lunedì 25 luglio 2022

vivere a vanvera

 

Non temerai i terrori della notte

né la freccia che vola di giorno,

la peste che vaga nelle tenebre,

lo sterminio che devasta a mezzogiorno.

(Salmo 90)


La parola domani è stata inventata da adulti ignoranti e un po' depravati, oltre che irresponsabili, perchè sappiamo benissimo che in natura il domani non c'è, è solo un espediente pratico, merce dozzinale da vendere a chi ha voglia di cascarci.

Infatti non lo trovi da nessuna parte: trovi molto ieri, in giro, dove si accumula un arretrato pesante, e guardando i tuoi passi per terra c'è sempre un adesso che è meglio non considerare neanche, perché l'adesso è un animale mordace e lunatico.

Bisogna starci lontano, dall'adesso, o mantenere un rapporto prudente, di buon vicinato senza intimità.

Ma, a parte l'adesso, tutti cadono nel tranello del cosiddetto domani, che ci riempie quel serbatoio bucato che sono le speranze...


C'è un progetto avanzato, aveva detto ancora mio babbo, per una produzione che sarà un multiplo di quella attuale...Multiplo di quanto? Aveva chiesto il maggiore. Diciamo cinquanta volte, aveva risposto mio babbo, e sono stato basso.

Avrebbe potuto dire due o tre volte,ma il ragionevole non persuade, sa di arrotondamento ruffiano.

Moltiplicando per cinquanta, nessuno sospetta la fandonia.

Mio babbo Aràd era capace di trovare non solo le parole adatte ai momenti difficili ma anche i numeri e i multipli, secondo le regole della vanvera e dell'esagerazione, che si muovono su piani opposti: l'esagerazione scuote, la vanvera addormenta, ma insieme fanno una bella mescola...


Il vero non merita troppa stima: è una fabbrica di problemi che solo il falso risolve.

L'unico problema del falso è di avere in comune col vero una finitezza fisiologica: cioè, fin dove ci porta? E in fondo, aveva detto, qui è tutto un susseguirsi di falso che guarisce e depura il vero: i programmi del Supremo Cancelliere, densi di verità e di truffa, le parole urlate del vostro ardito, ieratico e inutile condottiero, l'alleanza fra le nazioni, le trecento tonnellate di carbone della miniera, i bollettini di guerra dove si invertono le vittime e i carnefici.

E poi ci siamo noi, cioè io e lei, in questo preciso momento e su questa macchina e il mondo attorno che non si cura di nessuno dei due perché in fondo è d'accordo col sistema.

Resta sempre da capire dove andiamo.

Che è come dire che il vero e il falso sono stati transitori:il falso ci traghetta in un'apparente infinità che arriva fin quasi a terra, ma poi c'è ancora un po' di guazzo, prima della riva...


Nella vita pratica, soprattutto didattica, si confonde il silenzio con il non parlare, cioè quel silenzio finto che pretendono i maestri e le maestre di scuola come se fosse uno stato raggiungibile.

Del resto, l'impostura del silenzio nasce proprio lì, nella scuola, che è a sua volta un'invenzione diabolica. Non c'è un giorno della mia vita che io sia stata contenta di andarci. Ero felice solo di uscirne, ma era un simulacro di felicità che somigliava più a sollievo dalle tribolazioni.

Anche la felicità è merce scolastica falsa come il silenzio, per non parlare della libertà, non presente in natura ma sintetizzabile chimicamente in una specie di surrogato di utopia...

Per questo mi sono sempre tenuta distante da quelli che si stimano liberi e felici per contegno o fede religiosa o infatuazione politica.

Per esempio, la maggior parte delle divise militari che giravano in questo sottomondo si proclamavano libere e felici, anche quando sparavano sui disarmati, anzi in questo caso diventavano veri campioni di libertà e felicità per via della gratificazione che lo sparo su un bersaglio inerme procura anche a livello di sistema endocrino, dicono...


In mezzo a tutte le macchie di memoria che si confondono tra divise, stivali, visiere dei cappelli insieme agli intrecci del destino militante, si muoveva un'intelligenza che, secondo me, ma non garantisco, appartiene solo al folletto della fine, che cominciava a prepararsi.

Volevo che arrivasse il folletto della fine ogni giorno, una fine diciamo provvisoria, non finale.

La fine di un capitolo, non di un libro...

Ma è un ritardatario cronico, il folletto della fine, non ha il senso del tempo.

Arriva, secondo una sua intelligenza naturale non misurabile in quozienti, quando tutte le cose si incastrano. Perchè c'è sempre un punto in cui le cose si incastrano...


(Paolo Colagrande, Salvarsi a vanvera, 2022)




domenica 24 luglio 2022

in cerca di distrazioni

L'inferno che abbiamo intorno richiede distrazioni e sollievi, in assenza com'è oramai di soluzioni.

L'assedio inizia a farsi totale: temperature da asfissia, incendi ovunque, pandemie che si rincorrono, siccità e scioglimenti a gogò, sbarchi a frotte di gente affamata e guerre sempre più vicine e permanenti.

Cosa c'è di meglio quindi di una bella campagna elettorale, per distrarre le nostre menti già confuse, in un'estate terribile come questa?

Che i giochi inizino, dunque.

Berlusconi cerca di salvarsi e si consegna mani e piedi a Salvini, dopo anni di centrismo, istituzionalismo e finalino draghista.

Salvini, a sua volta, sarà sbranato dalla Meloni (l'unica vera leader politica, oggi).

Conte cerca di salvarsi e si consegna mani e piedi a Grillo e Di Battista, tornati paladini degli anti-sistema.

Letta cerca di salvarsi appellandosi a fantomatici  'occhi di tigre' dei suoi elettori (che da vari decenni continuano a votare il PD solo turandosi pure nasi e orecchie, visto che si sono dovuti accecare sin dai tempi dell'Ulivo).

I piccoli partiti (a destra, centro e sinistra) se la godono, attendendo i dividendi e i ministeri della prossima impasse elettorale.

E le genti stanno a guardare, a parlarne ogni tanto, tanto per parlare.

In attesa di nuovi bonus, fin che la barca va.

 

 



 

 

 

giovedì 21 luglio 2022

La draga su Draghi

Ed anche il Draghi, mestamente, ci lascia.

Super Mario non accetta diktat, vincoli e catene, ama i pieni poteri.

Sino a quando il mito glielo ha permesso, è restato.

Ma, con la conquista del vitalizio e l'avvicinarsi delle elezioni, il tempo è scaduto anche per lui.

La draga del sistema dei partiti -per ora- non ne ha più bisogno e gli è passato sopra, come già accaduto con Monti.

D'altra parte chi vorrebbe mai gestire, dal governo, l'autunno che si prospetta?

Credo neanche lui, alla fin fine.


Adesso i soliti riti riprenderanno: i partiti prometteranno qualunque cosa, un buon numero di elettori si farà prendere dal tifo sportivo e riandrà a votare, si farà un nuovo governo ancora peggiore dell'attuale e votato da minoranze di cittadini sempre più impecoriti...

L'importante è che il fatiscente teatrino prosegua, mentre intorno tutto crolla, degrada, si sfascia, muore.

E noi, per mesi, a parlare di crisi di governo ed elezioni. 

D'altra parte chi vuole davvero provare ad affrontare alla radice i problemi che abbiamo difronte?

Ma se il PD non voleva mettere in difficoltà questo governo perchè si è messo a provocare la Lega con lo ius scholae?

Ma se i 5Stelle non volevano le elezioni perchè si sono messi contro Forza Italia proponendo una discussione parlamentare sul salario minimo?

Ma se Draghi voleva restare e proseguire a governare perchè ha fatto il discorso di ieri, tutt'altro che di mediazione?

Insomma, l'unico a volere questo governo e a volerlo ancora è sempre stato solo Mattarella.

Ed è per questo che è stato rieletto da quegli stessi che stavano al governo.

Ma ora non basta più.

Anche lui dovrà arrendersi sull'inciucio-Draghi.


E prepararsi a nuovi inciuci.

Mi sembra improbabile infatti che il centro-destra, nonostante i sondaggi attuali, vinca davvero le elezioni con una maggioranza che possa permettergli di andare a governare da solo.

In primo luogo perchè, davanti a quel che sta accadendo anche in questi giorni, i conflitti e le scissioni cresceranno anche lì e l'astensionismo crescerà (anche in elettori di Forza Italia e Lega, oltre che negli ex elettori 5S).

Il sistema può finalmente gioire: i Cinque stelle si sono suicidati definitivamente, non hanno neppure atteso le prossime elezioni per farsi ammazzare dagli elettori.

In secondo luogo perchè Mattarella e l'establishment faranno di tutto -come sempre- per favorire un governo il più possibile controllato dal PD (visto che le possibilità di un governo di centro-sinistra appaiono sempre più limitate).

Il PD (e Fratelli d'Italia) saranno comunque gli unici a guadagnarci qualcosa, credo, in termini elettorali: gli uni perchè sono stati coerenti nel sostenere questo governo sino all'ultimo e gli altri perchè sono stati coerenti a non farlo sino all'ultimo.

Quindi, Mattarella -considerata la nuova impasse- di nuovo tenterà la carta di un nuovo governo inciucista governato da tecnici, per gestire le emergenze (che nel frattempo, si saranno accentuate e moltiplicate ancor più).

Il sistema non si rigenera, ma è capace di ripetersi e di perpetuarsi, con la collusione di tutti: una cospicua quasi-minoranza infatti continua a votarli, e la sempre più ampia quasi-maggioranza non votante non si organizza per contestarlo apertamente e politicamente.








sabato 16 luglio 2022

post della quieta inquietudine

La vita, per la maggior parte degli uomini, è una mazzata ricevuta senza che se ne rendano conto, una cosa triste inframezzata da intervalli felici, qualcosa di simile a piccole facezie che colui che veglia sui defunti racconta, per trascorrere la calma della notte e l'obbligo della veglia.

Ho sempre trovato inutile considerare la vita come una valle di lacrime: è sì una valle di lacrime, ma dove raramente si piange.

Ha detto Heine che, dopo le grandi tragedie, finiamo sempre per soffiarci il naso...

La vita sarebbe insopportabile se prendessimo coscienza di essa. Fortunatamente non lo facciamo. Viviamo con la stessa consapevolezza degli animali, nello stesso modo futile ed inutile, e se cerchiamo di prevenire la morte, che presumibilmente, senza averne la certezza, essi non sanno prevenire,la preveniamo attraverso innumerevoli dimenticanze, innumerevoli distrazioni e sotterfugi, che a malapena possiamo dire di pensare ad essa.

Così viviamo, ed è poco per ritenerci superiori agli animali.

La differenza tra noi e loro consiste nel dettaglio puramente esteriore di parlare e scrivere, di avere -noi- un'intelligenza astratta per distrarci dal fatto di averne una concreta, e di immaginare cose impossibili. Tutto questo, però, sono accidenti del nostro organismo fondamentale.

Parlare e scrivere non producono nulla di nuovo nel nostro istinto primordiale di vivere senza sapere come.

La nostra intelligenza astratta serve solo a creare sistemi, o idee semi-sistemiche, di ciò che per gli animali significa semplicemente stare al sole.

La nostra capacità di immaginare l'impossibile forse non è significativa, perché ho già visto dei gatti guardare verso la luna, e non so se l'avrebbero voluta.

Tutto il mondo, tutta la vita, sono un vasto sistema di inconsapevolezza che opera attraverso la consapevolezza individuale...

Felice, dunque, colui che non pensa, poichè realizza per istinto e destino organico ciò che tutti noi dobbiamo realizzare per deviazioni e destino inorganico e sociale.

Felice colui che più somiglia ai selvaggi, perché riesce ad essere, senza sforzo, ciò che noi tutti possiamo essere solo attraverso il lavoro imposto; perché conosce la strada di casa, che tutti gli altri trovano solo grazie a scorciatoie dell'immaginazione e del ritorno; perché, radicato come un albero, è parte del paesaggio, e quindi della bellezza, e non come noi miti passeggeri, figuranti dell'abito vivo dell'inutilità e dell'oblio.


Viviamo di continue ed ossessive rimozioni.

Siamo allevati a temere il dolore ed il morire, e temiamo così di vivere.

Diveniamo passivi per non deprimerci e ci deprimiamo perché non ci sentiamo vivi.

Per evitare l'elaborazione depressiva (la consapevole accettazione del perdersi, del fallire, del lasciare) ci dirigiamo con paranoica dedizione contro l'altro vivente, che sia un umano, un animale, una pianta, o un pianeta intero.


La lettura dei giornali, sempre penosa dal punto di vista estetico, lo è spesso anche dal punto di vista morale, anche per colui che abbia poco interesse per le questioni morali.

Le guerre e le rivoluzioni -ce n'è sempre qualcuna in corso- arrivano, nell'analisi dei loro effetti, a provocare non orrore ma tedio. Non è la crudeltà di tutti quei morti e feriti,il sacrificio di tutti quelli che sono morti combattendo, o sono morti senza battersi, il che pesa enormemente sull'anima; è la stupidità di sacrificare vite ed esistenze a qualcosa di inevitabilmente inutile.

Tutti gli ideali e le ambizioni sono solo un delirio di comari.

Non esiste impero per cui valga la pena per rompere il giocattolo di un bambino. Non c'è ideale che meriti il sacrificio di un treno carico di ferraglia.

Quale impero è utile e quale ideale è proficuo?

Tutto è umanità, e l'umanità è sempre la stessa -variabile ma non perfettibile, oscillante ma statica.

Di fronte al corso irrimediabile delle cose, la vita che abbiamo avuto senza sapere come, e perderemo senza sapere quando, quel gioco di diecimila scacchi che è la vita condivisa con altri e di fronte alla lotta, al tedio di contemplare inutilmente ciò che non si realizzerà mai -il saggio non può far altro che implorare il riposo, il non dover pensare a vivere- perché basta dover vivere - un piccolo posto al sole e all'aperto, e sognare almeno che vi sia pace al di là delle montagne.


A vedere ed ascoltare tv e giornali in questi giorni viene solo voglia di ridere, di piangere, di chiuderli e di spegnerli.

Suona tutto così falso, stupido, ridicolo e terribile.

La morte di parole, persone, ideali, movimenti ci si presenta nella sua più ineffabile evidenza quanto più parole, persone, ideali e movimenti si agitano per fingere ancora di essere vivi.

Che possiamo fare, in questo mondo, che lo disturbi o lo modifichi?

Che cosa può valere un uomo, che un altro uomo non valga?

Valgono gli uomini comuni gli uni per gli altri, gli uomini d'azione per la forza che esprimono, gli uomini di pensiero per ciò che creano.

Ciò che hai creato per l'umanità è in balia del raffreddamento della Terra. Ciò che hai consegnato ai posteri, o è colmo di te, e nessuno lo capirà, oppure della tua epoca, e le altre epoche non lo capiranno, o ancora costituisce un richiamo per tutte le epoche, e l'abisso finale, in cui precipita ogni epoca, non lo capirà...

Avverto il freddo della vita...Sono la cocente sconfitta dell'ultimo esercito a difesa dell'ultimo impero. Sento il gusto della fine di una civiltà antica e dominatrice...

Qualcosa in me chiede eterna compassione -e piange su di sé come su un dio morto, senza altari durante il rituale, quando la bianca discesa dei barbari ha raggiunto il confine e la vita è venuta a chiedere conto all'impero di che cosa avesse fatto della felicità.


Quanto sarà duro vivere in questi ultimi anni dell'Impero che governa -con la sua- la nostra Libertà?

Quanto sarà disumana e orribile questa transizione che ora ci avvolge?

E quale Impero, Impero degli Imperi o Catastrofe degli Imperi, ci attende?

E chi e come chiederà il conto all'Impero di che cosa ne ha fatto della sempre possibile felicità?

L'ordito che si disfa non lascia ancora intravvedere la trama che frattanto si crea.

Non siamo pronti, né potremmo mai esserlo.

Eppure è questo il mondo in cui la nostra vita dovrà -a lungo- provare a vivere.


(I brani sono tratti da F. Pessoa, Il libro dell'inquietudine, 1913-1935)



 

lunedì 11 luglio 2022

autunno caldo (e freddo)

 

Nelle città ora bruciamo d'estate, tra incendi e caldo infernale, ma non disperiamo: senza gas, ci intirizzeremo d'inverno.

Ci dicono -come sempre e come sarà sino alla fine- che è tutto sotto controllo, che ci sono le scorte, ma se Putin deciderà di contro-sanzionarci, capiremo la differenza profonda tra gli effetti delle sue sanzioni e quelli delle nostre.


Nelle campagne sono già senz'acqua i campi, i fiumi ed i ghiacciai scompaiono, i prodotti agricoli scarseggiano e i loro prezzi sono da gioielleria. Chi ha soldi ce la farà,come sempre; chi non ce li ha

dovrà decidere se rubare le pere nei supermercati o i gioielli dalle case dei ricchi. O dovrà spacciare pere per comprarsi le pere al market. In ogni caso, risulta evidente che il vero problema è il reddito di cittadinanza.


Le varianti del Covid si sbizzariscono e ci riportano gradualmente, ma inesorabilmente, verso raccomandazioni che si trasformeranno a breve in nuovi obblighi: anziché finanziare e rendere più valida la sanità preventiva e territoriale, continueremo a foraggiare le aziende farmaceutiche ed a rincorrere giovani e vecchietti con la siringa. Metodo infallibile per generare fiducia nello Stato e nei vaccini.


Zelensky chiede un milione di soldati per la controffensiva e nessuno gli impone il ricovero immediato, né tra i suoi cittadini (ma ci sono ancora?), né tra i nostri qui (quelli che ancora si dichiarano 'liberi e democratici'). Anzi, Usa, Nato e UE proseguono ad appoggiarlo e fare i suggeritori per il suo sempre più ridicolo teatrino. La Russia, frattanto, trema.


I 5S e la Lega dichiarano che sosterranno il governo solo se e fino a che 'farà il bene degli italiani'.

La tipica frase democristiana per far capire che stanno per andarsene. Nessuno vorrà gestire questo terribile autunno da lassù. Appena scatteranno i vitalizi, dopo settembre, Draghi si troverà finalmente da solo. E si preparerà -in tutta serenità-a presiedere il prossimo governo tecnico, cioè il pateracchio (uguale a questo, ma spostato ancora più a destra) che scaturirà dalle prossime elezioni (sempre che si possano definire tali, visto che ormai va a votare meno della metà degli aventi diritto).


I ciuffi al vento non sventolano più: prima ci ha lasciato quello di Trump, quello che anche ieri ha dichiarato che il cambiamento climatico permetterà a molte più persone di avere la casa al mare.

Da oggi anche quello, ancor più giovanilistico e ribelle, di Boris si è dovuto dimettere.Ma possiamo star tranquilli: torneranno a breve, invocati dal popolo. Solo il tempo di tagliarsi il ciuffo e farsi crescere i baffetti, sotto quel loro naso che fiuta il vento.




venerdì 8 luglio 2022

palle maestre

 

A proposito della catastrofe climatica (inutile implorare ancora qui di smetterla di chiamarla 'cambiamento' !) vi propongo altri due brani da Kafka quali perfette metafore del nostro atteggiamento cronico rispetto ad essa.

Nel primo ci troviamo dinanzi all'indifferenza che segue sempre alla spettacolarizzazione del momento; nel secondo ai passaggi classici automaticamente ripetuti oggi da tutti noi: iniziale (finta) sorpresa, persistente rimozione, tentativi di mitigazione, ipocrita trasferimento del problema verso le generazioni future.


Coloro -io sono di questi- che hanno ripugnanza anche di una piccola talpa comune, sarebbero probabilmente morti dal disgusto se avessero veduto la talpa gigante che fu osservata alcuni anni or sono nei pressi di un piccolo villaggio il quale ne trasse una certa passeggera rinomanza...

Molte persone vennero per curiosità da luoghi lontani, persino dall'estero; non vennero invece proprio quelli che avrebbero dovuto mostrare più che la sola curiosità.

Anzi, se alcune persone comuni, il cui quotidiano lavoro non lasciava loro, si può dire, nemmeno il tempo di respirare, se costoro non si fossero occupati della cosa disinteressatamente, la notizia del fenomeno non sarebbe forse neppure uscita dalla cerchia più ristretta...

Si lasciò che l'unica trattazione scritta del caso la facesse il vecchio maestro del villaggio...L'opuscolo fu stampato e venduto largamente a quel tempo ai visitatori del villaggio, ma il maestro era abbastanza intelligente da capire che i suoi sforzi isolati, senza alcun appoggio, erano in fondo privi di valore.

Se nonostante tutto continuò e dedicò tutta la vita a questo problema, benchè per sua natura diventasse di anno in anno più disperato, ciò dimostra da una parte quanto grande fosse l'impressione suscitata dal fenomeno e d'altro canto quanta costanza e coerenza si possano incontrare in un maestro rurale vecchio e trascurato.

Quanto però abbia avuto a soffrire per l'atteggiamento ostile delle personalità competenti, è provato da un'appendice aggiunta al suo scritto, sia pure soltanto dopo alcuni anni, in un'epoca però in cui forse nessuno poteva ricordare di che cosa si era trattato.

In questa appendice egli si lamenta....dell'incomprensione incontrata presso coloro dai quali meno se la sarebbe aspettata...


(da Il maestro del villaggio, 1914)



Mentre Blumfeld davanti alla porta cava di tasca la chiave nota un rumore che viene dalla sua stanza...Egli apre in fretta e gira l'interruttore della luce. Ecco, a quello spettacolo non era preparato: due palle di celluloide bianche a righe azzurre saltellano affiancate sul pavimento; quando l'una batte per terra, l'altra è in aria e così giocano senza stancarsi...

Egli fa per afferrarne una, ma esse si scansano e se lo tirano dietro per la stanza...Esse fuggono subito, ma Blumfeld le spinge divaricando le gambe in un angolo della stanza e davanti al baule che sta all'angolo riesce ad acchiapparne una...

Come preso dalla collera, Blumfeld scaraventa la palla per terra ed è miracolo che essa non vada in pezzi. Senza intervallo le palle riprendono a fare come prima i loro salti brevi e concordi...

Una o due volte si gira a guardare le palle che, non essendo inseguite, pare vogliano inseguire lui...

Blumfeld si gira all'improvviso per vedere come fanno, ma appena si è girato quelle descrivono un semicerchio e sono subito dietro a lui; e ciò si ripete ogni qual volta si gira...

Fino ad oggi, in tutti i casi eccezionali, quando la sua energia non era sufficiente a dominare la situazione, Blumfeld aveva adottato il ripiego di far finta di nulla. Spesso gli è servito e per lo più ha almeno migliorato la situazione.

Anche ora si comporta così, si ferma davanti alla rastrelliera delle pipe, ne sceglie una alzando le labbra, la carica meticolosamente, e tranquillo lascia che dietro di lui le palle facciano i loro salti...

Ora le palle saltano sotto la tavola e, poiché c'è il tappeto, si sentono poco. E' un gran vantaggio: sono rumori sordi, debolissimi, e per afferrarli bisogna stare molto attenti...Se sui tappeti si fanno notare così poco, Blumfeld pensa che questa sia una grande debolezza delle palle. Basterà aggiungere ancora un tappeto o magari due e quelle saranno quasi impotenti.

Soltanto per un certo tempo, beninteso, tanto più che la loro esistenza indica già una potenza notevole...

Blumfeld non ha nessuna voglia di distruggerle; può anche darsi che gliene manchi la risolutezza. La sera ritorna stanco dal lavoro...Soltanto ora si accorge di quanto sia stanco. Distruggerà indubbiamente quelle palle, e anche molto presto; ma non per ora, probabilmente soltanto il giorno dopo...

A questo punto gli viene in mente che il modo migliore per renderle innocue potrebbe essere quello di portarle verso la loro vera destinazione. Nell'ingresso c'è ancora il ragazzo, il figlio della donna di servizio. Blumfeld gliele regalerà, gliele donerà espressamente...E tutta la casa vedrà giocare il ragazzo, altri bambini si uniranno a lui; l'opinione generale che si tratti di palle per giocare, e non già di compagne di Blumfeld, sarà incrollabile ed inoppugnabile...


(da Blumfeld, uno scapolo anzianotto, 1915)

giovedì 7 luglio 2022

una modernissima autodistruzione

 

La critica politica post-moderna ha purtroppo...reso il concetto di ragione uno dei più importanti elementi tanto del progetto della modernità, quanto del topos della sovranità...

La politica è così pertanto definita secondo un duplice profilo: come un progetto di autonomia e come la realizzazione di un accordo collettivo attraverso la comunicazione e il riconoscimento.

Questo, ci è stato detto, è ciò che la differenzia dalla guerra.

In altre parole, è sulla base di una distinzione tra ragione e irrazionalità (passioni, illusioni) che la critica tardo-moderna è stata in grado di articolare una certa idea del politico, della comunità, del soggetto...

All'interno di questo paradigma la ragione è la verità del soggetto, mentre la politica è l'esercizio della ragione nella sfera pubblica.

L'esercizio della ragione è equivalente all'esercizio della libertà: un aspetto chiave dell'autonomia individuale. Il romanzo della sovranità si fonda in questo caso sull'opinione che il soggetto sia il padrone e, al tempo stesso, l'autore in grado di controllare i propri intenti.

La sovranità è dunque definita come un doppio processo di auto-istituzione e auto-limitazione (fissare da sé i propri limiti). L'esercizio della sovranità consiste, a sua volta, nella capacità di auto-creazione della società attraverso il ricorso ad istituzioni ispirate da un comune immaginario e da particolari significati sociali...

Il mio interesse invece è rivolto soprattutto a quelle figure della modernità il cui principale progetto non è la battaglia per l'autonomia, ma il sistematico uso strumentale dell'esistenza umana e la distruzione materiale delle popolazioni e dei corpi.

Queste figure della sovranità sono lontane dall'essere una scheggia di inusuale follia o l'espressione di una rottura nell'equilibrio fra gli impulsi e gli interessi della mente e del corpo.

In realtà esse sono, come i campi della morte (i lager), ciò che costituisce il nomos dello spazio politico nel quale ancora viviamo.

Inoltre, le contemporanee esperienze di sterminio suggeriscono che è possibile sviluppare una lettura della politica, della sovranità e del soggetto diversa da quella che abbiamo ereditato dal discorso filosofico della modernità.

Invece di considerare la ragione come la verità del soggetto, possiamo guardare ad altre fondamentali categorie che sono meno astratte e più palpabili: come la vita e la morte...


La dottrina della forza 'travolgente e decisiva' venne attuata in pieno, nel Golfo e in Kosovo, grazie a una rivoluzione senza precedenti nella tecnologia militare, che ha moltiplicato la capacità di distruzione. La guerra aerea, in quanto relazionata con l'altitudine, l'armamento pesante, la visibilità e l'intelligence, è emblematica del caso in questione...

Assunse la forma di una guerra infrastrutturale che prese di mira e distrusse ponti, ferrovie, autostrade, reti di comunicazione, depositi di olio, impianti di riscaldamento, centrali elettriche e impianti per la depurazione delle acque....

Le guerre, nell'era della globalizzazione, tendono a costringere il nemico alla sottomissione, senza considerare le conseguenze immediate, gli effetti collaterali e il danno alle popolazioni provocato dalle azioni militari...


(Achille Mbembe, Necropolitica, 2003)


E' terribile, ma dobbiamo farlo: dobbiamo accettare il fatto che la modernità esprima su di sé un'auto-narrazione benevola e progressiva che non coincide interamente con la sue forme di realizzazione storica e che invece tende a nasconderle e rimuoverle: le connessioni -strutturali e non contingenti- tra modernità ed olocausto (già evidenziata da Bauman) e tra modernità, politica e guerra (come già evidenziato da Schmitt).

La storia del Novecento è stata l'espressione più chiara di questa narrazione (autoglorificante) e di questa realizzazione (etero-distruttiva).

Oggi, la narrazione continua (ma con sempre meno forza e credibilità, sia all'interno che all'esterno della modernità stessa), ma gli effetti della distruttività (sinora rivolti ed efficaci solo o soprattutto verso l'Altro) iniziano a rivoltarsi contro la modernità stessa e a distruggerne le basi (corpi, città, valori, prospettive).

La necropolitica avanza nel suo auto-fagocitare se stessa.

L'autunno che si prepara rivelerà il portato di questa analisi nella sua più disarmante, quotidiana e dolorosa concretezza.


mercoledì 6 luglio 2022

dalla costellazione del Cane minore

 

La scienza fissa le norme; ma non è facile intenderle neanche da lontano e nelle più grossolane linee principali. E quando uno le ha comprese vengono le vere difficoltà, di applicarle cioè alla situazione locale...

E tutta questa infinita fatica che scopo ha? Certamente lo scopo di immergersi sempre più nel silenzio e di non esserne cavato mai e da nessuno.

Si vanta spesso il progresso universale dei cani attraverso i tempi, e con ciò si allude probabilmente al progresso della scienza. Certo, la scienza progredisce, non la si può fermare, procede anzi con ritmo accelerato, sempre più veloce, ma che cosa vi è da elogiare?

Sarebbe come esaltare qualcuno perché con gli anni diventa più vecchio e... perciò si avvicina sempre più velocemente alla morte...Non vedo che decadenza, senza voler dire con ciò che le generazioni precedenti erano di natura migliore; erano soltanto più giovani, ecco il loro grande vantaggio; la loro memoria non era sovraccaricata come la odierna, era ancora facile indurli a parlare e se anche nessuno vi riuscì, la possibilità era maggiore; tant'è vero che questa maggiore possibilità è quella che tanto ci agita quando ascoltiamo quelle storie vecchie, ma anche ingenue. Talvolta udiamo una parola allusiva e vorremmo quasi balzare in piedi, se non ci sentissimo addosso il peso dei secoli...

Ma anche allora, si sa, i miracoli non giravano liberamente per le strade di modo che chiunque potesse coglierli, mai i cani non erano ancora -non trovo altra espressione- canini come oggi, la compagine della caninità era ancora lenta, la parola vera avrebbe ancora potuto intervenire, determinare la costruzione, mutarla secondo ogni desiderio, volgerla al contrario,, e quella parola c'era, era per lo meno vicina, stava sulla punta della lingua, tutti potevano apprenderla: dove è andata a finire? Oggi si potrebbe scendere fin nelle budella e non la si troverebbe.

Può darsi che la nostra generazione sia perduta, ma è più innocente di quella di allora. Posso anche capire il tentennamento della mia generazione, non è più neanche un indugio, è l'oblio di un sogno...

Ma credo di comprendere anche l'indugio dei nostri progenitori,...e quasi vorrei dire: beati noi che non abbiamo dovuto addossarci la colpa, e possiamo invece andare incontro alla morte, in un mondo già ottenebrato da altri, entro un silenzio quasi innocente.

Quando si sviarono, i nostri avi non pensavano neanche che fosse uno smarrimento senza fine, vedevano ancora -diremo così- il crocicchio, era facile tornare indietro in qualunque momento e se esitarono a tornare indietro lo fecero soltanto perché vollero godere ancora per poco la vita canina che non era ancora una vita particolare, e già sembrava a loro bella e inebriante...

E così continuarono a sviarsi. Non sapevano -e noi lo possiamo immaginare se consideriamo l'andamento della storia- che l'anima si muta prima della vita, e quando la vita canina cominciò a far loro piacere dovevano già avere un'anima canina veramente antica e non erano più tanto vicini al punto di partenza come sembrava loro o come il loro occhio tripudiante di tutte le gioie canine voleva far credere.

Oggi chi può parlare ancora di giovinezza? Essi erano i veri cani giovani, ma la loro unica ambizione mirava purtroppo a diventare cani vecchi, la qual cosa non poteva fallire, come dimostrano tutte le generazioni seguenti e meglio di tutte l'ultima, la nostra.


(da F. Kafka, Indagini di un cane, 1922)

venerdì 1 luglio 2022

Moloch senza umanità

 

La valenza etica del difendere l'aggredito si svela ora nella sua finzione in una serie di atti non conseguenti.

Svezia e Finlandia, pur di entrare nella Nato, accettano di consegnare ad Erdogan qualche decina di curdi che si erano rifugiati in quei luoghi freddi e non certo per scelta.

La Nato, a sua volta, approfitta della paura e fa espandere ancora una volta, come durante la guerra fredda, la presenza di militari statunitensi in Europa, in chiave anti-russa, ma soprattutto anti-cinese (ed in contrasto con l'espansione commerciale e politica di quest'ultima in Africa e Medio Oriente).

L'Ucraina viene sacrificata e sarà costretta a trattare a breve (dalle vittorie russe, ma anche dai suoi stessi sedicenti alleati): la si continua ad illudere che potrà vincere la guerra (pur di proseguire a spacciarle le nostre armi), mentre in Occidente già si leccano i baffi sui guadagni della ricostruzione (che la trasformeranno in un vero e proprio protettorato occidentale a tutti gli effetti).

Gli Usa si preparano a coinvolgere l'Europa nella Terza guerra mondiale contro i tre imperi asiatici (Russia, Cina e India): un'Europa totalmente succuba verso l'esterno e che cerca di rivalersi al suo interno su Stati nazionali in coma profondo: governi debolissimi, votati da minoranze di elettori (le maggioranze ormai si astengono ovunque e in massa, decine e decine di milioni di cittadini che smettono di esistere politicamente), con parlamenti divisi e litigiosi e partiti che curano solo i loro interessi di parte e a brevissimo termine.


Una politica che si trova finalmente di fronte ai problemi che ha creato e che ha sempre preferito affrontare solo attraverso compromessi, mistificazioni e ritardi.

E continua a farlo: l'abbandono del fossile viene continuamente spostato e rinviato, procede il greenwashing fra le aziende, si continuano a propagandare pil e crescita come valori e chi manifesta contro il cambiamento climatico con azioni dirette (e non più solo con petizioni e cortei) viene rimosso e represso dalle forze di polizia, quando non dagli stessi camionisti ed automobilisti infuriati.

Il sistema occidentale si sta ulteriormente chiudendo su se stesso e si prepara -come già in passato, ma con mezzi e potenziali ben più distruttivi - a divorare l'umanità intera con il pretesto di proteggerla e difenderla, realizzando su scala globale esattamente quel che sta già di fatto accadendo negli ultimi mesi a spese dei poveri ucraini, avamposto tragico e profetico delle sorti prossime di tutti noi.

É uno scenario di brutalizzazione e violenza che non riusciamo neppure ad immaginare, così come -al di là dello spettacolino televisivo- già ora non riusciamo con quel che sta accadendo ogni stanco e terribile giorno di guerra in quelle terre, solo retoricamente vicine, ma in realtà ancora lontanissime e profondamente straniere.

Il distacco e la separazione tra chi vive già ora la guerra e chi, come noi, si sente ancora 'in pace', permane e si rafforza nella sua insuperabile consistenza.

La nostra angoscia crescente, che pur proviamo -sapendo di loro-, non è commensurabile al terrore ed alla disperazione che quelli vivono, e che ci attende, come un Moloch che ora già ci ghigna addosso, spietato e inesorabile.