di quella sbagliata (quella che dissente ed è in contrasto con quelle stesse maggioranze silenti). I nostri regimi rappresentativi determinano strutturalmente forme di potere oligarchico, sorrette da un consenso clandestino e collusivo, che -pur non trovando più corrispondenza con il consenso elettoralmente espresso- prosegue a funzionare di fatto.

Sino a quando? Sino a quando le oligarchie dominanti riusciranno nel gioco di celare la catastrofe ridefinendola 'emergenza' (terroristica, climatica, agricola, sanitaria...). Qual'è la differenza? Che ammettere la catastrofe del sistema toglierebbe ad esperti e politici la possibilità di gestirla ed ai cittadini l'illusione di potersi affidare a qualcuno per evitarla od uscirne. La catastrofe, se ammessa, comporterebbe l'ammissione che siamo ormai in una situazione totalmente fuori controllo. L'emergenza può essere invece di volta in volta amministrata ed anzi rafforzare il potere di esperti, politici, militari, consolidando e perpetuando il loro ruolo e aumentando la nostra rassicurante dipendenza da essi. Così sta accadendo ed accadrà sempre più (almeno sino a quando le catastrofi non si presenteranno in tutta la loro, a quel punto ingestibile ed apocalittica, potenza).

Assumere la catastrofe -lo dico da tempo- potrebbe rappresentare il punto di partenza per una vera e nuova opposizione politica ai regimi che oggi fanno muro intorno a se stessi e si rafforzano momentaneamente proprio attraverso la gestione apparente delle emergenze che si susseguono e si intrecciano ininterrottamente da almeno due decenni. Ma questa assunzione necessiterebbe di un profondo cambio di premesse -anche da parte di chi vorrebbe opporsi- che non è alle porte, anzi. Ecco perchè le maggioranze acquiescenti e silenziose e le minoranze ribelliste e rumorose proseguono con i loro automatismi, incapaci di andare oltre i circuiti violenti della vita ordinariamente agita e delle ormai continue, quotidiane emergenze che l'assillano.  

 


 

 


 

 

 


giovedì 14 ottobre 2021

me ne frego e ti frego: ecco dove sta il fascismo

Da oggi l'Italia è una repubblica fondata sulla salute.

Il certificato verde diventa la chiave d'accesso obbligata anche alla possibilità di lavorare.

Il diritto al lavoro diviene così secondario rispetto a quello sanitario.

Eppure ci sarà stato un motivo per cui il primo stia nell'articolo 1 e l'altro solo al 32.

Ma quel motivo è dimenticato oggi.

Se il lavoro era già da tempo un fondamento retorico e illusorio, ancor più lo è quello alla salute in un mondo che provoca quotidianamente tumori, inquinamento, dolore e morti proprio al fine di lavorare e produrre senza remore.

Ma il problema da risolvere è il Covid.


Quando mi sono vaccinato mi era stato detto che così avremmo raggiunto l'immunità di gregge.

Ora dicono che a loro non basta neppure l'80% della popolazione vaccinata.

Mi sento fregato.

Quando ho scaricato il certificato verde (allora non obbligatorio) mi era stato detto che mi avrebbe permesso di circolare e viaggiare in Europa.

Ora devo usarlo per andare al cinema e allo stadio, per lavorare e studiare, per stare in società.

Mi sento fregato.

E se mi sento fregato, maltrattato, umiliato, inascoltato io (che mi sono volontariamente vaccinato e green-passato), immagino cosa provino tutti coloro che non l'hanno fatto.

E si vede cosa provano attraverso il loro agire: astensionismo elettorale ancor più crescente, proteste nei luoghi di lavoro, manifestazioni pubbliche con strascichi squadristici d'antan.

A cui si risponde con reazioni antifasciste anacronistiche e ulteriormente distrattive rispetto alla questione centrale: lo squadrismo di stato, ricattatorio e vessatorio, che oggi si esercita verso ampie minoranze di cittadini che vanno puniti per la loro scelta di non vaccinarsi e di non certificarsi.

Chi obbedisce e diviene un fedele va premiato, chi disobbedisce e fa l'infedele va punito.


Perché il fascismo oggi sta nella finanza (ha ragione Di Battista), nell'establishment politico-economico, nel totalitarismo del mercato, nell'irregimentazione sanitaria.

I loro esponenti non sono così stupidi da definirsi fascisti, come fanno i folkloristici Fiore&Castellino, ma lo sono di fatto.

Si dichiarano tutti antifascisti, ma per non vedere la trave nel loro occhio.

Quando Letta dice che pagare i tamponi a chi non vuole vaccinarsi sarebbe equivalente ad un condono per gli evasori fiscali, cerca consapevolmente di dimenticare che tutti i cittadini (sino a prova contraria) non sono evasori, ma pagano le tasse e quindi anche le spese sanitarie; e che i vaccini non sono gratis perché gli Stati li hanno già pagati e profumatamente alle multinazionali farmaceutiche, senza chiedere nulla in cambio (spendendo cifre di gran lunga superiori a quelle che lo Stato spenderebbe per finanziare i tamponi a chi li richiede).


Quel che si richiede è una garbata sottomissione totalitaria.

Garbata, ed ancora in punta di fioretto, ma sino a quando?

Già si profilano nuove strategie della tensione, evidenti prodromi di guerra civile, permanenti stati d'emergenza, inquietanti richiami liberticidi degni di Scelba e Kossiga.

Quel che sta accadendo, col pretesto della pandemia, è un precedente che apre a tempi terribili, ad una dittatura da Stato etico che -con mezzi di condizionamento, controllo e repressione più potenti di qualunque fascismo già conosciuto- dovrebbe comunque ricordarci qualcosa.

 

venerdì 1 ottobre 2021

due mail di oggi

Questa la mail che ho inviato ai colleghi del Corso di Laurea:

 

Cari colleghi/e,

oggi riprendo servizio e parteciperò volentieri al prossimo consiglio di corso.
ma lo farò a distanza, attraverso teams.

come ho già scritto in lista Notizie, infatti, non condivido l'obbligo
del certificato 'verde' ed in particolare l'utilizzo obbligatorio
dello stesso per accedere all'Università ed ai luoghi di lavoro e di
studio.

Quindi, per quanto possa apparire paradossale (vista la mia insistenza
trascorsa sulla necessità di vivere l'Università 'in presenza'),eviterò di sottostare a quest'obbligo, sino a quando sarà possibile ed
il più possibile.

Preferisco vivere un paradosso piuttosto che accettare passivamente
una costrizione.

Saluti e buon lavoro
e.

 

 E questa è la mail che ho inviato al collega Salviati, coordinatore della campagna CoScienza Critica:

Caro collega,

ti ringrazio per l'invito e per l'iniziativa.
C'è sempre bisogno di agire per non favorire la deriva acritica e
in-cosciente delle nostre società ed Università.
Ma non credo che la proposta di costituire dei gruppi di lavoro sia
quella giusta, almeno per me.

La petizione che abbiamo firmato (quella contro l'utilizzo del certificato verde per accedere all'università, ndr), a mio parere, ci dovrebbe spingere
ad ulteriori azioni e prese di posizione consequenziali a
quell'appello, proprio in quanto non è stato accolto (come peraltro
era prevedibile) dal governo e dalle autorità d'ateneo.

Personalmente, per ora, ho scelto di non partecipare in presenza alle
riunioni od iniziative che avvenissero all'interno della facoltà,
limitandomi ad una sola presenza online, per evitare di adattarmi ad
un accesso obbligatoriamente connesso alla verifica del certificato
verde.

Credo che azioni del genere, od altre anche più radicali (che ci sono,
ma sono state lasciate a se stesse, come atti eroici di singoli
colleghi), sarebbero più coerenti e significative, rispetto ad
ulteriori dibattiti interni  tra noi (che mi andrebbero bene se
fossero accompagnati simultaneamente da azioni collettive e coordinate
consequenziali allo spirito dell'appello iniziale).

Grazie per l'attenzione
saluti e buon lavoro
e.