mercoledì 30 aprile 2025

oltre il giardino

 Ieri, con i miei studenti ed alcuni amici ed amiche, abbiamo vissuto un esperienza di  'deriva'.

Una camminata insieme, nel parco, orientati soltanto da ispirazioni ed eventi, rivelazioni ed apparizioni che di volta in volta si presentavano ai nostri occhi.

Un segno che ci direzionava nella Zona, che spezzava la stasi e ci muoveva verso l'ignoto.

La natura ci chiama e ci insegna qualcosa, sempre. 

Ma è decisivo saper attendere, fermarsi, ascoltare, renderci di nuovo capaci di darci tempo e spazio -soprattutto mentale-, accogliere il vuoto e il silenzio.

Abbiamo incontrato e seguito dei parrocchetti verdi, farfalle, pollini nell'aria, una tartaruga che deponeva le uova, una musica alla chitarra di una ragazza ignara di avere un pubblico alle spalle.

Il tutto con una concentrazione ed un interesse crescenti: un'apertura verso qualcosa d'altro, un'esperienza d'altri tempi e ancora attuale, che -nella presenza del solo presente- ci permette -almeno per un attimo- di evadere dall'ansia della prestazione e del futuro.


Nel frattempo, in Spagna e Portogallo, il blackout ha costretto milioni di persone a vivere una giornata senza elettricità, senza metro, senza luce ed, in gran parte, senza connessioni.

Al di là degli inevitabili disagi, un'occasione per uscire dalla comfort zone, dalle abitudini consolidate, dai rituali di ogni giorno, dalla virtualità.

Molte persone hanno ripreso a comunicare di persona e a voce, a suonare la chitarra e a cantare per strada. Per darsi coraggio nel buio che avanza.

E' da un mese che vivo a casa mia senz'acqua corrente e senza bagno, per dei lavori di rifacimento urgenti.

Vado a raccogliere acqua al giardinetto con bottiglie e bidoncini, uso i bagni pubblici del Comune o dei bar.

Disagevole, certo.

Ma anche curiosamente aperto al possibile, decrescente e solidale. Divertente, quasi.

lunedì 28 aprile 2025

sardigna matrigna

 Qualche militante che gira con i quattro mori sbendati, piccoli cortei e raduni in via Palabanda, a celebrare rivolte incerte e controverse.

Assemblee nel palazzo regionale, gonfie di retorica e lamentazioni contro i governi di sempre, sempre a dare la colpa ad altri che non sono tra noi.

Per dimenticare i clientelismi, le collusioni, le svendite, i politicismi e le autocolonizzazioni di quelli di qui, che si dicono sardi e fingono di credere ed anche di esaltarsi in giornate come queste.

Celebrare è il modo migliore di dimenticare, ricordava Todorov.

Intanto, il sardismo è in soffitta (o al governo, ma a destra), gli indipendentisti si dividono in mille pezzi, ognuno a coltivare il suo orticello di slogan (molti) e potere (nullo), a difendersi dall'eolico e dalle scorie mentre si preparano al metano ed al nucleare sostenibile.

Sovranismi e localismi buoni contro quelli cattivi si rincorrono anche qui, in attesa di capire se la globalizzazione procederà o ci lascerà con o senza rimpianti.

I paesi e le campagne, nel frattempo, si svuotano, i giovani fuggono verso le metropoli d'Europa, i figli non nascono più.

Ma oggi è il momento di non pensarci, di festeggiare lotte ed identità immaginarie, di rivendicare realtà e diritti inesigibili, di sognare libertà ed autonomie.

Oggi, Sa Die de Sa Sardigna.



Ieri era l'anniversario della morte di Mussolini e, ennesima ironia della sorte, anche di Antonio Gramsci.

Siamo andati da Baressa ad Ales, per fare colazione a fianco alla casa in cui lui è nato.

Siamo entrati nella biblioteca della Casa Museo, così spesso aperta da odorare malamente di chiuso.

Uno sparutissimo gruppo di anziani, reduci di un partito che fu, intorno ad un sindaco e ad una corona di fiori.

Ci acchiappano e ci invitano a portarla noi, dal Municipio fino alla Casa, per la via centrale, tra la Cattedrale e la piazzetta di chiesa.

Accettiamo, divertiti e stupiti come turisti per caso, e dietro di noi si forma un piccolo corteo (come in un sereno funerale, sotto un cielo che pioviggina). 

Discorsi semplici, umili e dignitosi, di persone che stanno in un'associazione senza fondi, in un angolino di quell'angolino del mondo che già è la nostra isola. E in un paesone, Ales, che è ancora diocesi, ma che ha perso metà degli abitanti (ora ne ha 1200) in mezzo secolo. Nessun giovane, infatti, alla manifestazione; e un solo bambino, col nonno, che gioca a fare il comunista.

A Città del Messico, il fratello dell'amico frate che ci ha ospitato, morto l'anno scorso, ha creato un Circolo Gramsci e scritto vari libri sulla sua opera.

La stessa destra attuale in Italia chiacchiera di egemonia culturale.

Eppure, uno dei nostri più grandi, letto, studiato, conosciuto in tutto il mondo, è quasi del tutto dimenticato e abbandonato qui.

Ieri, Sa Die de Sa Matrigna.

venerdì 25 aprile 2025

ciao caro (detto alla romana)

 C'è un solo albero nella piana, un solo punto di riferimento rimasto in piedi. Il carro funebre fa il giro della proprietà per permettere al nonnino di salutare un'ultima volta i suoi paesaggi. E ai paesaggi di salutare un'ultima volta lui. E' una scena commovente. Anche al suo cane viene da piangere, corre dietro la macchina nera, la segue come quando seguiva il padrone che, dritto come un fuso, camminava nelle piane sterminate...Rauchi pianti, gemiti forti. Il suo dolore galoppa, tiene botta, taglia le curve, vuole assistere alla messa. La gente entra, c'è tutto il paese, le porte si chiudono, la sua disperazione rimane fuori...Dalla manica sfilano un fazzoletto, ci nascondono il viso, ci affondano il dispiacere. Faranno leggere alcuni discorsi a quelli che, pur soffrendo, sanno contenere il proprio dolore. Sarebbe un peccato rovinare con le lacrime i tributi di figli e nipoti. Ci mancavano solo i ragli del cane, sarebbe stato megli rinchiuderlo, i vecchi non sentono niente. Il suo pianto vince su tutto, copre le parole del prete, neanche la porta riesce a bloccare i lamenti. Lo zio è costretto a uscire, afferrare i singhiozzi per il collare e andare a chiuderli in un fienile dall'altra parte del paese. La cerimonia può continuare. Ora si sente solo una sofferenza discreta, chi tira su col naso, chi se lo soffia, chi trattiene le lacrime, chi sospira un pò, chi si dà una pacca sulla spalla...

(Marion Fayolle, Piccola storia grande, NNE, 2024)


Mi sono trovato a vivere per caso la morte del Papa a Roma, in una casa non lontana dalle mura vaticane.

Il pacifismo è morto, da tempo.

E la pace è divenuta solo una parola, svuotata e vilipesa, da un bel pò.

Ma Francesco era l'ultimo sopravvissuto del pacifismo e della pace.

Le sue straordinarie encicliche racchiudono in se stesse il meglio di quella visione.

Ma rappresentano anche il suo definitivo fallimento storico e politico.

Mai un Papa infatti è stato tanto chiaro e radicale nelle sue posizioni (sull'immigrazione, contro l'industria d'armi e la guerra giusta, per la decrescita e la giustizia sociale…).

E mai è stato tanto irriso, smentito, ininfluente ed inascoltato.

Anche per buona parte dei 'credenti' della sua stessa Chiesa.

Per non parlare dei politici e dei governanti di turno.


Quegli stessi che ora accorrono, come farisei, attorno al suo feretro, a rivendicarne amicizia, affinità, rispetto, comune lungimiranza.

Quegli stessi che proseguiranno a dichiararsi cristiani e a fare la guerra, a distruggere il pianeta, a far affogare gli immigrati.

Quegli stessi che proseguono a definire i loro patti di spartizione -ora sulla testa di palestinesi ed ucraini- e a chiamarli accordi di pace. E che si lamentano -e minacciano e ricattano- se le vittime se ne lamentano.

Quelli che salteranno la fila per vederlo nella bara e farsi un selfie nell'attesa o davanti alla bara.


Sono andato a San Pietro, per salutarlo e dirgli grazie.

Per aver testimoniato una verità che, per quanto irrealizzata nel mondo degli uomini, resta vera nella profondità del loro cuore, quando ancora batte. 

Se, ma solo se facciamo silenzio (e uscendo dal mondo?) si fa sentire ancora.






























giovedì 17 aprile 2025

tototrump

Lotta in corso: Capitalismo 1 (sempre più) statalista (sempre meno), liberale (sempre meno), parlamentare (idem) CONTRO capitalismo 2 (sempre più) antistatalista (sempre più), liberista (sempre più), populista (sempre più).

Come negli anni 20 del novecento, il conflitto è di nuovo quello. Cento anni fa hanno vinto i secondi, almeno per un bel po'.

Il capitalismo 1 si nutriva e si nutre di due grandi e terribili illusioni:

1. che il commercio globale ed i mercati garantiranno la pace e allontaneranno la guerra;

2. che riuscirà ad assorbire nel suo metodo-sistema 'democratico' le tendenze che esso stesso genera e favorisce, come un uovo del serpente, al suo interno: sovraniste, identitarie, securitarie, nazionaliste.

Due illusioni che sono rimaste deluse allora e ricominciano tragicamente ad esserlo oggi.


Il secondo capitalismo, infatti, oggi come allora, va al potere proprio attraverso il voto ed il metodo 'democratico'.

E' in crescita esponenziale ed irreversibile in Europa ed in tutto l'Occidente, ma anche in molti stati dell'Africa e dell'Asia, in India, in Turchia, in Russia.

Ed ora emerge e va al potere anche negli Stati Uniti.

Il processo è avviato da tempo ed ora avanza irreversibilmente: il dado è tratto.

Trump è troppo potente per far la fine di un Farage, di una Le Pen o di un Salvini.

Non si lascerà sconfiggere senza combattere sino allo stremo (nostro).

Ma anche le borse e i mercati, fulcro del primo capitalismo, lo faranno e cercheranno di resistere all'attacco in corso contro le loro consolidate omeostasi.

Ipotesi 1: Trump regge e riesce a compiere il passaggio verso la fase del capitalismo 2: inizia la guerra globale (commerciale e militare) tra imperi neofeudali (ovest contro est). La catastrofe accelera: dell'Occidente? del sistema-mondo? del pianeta intero ?

Ipotesi 2: Trump non regge davanti al crollo delle borse e dei mercati, alla recessione e all'inflazione crescenti. Il primo capitalismo (unica vera opposizione al momento) reagisce, con i suoi metodi classici, Trump retrocede (o viene eliminato) e noi si annaspa nella palude attuale, ancora per un po', proseguendo così nel graduale stillicidio di violenze e guerre 'locali'. Solo un continuo rinvio della catastrofe, sino a quando si potrà (almeno per noi) ?

Quale preferire? Quale preferite?

Esiste una terza possibilità?

Non dentro il capitale e lo stato, direi. Così mi (ci?) dice la storia dell'ultimo secolo almeno (noi non ci saremo, noi non ci saremo...).

domenica 13 aprile 2025

coma 25

In questi giorni assurdi mi è tornato in mente un libro di Joseph  Heller, del 1955, intitolato Comma 22.


Non puoi esonerare dal volo uno che è pazzo. 

Oh, certo, devo farlo. C'è una regola che prescrive di esonerare dal volo tutti quelli che sono pazzi...

E' pazzo Orr?

Certo che lo è, disse il dottor Daneka.

Puoi esonerarlo?

Certo che posso. Ma prima lui deve chiedermelo. Questo fa parte delle regola.

E allora perché non te lo chiede?

Perché è pazzo, disse il dottor Daneka. Deve essere pazzo, per il fatto stesso che continua a volare dopo aver sfiorato la morte tante volte…

Allora, dopo che lui te l'ha chiesto, puoi esonerarlo?, Yossarian domandò.

No, dopo non posso esonerarlo.

Vuoi dire che c'è un comma?

Certo che c'è un comma. Il Comma 22. 'Tutti quelli che desiderano di essere esonerati dal volo attivo non sono veramente pazzi'.

C'era soltanto un comma e quello era il Comma 22, il quale precisava che la preoccupazione per la propria salvezza di fronte a pericoli che fossero reali e immediata era la reazione normale di una mente razionale. Orr era pazzo e avrebbe potuto essere esonerato dal volo. Tutto quello che doveva fare era fare domanda; e non appena ne avesse fatto domanda, non sarebbe più stato pazzo e avrebbe dovuto continuare a volare. Orr sarebbe stato pazzo se avesse compiuto altre missini di volo e sano di mente se non lo avesse fatto, ma se fosse stato sano di mente avrebbe dovuto compiere altre missioni di volo. Se volava era pazzo e non doveva più volare; ma se non voleva volare era sano di mente e doveva volare. Yossarian fu molto impressionato per l'assoluta semplicità di questa clausola del Comma 22 e si lasciò sfuggire un fischio pieno di rispetto. 

E' davvero un bel comma, quel Comma 22, osservò.

E' il migliore che ci sia, ammise il dottor Daneka.


Sapevo che lui desiderava i datteri più del lenzuolo. Poichè non capisce una parola di inglese, feci del mio meglio per condurre la conversazione in inglese.

Perché non gli hai dato semplicemente un pugno in testa e non ti sei preso il lenzuolo?

Questo sarebbe stato estremamente ingiusto. La forza è un errore e due errori non fanno mai una cosa giusta. Era molto meglio il mio sistema...

E se per caso si arrabbiasse e volesse i suoi datteri?

Bè, allora gli darei semplicemente un pugno in testa e me li riprenderei, Milo rispose senza esitare.


Tu stai parlando di vincere la guerra e io invece di vincere la guerra e salvare la pelle.

Esattamente. E quale delle due cose credi che sia più importante?

Apri gli occhi, Clevinger. Per uno che sia morto non ha la minima importanza chi abbia vinto la guerra.

Complimenti! Non credo che ci sia un atteggiamento che possa sicuramente ispirare più grande conforto al nemico.

Il nemico, ritorse Yossarian con calcolata precisione, sono tutti coloro che cercano di farti morire, non importa da quale parte si trovino…


Sai, questa può essere una soluzione: gloriarsi di qualcosa di cui dovremmo sentire vergogna. E' un trucco che sembra riesca sempre.


Deve pur esserci stata una ragione...Non potevano semplicemente entrare qui dentro a forza e sbattere fuori tutti.

Nessuna ragione, gemette la vecchia, nessuna ragione.

Che diritto avevano di farlo?

Il Comma 22.

Cosa? Cos'hai detto?

Il Comma 22 ripetè la vecchia. Il Comma 22 dice che hanno il diritto di fare tutto ciò che non possiamo impedirgli di fare…

Che diritto avete di farlo? dissero le ragazze. 

Il Comma 22, gli uomini risposero.

Non ve l'hanno mostrato? chiese Yossarian, muovendosi in giro per la rabbia e la disperazione. Non ve lo siete almeno fatto leggere?

Non sono tenuti a mostrare il Comma 22, rispose la vecchia. La legge dice che non sono tenuti.

Quale legge?

Il Comma 22...


Yossarian uscì dall'appartamento, maledicendo il Comma 22 con veemenza, sebbene sapesse che non esisteva nulla del genere. Il Comma 22 non esisteva, ne era sicuro, anche se non faceva gran che differenza. Quel che importava era che tutti erano convinti che esistesse, e questo rendeva le cose ancora peggiori, perché non c'era alcun oggetto o prova da ridicolizzare o refutare, da accusare, criticare, attaccare, emendare, odiare, oltraggiare, sputargli contro, mandarlo in frantumi, calpestarlo o mandarlo al rogo.

Dall'altro lato dell'incrocio un uomo stava picchiando un cane con un bastone. Yossarian si sforzò inutilmente di non sentire e di non vedere. Il cane gemeva e guaiva, strisciava e si torceva sul ventre senza opporre resistenza, ma l'uomo lo batteva ugualmente con un bastone piatto e pesante. Tutt'attorno una piccola folla di spettatori...All'angolo seguente un uomo stava picchiando un bambino con brutale violenza, in mezzo ad una folla immobile di spettatori adulti, che non facevano alcun atto di intervenire...Nessuno si mosse. Il bambino piangeva senza sosta, come inebetito dalla disperazione. L'uomo continuò a buttarlo a terra con i colpi duri e risuonanti dati con la mano aperta sul capo, poi a rialzarlo con uno spintone e a colpirlo di nuovo. Nessuno, tra la folla triste e avvilita, sembrava abbastanza preoccupato della sorte del bambino inebetito e abbattuto per cercare di intervenire…

Era scoppiata una rissa tra un italiano in borghese, che aveva dei libri sotto il braccio, e un gruppo di poliziotti in borghese che lo avevano circondato, brandendo dei bastoni. L'uomo urlava e si contorceva; aveva dei lineamenti scuri e un viso che era bianco come un panno lavato per il terrore. Aiuto!, gridò con una voce stridula e strozzata dalla sua stessa emozione; e i poliziotti lo portarono verso l'ambulanza e lo gettarono dentro… C'era una strana ironia in quel ridicolo panico dell'uomo che chiedeva aiuto urlando alla polizia proprio quando proprio i poliziotti gli erano tutti attorno. Yossarian sorrise fra sé ripensando a quel futile e ridicolo grido d'aiuto, ma poi pensò che quelle parole, forse, non volevano essere un'invocazione d'aiuto alla polizia, ma forse un eroico avvertimento lanciato in punto di morte, da un amico condannato, a tutti quelli che non erano poliziotti armati di bastone e di pistola, e che non operavano sostenuti da un gran numero di altri poliziotti armati di pistola e bastone.  'Aiuto! Polizia!', aveva gridato l'uomo, e forse aveva voluto avvertire di un pericolo incombente:...poliziotti, poliziotti incanagliti dappertutto; tutte le nazioni erano nelle mani dei poliziotti. Centinaia di poliziotti. Poliziotti armati di bastone comandavano dovunque.

mercoledì 9 aprile 2025

per chiarità

La forza è la facoltà di muovere come si vuole un altro corpo, e necessariamente si muove un altro o tirandolo o spingendolo, o sollevandolo, o schiacciandolo, o comprimendolo (Aristotele, Retorica, 1361b, 15)

'Stanno venendo uno ad uno a baciarmi il culo', sintetizza icasticamente ed efficacemente il tycoon.

'Il bazooka è lì, pronto all'uso', dichiara l'agitato portavoce dell'Europa.

'Siamo pronti a lottare', declamano i cinesi, colpiti da dazi che vanno ora oltre il 100%.

Picchiare forte e duro è l'unica arma che resta quando alle regole della violenza strutturale coperta (sancite per decenni da ONU, WTO e CPI, istituzioni ora saltate e umiliate dagli stessi paesi 'civili' che le avevano create) si sostituisce la violenza aggressiva, esplicita e diretta delle parole e dei comportamenti.

Ora dobbiamo e possiamo solo stare a guardare, per aspettare di capire chi vincerà questa guerra (commerciale) e quella prossima (militare).

Così siamo ridotti, in questa 'democrazia'.


La fortuna è causa dei beni che sfuggono al calcolo: ad esempio se uno è bello mentre gli altri suoi fratelli sono brutti; oppure se qualcuno ha trovato un tesoro che altri non avevano visto; oppure se il dardo ha colpito il vicino e non lui; oppure se non essendo egli solo venuto in un luogo dove sempre veniva, gli altri che vi venivano per la prima volta, vi perirono… (idem, 1362a, 5-10)


L'Indonesia è il primo paese ad offrirsi per ospitare i fratelli palestinesi che lasciassero Gaza o la Cisgiordania.

Il fronte islamico inizia ad arrendersi a Trump e Netanyhau.

Il campo di sterminio che Israele ha organizzato scientemente sin da subito dopo il 7 ottobre, appoggiato da tutto l'Occidente, inizia ad ottenere i suoi dividendi: 

la Terra Promessa agli ebrei sta per tornare ai sionisti, intera e indivisa. Saranno eretti i resort sulla costa insanguinata.

Ed Israele -statene certi- ci guadagnerà ancora. E non pagherà dazio.


Sul fatto che vi sia colpevolezza non vi sarà mai riconoscimento; in caso contrario non vi sarebbe bisogno di processo. Parimenti anche i consiglieri spesso lasciano perdere gli altri fini, ma non riconoscerebbero mai che le cose che consigliano siano dannose o che quelle che sconsigliano siano utili...(idem, 1358b, 35)

'Mi amo troppo per stare con chiunque', ha scritto Sara Campanella, l'ennesima ragazza uccisa qualche giorno fa a Messina.

E tutti a mettere la frase in risalto, sugli striscioni e nelle pubblicità, nei media e sui social.

Una frase che -se la ben intendo- mi spaventa quanto i suoi uccisori.

E mi inquieta il fatto che altri la utilizzino come slogan positivo.

Ma cosa può significare (la frase stessa ed il suo uso successivo) ?

Perché è considerata una frase contro la violenza e non (come mi appare) un incitamento ad essa?

Qualcuno può aiutarmi a capire?






















domenica 6 aprile 2025

disintossicarsi

 Mi è stato chiesto di proporre alcune idee per disintossicarsi da internet e social all'Università...

Eccole:

1. Dall'addizione alla sottrazione:

La scuola e l'Università stanno potenziando ed accelerando esponenzialmente i processi di digitalizzazione-virtualizzazione del circuito insegnamento-apprendimento, rafforzando ulteriormente la delega e la dipendenza dalle tecnologie informatiche e dalle reti di interconnessione globalizzate. La disabilitazione delle competenze tradizionali personali e collettive (conversazione, lettura, scrittura, riflessione approfondita, orientamento etico, ma anche più semplicemente spazio-temporale...) risulta sempre più evidente. Considerato che queste tendenze appaiono al momento irrefrenabili ed anzi destinate a crescere, appare urgente iniziare a ri-considerare la situazione da una prospettiva psico-pedagogica e approntare una serie di misure limitative-sottrattive-compensative che aiutino docenti e studenti ad attraversare questa trasformazione repentina senza concedersi ad essa solo e soprattutto in termini passivi e puramente adattativi, come invece sta avvenendo.

 Azioni per la riduzione dell'impatto tecnocratico:

A. contestuali (per tutti, studenti e docenti, all'interno delle aree universitarie):

-divieto d'uso dello smartphone in aula

-creazione di aree smartphone-free, adatte alla conversazione attenta e all'ascolto attivo, alla lettura ed alla riflessione, senza interruzioni e disturbi

-formazione per attività didattiche ludicizzate (non gamificate), co-costruttive (non trasmissive), formative (non informative), tali da generare motivazioni intrinseche ed un clima di benessere nella classe (P. Gray). Ad es.: limitazione di slides e LIM ad un uso illustrativo-ancillare e non sostitutivo-strutturale nello svolgimento delle lezioni (vedi: metodo Pechakucha).

B. relazionali:

-Attività per l'empowerment personale finalizzato ad una crescente autonomia, selettività consapevole e spirito critico nell'uso e nella gestione della tecnologia digitale e dei social;

-Laboratori auto-riflessivi e di condivisione per confrontarsi e 'disintossicarsi' dalla dipendenza e dall'uso compulsivo-ossessivo (addiction) degli strumenti digitali.

 

2. Dal reality alla realtà

I processi simulativi e virtualizzati, inizialmente paralleli al mondo reale delle relazioni, si stanno progressivamente sostituendo ad esso. Essi risultano più immersivi, più appaganti, più confermanti, più facili e più 'smart' di quel che il mondo reale offre e propone, facilitando quindi una sua -sempre più automatica ed apparentemente gratuita- surrogazione.

I circuiti dopaminici auto-rigeneranti all'infinito, programmati da studiosi e tecnologi di alto livello, stanno ottenendo gli effetti auspicati: una continua e pressante attivazione (con conseguente frammentazione dell'attenzione e privazione del sonno), che non può fermarsi, se non a costo di deprimersi e sentirsi -appena disattivati- spersi, annoiati e vuoti. Il malessere che si diffonde oggi soprattutto tra adolescenti e giovani nativi digitali si fonda su due capisaldi negativi simultanei: l'iperprotezione-immunizzazione dal mondo reale (adulti iper-controllanti e giovani iper-controllati) e l'assenza di protezioni invece sul versante delle reti social-digitali (Haidt).

 

Azioni per favorire un ritorno alla distinzione tra realtà reale e simulata:

-attività che invitino -in contesti non iperprotetti- ad un'apertura verso l'umano, con una messa in gioco dei propri sistemi integrati corpo-mente, che permettano di esplorare e condividerne i limiti, le fragilità e le potenzialità d'avventura e le esperienze di flusso (Csìkszentmihàlyi), per non restare intrappolati dietro 'schermi' e dentro 'comfort zone' rassicuranti, ma non evolutivi;

-attività che invitino all'apertura verso il mondo vivente non umano, naturale ed animale, selvatico e 'altro da noi', per entrare in contatto con alternative di vita e con modalità di relazione e di conoscenza meno autocentrate ed antropocentriche (seguendo le più recenti teorie zooantropologiche e le pratiche dell'educazione in natura (outdoor education- Guerra, Marchesini)

 

 3. Dallo specchiarsi al rispecchiarsi

Il continuo e coattivo specchiarsi negli schermi digitali sta comportando un trasferimento di attenzioni e significati verso un io narcisista, esibito, perennemente 'in posa', sotto osservazione e sotto giudizio valutativo-comparativo.

Il che va a generare effetti devastanti e disabilitanti nella dimensione relazionale fondamentale, quella del rispecchiamento (auto)riflessivo: bassa autostima, gregarismo e spinta all'omologazione di immaginari e gusti estetici, ansia di prestazione, escalation competitiva, (auto)colpevolizzazione, alessitimia, anoressia fisica e mentale, anedonia, isolamento difensivo, sino all'autolesionismo. La deprivazione sociale è la conseguenza paradossale di un'ipertrofia connessionista (Turkle).

Tutto questo ha delle conseguenze fortemente disabilitanti, sia in termini di orientamento personale, sia della partecipazione alle dinamiche sociali e politiche, con un senso di distanza ed impotenza crescente nei confronti di un agire democraticamente inteso.

Azioni per provare a rianimare l'esistenza di un Sé sociale:

-attività che permettano e sviluppino la consapevolezza emotiva, l'empatia e la cooperazione in situazioni reali di condivisione e convivenza, che accrescano la capacità di abitare le soglie, valorizzare e rispettare le differenze, negoziare i conflitti, ridurre la violenza diretta, strutturale e culturale (Galtung);

-training alla nonviolenza in vista dell'elaborazione-esecuzione di azioni partecipative rivolte ad un cambiamento collettivo nell'approcciarsi alle tecnologie ed ai social;

-azioni nonviolente di pressione e protesta: ad es. organizzare una giornata di sciopero simbolico collettivo in cui studenti e professori spengono smartphone e computer e si astengono dal loro uso, incontrandosi in altre forme (laboratori, feste, giochi liberi...)

venerdì 4 aprile 2025

dazi... so' cazzi!

La guerra commerciale è iniziata, la pax romana globalizzata è finita.

Gli Stati Uniti, dopo aver massacrato mezzo mondo ed aver colonizzato il nostro continente per quasi un secolo, ora si ergono a vittima di ingiuste tassazioni da rapina di cambogiani e bengalesi, oltre che del furbesco parassitismo europeo.

Il modello vittimario israeliano funziona, continua, si rafforza e si espande. 

Il declino statunitense procede ed altre sue mosse disperate si paventano all'orizzonte (tra cui, la guerra).

E giustifica il circolo della violenza sedicente difensiva: rivalse, estorsioni e ritorsioni, vendette, riarmi.


L'Unione Europea non sarà da meno, c'è già dentro sino al collo (sia nella logica della ritorsione che nel declino).

L'escalation è nelle cose, non si riuscirà a fermarla, checché ne pensi e dica la Meloni (che sta assumendo una posizione prudente e ragionevole, ma perdente).

Dazi e controdazi si susseguiranno, perché la logica della guerra che avanza non potrà essere che questa.

Così come accaduto in Ucraina e Palestina, si parla di trattative e negoziati, ben sapendo che sono solo parole che servono soltanto a coprire gli strappi irrimediabili della realtà.

E la realtà ci dice che l'attacco ai decadenti sistemi liberal-democratici è in corso, e la loro catastrofe lascerà gloriose vittime sul campo.


Russia, Cina e India stanno a guardare, e ne godono.

Dopo aver tolto Africa e Asia all'Occidente, ora si apprestano a spolpare USA ed UE, strani alleati in guerra fra loro.

Cosa volere di meglio?

La distopia fantascientifica di un impero asiatico (un neo-zarismo maoista-leninista-induista) si avvicina.

Gli Stati Uniti lo sanno e -mentre si industriano a far fuori noi europei- si preparano già ad affrontare in una guerra indo-pacifica il loro vero nemico del XXI secolo.

Quelle che vediamo oggi sono soltanto le sue prove generali.

Il che non può consolarci, ma ce ne evidenzia i contorni in termini storici e geopolitici.

mercoledì 2 aprile 2025

pèrdere il perdòno per dono

 Qualche giorno fa ho fatto un intervento in facoltà sul perdono..


Per iniziare a costruire una cultura del perdono (ma io preferirei dire della 'riconciliazione unilaterale'), che non sia corrosa da un buonismo pacificante, di matrice laica o religiosa, è necessario disarmare le menti, cioè decostruire la cultura della colpa.

Cultura sulla quale si fonda buona parte dei nostri processi e delle nostre strutture di civilizzazione, a sua volta sorretta da alcuni capisaldi, che qui posso solo limitarmi ad accennare:

  • il sacrificio (vedi Girard ed i suoi scritti sul capro espiatorio);

  • la volontarietà (sulle aporie della volontà e del libero arbitrio in relazione alla liceità della pena, vedi ad es. Karman di G. Agamben);

  • il merito, che traduce in democrazia quel che il modello 'premio-punizione' rappresenta(va) nei sistemi autocratici.

Da qui si può intuire la complessità del tentativo che qui vorremmo proporci ed i motivi per cui, all'inverso, risultino sempre più probabili -se restiamo all'interno di quegli assunti- che si realizzino invece i processi inversi, animati da spirito di rivalsa, risentimento, vendetta, spesso ammantati e malcelati dalla parola-toccasana: giustizia.

'L'errore non esiste. Non ci sono colpevoli e innocenti, non esistono meriti e peccati, il bene e il male; colui che ha inventato queste idee ha messo l'uomo fuori strada.' (O. Tokarczuk, I vagabondi)

Si vuole diventare migliori, si dice; in realtà ci si vuole rendere le cose più facili. (E. Canetti)

E non può essere un caso -ma anzi una conseguenza necessaria ed inevitabile- che tutti noi, ma soprattutto i giovani, vivano oggi una sensazione di fortissima inadeguatezza, corredata da altissime ansie di prestazione e irresolubili sensi di colpa.

'Sbaglierò tutto -dice mio fratello- sento arrivare solo i pensieri sbagliati. E se faccio casini?', vuole sapere. Si è rimesso a fumare, una sigaretta dopo l'altra dopo l'altra. 'Sarai perdonato', gli dico.' (J. Offill, Tempo variabile).

La visione nonviolenta (sistemico-ecologica) propone un paradigma alternativo, in cui la colpa è sganciata dalla responsabilità ed anzi viene considerata come un dispositivo di copertura per evitare le responsabilità e per non sentirsi parte del problema.


L'area nera è caratterizzata proprio dall'(auto)colpevolizzazione e nutre e si nutre di una cultura individualistica e securitaria.

Il passaggio all'area blu è delicato e sempre precario, ma è l'unico a poter determinare una vera e reciproca corresponsabilità, seppure in diverse misure e gradi tra le parti; solo qui si possono creare fiducia ed autonomia nella relazione tra le persone e i gruppi.

Un ulteriore, rarissimo, salto è quello prefigurato nell'area verde: la ricontestualizzazione.

Cioè la possibilità di riconsiderare il problema dall'alto, in una sapiente accettazione dell'accaduto, divenuti capaci (come è stato per Gesù, Francesco d'Assisi, Gandhi, Buddha, Socrate, Nelson Mandela e altri...) di un'altissima consapevolezza che va oltre il bene ed il male, l'azione e la reazione, il crimine e la giustizia degli umani.

'Quando l'arcobaleno delle culture umane si sarà inabissato nel vuoto scavato dal nostro furore; finchè noi ci saremo ed esisterà un mondo – questo tenue arco che ci lega all'inaccessibile resisterà; e mostrerà la via inversa a quella della nostra schiavitù, la cui contemplazione, non potendola percorrere, procura all'uomo l'unico bene che sappia meritare:sospendere il cammino; trattenere l'impulso che lo costringe a chiudere una dopo l'altra le fessure aperte nel muro della necessità e a compiere la sua opera nello stesso tempo in cui chiude la sua prigione; questo bene che tutte le società agognano, qualunque siano le loro credenze, il loro regime politico e il loro livello di civiltà; in cui esse pongono i loro piaceri e i loro ozi, il loro riposo e la loro libertà...'

(C. Levi-Strauss, Tristi tropici)









L'area nera è caratterizzata proprio dall'(auto)colpevolizzazione e nutre e si nutre di una cultura individualistica e securitaria.

Il passaggio all'area blu è delicato e sempre precario, ma è l'unico a poter determinare una vera e reciproca corresponsabilità, seppure in diverse misure e gradi tra le parti; solo qui si possono creare fiducia ed autonomia nella relazione tra le persone e i gruppi.

Un ulteriore, rarissimo, salto è quello prefigurato nell'area verde: la ricontestualizzazione.

Cioè la possibilità di riconsiderare il problema dall'alto, in una sapiente accettazione dell'accaduto, divenuti capaci (come è stato per Gesù, Francesco d'Assisi, Gandhi, Buddha, Socrate, Nelson Mandela e altri...) di un'altissima consapevolezza che va oltre il bene ed il male, l'azione e la reazione, il crimine e la giustizia degli umani.

'Quando l'arcobaleno delle culture umane si sarà inabissato nel vuoto scavato dal nostro furore; finchè noi ci saremo ed esisterà un mondo – questo tenue arco che ci lega all'inaccessibile resisterà; e mostrerà la via inversa a quella della nostra schiavitù, la cui contemplazione, non potendola percorrere, procura all'uomo l'unico bene che sappia meritare:sospendere il cammino; trattenere l'impulso che lo costringe a chiudere una dopo l'altra le fessure aperte nel muro della necessità e a compiere la sua opera nello stesso tempo in cui chiude la sua prigione; questo bene che tutte le società agognano, qualunque siano le loro credenze, il loro regime politico e il loro livello di civiltà; in cui esse pongono i loro piaceri e i loro ozi, il loro riposo e la loro libertà...'

(C. Levi-Strauss, Tristi tropici)