venerdì 27 ottobre 2023

sull'insensatezza di farsi ancora domande sensate

 

Quando gli euro-americani hanno inventato la guerra umanitaria si rendevano conto di quel che stavano inventando e quanto successo avrebbe avuto nel mondo intero?

Basta poco, in fondo: qualche aiuto -se ti è permesso- e moltissime bombe da terra e cielo.

Funziona: salva la coscienza dei caritatevoli, mentre distrugge tutto il resto.


Quando gli euro-americani-israeliani parlano di attacchi mirati, cosa intendono esattamente?

Perché a vedere Gaza fatta a pezzi, con aree intere senza più palazzi e persone, sia a nord che a sud, qualche dubbio sorge spontaneo.

Ogni giorno e notte si colpiscono obiettivi strategici, covi di guerriglieri e terroristi, centri ed apparati di offesa potenziale. Ma -se è davvero così- perché vediamo tanta gente disperata che scappa (se può), che accorre agli ospedali (se ci sono), o che muore ammazzata?


Quando gli euro-americani-israeliani affermano di voler e poter estirpare Hamas da Gaza e dalla faccia della terra, sanno cosa stanno dicendo?

Continuare a trattare Hamas come abbiamo fatto con l'Isis o con lo Stato islamico significa confermare quel che sapevamo già di noi stessi: che siamo incapaci di apprendimento storico.


Quando Israele afferma di voler liberare gli ostaggi con un'operazione di guerra, che cosa ha in mente? E' ovvio che -a trattative in corso- i parenti degli ostaggi non ci credano e siano preoccupati, terrorizzati da un'operazione di terra, che rischia di (farli) uccidere ( come -dicono- è già accaduto per una cinquantina di loro) e non certo di salvarli. 

Ma al governo israeliano neppure i suoi cittadini interessano granché davvero, pare.

Quel che gli interessa è difendere la patria, la nazione, non chi ne fa parte.


Per gli euro-americani, quanti morti arabi valgono i duemila israeliani morti sinora nell'attacco?

Facciamo uno a dieci? Ci bastano ventimila morti a Gaza? Forse neppure.

E cosa saremmo capaci di fare se sotto le bombe fossero milioni di israeliani e la Palestina (o Hezbollah) iniziasse a bombardarli ed ucciderli a migliaia ogni giorno?

Quanti israeliani profughi prenderemmo in casa (così come già accaduto con gli ucraini)?

Non vedo niente di simile nei confronti dei palestinesi: con loro non facciamo neppure finta di considerarli esseri umani, nostri simili (non dico fratelli).














mercoledì 25 ottobre 2023

teoremi sull'israelizzazione del mondo

 

Teorema 1: Più la cultura è individualista e competitiva, più è probabile che il paese sia democratico e più è probabile che il paese, data la possibilità, sia belligerante.

Teorema 9: Più democratico è il paese, più sono autocompiaciuti i leader/i cittadini, più il paese è belligerante.

Cioè noi, l'Occidente.

Teorema 2: Più un paese nella sua storia ha inflitto traumi agli altri e più democratico è il paese, più il paese è belligerante.

Teorema 3: Più alta la posizione nella piramide economica mondiale dei paesi, più probabile è che il paese sia democratico e belligerante.

Cioè i nostri amici, gli USA, 'statua della libertà' e 'faro della democrazia'.

Teorema 7: Più democratico è il paese, maggiore la competizione interna per il potere; e maggiore la competizione interna per il potere, maggiore è la tentazione di ottenere il sostegno attraverso l'aggressione esterna.

Cioè Israele.

Teorema 4: Maggiore è l'isomorfismo tra le strutture nazionali e quelle mondiali e più democratico è il paese, più il paese stesso è belligerante.

Cioè, il nostro sistema-mondo.


Da tempo parlo e scrivo di israelizzazione delle relazioni umane: la mediazione politica viene in essa progressivamente sostituita da muri, divieti, frontiere, controlli digitali, oppressioni e repressioni, immunizzazione, militarizzazione della vita quotidiana, guerra.

Sta accadendo ovunque, ed Israele è il modello a cui tutti tendono ed in cui tutti i governi, man mano ed ineluttabilmente, tendono a riconoscersi e ad identificarsi.

Da qui una cultura che si diffonde microfisicamente nella vita e nelle menti di tutti noi, in tutto il mondo.

Ecco perché Israele è stata, è e sarà sempre più impunita ed impunibile, qualunque delitto compia alle spese di chiunque, comunque: che siano moschee o chiese, campi profughi o condomini, guerriglieri o civili, ospedali o cimiteri, libanesi siriani o iraniani.

Non più solo perché storicamente creato artificialmente da noi euro-statunitensi, invadendo territori abitati da arabi.

Non più solo perché permane da sempre come avamposto occidentale in Medio Oriente.

Ma perché ormai il mondo intero si è omologato e conformato strutturalmente ad Israele: ci siamo israelizzati.


Qui da noi, qualche governo ha difeso ieri Guterres all'ONU, quando ha provato a ricordare che gli attacchi di Hamas non vengono dal nulla?

Quale stato occidentale ha spiegato che la conferenza del Cairo è fallita perché tutti volevano condannare gli atti di Hamas, ma solo i paesi arabi erano disposti a condannare anche quelli di Israele?

Qualcuno ha dato il giusto rilievo alla marcia delle madri israeliane e palestinesi unite, o al gesto di pace della vecchietta ex ostaggio nei confronti dei suoi ex carcerieri?

Qualcuno ha la forza di invertire l'ordine di priorità degli israeliani, mettendo al primo posto la salvaguardia dei civili palestinesi e la liberazione degli ostaggi israeliani ed in secondo luogo il contrattacco dentro Gaza 'per scacciare Hamas dalla faccia della terra' o 'tagliare la testa del serpente' ?

Non esistono da tempo possibilità di negoziazione tra le parti, visti i fallimenti di tutti gli accordi precedenti (e non solo per i tradimenti di Israele, ma anche per la corruzione e le inadempienze dell'OLP).

Ma ancora oggi sarebbero possibili molte forme di pressione e mediazione-arbitrato fra le parti, da parte di terzi (che non possono però più essere gli Stati Uniti), così come accaduto con l'apartheid in Sudafrica.

Ma chi è disposto a considerare e trattare Israele come quel che fu il Sudafrica, a boicottarlo e sanzionarlo economicamente e militarmente? Come può accadere, in un mondo israelizzato, in cui inevitabilmente qualunque critica ad Israele viene ritradotta in attacco antisemita ed i terroristi stanno sempre e solo dall'altra parte ?

Il conflitto tra palestinesi e israeliani è da sempre un conflitto allargato su palestinesi ed israeliani.

É la guerra ora (e non il conflitto) che non potrà che durare (Ucraina docet), allargarsi ed allagarci.


(I teoremi citati sono stati proposti da Johan Galtung in 'Pace con mezzi pacifici' (Esperia, 2000))

domenica 22 ottobre 2023

Lèggere letture non leggère

 

In verità l'uomo è stato creato instabile;

prostrato quando lo coglie sventura,

arrogante nel benessere,

eccetto coloro che eseguono l'orazione...

(Corano, sura LXX, Le vie dell'Ascesa)


Ho dedicato una parte di questo terribile anno ('Nel duemilaventitrè ventitrè, il mondo non ci sarà più...!', cantava la Caselli), ad una lettura integrale della Bibbia e del Corano.

Sto procedendo pazientemente anche con Infinite Jest di Foster Wallace, testo sacro del (e sul) nostro tempo, ma non sono ancora riuscito a finirlo (temo che sarà lui a finire me).

Tre monumenti dell'umanità (e non solo per le loro dimensioni e volumi, pur ragguardevoli).

Cosa ci ho visto e cosa ho imparato?


'L'unico sentimento della mia vita è stata la paura', diceva di sé Thomas Hobbes.

Ecco, in primo luogo -leggendoli- ho provato paura.

Il fondamento violento e crudele della nostra civiltà trova in essi la sua più evidente e profonda espressione.

La quantità di ordini, colpe, punizioni, moniti, accuse, vendette, inimicizie, invasioni, prepotenze, perdoni e castighi è enorme, infinita, senza soluzione.

Il numero di omicidi, stragi, guerre, torture è incalcolabile.

Il razzismo etnocentrico (ebraico) e/o religioso (islamico) contro il diverso, il miscredente, l'infedele, il non-eletto, è esplicito, totale, senza remore.

La fratellanza, la solidarietà, la misericordia vale soltanto fra chi condivide la stessa fede.

Quel loro Dio riconosce come figli soltanto i suoi: tutti gli altri appartengono agli idoli, al diavolo, al Male.

Sono libri impregnati di integralismo, di odio, di dis-amore, di dis-umanità.

L'ebraismo e l'islamismo -inutile negarlo con le rassicuranti retoriche dell'amore e della tolleranza- si crogiolano lì dentro: il legame intrinseco tra monoteismo e violenza appare indissolubile e tragicamente radicato nelle loro rispettive, reciproche, e più profonde, premesse.


A queste, negli ultimi due secoli, si è unita, sovrapposta, contrapposta e integrata allo stesso tempo, la rilettura puritana del Cristianesimo, di un Cristo ri-crocifisso in salsa anglo-statunitense.

E qui giunge a sostenerci la lettura del terzo testamento, quello di Foster Wallace.

Il totalitarismo occidentale è permeato di guerra, autoesaltazione, paternalismo, consumismo e produttivismo, utilitarismo e competizione senza limiti, dipendenze psicotrope, razzismo economico e compassionevolezza pelosa, autocompiacimento giustificatorio ed assolutorio, proiezione ossessivo-paranoica, bisogno e necessità esistenziale di un Nemico.

Questo gioco infinito in cui viviamo non è altro che la religione monoteista contemporanea: una fede indiscussa ed indiscutibile in tutto ciò che odora di denaro.

E quel che -da entrambe le parti- si copre dei panni di uno scontro tra civiltà tra Occidente (ebraico-cristiano-puritano) e Islam (nelle sue varianti antinomiche: democrazie/autocrazie, ordine/terrore, tolleranza/fanatismo...) si rivela per quel che è: uno scontro per acquisire o detenere, far diminuire o accrescere il potere di dominio sull'umanità e sul pianeta.

Ed in questo non vi è distanza, ma piena collusione, tra i contendenti (così come è già accaduto (e continua ad accadere) con la corsa agli armamenti e le escalation militari).

Ecco perché Biden può impunemente dichiarare che gli Stati Uniti devono proseguire a proteggere i propri interessi vitali e quindi -in quanto unici arsenali della democrazia- continuare a foraggiare con altri 100 miliardi dollari il riarmo di Ucraina, Israele e Taiwan, confermandole come vere e proprie democrazie degli arsenali ed iniziando così a tracciare la strada per la prossima guerra, in quell'oceano Pacifico che, come molte altre cose, terrà il suo nome, ma ne perderà il senso.


Il modo occidentale, inveterato, anche odierno, di percepire il proprio posto nel mondo, ha come uno dei suoi elementi fondanti una solida e proteiforme concezione-sentimento di tipo etnocentrico, o francamente razzista...., che inferiorizza i 'non occidentali', in un mondo che diviene tuttavia sempre più 'occidentale'. Nessun occidentale sembra poter pensare il mondo senza porre l'Occidente, in quanto elaboratore della civiltà industriale e democratica, in una posizione di eccellenza, storica o assoluta per natura o altro destino, e in posizioni di più o meno grande inferiorità storica o assoluta tutti gli altri, a seconda della differenza rispetto ai modi di vita occidentali...

I processi di legittimazione di politiche e pratiche gerarchizzanti si avvalgono di logiche non meticce per rafforzare unicamente logiche di dominio politico ed economico. Logiche che ritroviamo spesso anche nei gruppi assoggettati o minoritari quali forme di autodifesa collettiva, per cui si accetta lo sguardo esterno essenzialista per rivendicare la propria diversità etnica o culturale...

L'irrigidimento delle identità e il rafforzamento dei confini culturali possono essere armi d'offesa e di difesa che possono arrivare a uccidere, secondo una nota espressione di Amartya Sen.

Ma l'operazione di fissare differenze culturali, celando intenzionalmente somiglianze e continuità, mira alla costruzione di un rapporto contrastivo di relazioni tra due o più gruppi, deviando di fatto l'oggetto del contendere dall'ambito dei rapporti di potere, di dominio e dipendenza/subalternità a quello più genericamente culturale o addirittura di carattere unicamente religioso.

(G. Angioni, Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture, 2011)












venerdì 20 ottobre 2023

errori orrori

 

Il Biden padre sapiente invita gli israeliani a non fare come gli statunitensi dopo l'11 settembre, a non farsi prendere dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.

É lo stesso Biden che poi promette decine di miliardi in armi alla stessa Israele per difendersi dagli attacchi di Hamas.

Quale dei due Biden è quello sbagliato?

Il nome 'Europa' risale al termine greco 'europe',composto da eurys (ampio) e ops (vista). E allora Europa significa, alla lettera: che ha ampie vedute. Ecco perché, tornando ad Adorno, direi che essere europei non significa altro che essere 'in transito verso l'umanità'. Allora sì che mi piacerebbe essere europeo.

Come già accaduto in Ucraina, In Europa stanno tutti ad auspicare de-escalation e negoziati, ma quel che procede sono soltanto guerra e riarmo.

Incorreggibilmente.


Va tenuto presente che l'islam radicale e il capitalismo liberista sono le due facce della stessa medaglia. Solo un'azione decisa, e guidata dalla ragionevolezza,può mettere la parola fine alla guerra...e alla tragedia senza fine dei rifugiati. E in questo contesto l'Europa dovrebbe agire in maniera più determinata, facendosi carico di maggiori responsabilità in relazione al mondo intero sulla scorta della propria Storia, altrimenti, prima o poi, ci sarà un brutto risveglio.

Comunque vada a finire, l'ordine mondiale a guida USA è finito.

L'impero americano si concluderà (nel sangue), l'imperialismo proseguirà con altri protagonisti.

Ma non l'Europa, che sta scegliendo di seguire i suoi soliti soci verso il baratro.

Gravissimo, tragico, disastroso sbaglio.


Israele ed Occidente dicono che il razzo sull'ospedale sia stato un errore della Jihad.

La distruzione della guerra nasce spesso anche da casualità impreviste.

Hamas accusa invece Israele di essere il colpevole.

Chi si sbaglia tra i due?

Noi, che continuiamo a star dietro alla propaganda di entrambi, ma anche alle false verità di giornalisti e studiosi che cercano i dati per dimostrare chi ha ragione o torto.

Come se oggi la questione fosse quella.

Possibile che non si riesca ad uscire da un così palese errore di lettura e prospettiva storica?

Orientarsi al proprio tornaconto è sì razionale, ma non ragionevole -manca di moralità. La questione del tornaconto degrada ogni decisione ragionevole a calcolo razionale...La moralità si distingue nettamente dagli affari, dal calcolo. É, per certi versi, cieca, e proprio in questo consiste la sua forza incorruttibile, la sua umanità.


Il virus irrompe in una società assai indebolita dal capitalismo globale. Reagendo allo spavento, ecco che le soglie immunologiche vengono di nuovo alzate e si chiudono le frontiere. Il nemico è di nuovo tra noi...Il panico sconfinato dinanzi al virus è una reazione immunitaria sociale e globale a un nuovo nemico, ed è una reazione immunitaria di rara intensità poiché abbiamo vissuto molto a lungo in una società senza nemici,in una società della positività.

Ora il virus viene percepito come terrore permanente.

Continuando a pensare solo al proprio tornaconto e alla propria 'sicurezza', l'Unione Europea sospende Schengen e si illude di blindare così i suoi confini.

Ancora una volta, come già accaduto col virus pandemico, ci chiudiamo e ci isoliamo, questa volta per difenderci dai migranti, portatori insani della minaccia terroristica.

Preferiamo rinunciare a noi e a nostri valori, sperando di salvarci.

Ci sembra di fare così i nostri interessi, al momento.

Ma fare i nostri interessi del momento significa non fare i nostri interessi, ma esattamente il contrario, in una visione più ampia e lungimirante.

Ennesimo errore che racchiude altri errori, passati, presenti e futuri.


(le citazioni in corsivo sono tratte da Byung-Chul Han, Perchè oggi non è possibile una rivoluzione, Nottetempo 2022)




mercoledì 18 ottobre 2023

ineluttabili

 

Visto che ancora non siamo noi sotto le bombe o in attesa di uno sterminio, quel che più mi colpisce -e mi fa cogliere tutta l'ineluttabile tragicità della situazione- sono le nostre descrizioni, spiegazioni, reazioni.

Servizi televisivi che mostrano madri israeliane in lacrime per le loro figlie in ostaggio: pochi casi singoli trovano lo stesso spazio di migliaia di morti palestinesi senza nome né volto.

Giornalisti quotati esibiscono attentati di lupi solitari che uccidono due svedesi dedicando loro lo stesso spazio proposto al bombardamento di un ospedale intero con centinaia di vittime (malati, dottori, rifugiati...).

Articoli ben documentati ci illustrano il legame tra chi sbarca a Lampedusa e chi ricomincia a fare attentati in Europa, rafforzando l'equazione 'immigrato uguale terrorista'.

Come si costruisce un immaginario razzista.

Come si pratica una vera e propria pseudospeciazione, come se l'altro appartenesse proprio ormai non solo ad un'altra razza, ad un'altra religione, ad un altro continente, ma proprio ad un'altra specie.

Come se non meritasse lutto, direbbe la Butler.

L'ineluttabilità della nostra umana catastrofe sta proprio in questa ineluttabile modo di percepire, sentire, pensare, commentare e giustapporre gli eventi, senza più vederli, ma mistificandoli continuamente solo per proseguire ad avere ragione e a giustificarci da soli.

Perché soltanto noi stessi possiamo (dobbiamo) farlo per noi stessi.

Tutti gli altri non possono fare altro che risentirsi, irritarsi, esasperarsi, e odiarci.


Una trasmissione impegnata del lunedì ha dedicato un'ora a descriverci l'attività di un'associazione ucraina che riporta i bambini in patria, dopo che questi erano stati catturati e affidati ad altre famiglie in Russia.

I russi, come se non si fosse in guerra, hanno accettato di rimandarli in Ucraina, accogliendo le richieste legali dell'associazione. Ma per la trasmissione i russi restavano solo dei mostri rapitori.

Ieri si sono viste in tv le scene di una ragazza israeliana, ostaggio di Hamas, che veniva curata al braccio da sanitari palestinesi e mostrata ai familiari per far loro sapere che era viva, seppur ferita.

Seguivano immagini della madre implorante, senza alcun commento positivo su quel che la scena descriveva. Il nemico restava solo un mostro rapitore.

Ora, so molto bene che in guerra tutto si fa anche per propaganda e che esiste per entrambe le parti la possibilità di catturare e prendersi cura dei nemici a tal fine.

Ma non valorizzare i gesti umani (o anche solo legalitari) dell'altro significa soltanto voler tagliare ogni possibilità di mediazione, far saltare ogni ponte tra un essere umano e un altro.

Così si costruisce un immaginario di guerra.

Così il circuito della violenza si fa ideologia e la guerra diviene unica voce, unica lingua per tutti.

Anche laddove continuino ad esserci pensieri, sentire, voci e lingue diverse: tutto viene tacitato, sommerso, coperto dall'abbacinante frastuono, dagli omertosi silenzi e dalle false parole della guerra.







lunedì 16 ottobre 2023

nulla osta, semper obsides

 

Centocinquantacinque cittadini israeliani sono stati presi in ostaggio da Hamas e sopravvivono, terrorizzati e inermi, in qualche bunker sotto Gaza.

In quella stessa metropoli, milioni di palestinesi sono stati per decenni ostaggi di Israele: dei suoi ricatti economici, dei suoi patti non mantenuti, delle sue continue aggressioni e rappresaglie.

Per lottare contro queste ingiustizie quelle stesse persone sono divenute ostaggi di Hamas.

E quando Hamas ha deciso che era giunto il momento di attaccare e terrorizzare il nemico, tutti i palestinesi di Gaza – almeno per la maggior parte di noi occidentali e per la maggior parte degli israeliani- sono diventati Hamas.

Ma Israele conosce la lingua del terrore e della guerra come nessun altro, da sempre.

Ecco perché sta divenendo, è divenuto, un modello per i tutti i governi e gli stati del mondo.

E ha proseguito a parlare la sua lingua, l'unica che conosce (con il beneplacito del mondo).

Gli abitanti di Gaza sono divenuti così ancor più ostaggi, sia di Hamas che di Israele.

E continuano ad esserlo anche tutti gli israeliani, ostaggi della paranoia e dei governi che votano per trovarne insieme sollievo e conferma.


I palestinesi di Gaza – a questo punto- avevano, da ostaggi quali erano e sono, due possibilità: restare o fuggire.

1. Restare ostaggi di Hamas e stare a Gaza, in attesa di bombardamenti, distruzioni, eccidi casa per casa, o anche a resistere e contrastare l'invasore, con i mezzi a loro disposizione contro un esercito superorganizzato.

Se fosse mai esistito il diritto internazionale, se contassero davvero l'ONU e le convenzioni di guerra, anche in un'ottica nonviolenta, avrebbe avuto un senso restare a Gaza: gli Israeliani avrebbero avuto certo più remore ad attaccare milioni di persone inermi di fronte a quel che resta dell'opinione pubblica mondiale.

Ma la situazione non è questa: la guerra ed il terrore degli Stati oggi non conosce più limite o diritti, usa la guerra al terrorismo come alibi, quale strumento di pulizia etnica e sterminio (come è stato già ampiamente dimostrato da eserciti di qualunque parte, sia in Jugoslavia, sia in Iraq ed Afghanistan, sia in Ucraina).

2. L'ultimatum terroristico di Israele ha quindi in gran parte funzionato e moltissimi palestinesi, presi dal panico e spinti dall'ansia di sopravvivere, (ir)ragionevolmente, sono fuggiti.

Il terrore e la paura funzionano sempre: ti rendono ostaggio o, se lo sei già, rafforzano la tua condizione di sudditanza e obbedienza


Non l'abbiamo sperimentato anche noi, si parva licet, durante la pandemia?

Sappiamo tutti che il lockdown subìto due anni fa rappresenta un precedente inquietante di quel che ci aspetta.

Perchè anche noi, milioni di italiani ed europei, siamo stati e siamo ostaggi.

Dei nostri governi, dei nostri Stati.

Che -a loro volta- sono ostaggi degli Stati Uniti.

Che -a loro volta- sono ostaggi delle multinazionali finanziarie, delle industrie d'armi, dei grandi inquinatori, dei Big Data.

La condizione di ostaggi è quindi generalizzata.

Possiamo dire che rappresenta oggi l'unica realtà davvero globalizzata.

E quando si è in gabbia, e ci si sente tali, senza prospettive di fuga (la neurobiologia e la storia lo insegnano), esistono solo due possibilità: la depressione inerte o autodistruttiva oppure la lotta aggressiva contro chi sta in gabbia insieme a te.

Stanno avvenendo inevitabilmente entrambe le cose, ovunque.

E non solo nei crateri, alla sommità dei vulcani sempre attivi della storia e della geografia.

Ma in profondità, nella vita quotidiana di ciascuno di noi, nelle nostre relazioni, dentro i sentimenti e le emozioni, le paure e le angosce di ognuno di noi.

La nonviolenza politica ci inviterebbe ancora a guardare oltre la gabbia, a non stare nella falsa alternativa appena descritta.

Solo quella strada ci avvierebbe verso la fine del nostro status di ostaggi della violenza ad oltranza.

Ma ce ne stiamo sempre più, irreversibilmente, allontanando.



giovedì 12 ottobre 2023

L' offesa di difendersi

 

Israele non ha diritto alla difesa.

Ha da sempre diritto all'offesa.

Diritto che non hanno altri, che -quando offendono- sono sempre soltanto dalla parte del torto.

Solo gli Stati Uniti ed Israele hanno avuto negli ultimi settant'anni il diritto di offendere e di essere riconosciuti sempre -de facto, se non de iure- nel diritto di farlo.

Ultimamente ci ha provato la Russia ad unirsi al club degli impuniti ed impunibili e ne vediamo i risultati.

La lista delle vittime aggredite dai governi statunitensi ed israeliani e rese da loro colpevoli è lunga, anche considerando tempi storicamente brevi: serbi, iracheni, afghani, libici, iraniani, ed -ovviamente e da lungo tempo ormai- palestinesi.

Anche i fatti di questi giorni lo dimostrano ancora una volta: Israele può assediare una metropoli come Gaza, procedere a sterminare una popolazione e riannettersi un territorio, senza che nessuno glielo possa impedire e senza ricevere alcuna critica né tanto meno ostacolo o divieto da parte di istituzione politica alcuna.

L'unica 'pace' a cui puoi aspirare è la sottomissione al loro dominio.

Se non lo accetti e ti ribelli, passi dalla parte di chi offende, e la difesa (cioè la guerra) diviene legittima agli occhi del mondo.


La gabbia, la trappola culturale dentro cui siamo immersi ha anche un'altra faccia: la soddisfazione inconscia, l'appagamento interiore ed inconfessabile, il godimento perverso che proviamo quando i sistemi di dominio vengono attaccati improvvisamente ed imprevedibilmente con successo.

E' già accaduto con le Torri gemelle, è riaccaduto nei giorni scorsi: i sistemi di sicurezza, di spionaggio e di difesa più sofisticati ed organizzati al mondo sono stati fregati da un manipolo di hacker e militanti inverosimilmente inferiori e scalcagnati.

Golia e Davide si ripresentano nella storia, ogni volta, anche se questa volta a ruoli invertiti: è il gigante Israele infatti a perdere contro le fionde dei palestinesi erranti.

Ma questo piacere momentaneo da rivalsa è ancora parte del sistema di guerra: sia perché la fomenta ed in breve rigenera in forme ancora più dolorose e criminali lo stato di sudditanza bellica e politica del ribelle, sia perché -dietro le fionde- si nascondono e tentano di rafforzarsi altri dominii ed apparati di potere non meno autoritari, militaristi e terribili di quelli che affermano di combattere.

La causa palestinese, in mancanza di vere mediazioni, è da tempo finita in mano ad altri (così come sta avvenendo per i recenti golpe in Africa centrale).

Inutile, in tempi di globalizzazione, parlare ancora di autodeterminazione dei popoli.

Del grande spettacolo trascorso della globalizzazione forse resterà proprio soltanto questo: la militarizzazione globale dei conflitti in un mondo -oltre che sempre più impotente e devastato- sempre più frammentato.









sabato 7 ottobre 2023

violenza è guerra

 I curdi -dopo anni in inutile attesa di riconoscimento e considerazione da parte dei potenti del mondo- hanno deciso di riprendere a far guerra e attentati. Hanno dovuto accettare il fatto che possono ancora e sempre essere usati per i nostri interessi, ma che da noi occidentali non avranno nulla in cambio. Troppo forte il peso dei nostri vincoli, debiti e crediti nei confronti di Erdogan, Assad e ayatollah iraniani.Che proseguano quindi a fare i loro comodi contro di loro, mentre noi proseguiamo a fare i nostri affari, a perseguire i nostri interessi a breve termine, economici o mirati al controllo politico e militare del nostro cosiddetto 'ordine mondiale'.

Anche in Iran e verso l'Iran niente da fare. Ci copriamo con la foglia di fico del Nobel per la pace ad una povera resistente in galera, ma -all'interno del paese- possono continuare ad agire impunemente contro i loro stessi cittadini e cittadine, attanagliando le opposizioni di piazza in un contesto di repressione e terrore di stato. D'altronde, anche da noi, si prosegue a picchiare dei ragazzi in corteo, armati solo di uova sode, per proseguire a creare anche qui il clima giusto per un futuro di pace e democrazia.Tanto, se qualcuno passa alle armi, la soluzione è sempre quella e rafforza il gioco della violenza armata e repressiva degli Stati.

Qualunque essere umano ragionante o anche solo senziente si rende conto da tempo che la situazione di violenza in Palestina non poteva reggere a lungo senza una nuova guerra. E ci risiamo, infatti. E tutti i partiti, i media, le istituzioni ad attaccare l'attacco di Hamas, la guerra dei poveri (con deltaplani, pickup, e razzi obsoleti) contro chi la guerra la fa da decenni, impunito e arrogante, sotto le spoglie di una democrazia: lo stato di Israele, fulgido esempio di regime razzista, capace di realizzare apartheid interni, distruzione e morte di popoli interi, scavalcamento di qualunque legge o divieto internazionale, senza che ci sia qualcuno capace di fermarlo o almeno di sanzionarlo.

Nel frattempo, proseguiamo a difendere l'Ucraina con le nostre armi, i nostri soldi pubblici, le nostre istituzioni (tutte) schierate contro il mostro russo. Il doppio standard si realizza così in tutta la sua smaccata evidenza. In una fase in cui si palesa la nostra partecipazione ad una vera e propria guerra, che non ha più neppure la parvenza di essere difensiva e resistenziale, restiamo appesi alle decisioni di Borrell, Stoltenberg e Biden, senza che possa più levarsi non dico un'opposizione, ma neppure un lamento (e povero il Santoro, che ancora ci prova, senza trovare -mi pare- alcuna sponda). Fa impressione dover verificare che l'unico riferimento possibile oggi sia rimasto il Papa (che è diventato tale anche per quel Fregoli movimentista che all'anagrafe si fa ancora chiamare Luca Casarini, ora in mezzo a vescovi e cardinali, passando senza ritegno dalle tute alle tonache bianche).

Quel che fa più male oggi non è quel che stiamo facendo o permettendo che si faccia o non si faccia, ma proprio questi apparenti stupore e meraviglia che sappiamo mostrare ogni volta che -come ora- la violenza si sfoga, rafforza i suoi circuiti di morte e avanza nella guerra aperta.  E' la stessa che fingiamo quando si palesa la violenza sui bambini, sulle donne, in famiglia, contro i neri ed i poveri (e che ci porta a chiedere leggi e pene sempre più severe e violente, indipendentemente dall'assenza di risultati che inevitabilmente esse comportano).

Dovremmo riconoscere che la violenza è già guerra, comunque venga agita, con le buone o con le cattive. Se si mostra buona, crea il vantaggio che possiamo rimuoverla e negarla con più facilità, ma contemporanemente determina lo svantaggio che -avendola rimossa più agevolmente- si presenterà infine in forme ancora più terribili, distruttive ed incontrollabili, come guerra appunto. Dovremmo imparare a vedere e sentire quel che si sta avvicinando: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-su-ci-e-si-avvicina 

Non ci salverà dalla distruzione, ma preserveremo almeno la dignità di aver compreso (e di aver detto, senza negare più) il quando,il come e soprattutto il perchè.