lunedì 28 aprile 2025

sardigna matrigna

 Qualche militante che gira con i quattro mori sbendati, piccoli cortei e raduni in via Palabanda, a celebrare rivolte incerte e controverse.

Assemblee nel palazzo regionale, gonfie di retorica e lamentazioni contro i governi di sempre, sempre a dare la colpa ad altri che non sono tra noi.

Per dimenticare i clientelismi, le collusioni, le svendite, i politicismi e le autocolonizzazioni di quelli di qui, che si dicono sardi e fingono di credere ed anche di esaltarsi in giornate come queste.

Celebrare è il modo migliore di dimenticare, ricordava Todorov.

Intanto, il sardismo è in soffitta (o al governo, ma a destra), gli indipendentisti si dividono in mille pezzi, ognuno a coltivare il suo orticello di slogan (molti) e potere (nullo), a difendersi dall'eolico e dalle scorie mentre si preparano al metano ed al nucleare sostenibile.

Sovranismi e localismi buoni contro quelli cattivi si rincorrono anche qui, in attesa di capire se la globalizzazione procederà o ci lascerà con o senza rimpianti.

I paesi e le campagne, nel frattempo, si svuotano, i giovani fuggono verso le metropoli d'Europa, i figli non nascono più.

Ma oggi è il momento di non pensarci, di festeggiare lotte ed identità immaginarie, di rivendicare realtà e diritti inesigibili, di sognare libertà ed autonomie.

Oggi, Sa Die de Sa Sardigna.



Ieri era l'anniversario della morte di Mussolini e, ennesima ironia della sorte, anche di Antonio Gramsci.

Siamo andati da Baressa ad Ales, per fare colazione a fianco alla casa in cui lui è nato.

Siamo entrati nella biblioteca della Casa Museo, così spesso aperta da odorare malamente di chiuso.

Uno sparutissimo gruppo di anziani, reduci di un partito che fu, intorno ad un sindaco e ad una corona di fiori.

Ci acchiappano e ci invitano a portarla noi, dal Municipio fino alla Casa, per la via centrale, tra la Cattedrale e la piazzetta di chiesa.

Accettiamo, divertiti e stupiti come turisti per caso, e dietro di noi si forma un piccolo corteo (come in un sereno funerale, sotto un cielo che pioviggina). 

Discorsi semplici, umili e dignitosi, di persone che stanno in un'associazione senza fondi, in un angolino di quell'angolino del mondo che già è la nostra isola. E in un paesone, Ales, che è ancora diocesi, ma che ha perso metà degli abitanti (ora ne ha 1200) in mezzo secolo. Nessun giovane, infatti, alla manifestazione; e un solo bambino, col nonno, che gioca a fare il comunista.

A Città del Messico, il fratello dell'amico frate che ci ha ospitato, morto l'anno scorso, ha creato un Circolo Gramsci e scritto vari libri sulla sua opera.

La stessa destra attuale in Italia chiacchiera di egemonia culturale.

Eppure, uno dei nostri più grandi, letto, studiato, conosciuto in tutto il mondo, è quasi del tutto dimenticato e abbandonato qui.

Ieri, Sa Die de Sa Matrigna.

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