venerdì 18 marzo 2022

prenderci in giro

 

Siamo già entrati nella fase 2 della guerra: si va chiarendo che lo scontro politico-militare è tra Russia e Stati Uniti. E che l'Ucraina, già armata e addestrata da tempo, rappresenta soltanto lo strumento con cui -ed il territorio su cui- combatterlo.

Putin è un criminale di guerra, esclamano Biden e Blinken (e meno male che Trump era uno squilibrato!).

C'è da fidarsi: loro sì che se ne intendono.

Ma vedrete che -dopo mille accuse reciproche- il criminale di guerra Putin tratterà col criminale di guerra Biden e che l'Ucraina sarà costretta -e proprio da quest'ultimo!- a capitolare: ad accettare di cedere quel che avrebbe ceduto senza subire (e far subire) le perdite e distruzioni che vediamo e che verranno. Dopo gli applausi per i suoi bei discorsi (preparati evidentemente da colti e sapienti spin doctors occidentali), Zelensky vedrà concludersi dolorosamente (per lui e per il popolo che rappresenta fieramente) il sequel della sua telenovela preferita, 'Servant of the people'.

Così come oggi non viene accontentato, domani -quando avrà perso la guerra- lo metteranno nell'angolino che gli spetta.

Il cinismo dei due criminali è già stato infatti ampiamente verificato in molte occasioni anche recenti, mentre proseguivano a fare affari tra loro e a spese dei loro 'amici'.

L'Ucraina non è già da tempo un paese sovrano (come tutti, peraltro).

Semplicemente, dopo questa guerra, non sarà più un protettorato interamente occidentale, ma alcune sue parti diverranno un protettorato russo.

Sempre che questa soluzione, la più comoda e meno sanguinosa per tutti -ed anche per noi- si realizzi veramente e le parti non si impuntino.

Perchè, se invece si irrigidissero, i criminali di guerra (ed i loro rispettivi, criminali alleati) potrebbero avere campo libero per collaborare ad ulteriori criminali imprese da giocare sulla nostra pelle di europei sudditi (ed incapacitati a non esserlo, perché -anche noi- evidentemente non sovrani).

La libertà di cui cianciamo, per contrapporla all'illibertà del nemico, è soltanto un artifizio retorico: quel che ci differenzia da tempo è solo il grado e le forme, non la sostanza.


Nel frattempo, sembriamo scoprire solo ora -con ipocrita sorpresa- che se armo il mio alleato contro l'avanzata nemica su terra sto favorendo la distruzione delle città e l'uccisione di molti civili dal cielo.

Ecco perché, non potendo ottenere dalla Nato la chiusura dei cieli, l'Ucraina è stata condannata dalla Nato (e si è autocondannata, non potendo -anche lei-scegliere altrimenti) ai bombardamenti indiscriminati su ospedali, scuole, teatri, abitazioni.

Quanto più l'esercito russo fatica a penetrare sul territorio tanto più colpirà con missili e caccia.

E tanto più sarà feroce quando arriverà -comunque- dentro le aree urbane.

E quanto più la resistenza resisterà, tanto più sale il rischio che Putin decida di fare il salto dal convenzionale al nucleare (per lo meno 'tattico').

Quel che la Nato dice di voler evitare è esattamente quel che provoca: trasformare un conflitto armato (apparentemente) locale in una guerra nucleare globale.

La Terza guerra mondiale infatti è iniziata. Ma non dall'Ucraina.

Dall'Afghanistan, dalla Libia, dall'Iraq, dallo Yemen, dal Libano, dalla Siria, dalla Cecenia.

La differenza di oggi è che è arrivata -come amano dire retoricamente- nel cuore dell'Europa.

La scoperta è che non possiamo e non potremo più sottrarci.

Ecco perché Macron continua a togliere speranza ai negoziati ed invita l'Europa 'a prepararsi ad una guerra ad alta intensità'. E lo stesso, con altre parole, fa Draghi quando continua a ripetere 'Noi vogliamo fare la pace, ma Putin non vuole'.


(Tra parentesi: gli aiuti militari all'Ucraina sono degli autofinanziamenti: è solo una partita di giro

Gli stati occidentali si pagano le loro stesse armi, comprandole con i propri fondi pubblici o trasferendo denaro con cui poi il paese in guerra gliele compra.

Gli stati in questo modo finanziano le proprie industrie belliche (e cioè se stessi) mentre appaiono come coloro che aiutano altri (ad armarsi).

Se i sindacati, anziché sfilare nei cortei pacifisti, smettessero di supportare e difendere le fabbriche d'armi, le guerre semplicemente non si farebbero per mancanza di materiale.

Invece si preferisce produrre armi, venderle o far finta di regalarle e dire poi che non si vuole la guerra ed il loro uso.

Si fanno i soldi e si salva la faccia, giocando con il culo di chi in guerra ci va e la fa per procura al nostro posto. É una gran presa in giro.

Un giro perfetto.)


Ma basta per ora parlare di guerra. Parliamo di pace.

Qual è il giro che fa la pace quando è incorniciata dalla violenza?

La pace è vista come quiete, assenza di conflitto.

Il conflitto è il male che rompe la quiete e la pace ed è inteso quindi come violenza.

La guerra è una soluzione del problema che determina una nuova pacificazione, cioè un ritorno alla quiete-pace originaria rotta dal conflitto.






La pace incorniciata dalla nonviolenza, invece, fa un altro giro, del tutto diverso.

La pace sussiste e cresce non se vi è assenza di conflitto, ma assenza di violenza.

Il conflitto qui non è un male, ma è un sintomo, una spia della presenza di violenza nel contesto in questione.

La gestione e trasformazione nonviolenta del conflitto rappresenta la chiave per elaborarlo positivamente e far diminuire la violenza del sistema, accrescendo le sue possibilità di vera 'pace'.


Il pacifismo generico, quindi, accoglie i due primi stadi dello schema 1, ma rifiuta il terzo (la guerra). O almeno lo rifiutava, visti gli ultimi cortei che invece (come già accaduto in parte per la Jugoslavia) invitano ad armare gli ucraini e sembrano credere ad una guerra umanitaria.

La nonviolenza si oppone al pacifismo e rifiuta tutt'e tre gli stadi del primo disegno, cambiandone profondamente premesse e conclusioni.

Pacifismo e nonviolenza quindi non solo non sono sinonimi, ma sono (e lo stanno divenendo sempre più chiaramente) antagonisti ed incompatibili.


Se esistesse realmente un movimento nonviolento per la pace cosa dovrebbe/potrebbe fare...?

 (PS: sulle potenzialità della nonviolenza attiva vedi anche il prossimo post)

1. Sostenere, stimolare, coordinare e difendere tutti quegli atti di protesta, di smarcamento, di non collaborazione e di disobbedienza che iniziano a spuntare qua e là, coraggiosi e soli.

L'intrepida giornalista moscovita che è scomparsa e ricomparsa dopo aver mostrato un cartello in tv.

I dissidenti russi che manifestano e si fanno arrestare a migliaia; quelli che occupano le superville degli oligarchi nei luoghi di villeggiatura europei.

Gli appelli di insegnanti e professori universitari russi contro la guerra.

L'obiezione di coscienza di migliaia di giovani russi.

La resistenza non armata dei cittadini ucraini contro i sindaci collaborazionisti a Kherson e a Melipol.

I maschi ucraini che non ci stanno a uccidere e morire in guerra e disertano, entrando in clandestinità o fuggendo in altri paesi.

2. Farsi promotore di veri processi di mediazione. Non una posizione 'né-né', ma 'e-e', tipica di ogni processo di mediazione davvero equidistante. Non attraverso mediatori quindi che abbiano interessi in campo (non USA o UE, ma neppure Turchia o Israele).

L'ONU è stata definitivamente rottamata con questa guerra.

Sarebbe necessario ed urgente creare esperimenti di diplomazia popolare diretta, corpi di mediazione che siano pronti e capaci di intervenire in situazioni di conflitto per prevenire le guerre e per favorire l'insorgere di immediate trattative al loro primo deflagrare.

3. Farsi promotore di vere forze di interposizione neutrale e di neutralizzazione del conflitto armato, contingenti di polizia internazionale e corpi civili di pace, così come peraltro previsto dalla Carta dell'Onu e rimasta ovviamente e premeditatamente lettera morta.

In alternativa, l'attività dei volontari e delle ONG viene finanziata dai governi per intervenire ad assistere coloro che vivono i disastri della guerra che gli stessi stati producono: la compassione da cattiva coscienza va da sempre insieme alla distruzione, come le gambe e le bombe scendevano dal cielo abbracciate a Kandahar.

Sarebbe il tempo di creare delle ONG che intervengano prima e al posto della guerra e la smettano di arrivare soltanto come avvoltoi sul luogo del delitto a mis-fatto compiuto.

Se non volessero essere -come è ora- solo dei complici e delle comparse.




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