domenica 5 giugno 2022

la re-pubblica, o dei nuovi re

 

Le mega celebrazioni per il Giubileo di platino della regina Elisabetta ci ricordano che il potere oligarchico, nobiliare, aristocratico non è mai finito e appare sempre meno in contrasto con i regimi democratici e liberali che avrebbero dovuto superarlo e sostituirlo.

Il fallimento di questi ultimi è evidenziato infatti sempre più dal loro evidente, progressivo regresso proprio rispetto ai principi e valori che avrebbero dovuto caratterizzarlo antagonisticamente nei confronti dell'elitarismo dinastico: meritocrazia, mobilità sociale, egualitarismo nei diritti, limitazione delle sperequazioni economiche, rifiuto del familismo amorale, tendenza al progressismo culturale e politico.

Le attuali democrature, sostanzialmente in mano ad establishment plutocratiche che ne costituiscono il fulcro decisionale coperto (mediante la corruzione e le lobbies) e palese (mediante il controllo dei media e dei parlamenti), stanno di fatto gradualmente trasformandosi in regimi feudali in cui l'esercitabilità del potere bottom-up è ormai ridottissima, a tutto vantaggio del dominio che promana dall'alto verso un popolo ridotto ad un coacervo informe di individui massificati, facilmente ricondotti ad un consenso passivo ed acquiescente.

Le monarchie, come quella britannica, fanno la loro festa proprio nel momento in cui la storia presenta loro il conto ed esse vanno a risultare ancor più obsolete, anacronistiche e superate dagli eventi.

Ma non perché siano state superate da modelli più democratici (illusione a lungo coltivata in Occidente, perlomeno a partire dal 1789), ma perché sostituite da nuove forme di dominio oligarchico e nuovi colonialismi militari ed economico-finanziari, meno blasonati e più transitori, ma non per questo meno potenti ed arroganti rispetto al passato.

Ancora una volta lo vedremo da come le democrature gestiranno la catastrofe del prossimo autunno: al di là di bonus assistenziali per i poveri e contentini per i ceti medi a rischio, le scelte strutturali resteranno infatti, inevitabilmente, tutte a favore delle fasce più agiate e ricche di ogni Stato occidentale.

Inutile sperare che il mondo del lavoro -reso impotente dalla sindacalizzazione di regime- possa andare oltre un ennesimo, spuntato e ritualistico, sciopero generale per chiedere cose già chieste (e rifiutate) da sempre: patrimoniale, tassazione delle rendite, equità fiscale, salario minimo, reddito universale di cittadinanza.

Ci saranno forse piccoli aggiustamenti, ma niente più.

D'altronde, in assenza di un conflitto aperto che fosse capace di aprire vertenze e lotte con modalità diverse dalle attuali, non si può ipotizzare alcuna evoluzione di sistema.

Purtroppo, non possiamo che riscontrare la totale incapacità -anche da parte di chi auspica e propone prospettive alternative- a fare un salto verso la resistenza nonviolenta.

Eppure solo delle campagne coordinate di non collaborazione attiva e di disobbedienza civile, non sporadiche e non festive, ma interne ai meccanismi di funzionamento quotidiano delle nostre vite (nei luoghi di studio, di lavoro e di rappresentanza politica), potrebbero iniziare a spostare le dinamiche di potere consolidate e oggi apparentemente inattaccabili.

Se tutti noi continueremo in silenzio solo a 'fare il nostro dovere' (di cittadini, lavoratori, elettori, produttori e consumatori) e non inizieremo a boicottare dall'interno il nostro stesso modo di vivere abituale e consolidato, collaboreremo di fatto a ratificarne la fine e ad avanzare ancor più verso cambiamenti non desiderabili ed altamente distruttivi per noi e per il pianeta.

Ci avviciniamo al momento decisivo: se entro quest'anno non si avvieranno processi rigenerativi di questa natura su vasta scala, le democrazie saranno in breve destinate a finire -anche nelle residue forme apparenti- al ferrovecchi della storia.

Perchè le catastrofi (climatica, economica, alimentare, sanitaria) in corso sarà gestita -definitivamente e totalitaristicamente- soltanto dal complesso militar-industrial-finanziario, senza più neppure il ritegno attuale, che ancora consiglia e permette di affidarsi a procedure e rituali formalmente liberali.







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