giovedì 2 giugno 2022

oltre il pacifismo e le solite inutili (inutilizzabili) parole

 

La nostra proposta (quella antimilitarista, così come quella decrescente) si scontra contro due muri persistenti e rigidi nelle loro premesse, arroganti e presuntuosi nelle loro posture.

Il primo è quello rappresentato dai nostri avversari, da tempo incorreggibili ed impermeabili ad argomentazioni razionali o proteste politicamente codificate.

Il secondo -più doloroso e inopinato- è quello interno: l'indisponibilità al cambiamento dei nostri stessi alleati (a parole) e compagni di strada (nei cortei).

Proverò qui a descrivere meglio, più in dettaglio seppur brevemente e molto schematicamente , questi assunti:


  1. Il pacifismo non può opporsi alla guerra, ma ne rappresenta da sempre solo la sua foglia di fico. Se vogliamo opporci alla guerra dobbiamo uscire dal pacifismo -aprire un conflitto con esso- ed assumere posizioni antimilitariste e nonviolente: opporsi alla preparazione e alla legittimazione-giustificazione della guerra (produzione-vendita delle armi, patriottismo, diritto alla difesa armata) ed organizzare forme alternative di intervento e gestione nei conflitti (sociali, nazionali ed internazionali); chi non si impegna per questo ma dice di non volere la guerra -ed organizza marce e manifestazioni per la pace quando scoppia- o è un ingenuo (pacifista) oppure è un politico (o un pacifista o un sindacalista) di professione.

  2. Il pacifismo è morto da tempo, insieme alla sinistra tradizionale: quel che resta è soltanto un ripetersi rituale di petizioni (di principio), proteste ritualizzate, manifestazioni autoconsolatorie, convegni autoreferenziali. Vedo lo stesso limite nel movimento per la decrescita: un movimento che non è riuscito a farsi azione diretta nonviolenta per il cambiamento sociale e politico dell'occidente post-industriale.

    La proposta culturale, pur degna e ben argomentata, non basta (se non a chi nutre per essa un interesse meramente intellettuale).

  3. Il pacifismo fallisce anche nel suo proporsi come solidarismo umanitario (finto-vero volontariato, Ong), a supporto delle vittime della guerra. Tanto è ladro chi ruba che chi para il sacco, ricordava Don Milani. Gandhi capì presto che lavorare come portantino della Croce Rossa nella guerra anglo-boera significava collaborare alla guerra.

    La dimensione del servizio e della cura è ormai preda del soft power, attuale forma del dominio maternalista e paternalista post-democratico, come ampiamente dimostrato dalla vicenda pandemica, con la sua 'guerra sanitaria', perfetto preambolo alla guerra in corso.

    La nonviolenza invita alla lotta e alla resistenza come forma dell'amore: se vogliamo davvero amare l'umanità dobbiamo abbandonare i buonismi, gli assistenzialismi pelosi, gli umanitarismi di parte.

  4. Le nostre società sono già dentro la loro catastrofe: essa non è più evitabile o rinviabile.

    Va assunta come prospettiva politica collettiva dentro cui dovremo necessariamente vivere nei prossimi decenni. Questa assunzione non è ancora avvenuta da parte nostra, mentre è già gestita ed agita da coloro che l'hanno prodotta e cercano di trarne ora ulteriore vantaggio, proprio attraverso la deriva emergenziale permanente e la sua militarizzazione-digitalizzazione nella microfisica di vita quotidiana.

    I nostri avversari stanno già realizzando la loro 'pedagogia delle catastrofi' e stanno già ottenendo rapidi ed enormi risultati, illudendo (loro stessi e gran parte di noi) che sarà possibile evitare il disastro se sapremo affidarci a loro ed alle loro soluzioni (tecnologiche, finanziarie, militari) da shock economy .

    Da parte nostra, non siamo stati invece capaci di fare questo passaggio, pur essendo consapevoli da tempo che anche la decrescita, se non fosse stata scelta e gestita con spirito ecologico e lungimiranza, sarebbe stata comunque subìta e violentemente orientata ad un aumento della distruzione e della diseguaglianza, come di fatto sta ormai avvenendo, nella altrui (e soprattutto nostra) assoluta impotenza.

     (Sintesi dell'intervento svolto all'webinar organizzato dal Movimento per la Decrescita, 19.5.22) 

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