La catastrofe in corso mette da tempo a repentaglio la nostra sopravvivenza psichica. Lo stress da adattamento, la coazione al lavoro e al consumo, la suadente passivizzazione, gli obblighi e le punizioni insensate: tutto questo ci fa soffrire, ci abbatte, ci sfibra quotidianamente. Sopravvivere mentalmente è già un compito infernale. Figuriamoci provare a restare vivi, critici, pensanti, sensibili, umani, liberi. E' una lotta, con noi stessi e col mondo, ormai. Ma, anche in Occidente (nelle altri parti della terra stanno lì già da tempo, anche grazie al nostro prezioso contributo) ora si è avviata con decisione la fase in cui inizia ad essere messa a rischio anche la nostra stessa sopravvivenza fisica. La pandemia (e le reazioni di cura-aggressione da parte degli Stati) ne rappresentano un chiaro, inequivocabile segnale.
E, per chi si oppone, scatta soltanto una reazione d'ordine (non solo da parte dei governi, ma anche della maggioranza, silenziosa e solerte, dei cittadini); da qui la richiesta e la scelta di far fuori le minoranze rumorose e dissenzienti: attraverso la propaganda dei media, l'isolamento o, se necessario, con il passaggio a modalità militari (sgomberi, cariche di polizia, interventi dell'esercito...). Poco importa che i dissenzienti assumano atteggiamenti violenti, pacifici o non violenti: la reazione è sempre la stessa, senza far distinzioni (come già avvenuto ad Hong Kong negli anni scorsi). E, come ad Hong Kong, arriveremo a leggi che vietano la protesta e criminalizzano il dissenso, alla radice. Il modello cinese si fa strada, non solo in economia.
All'interno di questo modello poco importa alle èlites che si creino così enormi sacche di scontento e boicottaggio sommerso (come emerge dal rifiuto diffuso del green pass e dall'aumento vertiginoso delle astensioni elettorali). Gli scarti economici, sociali e politici non sono l'eccezione, ma la regola del nuovo corso liberista. Le nostre 'democrazie' peraltro sono da sempre governate da minoranze che si fingono maggioranze: l'importante è far parte della minoranza giusta (sorretta da maggioranze silenziose) e non di quella sbagliata (quella che dissente ed è in contrasto con quelle stesse maggioranze silenti). I nostri regimi rappresentativi determinano strutturalmente forme di potere oligarchico, sorrette da un consenso clandestino e collusivo, che -pur non trovando più corrispondenza con il consenso elettoralmente espresso- prosegue a funzionare di fatto.
Sino a quando? Sino a quando le oligarchie dominanti riusciranno nel gioco di celare la catastrofe ridefinendola 'emergenza' (terroristica, climatica, agricola, sanitaria...). Qual'è la differenza? Che ammettere la catastrofe del sistema toglierebbe ad esperti e politici la possibilità di gestirla ed ai cittadini l'illusione di potersi affidare a qualcuno per evitarla od uscirne. La catastrofe, se ammessa, comporterebbe l'ammissione che siamo ormai in una situazione totalmente fuori controllo. L'emergenza può essere invece di volta in volta amministrata ed anzi rafforzare il potere di esperti, politici, militari, consolidando e perpetuando il loro ruolo e aumentando la nostra rassicurante dipendenza da essi. Così sta accadendo ed accadrà sempre più (almeno sino a quando le catastrofi non si presenteranno in tutta la loro, a quel punto ingestibile ed apocalittica, potenza).
Assumere la catastrofe -lo dico da tempo- potrebbe rappresentare il punto di partenza per una vera e nuova opposizione politica ai regimi che oggi fanno muro intorno a se stessi e si rafforzano momentaneamente proprio attraverso la gestione apparente delle emergenze che si susseguono e si intrecciano ininterrottamente da almeno due decenni. Ma questa assunzione necessiterebbe di un profondo cambio di premesse -anche da parte di chi vorrebbe opporsi- che non è alle porte, anzi. Ecco perchè le maggioranze acquiescenti e silenziose e le minoranze ribelliste e rumorose proseguono con i loro automatismi, incapaci di andare oltre i circuiti violenti della vita ordinariamente agita e delle ormai continue, quotidiane emergenze che l'assillano.
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